• Capitolo 24 • Business
Aron's Pov
"Fidati di me" le dico incollandole la schiena al mio petto e lei non risponde, non dice una parola, mentre il profumo che effonde mi provoca, mi eccita.
Le mani dettano la sua figura; adulano lentamente i fianchi, per poi aggrapparsi prepotentemente al vestito che le stringo con vigore.
Si irrigidisce ma non mollo la presa, lei controbatte con un movimento deciso del capo, cosicché fa scivolare i capelli biondi verso l'esterno della mia faccia e in un attimo mi ritrovo la sua bocca ad un millimetro dalla mia.
"Jackie Chan per un soffio non hai realizzato il tuo sogno erotico" le alzo un po' la benda dagli occhi e quando li socchiude, timidamente mi sorride e il mio sguardo, dalle sue pupille finisce proprio lì.
Il suo incubo, forse!
"Tu non sei il mio sogno erotico!"
Dicevamo?
"Forse ancora non lo sai!"
"Non sei il mio tipo" cerca di liberarsi, ma senza ottenere risultati.
"Se ti piacciono le donne non è un problema, anzi!" Sorrido beffardo e mi giocherei le palle che si stia incazzando.
"Il punto è un altro...non mi piaci tu".
Dire una cazzata non è cosa semplice, a fregarti ci possono essere vari fattori; il timbro di voce, lo sguardo e i movimenti. Un ultimo punto, fondamentale direi, sono le emozioni, quando si mente bisogna sopprimerle momentaneamente dalla propria testa, se le lasci libero anche un piccolo spiraglio di luce sei fottuto.
"Sei una pessima bugiarda, ma puoi sempre migliorare" le lascio il vestito "dai andiamo!"
Secondo me è sincera...
"Insegnami!"
"Tutto a tempo debito" mi alzo la cerniera del giubbotto e con lo sguardo le indico di fare lo stesso "devo caricarti o sali da sola?"
Monta in sella e le copro nuovamente gli occhi "Perché tutto questo?"
"Mi piace giocare con i tuoi sensi" le mormoro all'orecchio.
Metto in moto e finalmente usciamo da questo fottuto parcheggio, non ho ancora capito le intenzioni di Irvin; forse dovrei rinchiuderlo in qualche clinica psichiatrica, ultimamente sta dando segni di squilibrio.
Preoccupati per te! La tua situazione è ben più grave della sua!
Ma non stai mai zitta!?
Tutto questo non gli va proprio a genio, nonostante lui sappia benissimo che non me ne frega un cazzo di quello che pensa e di quello che dice, continua ugualmente ad impicciarsi come la vecchia bizzoca che un tempo abitava vicino casa; ma un conto è aprire bocca un altro è intromettersi del tutto.
Questa donna ha un nome?
Poi il suo sguardo nei confronti di Beatrice non mi è piaciuto per niente; vedrò cosa fare con lui più tardi.
Siamo quasi arrivati a destinazione e durante le curve sento le sue braccia stringermi più forte.
Una volta arrivati scendo dalla moto e mi siedo nella sua direzione, le tolgo prima il casco e resto a guardarla per un lasso di tempo indefinito a sua insaputa e poi le sfilo la benda.
Non so perché io l'abbia portata qui, nel posto in cui è iniziato tutto, dove poi tutto mi ha cambiato.
Lei si guarda intorno e poi sorride con quell'aria da bambina e quelle iridi che mi imprigionano come il Salar di Uyuni; la distesa salata più grande della terra, che disorienta e cattura chiunque ci si soffermi ad ammirarla. Secondo alcune leggende Inca qui ci sarebbero i cosiddetti Ojos del Salar, ossia delle pozze invisibili all'occhio umano che inghiottivano intere carovane, servendosi dell'elevato riflesso.
"Ci sei mai stata in Bolivia?"
"No..." Mi risponde frastornata "perché?"
"Dovresti andarci" prendo il pacchetto di Marlboro rosso nella tasca dei jeans e tiro fuori una sigaretta, lei me la leva dalle labbra e la incastra nelle sue.
"Visto che ci sei..." Avvicino l'accendino che copre con le mani, dopodiché attiva la combustione aspirando dal filtro.
Annullo le distanze spingendola verso di me, le giro il volto verso sinistra e mi avvicino alla sua bocca; schiudo la mia e gli sfilo orizzontalmente la sigaretta facendo scontrare il mio labbro inferiore al suo.
Indietreggia e quelle guance si colorano di rosso, si guarda intorno imbarazzata e non commenta l'accaduto, strano.
"Non pensavo che bastasse così poco a farti stare zitta..."
Come rovinare un momento romantico "Parte 1"
"Non ho perso la parola, ho perso la pazienza" mi tira l'estremità del giubbotto con aria minacciosa "quindi stai attento!"
"Altrimenti?" Faccio un respiro profondo portando il fumo ai polmoni e poi lo soffio sul suo viso, che gira prontamente.
"Ti odio Black!"
"Ti odio anch'io!"
Scendo dalla moto e mi avvio verso il precipizio della montagna "Non ti farò morire in questo modo, vieni!"
È molto confortante questa affermazione!
"Forse ti ammazzo prima io" mi urla contro mentre mi segue a passo felpato.
Io al posto tuo tornerei indietro! La vedo carica la ragazza!
Mi siedo ed ammiro il panorama, quello che mi calma ma allo stesso tempo mi agita; dove mi perdo ritrovandomi però ogni volta.
Si siede contro le mie spalle avvicinando le sue, sorrido, perché nonostante soffri di vertigini non ha timore di avvicinarsi alle sue paure.
"Me lo ricordo sai?" Dice sottovoce, mentre la sento tremare.
"Cosa Jackie Chan?"
"Questo posto...mi ci hai portato la prima volta"
Mi giro lentamente nel senso opposto facendo scontrare il mio petto alla sua schiena.
"Ottima memoria!"
Un anno prima
Parcheggio l'Aston Martin difronte all'enorme edificio completamente rivestito di vetrate.
Dal cruscotto estraggo la mia Glock 17 e una smorfia indecifrabile si fa largo sul mio volto; la giro e la rigiro nella mano destra per poi smettere di colpo.
"Cazzo!"
Sbatto prepotentemente le nocche sul finestrino oscurato, imprecando contro il fato che con il sottoscritto non è stato di certo benevolo e c'ho provato a non diventarlo, ma alla fine lo sono diventato lo stesso...un figlio di puttana.
Identificare il momento esatto di questa trasformazione è impossibile, perché non si tratta di un mutamento avvenuto grazie ad un singolo episodio, che pensandoci sarebbe stato anche meglio; ma, è stato il rapporto di causa-effetto di molteplici avvenimenti e ovviamente se semini patate non potrai mai raccogliere piselli.
Ogni riferimento è puramente casuale! Certo!
Fatto sta che per arrivare fin qui ho dovuto sacrificare non soltanto il mio tempo, ma anche i miei ideali.
E mi etichetterete come un venduto e forse l'ho anche venduta veramente l'anima al diavolo, oppure...glielo sto facendo soltanto credere.
Gioco, gioco continuamente...con le parole, i fatti, i pensieri, le espressioni e le persone.
Mi piace calcolare, contare, intercettare ogni particolare che possa portarmi alla vittoria e non mi piace che sia scontata, facile, prevedibile; ho bisogno di sentire l'ormone della paura farsi strada nelle viscere, quella scossa di adrenalina che amplifica le emozioni.
Osservo il mio riflesso dallo specchietto retrovisore e non riesco a scorgere neanche l'ombra della persona che ero un tempo, cancellata e sostituita da una faccia che ho scelto di indossare e di cui piano a piano ne sono diventato succube.
Una mano attraversa i miei ricci ribelli e una risata di sfottò non può non accompagnare tale movimento, amara tanto che sento bruciarmi lo stomaco.
"Si va in scena!"
Salgo i gradini e ad aprirmi la porta d'ingresso c'è un uomo con l'uniforme da pinguino che al mio ingresso mi saluta con il capo abbassato.
"Puoi guardarmi...non ti uccido!"
Balbetta qualcosa che sarebbe difficile da capire persino da mio nonno che balbetta da quando è nato.
Continua a non guardarmi e a parlare a scatti, mentre il mio sguardo si ferma su una figura sinuosa messa a novanta difronte al bancone del bar.
Per la cronaca, è leggermente chinata!
Indossa un tailleur nero che da dietro non lascia grande spazio all'immaginazione e d'un tratto avverto l'esigenza di bere un bicchiere di bourbon alle otto di mattina.
Mi avvicino ma non riesco a guardarla in viso dato che ha la testa curvata verso un foglio e i capelli biondi ne offuscano la visuale; così mi scorgo leggermente indietro per beneficiare di un'altra prospettiva; se le buone intenzioni non vengono accolte non è mica colpa mia.
Si vede ad un chilometro di distanza la tua disperazione!
"Signore!" La cameriera richiama la mia attenzione come se mi stesse sentenziando.
"Un burbun, senza ghiaccio..."
Mi sbatte delicatamente il bicchiere davanti continuando a minacciarmi con lo sguardo, forse è lesbica e si è inviperita.
Portami a Lourdes, ho bisogno di chiedere un miracolo!
"Posso offrirle qualcosa?" Mi giro nella sua direzione, anche se non riesco ancora a vederla, forse lo fa di proposito, avrà qualche deformità o chissà cosa; se così fosse fa bene a stare come sta.
Ovviamente la tua sensibilità non ha eguali!
"No grazie, sono astemia!" Mi dice tutto d'un fiato continuando a tenere chinato il capo.
"Non le farò correggere il caffè..." Le dico a bassa voce "la barista ha un debole per lei, quindi pur volendo non sarebbe fattibile!"
Ma fai sul serio!?!
Ride e poi sollevando il capo mi guarda negli occhi "Signor?" Mi chiede fulminandomi con lo sguardo.
Conto mentalmente fino a cinque prima di parlare "Black...Black Rivera!"
"Piacere Black, io sono Evelyn"
"Evelyn?"
"Ti basta sapere il mio nome" si abbottona il primo dei due bottoni della giacca che lasciava intravedere un top di raso nero che metteva in evidenza le sue forme "io non ho chiesto espressamente il tuo cognome!"
Strozzo una risata e poi bevo il mio bourbon guardandola da sopra sotto; e sì, per la cronaca le sto facendo una lastra.
Mi alzo dallo sgabello sistemando le maniche della camicia, lascio un biglietto da cento sotto al bicchiere e infine, mi avvicino al viso di una sconosciuta con la faccia d'angelo e le gesta di un diavolo.
"Del tuo cognome poco mi importa..."
Sembra sorpresa della mia risposta, ma anche eccitata "Però l'hai chiesto!"
Gioco con una ciocca dei suoi capelli che scivola lenta sulle mie dita "Non te l'ho chiesto espressamente...Evelyn!"
"Cosa ci fai qui?"
"Tu invece? Hai la faccia troppo pulita per stare qui!"
Oscilla il viso su e giù, a rilento, e con la stessa pacatezza si morde il labbro inferiore con l'arcata dentale superiore; il mio respiro si intensifica come tutto il resto.
"Le facce pulite ti fottono persino l'anima!" Posa una mano al centro del mio petto e poi con l'indice sale al nodo della cravatta.
Mi schiarisco la voce e guardo un attimo il soffitto, poi ritorno su di lei e mi avvicino fino a farle sfiorare la mano alla sua bocca.
"Prima devi trovarla!"
Studio ogni suo movimento e lei fa lo stesso con me e devo ammetterlo, mi piace; sento che sto giocando ad armi pari.
Alzo il braccio portandolo dietro la sua testa e la vedo agitarsi "Calma, stavo solo guardando l'orologio... è stato un piacere Signorina Evelyn!"
Continua a guardarmi negli occhi "Signora...grazie!"
"Io ti chiamo come mi pare e piace!" Le sussurro all'orecchio, poi mi avvio verso l'ascensore di cristallo situato al centro della hall.
Una volta entrato schiaccio il pulsante che mi porterà all'ultimo piano e chiudo per un secondo gli occhi.
Non posso permettermi passi falsi, ho giurato a me stesso che mi sarei fatto vendetta da solo e sono pronto a tutto pur di arrivarci.
Ho una schema ben prestabilito, ogni dettaglio è stato pianificato in ogni sua sfumatura, arrivare qui non è stato affatto semplice, anzi tutt'altro.
Non ho problemi nel dire che ho paura, ma quest'ultima affermazione non è correlata al bastardo che incontrerò per la prima volta tra pochi minuti. No, non gli do la soddisfazione di tenere in mano anche questo.
Ho paura della mia impulsività, quel tasto dolente del mio carattere che manda a puttane tutto, persino quello a cui tengo ciecamente.
Si apre la porta e mi ritrovo su un attico da cui è possibile vedere tutte le bellezze di Manhattan; alla mia destra c'è un bancone con dietro delle mensole di cristallo, dove sono adagiati gli alcolici più lussuosi del mercato, di sottofondo c'è della musica jazz e oltre al barman e a un tizio in giacca e cravatta, qui ci sono solo io.
"Avverto il capo del suo arrivo, aspetti qui!"
Mi siedo su un divano di pelle nero e davanti a me c'è un tavolino di cristallo con un cofanetto di velluto rosso e delle candele accese; ora si spiega questa dannata puzza di vaniglia che si è ficcata nelle mie narici.
Con lo sguardo sono ancora impegnato a guardare i dettagli di questo strano posto, che tutto sembra, fuorché un luogo dove prendono forma le idee di uno psicopatico.
Mi aspettavo di incontrarlo in uno scantinato annebbiato dal fumo e dall'odore di alcool scadente, invece mi sembra di essere ospite di gente altolocata che vive con la puzza sotto al naso.
Non conosco il suo viso, in realtà sono poche le persone che ne conoscono l'aspetto; da quello che so a riguardo non ama essere riconosciuto in giro, della sua vita privata si sa poco e niente, e di ricerche in merito ne ho fatte parecchie; ma il pezzo di merda ha i mezzi giusti per nascondere ogni sua mossa passata, presente e futura.
Sento dei passi farsi sempre più vicini, continuo a guardare i grattacieli fuori dalla finestra, ma con l'udito cerco di captare se si tratta di una o più persone.
Mi bastano pochi secondi per capire che ad avanzare nella mia direzione è un unico individuo e il mio sesto senso mi avverte prepotentemente che si tratta di lui.
L'aria si fa gelida nonostante la musica continui a vibrare e l'odore sgradevole di vaniglia viene sostituito da un altro tanfo, ancora più ripugnante.
"Signor Rivera"
La sua voce è esattamente come la immaginavo, fottutamente profonda, inespressiva e autoritaria.
Mi alzo in piedi girando lentamente il capo e quando lo vedo, a differenza della sua voce, il suo aspetto è completamente differente da come avevo presupposto.
Altezza nella media, corporatura prestante messa in evidenza da un elegante camicia nera e degli occhi ghiaccio che mi fissano con prepotenza.
"Salve! È un piacere incontrarla!" Avanzo la mano nella sua direzione, lui di tutta risposta l'afferra ed entrambi stringiamo la presa; un lazzo gli compare in volto accentuando di granlunga la sua aria da buffone.
"Ho sentito tanto parlare di lei..." Mi indica muovendo l'indice e sedendosi sulla poltrona bordò difronte a me, "nonostante la tua età hai un curriculum notevole e per questo...ho deciso di parlarti faccia a faccia".
Ho fatto bene il mio lavoro.
"Anch'io ho sentito tanto parlare di lei!"
"Si sieda, vuole dell'alcool?" Mi sfida con lo sguardo e so che ogni sillaba che gli esce dalla bocca ha un perché, se è gentile deve esserci per forza una motivazione e mentre mi siedo sento la Glock 17 urlarmi contro; cerco di resistere alla tentazione di puntargliela in testa e disimballare ogni millimetro del suo cranio e credetemi, è dura.
"Un whisky"
"Due Dalmore 62" dice a denti stretti avvicinandosi il polso al viso.
"Io e te abbiamo molto in comune..."
"È vero!" Una morte, lesioni fisiche permanenti e squilibrio mentale.
Arriva il cameriere che lascia il vassoio di cristallo con due bicchieri pieni e una bottiglia; si sporge in avanti e me ne porge uno che impugno irriverentemente.
"A cosa devo l'onore di questo incontro?" Gli chiedo subito dopo aver ingoiato tutto l'alcool in un sorso.
"Ti voglio nella mia squadra" si alza in piedi aprendo la finestra e dandomi le spalle "ovviamente non mi bastano le tue referenze, ho bisogno di accertarmi personalmente delle tue prestazioni!"
Sapevo benissimo cosa mi aspettava una volta arrivato davanti ai suoi occhi.
Lui non fa domande, ordina.
Se si acconsenta ad incontrarlo si accettano i rischi che ne susseguono; potrei anche ammazzarlo in questo momento, consapevole del fatto che morirei anch'io un attimo dopo.
Sento dei tacchi avanzare in questa direzione e poco dopo mi ritrovo davanti lei, sarà una sua puttana.
"Chi non muore si rivede" mi dice sillabando sottovoce e sedendosi poi sulla poltrona bordò; si sbottona la giacca mettendo così in bella mostra i capezzoli turgidi e fa quel mezzo sorriso malizioso che mi fa venire voglia di sbatterla fino allo sfinimento.
"Evelyn?" Sembra sorpreso e al contempo incazzato nel vederla qui. Bene, la situazione si fa interessante.
"Vuoi un po' di whisky Evelyn?"
Inarco un sopracciglio e prendo in mano la bottiglia, lei alza il volto con aria di superiorità portandosi il polso dove indossa un orologio ad un millimetro dalla bocca.
"Portami un bicchiere!"
"Evelyn deve andare via!" Sentenzia lui.
Ho come l'impressione che questa ragazza sia il suo punto debole; i suoi occhi si sono infuocati e se potesse, la incenerirebbe viva, le sue labbra sono serrate e il respiro si fa sempre più pesante, le dita si stringono all'interno del palmo facendolo diventare rosso mentre l'altra mano la infila nella tasca dei pantaloni a filo comprimendone all'interno il tessuto.
"Aspetta..." Apre la borsa e caccia fuori un'agenda, la sfoglia e richiudendola con vigore guarda lui con arroganza "no, sono libera oggi".
"Evelyn o vai via con le buone o sarò costretto..."
Lei lo blocca "Ecco! È arrivato il mio bicchiere" si sporge verso la bottiglia e lo riempie fino al bordo; ci avrei giurato che non fosse astemia.
Il balordo le afferra un braccio facendole cadere il bicchiere che stringeva tra le dita, i capelli le cadono sul viso per poi ritirarsi indietro dopo essere stati afferrati con prepotenza.
"Lasciala" di scatto mi alzo avvicinandomi a loro.
♥️ Spazio Antonella ♥️
Weila bella gente come state? ♥️😘
Scusate la lunga assenza, ma non è stato un momento tanto facile sotto tanti punti di vista. Ho provato a scrivere, ma non riuscendo a metterci tutta me stessa, cancellavo ogni parola. Grazie per i messaggi mi hanno dato una forza enorme, davvero.♥️
Alloraaaa ♥️ cosa ne pensate del capitolo? Finalmente si inizia a scoprire qualcosa sul passato di Aron che attenzione, anche qui si fa chiamare Black.🕵️♀️
Nuovi importanti personaggi entrano in scena...questa Evelyn vi piace?😁 Lei sarà un punto fondamentale in tutta la vicenda.😬
Il nuovo personaggio maschile non è un tipetto tanto affidabile e nei prossimi capitoli lo conosceremo meglio, purtroppo.💣😆
Io lo immagino così, ognuno ovviamente può giocare con la sua fantasia.♥️
Mi siete mancati ♥️♥️♥️
A presto, un bacioooo 😘😘😘
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