22
Gennaro non fu in grado di alzarsi del tutto dal letto che una mano di Francesco corse a serrarsi intorno al suo polso destro. Trasse un profondo respiro e sedette di nuovo sul letto. Il contatto tra le loro pelli gli trasmise una sensazione di calore intenso, quasi soffocante, e amplificò a dismisura la frequenza dei suoi battiti, come una cassa di risonanza, facendo sì che percepisse ogni tum alla stregua di un colpo di tamburo tra i pensieri.
-La prima volta è sopravvalutata- sussurrò senza guardarlo. -Il più delle volte è pessima, solo sesso, meglio dimenticarla-
-No- mormorò Francesco con voce impastata. -Per me non era solo sesso-
-Ecco, deliri di nuovo- sbuffò Gennaro. -Ti eri lasciato con Raffa da tipo due giorni, France', avrei dovuto dirti di no, soffrivi ancora per lui-
-Non soffrivo per lui-
-Sì, invece-
-No! Raffa era una parentesi. Soffrivo, ma non per lui, ma perché ero triste, perché ero solo- balbettò il giovane e a Gennaro la sua voce risuonò con la stessa dolcezza di quella di un bambino.
Tuttavia, era proprio quello il punto: dopo anni di amicizia, il loro rapporto era mutato di colpo, sconvolgendo gli equilibri che li avevano tenuti l'uno al fianco dell'altro per tanto tempo. C'era da temere che la situazione potesse rivelarsi solo un fraintendimento, una bolla di fumo. E se fosse esplosa? Se avessero scoperto che in realtà stavano soltanto travisando un profondo sentimentimento di amicizia con qualcosa con cui non aveva nulla a che fare?
"Siamo cresciuti insieme" pensò Gennaro con un sospiro, "Se fosse solo abitudine? Se poi ci rendessimo conto che non è amore? Potremmo ritornare amici come prima oppure tutto andrebbe a puttane in modo irreparabile?"
-Eri triste perché lui ti ha lasciato- disse a voce abbastanza alta da potersi fare udire dall'altro.
-No... non perché era lui. Andava bene che fosse Raffa, andava bene che fosse un amore semplice e piccolo, perché non potevo avere quello che volevo-
-E cosa volevi?-
-Te. Solo che con te era un amore grande, che mi faceva stare male, che distruggeva tutto e mi lasciava senza fiato. Ero arrabbiato con te perché te ne sei andato. Mi hai lasciato giù e sei venuto qui e non mi hai detto niente. E Raffa c'era e se non c'era lui ma un altro andava bene lo stesso, basta che smetteva di fare tanto male- biascicò Francesco e chiuse gli occhi, ritirando anche la mano, rannicchiandosi in posizione fetale.
Gennaro tornò ad accarezzargli la fronte, desideroso di porre fine a quella discussione. Gli sembrava assurdo affrontare l'argomento mentre Francesco stava poco bene – e forse stava davvero delirando. Magari stava dando fiato a pensieri che non gli appartenevano del tutto o, peggio, avrebbe potuto dimenticare quella loro conversazione quando si sarebbe ripreso.
"Non come me che ho finto solo perché sono stato troppo vigliacco. Non ho voluto affrontare la cosa quando avremmo potuto parlarne con coscienza e adesso lo sto facendo anche se lui sta male... forse proprio perché sta male. Forse perché spero ancora in una qualche conferma assoluta che mi spinga a rischiare prima di rovinare tutto. Se non dovessi ottenerla neanche stavolta, sarebbe grandioso sapere che Francesco lo dimenticherà. Niente imbarazzi, niente tensioni e amici come prima" si disse con amarezza e lì comprese che, probabilmente, "amici come prima" non gli sarebbe mai più bastato.
Anche se Francesco avrebbe finito per dimenticare, o fare finta di dimenticare – proprio come aveva fatto lui – Gennaro sapeva che tutto quello che c'era stato tra di loro sarebbe finito per depositarsi in fondo alla loro relazione e che nulla sarebbe potuto tornare a essere davvero "come prima".
"Sei già oltre il dubbio. Hai già delle certezze... anche se spiacevoli".
-Hai pianto tanto per me?- gli chiese in un sussurro e Francesco rimase a lungo in silenzio, tanto che Gennaro credette, in un primo momento, che l'amico si fosse addormentato, ma poi il giovane si mosse, avvicinandosi di più a lui, tanto da sfiorargli un fianco con la punta del naso.
-Sì- disse Francesco, continuando a tenere gli occhi chiusi, mentre la sua espressione si faceva sofferente e aggrottava la fronte.
Gennaro tornò ad accarezzargli i capelli con gentilezza, il collo bollente, per poi risalire con un dito a ridisegnargli il contorno di un orecchio.
-Mi dispiace- disse con il cuore in gola, sentendosi in colpa all'idea di avere ferito la persona che gli era più cara al mondo.
-Ho pianto perché sei venuto qui e non me l'hai detto e perché ti sei dimenticato di me- borbottò Francesco e sollevò un po' le palpebre, guardandolo in tralice.
-Non mi sono dimenticato di te- ribadì Gennaro, mentre dentro di lui premeva forte il bisogno di essere sincero fino in fondo. -Ricordo benissimo anche... la nostra prima volta- mormorò con fare colpevole. -Mi dispiace averti fatto credere diversamente-
-Non fa niente- disse Francesco e chiuse di nuovo gli occhi e le sue labbra si incurvarono in un sorriso appena accennato.
Gennaro percepì il cuore balzargli in gola: era spaventato, sollevato, colmo di sensi di colpa, ma anche di una gioia incontenibile.
-Mi perdoni?- gli chiese con un pizzico di ansia a rendergli la voce più acuta.
-Sì, basta che mi ami un po'- disse Francesco, spiazzandolo.
-Sarà meglio chiamare il dottore- sussurrò Gennaro dopo qualche secondo di silenzio. "È la febbre che parla, impossibile che mi abbia perdonato. Se fosse lucido mi avrebbe già preso a mazzate" pensò con amarezza. -Stai troppo male, dici cose che non pensi, ma hai bisogno di calmarti un po', meglio chiuderla qui-
Fece per andarsene, ma Francesco lo afferrò di nuovo, quella volta stringendogli un braccio. Poi scivolò con il proprio tocco verso la sua mano, finendo per intrecciare le loro dita, avvicinandosela al petto, coprendola anche con l'altra mano, come a volerla custodire.
-Mi calmo solo se tu resti qui- mormorò con un sospiro.
-E se alla fine dei giochi scoprissi di volerti solo bene? Se non fosse amore?-
-Tutto il resto ce lo metto io. L'amore, ce lo metto io- ribatté Franesco con voce risoluta e Gennaro comprese che in fondo a quel suo delirio c'era tanto cuore, tanta sincerità.
Francesco non avrebbe potuto inventarsi cose di quel tipo, non mentre stava poco bene, per giunta.
Gennaro si protese verso di lui e gli baciò la fronte.
Si allontanò dal suo fianco lo stretto necessario per recuperare il famoso panno pulito e una bacinella con dell'acqua fresca e dello spirito – che magari non sarebbero serviti a granché, ma erano abitudini ataviche che si portava nel sangue e nei ricordi, trasmesse, perlopiù, da nonna Sara.
Tornò vicino a Francesco nel giro di pochi istanti, eppure l'amico ebbe la faccia tosta di lamentarsi della sua breve lontananza. Gennaro rise di tutte le sue proteste, di tutte le frasi senza senso, dei versetti che emetteva e delle dichiarazioni d'amore improvvise e fuori luogo, restandogli accanto per tutto il resto del giorno e la notte, senza neanche accusare stanchezza, troppo impegnato a incentrare ogni attenzione su di lui.
•
La mattina seguente Francesco non aveva più febbre, anche se si sentiva indolenzito e stanchissimo, come se avesse corso una maratona; lui così pigro e allergico allo sport, percepiva i muscoli come se fossero diventati dei mattoni che lo inchiodavano al letto. Era anche confuso e aveva la bocca asciutta, neanche avesse passato le ultime ore coinvolto in un monologo.
-Eccolo qui! Il nostro piccolo Francesco! Il nostro Chicco che si becca un febbrone da cavallo solo per la stanchezza, proprio come i bambini!- esclamò Gennaro, comparendo sulla soglia della stanza e fissandolo con una strana espressione dipinta in viso, che oscillava tra l'ironia e una dolcezza del tutto fuori luogo.
Francesco si sentì arrossire, mentre i ricordi vaghi del giorno prima gli riaffioravano alla mente: la passeggiata al parco, gli abbracci, i baci casti, la specie di dichiarazione di Gennaro e la sua presenza costante, che aveva percepito con netta chiarezza anche nei momenti in cui si era sentito meno lucido a causa della febbre.
-Tutto il resto ce lo metto io. L'amore, ce lo metto io-
Nel riportare alla mente le parole che gli aveva rivolto, venne colto da un imbarazzo cocente e, per tutta risposta, afferrò un cuscino, lanciandolo contro Gennaro nella speranza di cancellare dal suo viso quell'espressione fattasi di colpo oltremodo soddisfatta.
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