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Una volta rincasati nel loro piccolo appartamento, Francesco, ancora offeso con l'amico per come lo aveva trattato poco prima, si chiuse nella propria stanza – a chiave. Fece partire lo stereo, alzando il volume a un livello martellante, che fu in grado di squarciare il silenzio raccolto di quella domenica.
Chiuso nel cucinino, intento a prepararsi qualcosa da mangiare per pranzo, Gennaro imprecò, mentre intorno a lui ogni cosa tremava. Il muro su cui erano affissi i mobili comunicava con quello della camera da letto di Francesco; le pareti erano sottili, la casa vecchia e bisognosa di ristrutturazioni che il proprietario non sembrava avere intenzione di fare, lasciando la muffa e le crepe sui muri a convivere tranquillamente con i suoi affittuari.
Gennaro picchiò un pugno contro la parete.
-France'!- urlò, ma dava per scontato che l'altro non lo sentisse o che, quantomeno, facesse finta di non sentirlo.
Sbuffò, si asciugò le mani nel grembiule e corse in direzione della stanza dell'amico, bussando contro la porta.
Francesco, dal canto suo, lo udì picchiare con forza, ma lo ignorò. Stava disteso sul suo letto, le gambe accavallate e un piede che muoveva a tempo di musica.
In lacrime.
Non aveva alcuna intenzione di aprire la porta a Gennaro, non dopo avere ricevuto quel messaggio.
Era furioso e, con suo enorme dispiacere, ogni volta che si arrabbiava tanto finiva sempre per piangere e la cosa lo infastidiva terribilmente.
Non c'era nulla di lui che Gennaro non conosceva, ma Francesco detestava mostrarsi tanto debole e frignone: sminuiva la sua – già scarsa – virilità.
-France'!- urlò ancora l'amico e il giovane diede le spalle alla porta, ponendosi in posizione fetale. Si trovò a un palmo dal proprio cellulare, con la schermata ormai oscurata, ma l'ultimo messaggio che gli aveva mandato Raffaele pareva gli fosse stato tatuato negli occhi, non riusciva a vedere altro.
•
Gennaro ritrasse la mano e la scosse un po', tentando di alleviare il dolore che era subentrato a forza di picchiare contro la porta. Mandò l'amico a quel paese e tornò in cucina, dopo essere passato dalla sua stanza e avere recuperato i tappi per le orecchie che usava per dormire.
"Sempre il solito ragazzetto capriccioso che si infiamma con nulla" pensò amareggiato, tornando a preparare il pranzo.
Era vero, Francesco aveva un carattere particolare e il giovane sapeva che, se la loro amicizia era riuscita a superare gli ostacoli che negli anni la vita aveva loro presentato, quello era senza ombra di dubbio merito suo e della sua sconfinata pazienza.
A differenza di Francesco, Gennaro si arrabbiava di rado, non gli piaceva litigare. Tendeva a tenersi tutto dentro e, anche quando esplodeva, subito dopo una breve sfuriata tornava presto sereno.
Era lì intento a tagliuzzare dei funghi quando si sentì abbracciare in vita. Sussultò e rimosse i tappi, girandosi a guardare in direzione di Francesco, alle sue spalle, con il mento appoggiato contro di lui. Non riusciva a vederlo bene, data la posizione, ma non si stupì di quell'inaspettato gesto da parte dell'amico: era molesto, spesso infantile e si arrabbiava anche fin troppo spesso, ma, per quanto si sforzasse di darsi l'aria da duro, restava un coccolone.
-Che c'è? Già ti manca il tuo bel fidanzato?- gli domandò Gennaro, tornando a trafficare con coltello e funghi. Francesco non rispose, chiuse gli occhi e nascose il viso al centro delle sue spalle.
Gli piaceva abbracciare Gennaro che era alto, imponente; gli piaceva di più quando era lui ad abbracciarlo, ma l'amico non era un tipo particolarmente fisico.
Inspirò a pieni polmoni il suo profumo: sapeva di cibo, di ammorbidente al talco e vagamente di sudore. Sapeva di casa e tenerlo stretto a sé riuscì a calmarlo un po'.
La musica risuonava ancora a un volume indecente, tremavano i barattoli del sale, zucchero e caffè sopra la mensola, ma Francesco riusciva a udire anche lo zac ripetuto del coltello che si scontrava con il tagliere e quel suono lo rassicurava. Tutto ciò che riguardava Gennaro era in grado di trasformarsi in un balsamo per il suo temperamento irrequieto.
Si conoscevano da tanti anni e avevano condiviso di tutto.
Avevano avuto la stessa comitiva di amici a casa, a Salerno, e continuavano ad avere amici in comune anche lì.
Uscivano insieme il sabato sera, vivevano insieme, frequentavano la stessa palestra e insieme vi si recavano.
Pure le vacanze le trascorrevano insieme, senza mai stancarsi della presenza dell'altro.
Spesso non andavano d'accordo e Francesco si arrabbiava e cercava il litigio a ogni occasione, ma Gennaro lo ignorava e tutto si risolveva in fretta.
Il giovane lo strinse ancora più forte a sé, mentre seguiva i suoi movimenti e i funghi iniziavano a sfrigolare in padella. Aprì gli occhi e trasse un profondo sospiro.
-Ah! L'amore!- disse Gennaro e Francesco aggrottò la fronte.
-Che ne sai tu che sei single da sempre?-
-Come, come?- esclamò l'amico, tentando di scrollarselo di dosso, ma fallendo.
-Non hai mai avuto un ragazzo, tu-
-Ho avuto due ragazze, però- gli rammentò Gennaro.
-Roba di poco conto ai tempi del liceo...-
-Anche qualche ragazzo- lo interruppe, alzando gli occhi al soffitto e incrociando le braccia sul petto, stringendo tra le proprie le sue mani.
-Non hai avuto una relazione con nessuno di loro...-
-Gran bel sesso, sì- lo interruppe di nuovo Gennaro e Francesco sbuffò infastidito.
-Sono serio! Che ne sai tu dell'amore se, le uniche due persone con cui sei stato, ti ci sei obbligato a stare quando ancora speravi di non essere gay?-
"Non era per questo... Speravo di non essermi innamorato del ragazzo sbagliato" si disse Gennaro, ma quello lo tenne per sé. Aveva rifiutato per tanto i propri sentimenti e, quando finalmente li aveva accettati e con loro il rischio di distruggere ogni cosa, si era immancabilmente rivelato essere troppo tardi: Francesco aveva iniziato a uscire con Raffaele.
Gennaro scosse la testa, ma poi si ricordò della domanda di Francesco e si affrettò a chiarire.
-Ho te e Raffa a darmi il buon esempio- borbottò e, quella volta, riuscì a liberarsi della presa dell'altro. Francesco si appoggiò contro il ripiano da lavoro della cucina e iniziò a mangiucchiare un acino di uva con aria assente. -Non l'ho nemmeno lavata- disse Gennaro, indicandogli le dita.
Il giovane aggrottò la fronte e leccò l'acino, prima di spingerselo tra le labbra.
-Pulito- disse con voce petulante e l'altro si irrigidì e gli volse le spalle, continuando a cucinare. Non aveva alcuna intenzione di dargli corda e litigare con lui.
-Quando vi rivedrete tu e Raffa?- gli chiese e soltanto perché sapeva quanto Francesco amasse parlare della sua relazione, con l'intenzione di distrarlo ed evitare che lo attaccasse – anche perché non aveva ancora compreso per quale motivo sembrasse avercela tanto con lui, tra l'altro.
Francesco lo fissò per un paio di secondi, lasciandosi distrarre dal modo in cui l'amico si muoveva in cucina, con sicurezza; mise sul fuoco la pasta per entrambi, mescolò i funghi e poi aprì il frigorifero per tirare fuori una lattina di Coca-Cola.
-Vuoi?- gli chiese, fissandolo con quei suoi occhi scuri che sembravano contenere miliardi di domande. Il giovane sospirò e prese la lattina, l'aprì e ne bevve un po', pensando a come fosse merito di Gennaro se negli ultimi anni non erano morti di fame, dato che lui in cucina era assolutamente negato. Ma era bravo con le faccende domestiche ed era riuscito a evitare che l'amico finisse per far diventare rosa l'ennesimo paio di mutande, assumendo pieno controllo della lavatrice.
Francesco immaginava che Gennaro stesse fremendo dal desiderio di conoscere la risposta a quanto gli aveva chiesto poco prima, così come immaginava non avrebbe insistito per istigarlo a parlare – non era nel suo carattere.
"E poi... gli interessa saperlo soltanto per avere idea di quanto a lungo potrà starsene tranquillo prima del suo ritorno" pensò, mentre l'altro si allontanava da lui, entrava in soggiorno e si passava una mano tra i capelli castani, grattandosi la testa, per poi tornare nello spazio ristretto della cucina. Francesco si scansò per permettergli di lavarsi le mani.
Sapeva – lo aveva compreso da tempo – di avere un posto speciale nel cuore dell'altro e quel posto non se l'era di certo guadagnato con l'amicizia.
Il giovane aveva avuto modo di studiare le reazioni del viso di Gennaro, la tristezza che gli adombrava lo sguardo quando lo sorprendeva a fissarlo e lui era intento a scambiarsi effusioni di coppia con Raffaele. Il modo in cui si rivolgeva al suo ragazzo: sempre scontroso.
Non che Raffaele fosse l'uomo più antipatico al mondo, ma di certo lo era per Gennaro, di cui Francesco sapeva di possedere il cuore, anche se non aveva mai fatto nulla per creare una tale e spiacevole situazione.
-Raffaele mi ha lasciato- disse lapidario e Gennaro si fece sfuggire di mano la padella con i funghi che cadde sul pavimento; rimbalzò, senza capovolgersi, mentre un po' del contenuto finiva sul pavimento. -Dio, che reazione da film- continuò il giovane con voce atona, svuotando il restante contenuto della lattina nello scarico del lavandino.
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