8

Francesco giunse al Policlinico Sant'Orsola trafelato e con il cuore in gola. Aveva bruciato la distanza tra casa e l'ospedale di corsa – anche perché non aveva un mezzo di trasporto – preferendo andare a piedi anziché attendere l'autobus: gli erano bastati due minuti alla fermata, al freddo, con il sangue che gli pulsava nelle vene, per decidere di darsi al footing, arrivando a destinazione in tempo record.

Si fermò davanti l'entrata monumentale dell'ospedale, premendosi una mano contro un fianco dolente, la gola e il petto che gli facevano male, ostacolandogli i respiri, sudato e colmo d'ansia.

Come sempre capitava quando per un motivo o un altro era costretto a recarsi lì, si perse almeno tre volte, nonostante si fosse sforzato di seguire le indicazioni, non riuscendo a trovare il padiglione del Pronto Soccorso se non al quarto tentativo, scoprendo di esserci passato davanti un numero imprecisato di volte, ma senza riconoscerlo.

Era facile perdersi per i viali immensi della struttura, ma lui soffriva anche di una forma cronica di senso del disorientamento non indifferente.

Entrò nel padiglione e si precipitò verso la prima persona che indossava un camice e che gli capitò a tiro; quella gli indicò il bancone sulla destra della stanza, consigliandogli di chiedere informazioni all'infermiera che si trovava lì. Francesco quasi si gettò di peso contro il bancone, battendo le mani sulla superficie, facendo sussultare l'infermiera per lo spavento.

-Mi scusi!- disse senza fiato. -Sto cercando Gennaro Esposito. Ha avuto un incidente, mi hanno chiamato dall'ospedale...-
-Lei è?- lo interruppe la donna con un sorriso rassicurante e il giovane quasi si accasciò sul pavimento, ma per fortuna finì per poggiare i gomiti contro il bancone, rimanendo in piedi.
-Francesco De Rosa-
-Oh, sì. Ha parlato proprio con me al telefono-
-Come sta Gennaro? Dov'è?-

L'infermiera uscì da dietro il bancone e gli si fece vicino, indicandogli con un dito il corridoio che si apriva alla loro sinistra, ma il giovane si distrasse un attimo, finendo per leggere il nome scritto con un pennarello sul taschino della divisa della donna: Caterina.

-Sta bene, non si preoccupi. L'hanno spostato in Osservazione. Il medico le dirà tutto- e poi gli fornì delle indicazioni che Francesco, a stento, riuscì ad afferrare.

La ringraziò e annuì, tentando di mostrarsi sicuro di sé, maledicendo quella struttura tanto immensa e pregando affinché non si perdesse di nuovo.

Fu quasi un miracolo se riuscì ad arrivare davanti la stanza di cui gli aveva parlato l'infermiera e senza ulteriori intoppi. Tirò un sospiro di sollievo e si apprestò a bussare: "Ha detto che sta bene, su, coraggio" si disse, ma la porta venne aperta e Francesco si trovò con il pugno sollevato e Gennaro davanti a sé.

-Mio Dio!- urlò, senza riuscire a trattenersi e gli saltò addosso.
-Ahio!- borbottò Gennaro, barcamenandosi tra l'asta della flebo e il catetere, tentando disperatamente di fare sì che l'ago del primo rimanesse al suo posto, nonostante l'assalto dell'amico. Poi Francesco, finalmente, si staccò da lui per poterlo guardare in viso.
-Io ti ammazzo! Mi hai fatto prendere un colpo!- tuonò e Gennaro si portò una mano a una tempia, imprecando e socchiudendo gli occhi.

Concedendosi un paio di secondi per poterlo guardare meglio, Francesco notò le bende intorno alla testa dell'amico – gli parve che gli avessero rasato i capelli – e quelle che gli avvolgevano buona parte del braccio sinistro, e del sangue rappreso sui vestiti.

-Che ti urli!- sbottò Gennaro e l'altro aggrottò la fronte.
-Che mi urlo?! Fai un po' te! Mi chiamano dall'ospedale per dirmi che sei stato vittima di un incidente! Perché non mi hai chiamato tu?-
-Perché stavo svenuto, idiota. L'infermiera è stata tanto carina...-
-Adesso stai sveglio- lo interruppe Francesco, percependo un pizzico di gelosia.

-E ho bisogno di un caffè, adesso, subito! per riprendermi un po'-
-Ma il caffè lo puoi bere, sì?-
-Non metterti tra me e il caffè...- borbottò l'amico con fare evasivo e, allo stesso tempo, minaccioso.

-Che hai avuto? Ch'è successo? I medici che dicono?- riprese a dire Francesco, dando il via a un terzo grado che sembrava non avere fine.
Gennaro gli rivolse un'occhiataccia, facendogli cenno di tacere, portandosi un dito davanti alle labbra.

-Mi scoppia la testa...-
-Ti hanno investito?- lo interruppe il giovane e l'altro sbuffò, oltrepassandolo per recarsi alle macchinette che aveva già individuato in fondo al corridoio appena aveva messo piede fuori dalla stanza. -Non dovrebbe esserci un medico, un infermiere, qualcuno che ti accompagni?-
-France'! Dannazione, non sto morendo! Mi è caduto un pezzo di non so che cazzo dal balcone di un palazzo, mentre andavo a lavoro. Mi ha preso in pieno...-
-Tipo la tegola in mezzo all'oceano?- gli chiese sgranando gli occhi e l'altro gli rivolse l'ennesima occhiataccia.

-Se fai qualche battuta scema giuro che ti ammazzo- 
-Non faccio alcuna battuta, cretino! Mi sono preoccupato davvero per te!- esclamò il giovane, mentre la voce gli veniva meno e gli occhi gli si riempivano di lacrime.
Gennaro socchiuse le palpebre e si appoggiò contro la parete alle proprie spalle; si sentiva confuso e aveva male ovunque. L'incidente non gli aveva procurato lesioni gravi, ma gli era pur sempre crollato addosso un masso di diversi chili che, per fortuna, lo aveva preso di striscio. Avrebbe potuto rimanerci secco, anche se quella era un'ipotesi a cui non aveva voluto pensare neanche per un secondo fino a quando non si era trovato a leggerla negli occhi di Francesco, colmi di paura.

Sospirò mesto e allungò un braccio verso di lui e l'amico gli si strinse subito contro, facendolo gemere di dolore.

-Scusami- mormorò Francesco e l'altro gli accarezzò con gentilezza i capelli.
-Tranquillo, sto tutto intero. Non ti preoccupare-
-Oggi è stata una giornata orribile-
-A chi lo dici...-
-È venuto pure Raffaele, a casa- disse il giovane, senza lasciarlo andare. Gennaro sussultò, ma quella volta non fu a causa del dolore fisico; gli baciò la sommità del capo e si allontanò da lui.

-Dove vai?- gli chiese Francesco con fare apprensivo e lui scosse la testa.
-Alle macchinette, te l'ho detto-
-Uhm. Io vorrei parlare con un medico, qualcuno. Per sapere...-
-Sto bene, ti ho già detto pure questo- lo interruppe Gennaro. -Il medico che mi ha visitato è andato via, ha finito il turno-

-Ma io voglio sapere se puoi uscire già oggi, se devi restare qui, se devo comprarti delle medicine...-
-Resto qui per una notte, in osservazione, per il colpo alla testa. Aspetto i risultati della TAC che mi hanno fatto. Se non ci sono novità, esco domani mattina-
-Va bene, allora vedo se posso restare con te e...-
-France'- lo zittì ancora Gennaro. -Sono in ospedale e sotto osservazione, non c'è bisogno che resti pure tu. Senza contare che penso proprio tu non possa rimanere con me. Che ho, due anni?! Non fare la mammina...-
-Sei arrabbiato con me?-

Il giovane si morse un labbro e distolse gli occhi da lui. Era confuso, ma anche geloso: "Mannaggia me! Stavo per rimanerci secco e lui era con il suo ex" si disse, mentre il mal di testa si faceva più pressante e la luce del corridoio iniziava a dargli fastidio agli occhi.

-Okay, se non vuoi che rimango...- mormorò Francesco, abbassando lo sguardo sul pavimento e nascondendo le mani nelle tasche posteriori dei jeans; se rischiava a lasciarle ancora libere di muoversi sapeva che sarebbero finite per tornare a toccarlo: percepiva il bisogno spasmodico di accertarsi che fosse solido e reale, di sentirsi ripetere all'infinito che stava bene e che non aveva assolutamente nulla di cui preoccuparsi – anche se le bende che lo facevano assomigliare a una mummia appena risorta dal sepolcro gli suscitavano una certa impressione, senza contare il sangue, quello era proprio nauseante. - ... mi devi almeno un bacio- disse, sforzandosi di sorridergli e guardandolo dal basso, in tralice.

Gennaro serrò le labbra in una linea sottile e lo fissò in un modo che all'altro parve strano e un filo ostile. Francesco aggrottò la fronte, ma l'amico gli si avvicinò e gli baciò la fronte.

-Un bacio come quello di stamattina- mormorò in preda all'imbarazzo, sentendosi arrossire.
-Cioè?-
-Come cioè, Genna'?- gli chiese allibito e accostò il viso al suo, puntando alle sue labbra. Tuttavia, appena le sfiorò con le proprie l'altro si allontanò subito da lui.

-Non scherzare, France', non sono mica morto. Certe cose non sono fatte per noi- gli rispose, ricambiando il suo sorriso con imbarazzo. -Gli amici non si baciano sulla bocca- aggiunse, dopodiché gli volse le spalle e si avviò in direzione delle macchinette.

Francesco rimase basito a fissarlo da lontano, percependo un brivido corrergli lungo la schiena, mentre cercava di darsi risposte a quella sua reazione che fossero logiche e non spaventosamente inquietanti.

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