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Il cuore di Gennaro batteva così forte che temeva stesse per avere un infarto. Francesco lo fissava evidentemente esasperato da quella situazione e il giovane temeva che cedesse a quell'insofferenza, ponendo fine alla loro discussione e scappando ancora una volta nella sua stanza.

"Parla" si disse Gennaro, ma ogni volta che apriva la bocca pareva che la lingua si attorcigliasse, il cervello si spegneva e non ricordava più le basi fondamentali della comunicazione.

Era in preda al panico.

Francesco sospirò e fraintese il silenzio che era calato tra di loro. Incrociò le braccia sul petto e distolse gli occhi da lui, finendo per posarlo sulla parete in cui aveva dipinto il paesaggio marino: l'ennesimo tentativo sprecato, l'ennesimo sforzo inutile; una notte passata in bianco, la febbre e l'espressione di Gennaro incantata nello scoprire la sorpresa che gli aveva riservato.

Eppure, tutto quello non gli bastava più.
E non gli bastavano più i litigi, l'amicizia; avere fatto l'amore con lui e i baci e la passeggiata al parco tenendosi per mano; gli abbracci e i silenzi pieni di imbarazzo. Si sentiva come se fosse arrivato al capolinea, insofferente, irato con se stesso perché pensava di avere fatto tanto, ma si sentiva come se non avesse concluso nulla.

-Stai diventando pallido, che ti stia venendo un colpo?- chiese con voce atona e l'altro s'irrigidì.
-Certo, mammina, e tu lo sai bene perché mi stai guardando vero?- ribatté Gennaro afferrandolo per il mento e obbligandolo a ricambiare il suo sguardo. Francesco aggrottò la fronte e lo respinse ancora una volta.
-Io sono stato chiaro con te. Non ho più nulla da dirti- sibilò lui e la rabbia che trapelò dalle sue parole strisciò sulla pelle dell'altro come lava bollente.

-Io e te siamo ancora amici. La complicità che c'è tra di noi non è una cosa che si può esaurire di colpo-
-Okay, siamo amici- esclamò Francesco con amarezza.
-E amanti-
-Una parentesi già chiusa-
-Affatto-
-Non ho intenzione di giocarmi ancora la dignità con te! Non ho intenzione di diventare il tuo scopa-amico di fiducia!-
-Dannazione!- urlò esasperato Gennaro. -Perché continui a fraintendere tutto quello che dico?!-
-Perché non sei mai stato chiaro! Perché hai sempre preteso tutto e non mi hai mai dato nulla!- tuonò Francesco. -Quello che c'è tra noi è speciale, vero. Ma... tutta questa confusione mi fa male-

-Allora devo rimediare- disse Gennaro e l'altro rise con amarezza.
-Perfetto! Quindi mi devo rassegnare ad altri vent'anni di cazzate mentre tu cerchi di rimetterti in pari... Ma poi con cosa?! Ch'è mezzora che stiamo a parlare del nulla cosmico!-
-Io ti amo- disse Gennaro in un sussurro e Francesco, forse per lo stupore, forse perché era troppo arrabbiato, non comprese bene il senso di quelle parole.

-In pratica mi devo aspettare ancora le tue stronzate, i tuoi sì, i magari, oppure i no che però nascondono un sì! Mi devo pure trovare un altro Raffaele per ingannare il tempo nell'attesa? Certo che sei assurdo! Come credi che possa aspettare ancora che tu faccia chiarezza e mi dica quello che cazzo provi...?- e Francesco tornò ad aggrottare la fronte, mentre la sua voce si abbassava di parecchi decibel. -Aspetta...- mormorò e sgranò gli occhi, voltandosi verso l'amico che, durante il suo sproloquio, era rimasto a fissarlo in silenzio, guardandolo andare avanti e indietro per la stanza, accompagnando il proprio monologo sbuffando come una locomotiva a vapore e gesticolando in maniera esagerata. -Cosa hai detto prima?- gli chiese con un filo di voce e Gennaro sollevò un sopracciglio con scetticismo e scrollò le spalle con indifferenza; mise le mani nelle tasche dei jeans che indossava, e lo fissò con sguardo indecifrabile.

-Che ti amo- ripeté senza alcuna inflessione nella voce e quella volta, il senso delle sue parole, colpì in pieno Francesco che si sentì ardere per l'emozione: era praticamente certo di essere arrossito in modo vergognoso. -Puoi pensare che te lo stia dicendo solo per non farti andare via, per farti prendere da tutte le tue paranoie del cazzo, ma se per te non siamo più niente...- il tono di Gennaro fu così glaciale che Francesco rabbrividì e comprese che l'amico era decisamente arrabbiato, molto più di lui. -... sai che importa. Io ti amo. Ti amo praticamente da sempre! Ho sempre cercato di costruire un futuro per noi, ho aspettato i tuoi tempi, sono rimasto a guardare mentre ti scambiavi la saliva con Raffaele e non ho mai detto nulla nemmeno quando sei venuto qui, hai deciso di trasferirti da me, e sì che lo speravo, ma hai sempre fatto tutto di testa tua, lasciandomi solo la possibilità di adattarmi e me lo sono fatto andare bene. Sei un viziato del cazzo, casinista e infantile, ma poi hai anche un lato dolce e vai in paranoia per le stronzate più assurde ed è vero che ho sbagliato, che ho esagerato. Che ti ho mentito e creato una situazione assurda, ma mi sono sempre fatto andare bene tutto, perché ti amo e sono pazzo di te, di tutto quello che sei, ma ero stanco. Stanco di aspettare il mio turno, stanco di aspettare che ti decidessi anche per me, perché ti amo! E...-

E chissà che altro avrebbe detto Gennaro se avesse avuto la possibilità di continuare a tirare fuori tutto quello che per anni aveva ricacciato giù con forza, in attesa del momento giusto. Tuttavia non fu in grado di proseguire perché, anche quella volta, Francesco decise per entrambi e arrivò alla conclusione di aver sentito anche fin troppo e che ormai era giusto porre fine alle chiacchiere. Non ne poteva più delle chiacchiere.

Corse incontro a Gennaro – anche se li separavano non più di cinque passi – e gli saltò letteralmente addosso, stupendo l'altro, che si trovò l'amico aggrappato a sé come un koala a un ramo e aprì le braccia per mantenere l'equilibrio, mentre Francesco gli avvolgeva la vita con le gambe, gli prendeva il viso tra le mani e lo metteva a tacere con un bacio. Gennaro sgranò gli occhi e lo strinse a sé, ancora stupito e instabile, sentendosi cadere in avanti, tirato giù dal suo peso e mosse dei passi incerti, finendo per avvicinarsi al tavolo da pranzo, su cui lo fece sedere, aiutandosi a ritrovare il proprio equilibrio e ricambiò il suo bacio con foga, dimenticandosi di respirare, smanioso di toccarlo, abbracciarlo, riempirsi le mani della sua carne, divorare i suoi respiri e recuperare tutto il tempo perso. 

-Ti amo- disse Francesco tra un respiro e l'altro e Gennaro grugnì colmo di rabbia.
-Mannaggia a te, France'!- tuonò e gli tolse la felpa con stizza, soffocando le sue parole con un altro bacio.
Francesco gli morse il labbro inferiore, facendolo tremare; si aggrappò alle sue spalle, artigliandogli il maglione con gesti brevi e insicuri, come se l'emozione del momento ostacolasse la sua capacità di tramutare il bisogno in azioni. Gennaro gli andò incontro e lo aiutò a sfilarsi il maglione, sbottonando poi la camicia che teneva sotto con gesti febbrili, mentre i bottoni gli scivolavano sotto le dita e Francesco gli accarezzava i polsi, scendeva sugli avambracci e poi saliva di nuovo verso le spalle, e saltò giù dal tavolo, mentre l'altro si scopriva il petto.

-Ti amo davvero. Su questo non ho mai avuto dubbi. Temevo... temevo soltanto che per te non fosse lo stesso- disse, accostando le labbra alle sue e Gennaro trasse un profondo sospiro di sollievo, che parve crepitare contro la sua pelle. 
-Ed era la stessa mia paura più grande- mormorò il giovane e l'altro annuì.
-Siamo due idioti-
-Già-

Ripreso a baciarsi con meno irruenza, alternandosi a sorrisini imbarazzati, muovendosi in direzione della stanza di Francesco, anche se quella più vicina al soggiorno era quella di Gennaro, ma quest'ultimo seguì l'altro senza protestare, finché non si trovarono nella camera e si rese conto che qualcosa non tornava. Aggrottò la fronte, guardandosi intorno, mentre Francesco gli baciava il collo, la spalla sinistra, mordendogli una piccola porzione di pelle, oltremodo divertito dalla sua espressione dubbiosa.

"Ben ti sta!".

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