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"Non l'ha fatto davvero" si disse Gennaro, la bocca fattasi improvvisamente asciutta e il cuore che batteva all'impazzata.

Si mosse in direzione del corridoio, fermandosi davanti la porta della propria camera da letto.

"È impazzito. Non c'è altra spiegazione" si disse in preda al panico, mentre poggiava una mano sulla maniglia della porta. Non poteva continuare a ignorarlo, cercare di dimenticarsi il suo corpo mezzo nudo che si aggirava per casa con nonchalance e imporsi di andare a dormire.

Anche perché Francesco stava ancora nella sua camera, ad aspettarlo.

"Potrei occupare la sua e chiudermi a chiave mentre lui sta qui a giocare" pensò, ma poi prese in considerazione l'ipotesi di passare l'intera nottata con il profumo di Francesco ad avvolgerlo, a riempirgli i respiri: non era concepibile.

Sospirò mestamente, chiuse gli occhi, e poggiò la fronte contro la porta. Attese un altro paio di secondi, accumulando il più possibile coraggio; infine, aprì ed entrò nella stanza con passo deciso.

Francesco stava seduto sul davanzale della finestra, le ginocchia tirate al petto. Le tende erano calate, a eccezione di uno spiraglio oltre il quale il giovane era intento a guardare fuori. L'espressione del suo viso pareva avere perso tutta la spavalderia che lo aveva accompagnato fino a quel momento. Gennaro sospirò e lasciò andare tutta l'ostilità che aveva accumulato nei suoi confronti durante gli ultimi minuti; gli appariva così triste che non poté fare a meno di venire meno ai suoi stessi propositi di tenerlo a debita distanza.

Si avvicinò a lui e poggiò una mano sul muro, vicinissimo alla curva delle sue spalle, sfiorandogli la pelle con un dito. Lo vide tremare, mentre le braccia gli si ricoprivano di brividi visibili.

-Sento freddo- disse Francesco, senza voltarsi a guardarlo.
-Così rischi di prendere un'influenza. Riscaldamento o meno, fa freddo-

Francesco annuì e percepì le mani dell'altro scivolare intorno al suo corpo. Deglutì sonoramente e gli occhi gli si riempirono di lacrime; si girò a nascondere il viso contro il suo petto, lasciandosi nascondere dal suo abbraccio.

-Mi sei mancato- mormorò contro il suo petto, la voce attutita a causa della posizione.
-Non ti ho parlato per due giorni. In passato abbiamo litigato e non ci siamo visti né parlati per settimane...-
-Visti- lo interruppe Francesco. -Averti davanti agli occhi e saperti arrabbiato con me, vederti trattarmi come se fossi un fantasma è stata una cosa nuova. Una cosa orribile-
-Mi dispiace-

Francesco si strinse nelle spalle, spingendosi maggiormente contro di lui e strofinò la punta del naso contro l'incavo del suo collo.

-Sarà perché mi sento vulnerabile e triste per via di Raffaele. Non posso perdere anche te- mormorò e l'altro si trovò a sospirare. Improvvisamente Gennaro, che fino a quel momento aveva percepito emozioni contrasti riguardo quello che stava accadendo, sentendosi volutamente illuso, affascinato, colmo di speranza per via dell'atteggiamento che Francesco aveva assunto nei suoi confronti, di colpo gli parve di tornare alla realtà: erano amici e basta.

Il suo amico aveva appena chiuso una relazione importante e aveva bisogno di lui. Non c'era altro tra di loro, nonostante le proposte "oscene" che gli aveva rivolto un paio di giorni prima.

"Quella... sicuro era frutto del suo desiderio di vendetta" si disse Gennaro, "Raffaele è sempre stato geloso del nostro rapporto e lui voleva ferirlo".

Francesco alzò la testa, in cerca dei suoi occhi e gli accarezzò una guancia. I pensieri del giovane si spensero di colpo, si sentì come stregato dal tocco dell'amico, prigioniero di un incantesimo da cui non era in grado di liberarsi. Gennaro si lasciò sfuggire un sospiro tremulo e l'altro accostò le labbra alle sue. Il bacio arrivò un istante dopo e fu diverso rispetto a quello di un paio di giorni prima.

Tremò nel percepire il suo respiro scivolargli dentro la bocca, confondendosi al proprio, mentre la pressione delle sue labbra pareva ustionargli la pelle.

-Posso dormire con te?- gli chiese Francesco e il giovane, suo malgrado, si trovò ad annuire.

Quando Francesco era tornato nella sua stanza, dopo essere sparito per un paio di minuti, Gennaro reagì con sollievo nello scoprire, al suo ritorno, che l'amico aveva indossato un pigiama. Lo vide arrivare muovendosi come se fosse in bilico su un filo sospeso nel vuoto: malfermo sulle gambe e titubante. Non lo guardò in viso neanche per sbaglio, ostintandosi a fissare il pavimento, finché non lo raggiunse nel letto, ne occupò il lato sinistro, e si rannicchiò in posizione fetale, dandogli le spalle.

Gennaro sapeva che avrebbe dovuto approfittare di quella sua improvvisa reticenza a dormire con lui, ma si trovò a sbuffare piano, si girò anche lui su un fianco, aderendo con il petto alla sua schiena, passandogli un braccio intorno alla vita. Accostò il viso ai suoi capelli, inspirando a pieni polmoni il suo profumo.

"Potrei passare l'eternità così" pensò con un pizzico di amarezza.

Francesco si premette le mani dell'amico sul petto e chiuse gli occhi, sentendosi al sicuro, avvolto dal calore del suo corpo. Si sorprese a sorridere e la cosa ancora più strabiliante fu che, anche se non poteva vederlo in viso, non vi era confusione alcuna nella sua mente: sapeva che si trattava di Gennaro, che no, non era Raffaele, ed era contento che fosse così.

Gli accarezzò un braccio in punta di dita, dapprima attraverso il pigiama, partendo da sotto il gomito fino ad arrivare al polso, poi scivolò sotto il tessuto, toccando la sua pelle, percependo sotto i polpastrelli i peli irti a causa dei brividi, mentre contro la schiena gli arrivava chiaro e netto il battito frenetico del suo cuore. Lo sentì deglutire e sospirare e Francesco si rilassò del tutto. Non c'era più in lui nessun desiderio di vendetta, nessuna intenzione di approfittarsi della situazione; si sentiva profondamente tranquillo, come se si fosse incastrato all'interno del giusto puzzle. Non era più un pezzo vagante in continuo conflitto con se stesso, arrabbiato, ansioso e spaventato dalla possibilità di non riuscire mai a trovare il modo di combaciare con l'altro.

"Era il pezzo con cui cercavo di incastrarmi che, forse, non andava bene" pensò e si girò nell'abbraccio di Gennaro, trovandosi a un palmo dal suo viso.

-Credevo che con Raffaele fosse amore- soffiò e percepì l'altro irrigidirsi un po'.
-Lo era. Siete stati insieme per tanto tempo...-
-Chissà. Forse volevo che lo fosse-
-Stai solo tentando di porre quello ch'è stato sotto una luce diversa, per prenderne le distanze. È umano e naturale, ma credo che sia ancora troppo presto per odiarlo e cercare di andare avanti-

Francesco abbassò lo sguardo sulle sue labbra, accarezzandogliene i contorni con entrambi i pollici.

-La verità è che... non riesco mai a impormi, do tutto me stesso quasi annientando la mia personalità, diventando quello che l'altro desidera, pur di tenere quella persona al mio fianco-
-Ricordo bene quando frequentavi quel ragazzo al liceo...-
-È stato così anche con Raffaele- lo interruppe Francesco, puntado i suoi occhi celesti in quelli dell'altro. -Non mi piace la solitudine e più accanto a Raffaele mi sentivo solo, più mi imponevo di volere stare con lui. Mi imponevo tutto quello che lui voleva, anche se non mi andava bene-

-Questo non è amore- soffiò Gennaro e Francesco socchiuse gli occhi, sentendosi rabbrividire sotto il peso del suo sguardo. Annuì e, se avesse potuto, gli si sarebbe fatto ancora più vicino, anche se lo era già tanto che, più di così, avrebbe potuto sperare soltanto di fondersi direttamente con lui.

-E questo?- gli chiese in sussurro, baciandolo con delicatezza. -Questo cos'è?-

Gennaro preferì non rispondere, ma, per la prima volta, non si tirò indietro e ricambiò il suo bacio.

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