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-Tanto Gennaro rimane troppo intelligente per te. Insisti pure, coglione, così perderai anche l'amico. Perché puoi stare certo che un po' di sesso si esaurisce presto, non è una distrazione sufficiente per nascondere quello che sei-

"Era arrabbiato. Furioso. Gli hai detto che non l'hai mai amato. Come pensavi che reagisse? Non sei così orribile come lui ti ha descritto" si disse Francesco e alzò lo sguardo verso lo specchio affisso sopra il lavabo del bagno, stringendo il bordo del sanitario con forza, mentre trovava finalmente il coraggio di confrontarsi con il proprio riflesso, "O forse sì?"

Aprì il rubinetto e si lavò il viso con abbandonate acqua fredda, tanto da percepire la pelle tirare e protestare per lo shock a cui la stava ponendo, nonostante lui stesse soltanto cercando un modo per nascondere le lacrime che non ne volevano proprio saperne di esaurirsi.

Bussarono alla porta ed ebbe un attimo di smarrimento. Dovette guardarsi intorno per avere la certezza che non poteva trattarsi di Gennaro, dato che quello in cui si trovava era il bagno della casa dei suoi genitori, a Salerno, a chilometri di distanza da lui.

Si asciugò il viso con un asciugamano, strofinandosi con vigore, e aprì la porta che ancora lo sfregava contro la pelle.

-Tutto bene?- gli chiese sua madre e la donna si portò una ciocca di capelli dietro un orecchio, reclinando il capo da un lato. Francesco percepì un brivido di terrore mentre quel gesto faceva riaffiorare tra i suoi ricordi lo stesso movimento compiuto da Raffaele il giorno prima, quando lo aveva raggiunto al parco e gli si era palesato mostrando una benevolenza che, in realtà, nascondeva tanto odio e rancore.

-Anche tu sei qui per ricordami che il mio anno sabbatico sta per scadere? Tic toc, tic toc- disse il giovane, senza alcuno entusiasmo, dandole le spalle per rimettere l'asciugamano al suo posto.

-Sai che Alessia... La mia amica del liceo, te la ricordi? È tanto che non la vedi, ma te la ricordi, sì?- gli chiese sua madre e Francesco annuì con fare distratto. -Sta organizzando un corso di pittura. A te piace ancora disegnare?-
-Ogni tanto...-
-Potresti provare e...-
-Non sarebbe perdere altro tempo, tempo che toglierei alla ricerca di un lavoro vero, come dice papà?-

-Lascia stare tuo padre. Ti vuole bene, ma è sempre stato un tipo un po' veniale. Ti vuole sistemato, così è sicuro che avrai i soldi per mantenerti. Ma la vita non è solo quello, quello è importante, tuo padre ha ragione, ma non è solo quello che conta- disse la donna con un'elegante scrollata di spalle. -Un corso per pizzaiolo? La pizza ti piace un sacco-
-Mangiarla, sì. Anche i biscotti che mi fa nonna Sara mi piacciono un casino, ma non so cucinare-
-Puoi imparare-
-Mamma- la interruppe lui con tono perentorio e Paola tacque, riducendo le labbra a una linea sottile. -Sai già come andrà a finire. Tanto... Gennaro non mi vuole e io tornerò a casa e lavorerò con papà e...-
-E sarai infelice e l'idea che finisca così mi fa incazzare-

Francesco trasalì. Sua madre non era mai stato tipo da parolacce: sentirne una fuoriuscire dalla sua bocca lo scosse quasi più del contenuto delle sue altre parole.

-Prima non la pensavi così- mormorò, timoroso di farla arrabbiare, ma era pur sempre la verità. Dopotutto, Paola conosceva benissimo i punti cardini del patto tra padre e figlio.
-Prima... eri un "bambino". Ieri ti sei fatto un viaggio di chilometri per incontrare il tuo ex, lasciarlo guardandolo negli occhi, anche se sapevi che il confronto con lui avrebbe potuto farti male-
-Mamma...-
-Non è una cosa da tutti. Ieri mi hai dimostrato di essere diventato un uomo. Perciò, se adesso mi dici che ami Gennaro, ti credo. Se mi dici che hai bisogno di altro tempo per capire che lavoro vuoi fare, ti prometto che convincerò tuo padre a dartelo-

-Magari voglio fare davvero l'avvocato- disse Francesco, stringendosi nelle spalle. -Ci sono tante cose che mi piacciono: Gennaro, la pizza, la musica, disegnare, il sole, il mare. La sensazione di poter fare la cosa giusta, aiutando qualcuno con il mio lavoro. Hanno incominciato a piacermi pure le carotine lesse-

Paola scosse la testa e si lasciò sfuggire una risata.

-Ti sei convertito al vegetarianesimo di Gennaro? Sara lo sa?-
-Non mi sono convertito. Non so cucinare e lui lo fa anche per me- mormorò il giovane con un filo di voce e sua madre scosse la testa, irata da quella risposta. -Lui è pessimo nelle faccende domestiche, però. A quelle penso io. Siamo come una squadra...-
-Anche se continui a negare te stesso per farti accettare da lui?-

Francesco sgranò gli occhi e le lacrime tornarono a riempirglieli.

Non aveva mai messo la sua relazione con Gennaro sotto quella luce, ma sua madre aveva ragione. Erano tutte piccole cose – lo stereo, la cucina vegetariana, ... e chissà quante altre che in quel momento gli sfuggivano – ed erano tutte cose che cercava di farsi andare bene solo per fare piacere a lui.

Paola si commosse a sua volta e allungò le braccia, accogliendo il figlio, aggrappandosi con entrambe le mani alla sua T-shirt. Era piacevole trovarsi avvolta dal suo calore: la superava in altezza, ormai da anni, e aveva una presa salda, rassicurante, ma rimaneva sempre il suo bambino, anche se le aveva dimostrato di essere cresciuto, "Chissà se si rende conto di quanto è diventato forte" si chiese.

Si scostò un po' da lui e gli accarezzò una guancia, fissandolo negli occhi, identici ai propri.

-Magari quello che non mi piaceva di essere un avvocato era il fatto che fosse papà a volerlo per me. Lo so ch'è infantile, ma...- disse Francesco, provando a indirizzare la loro discussione su un altro argomento, sì, pure "scottante", ma almeno non avrebbero più parlato di Gennaro: era stanco di continuare a farsi male in quel senso.
-È giusto. Hai ragione-
-E se vorrai lavorare in un altro studio...- nell'udire la voce di suo padre provenire dal corridoio, Francesco trasalì. Sciolse l'abbraccio con sua madre e uscì dal bagno, trovando l'uomo pochi passi più in là, a gambe leggermente divaricate, le mani dietro la schiena e rosso peperone in viso. Marco si schiarì la gola e si dondolò sui talloni, prima di riprendere a parlare.

-Sono appena tornato da lavoro- assicurò. -Ho sentito per caso-
-Per caso, sì- disse sua moglie, con tono ironico, raggiungendoli fuori dal bagno e ravvivandosi la folta chioma bruna con gesti affettati.
-Per caso, perché ho le prove che sono appena rincasato e...-
-Papà!- lo richiamò Francesco e l'uomo tornò a schiarirsi la gola.

-Mi dispiace- disse Marco tutto d'un fiato, tanto che le sue parole suonarono poco chiare. -Gennaro ha sempre avuto un carattere più tosto. Ti ha sempre influenzato e trascinato. Era questo che mi faceva temere che i tuoi sentimenti non fossero nient'altro di più che una cottarella data dal fascino che lui ha su di te-

-Viziato. Fallito. Inconcludente-

-Ma perché lo sa, tuo padre, che non vali nulla!-

Nel sentire risuonare la voce sprezzante di Raffaele nelle proprie orecchie, ancora una volta Francesco temette di stare per tornare a cedere alla commozione. Non voleva darla vinta al suo ex e continuare su quella linea: temeva che pure suo padre avrebbe finito per guardarlo con gli stessi occhi di Raffaele.

-E temevo che ti perdessi- continuò l'uomo, con tono gentile. -Che ti trovassi a trent'anni a non sapere che strada prendere, per questo ho sempre cercato di indirizzarti sulla mia stessa strada, ma soprattutto perché vedevo che ne avevi le capacità, che c'erano tutti i presupposti affinché tu diventassi un bravo avvocato. Altrimenti avrai puntato su altro-
-Mi credi capace?- chiese Francesco, aggrottando la fronte e ansimando per lo stupore. Suo padre sgranò gli occhi e gli si fece più vicino, poggiandogli una mano su una spalla – una stretta un po' ruvida e impacciata, ma piacevole.

-Stai scherzando?! Certo che sì, ragazzo mio, certo che sì!-
-Io e tuo padre siamo molto orgogliosi di te, amore- disse sua madre.
-Eh- le fece eco il marito e Francesco fece scorrere lo sguardo tra tutti e due, un po' incredulo – non credeva di avere fatto chissà che per meritarsi il loro orgoglio, a parte completare i propri studi – e colmo di una gioia improvvisa – perché era bello sapere che, nonostante tutto, i suoi genitori gli volevano bene.

Sorrise e annuì, sentendosi anche un po' in imbarazzo.

-Allora... forse potrei anche decidere di tornare- disse con un pizzico di tristezza perché se, sì, l'idea di lavorare gomito a gomito con suo padre aveva iniziato a fargli meno paura, quella di dover lasciare Bologna e rinunciare a Gennaro continuava a terrorizzarlo.

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