Parte 15 ~ La prima volta e il patto
Eros si sfiorò le labbra, poi il viso finalmente libero della maschera che aveva avuto indosso per ore. Il bacio che aveva dato a Psiche lo aveva lasciato pieno di desiderio. Desiderava farlo suo, desiderava che rimanesse nel suo castello, che lo riempisse con le note del pianoforte che gli aveva messo a disposizione, che sorridesse. Gli sarebbe bastato poco per assicurarsi tutto ciò: scagliare una freccia nel suo cuore, suggellare per sempre il loro legame. Ma voleva che il cuore umano di Psiche provasse amore senza che il suo potere intervenisse. Provava il desiderio disperato di sentirsi amato da lui e ne provò paura.
Lo aveva lasciato nell'ala ovest del castello, ad esplorare la stanza che avrebbe fatto, se tutto andava bene, da teatro dei loro amplessi, e poi le stanza attigue. Psiche si sarebbe mosso liberamente in ogni ala, se avesse accettato di vivere con lui. Il fremito di una felicità sconosciuta lo scosse. Avrebbe protetto Psiche a ogni costo, a patto che il giovane rispettasse l'accordo: non vedere mai il suo viso.
Le parole malevole di Kakia tornarono come tarli a tormentare la sua mente. Kakia non si aspettava niente di buono dagli uomini e così doveva fare Eros. Un odore più intenso di mirto lo indusse a voltarsi verso la porta della stanza. Il fruscio della veste candida di Afrodite preannunciò il suo ingresso nel piccolo salottino dove Eros si era rifugiato. I capelli biondi ondeggiavano a ogni suo passo, e dal suo incedere, Eros capì che era furiosa.
«Cosa credi di ottenere da un umano? Sono avidi, curiosi, superficiali», attaccò.
«E noi siamo migliori?»
La vide spalancare le labbra perfette, irrigidire i tratti del volto. Si sentì in colpa per averle disubbidito, ma sapeva di aver fatto la cosa giusta.
«Potevo perdonare la tua insolenza quando eri un bambino e combinavi disastri con le tue frecce», la donna replicò.
«Sono tuo figlio, ma sono un dio», Eros disse. Per la prima volta la sfidava apertamente.
Afrodite si avvicinò, lo squadrò a lungo. «Sei caduto ai suoi piedi, quindi. Quali arti di seduzione ha usato per irretire te, il dio dell'amore, seduttore di uomini e donne? Kakia aveva ragione».
Solo allora Eros notò che sua madre stringeva tra le mani un biglietto, con le iniziali dell'iroso dio. Doveva averle detto del loro patto, e lei, pronta a vendicarsi, era sicuramente d'accordo. Non sopportava che Afrodite parlasse in quel modo di Psiche, ma doveva soppesare le parole per evitare di irritarla. «Mamma, la vera ragione per cui volevi fargli del male era il tuo orgoglio, ma non è giusto. Se ti conosco bene, avrai già punito il ragazzo che ha osato paragonare la bellezza di Psiche alla tua. Ti chiedo, in tutta onestà, non credi che il vero colpevole abbia già pagato?»
Afrodite gli accarezzò il volto. «Sei troppo tenero. Non sopporto che il mondo ammiri la bellezza di Psiche».
«Rimarrà qui, nascosto agli occhi del mondo. In fondo, era quello che volevi, era per questo che volevi mandarlo da Kakia».
«Accetto questo tuo capriccio, ma a una condizione: che tu rispetti i patti con Kakia. Nel momento in cui il tuo amante infrangerà le tue regole, lo invierò io stessa da Kakia».
Eros strinse i pugni, ma rilassò i tratti del viso. Non era sicuro che Psiche volesse rimanere con lui, ma non poteva contraddire ancora sua madre. Non gli rimaneva che accettare le condizioni che lei gli aveva imposto. Adesso pur di salvare Psiche sarebbe stato costretto a rinchiuderlo in una prigione di cristallo, contro la sua volontà. Sperava di non dover arrivare a tanto. Si voltò verso la finestra, a contemplare i fiori scossi dal vento. Sua madre si era volatilizzata, lasciando dietro di sé solo una scia di profumo di mirto.
La faretra giaceva sul pavimento di marmo, dal tessuto spuntavano le punte dorate delle frecce. Soltanto una e Psiche sarebbe stato suo per sempre. L'avrebbe salvato dall'ira di Afrodite, dalla malvagità di Kakia, e avrebbe soddisfatto tutti i suoi desideri. Ma non poteva, no, se voleva che l'amore di Psiche fosse sincero.
Aspettò che calasse il buio e si spostò nell'ala ovest del palazzo. Si sdraiò sul letto, anche se non lo vedeva sapeva che era ricoperto da lenzuola di raso, i veli del baldacchino erano in leggero tulle. Su una tavola aveva sempre a disposizione acqua fresca, ma anche frutta diversa a seconda della stagione. Non era una stanza dissimile dalla principale, esposta a est, dove era possibile essere baciati dai primi raggi di sole portati dal dio Apollo.
Eros strinse la freccia nella sua mano, sperando di non doverla usare. La stanza era immersa nel silenzio, come se tutto il palazzo stesse trattenendo il respiro per la sorte di Psiche. Eros chiuse gli occhi. Non sapeva che dall'altro lato della porta, nel corridoio, Psiche stava in piedi combattuto sul da farsi. Aveva lottato contro il suo stesso desiderio e le sue paure. La sua vita prima di incontrare Eros era solo la fattoria e il suo piano, suonare, evitare i suoi fratelli e suo padre, gli sguardi invadenti degli abitanti del villaggio. Poi era arrivato Eros, lo aveva sottratto a un'unione mortificante con Prassitele, a un'altra ancora più umiliante con Kakia. Adesso Eros lo reclamava per sé e Psiche non era in grado di respingere l'attrazione che lo aveva fatto correre nell'ala occidentale. Cosa sarebbe stata la sua vita se si concedeva al dio dell'amore? Lo avrebbe saputo presto.
Un pugno sulla porta e poi un altro. Eros si mise a sedere, il cuore in gola. Lasciò cadere la freccia sul tappeto ai piedi del letto. Quando la porta si aprì riconobbe nell'ombra la sagoma del giovane che aspettava.
«Sei venuto», sussurrò. Udì i suoi passi avvicinarsi.
Psiche sedette sulla sponda del letto, lo cercò con le mani. «Siamo soli?», domandò esitante.
«Lo siamo. Solo io e te. Non devi aver paura di me». Attirò il suo volto vicino al suo.
«Il mondo là fuori mi ha solo fatto del male. Ho conosciuto la felicità solo quando hai posato le labbra sulle mie», Psiche mormorò.
Eros ne sentì il fiato caldo sul viso. Lo attirò a sé passando una mano sulla sua nuca. «Se resterai qui con me, prometto di farti felice». Lo aiutò a stendersi accanto a lui.
Psiche posò la testa sul suo petto. Sentiva i battiti del cuore di Eros sotto il suo orecchio, e provò un senso di eccitazione e sicurezza. «Nessuno mi ha mai toccato come hai fatto tu».
«Non faremo niente che tu non voglia».
Psiche gli prese una mano e se la portò sul petto affinché Eros sentisse quanto battesse il suo cuore, poi la portò alle labbra, accendendolo di desiderio. Eros affondò il naso nell'incavo del suo collo, ne sentì la pelle calda, la sfiorò con le labbra e con una mossa audace la toccò con la punta della lingua. Sentì Psiche gemere, e si sdraiò sopra di lui.
«Vuoi che mi fermi?», gli domandò.
Psiche infilò le mano sotto la sua veste e gli accarezzò la schiena. «Mi butterai via dopo?»
A Eros si strinse il cuore. Non era giusto che Psiche non conoscesse l'amore, capì che per lui donarsi in quel modo era un atto di totale fiducia, un rischio che avrebbe potuto lasciarlo con il cuore a pezzi. «Rimarrai qui con me, per sempre», disse sulle sue labbra rese turgide dai suoi baci.
Gli passò le mani tra i capelli, nel buio a intravedersi erano le loro sagome, nessuno osservandoli avrebbe potuto riconoscere le fattezze di un dio. Il volto di Eros privo della maschera di velluto, si offriva nudo ai tocchi e ai baci di Psiche. Era la prima volta che Eros accarezzava con tanta attenzione qualcuno, di solito indossava la maschera e con le sue conquiste occasionali, sedotte durante le feste in suo onore o i baccanali, gli amplessi erano consumati rapidi nella sua stanza, erano incontri passionali che mai però gli avevano scaldato il cuore. Al mattino cancellava la memoria dei suoi amanti per impedire che ricordassero l'unione divina, con Psiche invece desiderava che tutto rimanesse scolpito nella sua mente. No, Psiche non doveva dimenticare il modo in cui Eros gli sollevava i lembi della camicia, gli sfilava via gli indumenti più intimi, lo accarezzava soddisfacendo il suo corpo.
«Cosa fai?», Psiche domandò ansimante quando le labbra del dio scesero tra le sue gambe, mordicchiarono le sue cosce e poi d'improvviso si impossessarono del suo membro, inghiottendo la sua lunghezza. Psiche, travolto dal piacere improvviso, agitò le mani fino a stringere nei pugni il lenzuolo. Eros non gli lasciò il tempo di pensare, con movimenti rapidi del capo e della lingua, lo fece contorcere di piacere, senza però, portarlo al culmine. Si allontanò quando il giovane parve al limite e risalì sul suo corpo. Nell'oscurità intravide i suoi occhi, premette il proprio corpo contro il suo, ne sentì ogni centimetro della pelle, accaldata e fremente. «Vuoi andare avanti?», Eros domandò, era sicuro che Psiche non avesse concesso mai a nessuno di toccarlo in quel modo. Non aveva mai approfittato della sua bellezza e nessuno, d'altro lato, aveva avuto il coraggio di avvicinarsi a lui. Il silenzio che seguì venne rotto solo dai respiri affannosi di Psiche, un tremito lo scosse.
«Posso fermarmi», Eros continuò, preoccupato.
«No...», l'altro gemette, «continua».
Eros lo baciò leggero sulle labbra. Di Psiche non lo aveva attratto solo la bellezza, ma il modo fiero con cui lo aveva affrontato nella grotta, la gentilezza che usava con i suoi fratelli, nonostante non lo meritassero, e, forse, cercare una spiegazione, un perché il suo cuore si fosse risvegliato proprio con lui non aveva importanza. La legge suprema dell'amore sfuggiva persino a lui. Sapeva solo che gli occhi di Psiche lo avevano riportato in vita. Erano due laghi di acqua cristallina dove era impossibile affogare, i suoi occhi non davano morte, ma vita.
Eros inumidì le sue dita e le premette contro l'apertura di Psiche, lo massaggiò con movimenti circolari e poi, quando lo sentì abbastanza rilassato, le fece scivolare dentro. Un piccolo gemito scappò dalle labbra del giovane e bastò a mandare il dio su di giri. Aveva bisogno di possederlo, subito. Mosse le dite come secoli di esperienza gli avevano insegnato a fare, con l'altra mano toccò il membro di Psiche, si accorse che non sarebbe durato a lungo, allora ritirò le dita, suscitando un gemito di disappunto nell'altro.
«Che succede?», Psiche domandò confuso.
«Sono qui», Eros sussurrò sulla sua bocca, la catturò e mentre lo distraeva con i suoi baci gli entrò dentro. Lo sentì trattenere il respiro, irrigidirsi, ma dopo qualche secondo sentì il suo corpo rilassarsi e accoglierlo.
Per avere un migliore accesso Eros gli sollevò le gambe e gli piegò le ginocchia. Spinse piano, catturando un gemito dalle labbra di Psiche. Alla seconda spinta il giovane sollevò il bacino d'istinto, portò le mani sulla sua schiena. «Nessuno mai...», Psiche mormorò.
«Lo so».
Eros spinse ancora dentro di lui, i loro corpi erano intrecciati, adesso, un'unica ombra indistinguibile nel buio. Eros trovò presto un ritmo che a giudicare dai gemiti di Psiche soddisfaceva entrambi, e si sorprese dell'intensità con cui l'estasi li travolse. Giacquero sfiniti, immobili, prima che Psiche spostasse la testa sul petto di Eros.
«Non credevo sarebbe stato così bello. Prima di entrare in questa stanza avevo tanti dubbi, ma ho deciso di fidarmi di te», disse, poi spostò la mano sul volto del dio, ne tracciò il contorno. Sapeva che quello era il contatto più vicino con il volto divino che potesse avere.
Eros lo lasciò fare. «So che ti chiedo molto, ma è importante che tu rispetti la regola».
«Non è tanto male, sai? Mentre aspettavo che calasse la notte per prendere la mia decisione, ho pensato che io non vedo il tuo volto, ma che al buio neanche tu vedi il mio. Non vedi il volto che mi ha causato tanti guai, sento che mi ami per quello che sono, non per il mio aspetto».
Eros lo strinse ed entrambi vennero abbracciati da Morfeo nella stanza che non vedeva mai la luce.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top