28

Erano le quattro del pomeriggio quando Francesco giunse al parco in cui si era dato appuntamento con Raffaele. Il suo ex si trovava in città: ne aveva approfittato per tornare perché aveva concluso di seguire le lezioni all'Università, e si stava preparando in vista della discussione della tesi, programmata per il mese di marzo.

"Certo che sono stato stronzo a lasciarlo in un periodo come questo" si disse con un sospiro, sedendo su una panchina in attesa del suo arrivo. Avevano deciso di incontrarsi intorno alle ore diciassette, ma Francesco aveva preferito arrivare in anticipo a destinazione, che stare ancora a sentire le parole di suo padre. "Come diavolo pretende che un anno mi basti per capire cosa voglio fare? Non so fare nulla! Ho sempre fatto tutto quello che voleva lui! In un anno ho a malapena imparato che esistono altre strade, diverse da quella che lui ha scelto per me e sono così tante che non so decidere... A parte Gennaro. Tutto il resto..."

-In anticipo anche tu?- si sentì chiedere, mentre un'ombra si frapponeva tra lui e i raggi del sole di cui si stava beando durante i propri sproloqui mentali. Francesco aggrottò la fronte e sollevò lo sguardo su Raffaele, in piedi davanti a lui. Il suo ex lo fissava tenendo la testa reclinata da un lato, le spalle un po' incurvate e un inspiegabile sorriso dipinto sulle labbra. Perché non era furioso con lui?

Le rughe sulla fronte di Francesco si fecero più profonde, mentre leggeva nello sguardo dell'altro un'inaspettata dolcezza. Raffaele aveva gli occhi tanto scuri che, in assenza di luce a illuminarglieli in modo diretto, potevano apparire neri: proprio come in quel caso, dato che stava chino in avanti, verso di lui, con le spalle rivolte al sole, ma il giovane sapeva che i suoi occhi erano castani, di un marrone tanto intenso da ricordare quello del cioccolato fondente. Non un filo di barba, le sopracciglia perfettamente delineate e curate; i capelli parevano essere esenti dalle molestie del leggero vento invernale che li accarezzava: quelli di Francesco si facevano più crespi, mentre le ciocche brune di Raffaele parevano incollate al suo cranio, immobili e perfette.

Era una di quelle cose che Francesco credeva potesse succedere solo nei film, dove le acconciature degli attori avevano la capacità di passare intonse anche dagli episodi più drammatici. Raffaele non era un attore, ma lo si poteva benissimo considerare come l'eccezione che conferma la regola.

Sempre impeccabile in tutto e per tutto: pure il completo che indossava sotto un cappotto, nero e aperto sul davanti, era stirato alla perfezione; la sciarpa bianca che richiamava il colore della camicia e che indossava sotto il gilet grigio e la cravatta rossa – un tocco di colore davvero azzeccato; ogni cosa gli conferiva l'aspetto di un uomo fatto e finito, nonostante fossero coetanei, ponendo Francesco a paragonarsi a lui e a sentirsi a disagio nel sfoggiare i suoi jeans strappati sulle cosce e l'immancabile giacca di pelle fuori stagione.

"Anche questo senso di soggezione... di inferiorità. Anche questo mi ha sempre dato fastidio, ma me lo sono sempre fatto andare bene, ponendomi con consapevolezza a un gradino al di sotto di lui" si disse con amarezza.

-Credevo che non ti avrei trovato già qui. Di solito sei un ritardatario cronico- disse Raffaele, riscuotendo l'altro dai propri pensieri e prendendo posto al suo fianco, lasciando tra di loro una ventina di centimetri, di modo che non finissero accidentalmente per toccarsi.
-Invece tu arrivi sempre in anticipo. Stavolta volevo batterti-
-Uao. Ci sei riuscito- disse il giovane, senza entusiasmo, fissando un punto imprecisato davanti a sé.

Il parco non era molto grande e sorgeva poco distante dal punto in cui si trovavano le abitazioni dei loro genitori. In passato, era stato un luogo in cui si erano rifugiati spesso quando trascorrevano i weekend in famiglia, per ritagliarsi un po' di intimità. Durante il pomeriggio non era un posto molto frequentato, a eccezione di qualcuno che si poteva incontrare mentre portava a passeggio il proprio cane. Nelle giornate di sole, soprattutto in estate, era già più probabile trovarci ragazzini intenti a giocare, magari di ritorno dal mare, per finire di scaricare l'adrenalina prima di tornare a casa. In quel momento però il cielo stava incominciando a farsi cupo, mentre il sole spariva oltre le nuvole e da dietro le case pareva innalzarsi un velo grigio, pronto a minare l'azzurro che li sovrastava. I cani li si sentivano abbaiare in lontananza; intorno a loro non c'erano altro che alberi, aiuole, vialetti deserti, panchine vuote, e le facciate di un paio di palazzi, scure e silenziose.

Francesco non aveva idea da dove incominciare a parlare: se fosse arrivato dritto al dunque di colpo temeva di lasciare Raffaele insoddisfatto, di accendere in lui una rabbia istantanea, ma di girarci intorno non gli andava proprio e poi stava iniziando a destare quella sua ostentata calma, soprattutto dopo la lettera colma di insulti che gli aveva fatto recapitare a Bologna.

-Non credo... Stavolta non volevo arrivare in ritardo- disse e Raffaele accavallò le gambe, scoprendo una caviglia e rivelando che – come al solito – non indossava calzini sotto le sue scarpe dal taglio elegante. Francesco si chiese che fine avesse fatto il ragazzo sconvolto e con lo sguardo spiritato che aveva bussato alla sua porta a Bologna, dopo che si erano lasciati: le occhiaie, i vestiti non stirati e i capelli in disordine. Era stato quello ad aiutarlo a chiudergli la porta in faccia? Non lo aveva riconosciuto, non aveva provato la solita soggezione che gli causava averlo al suo fianco tirato a lucido? Se si fosse presentato nella solita versione di sé, Francesco sarebbe stato in grado di chiudere quella porta?

-Perché? Avevi tutta 'sta gran voglia di chiedermi scusa? Dopo quasi due mesi che ci siamo lasciati?- gli chiese Raffaele con voce sprezzante e Francesco percepì l'impellente bisogno di alzarsi in piedi. Si alzò di scatto dalla panchina e si girò per fronteggiarlo, fissandolo dall'alto, con le spalle che gli tremavano a causa della tensione.

-Tra noi è finita- sibilò e Raffaele gli sorrise di nuovo.
-È mai iniziata? Sei una persona orribile, Francesco- disse il suo ex, alzandosi a sua volta. Il giovane fece un passo indietro con fare istintivo e incrociò le braccia sul petto, nel tentativo di tenere a bada i propri tremori. -Sei stato con me per anni. Ti sei approfittato della mia pazienza, dei miei sentimenti. Adesso perché siamo qui, uhm? Gennaro ti ha dato l'ennesimo due di picche e hai intenzione di tornare sui tuoi passi...?-
-Non mi hai sentito? Ho detto che tra noi è finita-

-Perché sei qui, allora?-
-Perché volevo chiuderla di presenza, faccia a faccia...-
-Oh, sì! Adesso cerchi di comportarti da uomo? Per il tuo Gennaro che detesta i mocciosi molesti come te?-
-Io non sono un moccioso molesto...-
-Viziato. Fallito. Inconcludente. Non sai fare altro che rispondere agli ordini di tuo padre-
-Voglio bene a mio padre. Mi ha permesso di studiare ed è stato la mia guida, sempre, ma...-
-Ma perché lo sa, tuo padre, che non vali nulla! Dannazione! Non sei buono neanche per scopare!-
-Questo lo dici tu- sibilò Francesco con le lacrime agli occhi, ormai così sconvolto da non riuscire più a nascondere il fatto che stava tremando. -Solo perché non lo sai. Perché sesso non lo abbiamo mai fatto!-

-Avrai pure fatto sesso con Gennaro, ma lui resta uno con il cervello e tu un cretino. E un po' di sesso non cambierà le cose. Infatti, guardati! Sei qui a frignare per tornare con me- disse Raffaele, abbassando improvvisamente il tono di voce, tanto che il suono che giunse alle orecchie dell'altro si tinse di sfumature ammalianti.
-Io non voglio tornare con te! E mi dispiace davvero...-
-Perché sei stupido? L'ho sopportato per anni e vedrai che a lungo andare magari riusciamo anche a fare funzionare qualcuno dei tuoi neuroni del cazzo-
-Io non ti ho mai amato!- urlò Francesco, cercando di sovrastare il fiume in piena delle parole dell'altro.

"Ora mi mena" pensò il giovane, con il cuore in gola, fissando l'altro negli occhi, mentre prendeva consapevolezza di ciò che gli aveva appena detto, "No, aspe'... il completo" si disse e tirò un sospiro di sollievo nel notare l'altro lisciarsi il collo interno della giacca con gesti meccanici. Raffaele non lo aveva mai sfiorato con un dito e sicuramente non lo avrebbe fatto quel giorno: le sue priorità erano altre – non che fosse una cosa che Francesco rimpiangesse, anzi, era uno dei pochi punti a favore del suo ex, ma gli dava fastidio notare ancora una volta quanto per lui l'apparenza fosse più importante di qualsiasi altra cosa, persino più delle proprie emozioni.

Era una persona grigia, Raffaele, grigia e lineare come il suo completo perfettamente stirato.

Nulla a che vedere con l'uragano di emozioni – anche devastanti – che invece gli trasmetteva Gennaro.

Lo vide distogliere lo sguardo da lui, aggiustandosi anche il nodo della cravatta.

-Tanto Gennaro rimane troppo intelligente per te. Insisti pure, coglione, così perderai anche l'amico. Perché puoi stare certo che un po' di sesso si esaurisce presto, non è una distrazione sufficiente per nascondere quello che sei- concluse lapidario e Francesco si limitò a incassare quelle accuse e rimase in silenzio pure mentre l'altro andava via.

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