23
-Tutto il resto ce lo metto io. L'amore, ce lo metto io-
-Dannazione!- tuonò Francesco, mentre le parole che aveva rivolto a Gennaro qualche giorno prima si facevano spazio con prepotenza tra i suoi pensieri.
Imprecò ancora, strofinando la cute con un po' troppa irruenza, tanto che iniziò a bruciargli a causa dello shampoo di cui erano stracolmi e delle piccole lacerazioni che si stava procurando da solo.
"Una doccia, sì, per lavare via ogni ricordo" si era detto poco prima e subito si era precipitato in bagno, per mettere in atto il suo proposito.
Non era bastato.
Da quando aveva avuto quel colpo improvviso di febbre, l'imbarazzo aveva trovato il modo per diventare un'emozione stabile, spiacevole, ma mai più lo aveva abbandonato. Gennaro sembrava tranquillo e quello lo mandava ancora di più fuori di testa, tuttavia, anche quella tranquillità Francesco la percepiva come parte delle proprie colpe: aveva perdonato l'amico per le sue bugie, gli aveva chiaramente fatto intendere che sarebbe stato disposto ad accontentarsi anche delle briciole del suo cuore, se Gennaro fosse stato disposto a elargirgliele.
"Cosa sei? Un cane?!" si domandò con stizza e chiuse il rubinetto della doccia, uscendo dal box e rischiando di scivolare sul pavimento, dato che, nella foga del momento, non aveva poggiato i piedi sul tappetino. Le piastrelle erano gelide sotto le piante; Francesco mosse le dita, rabbrividì, ma rimase a fissarsi i piedi, mentre dai capelli perdeva goccioline d'acqua che contribuivano ad allargare la piccola pozza che stava creando intorno a sé.
"Rischi di prenderti un altro acccidenti" si ammonì, ma rimase imperterrito immobile, a fissarsi i dorsi dei piedi, le caviglie, poi di nuovo le dita, come se fosse in cerca di qualcosa, "Dove cazzo è finita la mia dignità? Come ho potuto abbassarmi a tanto?" si domandò, ma poi sbuffò e afferrò l'accappatoio, asciugandosi rozzamente, come se volesse rimuovere altro oltre l'acqua che era rimasta a inumidirgli la pelle.
Bussarono alla porta e Francesco imprecò.
-Che vuoi?- chiese con stizza, sicuro che, dopo il rientro di nonna Sara a Salerno, il suo disturbatore non poteva essere altri che proprio l'oggetto principe del suo malcontento. "Se soltanto mi avesse risposto: -Anch'io- ... adesso non mi sentirei così idiota a essermi scoperto tanto con lui".
-France'! Abbiamo sempre un solo bagno. Hai finito di fare la principessa?-
Francesco si morse le labbra per non ribattere alle provocazioni dell'amico e agguantò il phon, accendendolo subito dopo, così che il rumore potesse coprire – seppur in parte – la voce dell'altro.
-Che si faccia addosso- borbottò a mezza voce, mentre si asciugava i capelli, con gli occhi vuoti di immagini reali e pieni di pensieri. Si rivedeva al rallentatore, istante per istante; le parole che aveva detto, l'espressione pensierosa di Gennaro.
"E niente: -Anch'io-".
-Dannazione!-
-E dai France'!- urlò l'amico, riuscendo a farsi udire nonostante il frastuono del phon. -Devo fare la doccia pure io!-
-Allora puoi aspettare! E smettila di urlare che sennò ti giochi le simpatie della signora Costanza!- ribatté e le ultime parole le urlò proprio in direzione della finestrella che si apriva sul muro di fondo della stanza e che dava sul giardinetto condominiale, con la speranza di farsi sentire dalla diretta interessata.
Neanche una settimana che nonna Sara era andata via e Francesco si sentiva come se fosse stato catapultato al punto di partenza, di nuovo pieno di insicurezze e, soprattutto, con l'amara sensazione che tutto quello che era accaduto tra lui e Gennaro avesse poco valore.
Era pur vero che l'amico aveva – finalmente! – ammesso di non avere mai avuto deficit di memoria, ma il fatto che avesse finto con tanta nonchalance di essersi dimenticato della loro prima volta aveva innescato tutta una serie di nuovi dubbi nel giovane. Infatti, Francesco aveva iniziato a domandarsi se per Gennaro fosse risultato tanto facile mentirgli perché, in fin dei conti, quello che c'era stato tra di loro, l'aveva catalogato come una cosa di poco conto.
-La prima volta è sopravvalutata-
E nel pensare le parole che l'altro aveva pronunciato con apparente indifferenza, Francesco rivolse uno sguardo colmo di rabbia verso la porta dietro cui sapeva esserci il suo migliore amico.
Gennaro bussò ancora, ma il giovane aveva finito, perciò spalancò l'uscio con enfasi e poi si piazzò sulla soglia del bagno, con sguardo truce, mentre l'altro lo fissava con rimprovero. Francesco incrociò le braccia sul petto e sollevò il mento, assumendo un atteggiamento arrogante, e si allontanò dal bagno con estenuante calma, ancora a piedi nudi e con solo l'accappatoio addosso.
-Guarda che se ti becchi di nuovo la febbre... mando a chiamare l'infermiera Caterina, stavolta!- disse Gennaro tutto d'un fiato e Francesco si sentì avvampare di gelosia. Sgranò gli occhi e si girò verso l'amico, che gli sorrideva soddisfatto. Il giovane gli corse incontro, ma Gennaro chiuse la porta a chiave prima che lui riuscisse a raggiungerlo.
-Lo sapevo che ti ricordavi il suo nome!- tuonò livido di rabbia, ma l'altro non gli rispose.
•
Gennaro sospirò e si passò una mano tra i corti capelli, mentre le urla di Francesco giungevano fino a lui, e si sentì appagato dalla sua reazione e un pizzico dispiaciuto per averlo fatto arrabbiare.
"Ma ha rischiato di farmi arrivare tardi al lavoro" si disse, cercando di giustificare la sua ripicca infantile, anche se ciò non riuscì a soddisfarlo del tutto.
Quando, diversi minuti dopo, già in ritardo, Gennaro si apprestava a uscire di casa, passò davanti la camera da letto dell'amico, trovando la porta aperta, Francesco comodamente in tuta e calzini a pois gialli e rossi, seduto al centro del letto con le gambe incrociate.
-Ti sei calmato, tigre?- gli chiese, battendo due colpi contro la porta, per richiamare la sua attenzione.
Francesco trasalì e si lasciò sfuggire di mano le buste con cui stava trafficando. Gennaro sollevò un sopracciglio con scetticismo e l'altro arrossì tanto che il giovane iniziò a percepire qualcosa di sospetto in quel suo atteggiamento.
-Tutto okay?- gli chiese.
-Sì, sì. Sono sceso a ritirare la posta mentre tu facevi Pocahontas alle cascate- ribatté Francesco, nascondendo una busta dietro di sé con gesti che sarebbero dovuti apparire irrivelanti, ma che a Gennaro non fuggirono e risaltarono subito agli occhi come qualcosa di ambiguo.
-Bollette?- chiese con voce atona, mentre la sua espressione si faceva seria e imperscrutabile.
-Uhm... sì- rispose l'altro e subito dopo fuggì al suo sguardo indagatore, mettendo ordine nel caos che imperversava sul letto, senza riuscirci.
Gennaro compì un passo verso il letto e Francesco si irrigidì, fissandolo di sottecchi.
-Soltanto bollette? Siamo davvero così sfigati?- gli domandò per spronarlo, ma l'altro annuì. -Sicuro sicuro, France'?-
-Perché continui a chiedermelo?- ribatté l'amico e Gennaro ebbe la certezza che gli stava nascondendo qualcosa: quando Francesco assumeva quel tono di accusa privo di fondamenta, si poteva essere certi che stesse tentando di rigirare la frittata, di spostare l'attenzione lontano da sé nella speranza di mascherare quello che stava combinando davvero.
-Perché ti si allunga il naso come a Pinocchio quando dici le bugie- disse Gennaro e l'altro sussultò stupito, toccandosi di riflesso la punta del naso. Quel suo gesto lo imbarazzò ancora di più e il rossore sul suo viso si fece più vivo.
Francesco si sporse all'indietro sul letto per raccogliere un cuscino e lo lanciò contro l'amico, ma subito si accorse che, oltre al guanciale, qualcos'altro aveva finito per svolazzare per aria, producendo rumore di carta.
Impallidì di colpo e si guardò intorno, cercando la lettera che aveva tentato di celare all'altro, ma quando tornò a fissare Gennaro, si accorse con orrore che proprio lui l'aveva appena raccolta dal pavimento.
L'amico lesse il mittente e il suo sguardo si fece teso.
-Non è come pensi...- si affrettò a dire Francesco per giustificarsi, ma l'altro piegò la lettera in due e la ripose in una delle tasche posteriori dei jeans che indossava.
-Facciamo che te lo dico stasera, quello che penso- sibilò Gennaro. -Adesso vado a lavorare-
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