Capitolo 2

Jade's Pov
"Signorina può scendere siamo arrivati, le porterò io le valige dentro." Enuncia Robert una volta essere arrivati a destinazione.
La casa dall'esterno non sembra essere cambiata, ha le stesse sembianze di quando ci risiedevo con i miei genitori.
La stessa abitazione immensa ma cupa, come se un ombra immensa la oscurasse.

"Oh si certo grazie." Replico con tono indeciso.
Non so bene se sarò in grado di rimanere qui per un lungo tempo senza pensare all'accaduto di qualche anno fa, a ciò che pensa la gente ma soprattutto a colei che mi ha donato la vita.
Mi è tanto difficile ritornare in questa città, è così piena di ricordi che avrei preferito seppellire con il tempo ma che non hanno fatto altro che tormentarmi, senza darmi alcuna tregua.
"Signorina vuole che le apra la portiera?" La voce dell'autista mi fa sussultare, facendo ritornare la mia mentre al presente.
"No grazie,faccio da sola." Rispondo sempre più insicura.
Emetto un sospiro profondo, la mia mano si appoggia delicatamente sulla maniglia e con un movimento lento spalanco la portiera.

Non faccio altro che domandarmi quale sia il motivo per la quale Kate mi abbia chiamata proprio ora a venire con lei, non riesco a dare una spiegazione a questo suo comportamento insolito.
Solitamente non ritorna mai sulle decisioni che prende, quando ha stabilito che sarei andata a vivere in Australia ne era così tanto convinta che ne io ne altri avremmo pensato che avrebbe mai cambiato idea.
Ci sono voluti anni prima che lei prendesse questa decisione, e dopo averla presa eccomi qui,che attraverso il cortile per varcare la porta d'ingresso.

"Salve signorina, sua zia al momento non è presente, ritornerà a casa tra non molto,nel frattempo venga con me così le mostro dov'è la sua camera da letto." Mi sorride la governante di questa enorme e fredda villetta, invitandomi a seguirla.
La mia stanchezza non mi permette di perlustrate l'abitazione per verificare se è cambiato qualcosa, per questo motivo mi limito a seguirla.
Ho il cuore che ha accelerato la velocità del battito, ho paura di rivedere la mia stanza, quel letto, quelle pareti, quell'armadio colmo di abiti per una bambina di nove anni, regalategli dalla madre.

Le scale sembrano essere state restaurate.
Il legno di cui erano costruite quelle vecchie era ormai mal messo,se i buchi coperti da un tappeto anch'esso ormai trasandato, non fossero stati ristrutturati,dubito che quelle scale sarebbero rimaste agibili senza causare danni.
Saliamo queste scale, ai miei occhi ancora nuove per arrivare al piano di sopra, colmo di stanze da letto e di bagni. Il silenzio tra di noi regna, la governante che mi sta facendo strada sembra non voler parlare, e se devo dirla tutta nemmeno io ne ho tanta voglia.
Non sono il tipo di ragazza che ama parlare molto, spesso mi capita di perdermi tra i miei pensieri, dimenticandomi di tutto ciò che mi circonda. Mi definirei una ragazza un po' asociale.

Michelle è la governante di fiducia di mia zia.
Spesso la mandava da noi in Australia perché lei non aveva mai tempo di farci visita, era sempre impegnata con il varo, la situazione non mi pare tanto cambiata.
La mandava per farci visita e assicurarsi che io stessi bene.

Quando la vidi la prima volta mi sembrò una donna solare, con poco mi donava quel senso di tranquillità e spensieratezza.
Il suo volto splendeva di luce ogni qualvolta che sul suo viso si formava una curva che mostrava i suoi denti, e formava due bellissime fossette ogni qual volta che il suo sorriso splendeva.
I suoi occhi dalla tonalità di un marrone scuro,spesso erano così tanto cupi da far paura. Questo cambio di tonalità mi incuriosiva molto, volevo sapere a che cosa fosse dovuto, ma non ho mai avuto il coraggio di chiederglielo.

Durante la Vigilia Natalizia di sei anni fa la donna di fiducia venne a trovarci nuovamente, quella sera non riuscivo a prendere sonno fin quando essa si presentò nella mia stanza, mi colse di sprovvista, si fermò a guardarmi per qualche secondo, i suoi occhi erano nuovamente di quel colore cupo, sembrava arrivare quasi al nero.
Pochi attimi dopo si sedette al bordo del mio letto, con un gesto soave e lento della mano destra mi accarezzo una guancia, sembrava aver capito tutto con quel piccolo gesto.
Rimase in silenzio per minuti interi, il silenzio regnava tra di noi fin quando essa decise di parlare incominciando a raccontarmi una storia insolita di cui credo lei ne abbia fatto parte.
Quel racconto mi aveva dato spiegazioni di quel colorito che prendevano i suoi occhi, ricordo bene quelle sue parole come se me l'avesse appena pronunciate.

~C'era una volta una donna che tutti chiamavano Alexia la tonterella. Da piccola tutti la invidiavano, erano gelosi del  fatto che i suoi genitori fossero una delle famiglie più ricche del paese, dei suoi vestiti, dei suoi capelli, dei suoi occhi e non solo, erano gelosi persino dell'uomo di cui si era innamorata, una volta cresciuta.
Pochi mesi dopo essa assieme all'uomo di cui era innamorata decisero di sposarsi, così lei decise di rendere partecipi i suoi genitori e così fece in poco tempo.
Essi a sentire le parole della figlia non furono d'accordo con la sua decisione, quella conversazione in pochi minuti si trasformò in una pesante discussione.
La lite tra genitori e figlia terminò con la decisione che essi avrebbero rinnegato la propria figlia e l'avrebbero considerata morta, mentre Alexia avrebbe fatto di testa sua, essa infatti non tardò a sposarsi.
Ci vollero veramente pochi mesi per far sì che Alexia e l'uomo di cui non si sapeva nulla si sposassero. I primi mesi di matrimonio filò tutto liscio ma con il tempo egli incominciò a cambiare atteggiamento, ella non riusciva a dare una spiegazione plausibile a quel suo comportamento ma poco le importava, era così innamorata che sopportò tutto, con la speranza di aver indietro l'uomo di cui si era infatuata il primo giorno che l'ha incontrato.
Nei mesi a venire però, l'uomo non cambiò affatto e infatti durante una delle tante giornate fredde autunnali Alexia si ritrovò senza un tetto sotto la quale dormire, senza un pasto caldo con cui riempire lo stomaco e soprattutto era sola, senza una famiglia che la sostenesse. Egli l'aveva cacciata via di casa senza pensarci due volte.
Si adattò alla situazione dormendo sotto ponti, nonostante il freddo e la pioggia che sembravano non volerle dare tregua, andò per le strade chiedendo elemosina, passo giorni interi senza mettere nemmeno una briciola di pane nello stomaco.
Il destino però ebbe pietà di lei così per puro caso incontrò una donna che le offri un lavoro,un tetto sotto la quale vivere, un pasto caldo e tutto ciò di cui aveva bisogno.
Ora Alexia ha un lavoro e qualsiasi cosa desideri, e tutto ciò grazie alla sua padrona, non poteva desiderare altro.~

"Eccoci arrivati davanti alla sua camera, se dovesse aver bisogno di qualcosa la prego, non esisti a chiamarmi." La soave voce spezza il silenzio e i ricordi che riempivano quel piano della casa.
Da piccola questa donna ha fatto molto per me.
Questa mia riflessione spontanea mi spinge a compiere un comportamento non da me, mi volto verso di lei, la afferro delicatamente per un polso in modo tale che si rigiri verso di me.
Prima di compiere questo gesto un po' nuovo per le mie abitudini emetto un respiro profondo, successivamente la abbraccio e lei subito ricambia.
Non ricordo di aver abbracciato altre persone dopo mia madre, ho sempre cercato di evitare ogni contatto fisico affettivo con chiunque persino con Dasy e Greg, non ne sono in grado, forse ormai non so più nemmeno come si faccia.

Prima di staccarmi dall'abbraccio le sussurro un "Grazie".
So che non è abbastanza ma è tutto ciò che posso offrirle in cambio, un semplice ringraziamento sincero.
Al mio gesto essa non fa domande perché è consapevole che non potrò darle una spiegazione con un senso logico, così si volta e ritorna al piano inferiore per continuare le sue solite faccende domestiche.
È giunto il momento di entrare nella mia vecchia stanza.
Ho la minima speranza che Kate abbia cambiato alcune cose per facilitarmi un po' le cose. Afferro la maniglia con la mano un po' tremante, chiudo gli occhi e emetto un sospiro profondo, quando apro la porta e osservo la camera non è ciò che speravo di ritrovarmi davanti. Cerco di non fare molto caso alle cose rimaste come erano quando ero una piccola e indifesa bambina, mi sdraio sul letto e richiudo gli occhi.

In quell'oscurità causata dalle mie palpebre chiuse, l'unica immagine che è in luce in quel buio totale è la famosa notte della Vigilia passata con Michelle. Quando ha terminato il racconto, io chiusi gli occhi. Pensò che io stessi dormendo e prima di abbandonare la stanza aggiunse una frase che mi confermò che la donna del racconto era lei, e che la storia era la storia della sua vita.

~Non fidarti mai di nessuno, tanto meno del cuore mia piccola Jade, non permettere a nessuno di ferirti più di quando tu lo sia già.
Ogni qual volta che i tuoi occhi lo vedranno e il tuo cuore batterà irregolarmente, pensa ad Alexia.~
Pronunciò questa frase con un nodo alla gola che avrebbe percepito chiunque, avevo compreso che ne soffriva ancora.

Spesso vorrei domandarle molte cose a riguardo per avere ulteriori chiarimenti, ma ho sempre paura di risvegliare qualcosa che possa farla stare peggio, così mi tengo le mie domande per me senza mai ottenere una risposta ben precisa.
So bene come ci si sente, non me la sento di vederla amareggiata per il suo passato.

Qualcuno bussa alla mia porta facendomi sobbalzare e riaprire gli occhi. Mi metto comoda per poi pronunciare la parolina magica che ogni essere umano pronuncia quando qualcuno bussa alla porta.
"Avanti." Utilizzo un tono di voce forse un po' troppo scocciato,per il semplice motivo che avrei preferito restarmene tranquilla a riposare.
La porta si spalanca e dietro ad essa appare la figura di Kate.
Sulla stanza cala una strana tensione, uno strano brivido percorre il mio corpo, non la vedo da anni ormai e trovarla davanti a me, in carne ed ossa mi fa un certo effetto.
"Quindi ora vivrai qui." Interviene interrompendo il silenzio con un'affermazione stupida, utilizzando un tono acido, non sembra tanto contenta della mia presenza. Avrei voluto evitare tutto ciò rimanendo in Australia.
"La decisione l'hai presa tu non io, potresti in ogni caso cambiarla e farmi ritornare in Australia." Cerco di utilizzare un tono poco provocante per evitare un litigio, sono stanca e non credo di essere pronta a sopportare un litigio.
Mi alzo dal letto dirigendomi verso la finestra per osservare ciò che circonda questa villetta.
L'unica cosa presente attorno sono solo altre villette con ognuna il proprio giardino, alcuni di essi sono veramente mantenuti bene altri invece meno.

"Evita di parlarmi con quel tono. In questa casa abbiamo delle regole e dato che ora ne fai parte sei costretta a rispettarle." Il tono di voce utilizzato questa volta è leggermente alterato, forse un po' troppo.
"Non capisco proprio questo tuo comportamento. Perché mi hai fatta ritornare quando nemmeno tu sopporti la mia presenza? Sai benissimo la situazione del nostro rapporto e non credo tu abbia fatto un ottima scelta nel farmi tornare qui." Ribatto, continuando a mantenere un tono tranquillo ma non credo che riuscirò a contenermi, così decido di prendere la prima felpa che mi trovo davanti per poi uscire lasciando mia zia alle mie spalle.
Esco correndo per evitare lei e Michelle fin quando non decido decido di chiedere alla governante dove si trovi la scuola alla quale mi ha iscritta Kate.
"Seattle Artist League." Risponde preparata.
L'avverto che non ci sarò per pranzo e ricomincio a camminare verso l'uscita.

Piccole gocce d'acqua bagnano questa città.
Mentre cammino in essa,osservo ogni minimo particolare, la gente che corre per arrivare in tempo al loro appuntamento, altra invece in macchina al riparo da quest'acqua, nessuno di essi però presta attenzione ai minimi dettagli di questa città così piena di vita, sono tutti preoccupati nelle loro vite escludendo ciò che li circonda.

In questa città piena di vita ho vissuto parte della mia infanzia, mi piaceva passeggiare tra le foglie secche di diversi colori con mia madre, amavo alla follia andare con lei al parco, lo chiamavamo "Il parco verde".
Era un po' buffo,ma con lei tutto lo era, ogni cosa era diversa, nel nostro parco ci sedevamo sotto ad un grande albero, credo sia il più grande tra tutti, io appoggiavo la testa sulle sue gambe e senza mai parlare ci godevamo ciò che ci circondava, bello o brutto che sia.
Mi ha insegnato a vedere le cose in modo diverso, mi ha mostrato la verità di questo mondo oltre alla verità delle nostre vite, mi ha fatto apprendere ciò di cui al giorno d'oggi nessuno ne tiene conto, poi però lei sparì e con lei andarono tutte le cose che avrei potuto imparare se fosse rimasta con me.

Nel arrivare davanti a scuola mi ritrovo bagnata a causa della grandezza minima dell'ombrello.
Dall'esterno questa scuola è enorme, ha uno stile un po' antico ma mi piace, data la sua grandezza deduco che sia frequentata da molta gente che dal primo giorno sarà pronta a riempirmi di domande o insulti,mi è successa la stessa cosa qualche hanno fa in un paio di scuole poi però c'ho preso l'abitudine, arrivando a non farmi ne caldo ne freddo.
Frequenterò il liceo delle arti.
Per mia fortuna Kate mia ha iscritta all'indirizzo giusto e non a un liceo delle scienze applicate. Mia zia non mi conosce affatto nonostante io sia la figlia della sorella, non si è mai sforzata per provare a conoscermi, da ciò proviene il nostro rapporto instabile.

Osservo la scuola dall'esterno senza varcare il cancello, non ho tanta voglia di entrare già da adesso, sono venuta qui solo per trovare qualcosa da fare nonostante io sia stanca dal viaggio, non volevo stare a casa per continuare a litigare con Kate e la prima idea che mi è venuta è stata proprio quella di venire qui.

Stanca ormai di stare davanti a quel l'edificio mi volto per tornare indietro e visitare la città.
Per ogni passo vedo qualcosa di nuovo, un che di magico, le gocce d'acqua sopra i vetri, il rumore che provocano mischiato a quello del traffico, l'odore della terra bagnata e la visuale è strepitosa.
Il marciapiede non è molto affollato, a quanto pare la gente in giornate simili preferisce starsene a casa, chi non lo farebbe?!
Le macchine passano cercando il più possibile di non bagnare le persone, ma spesso qualcuno si lamenta con qualche macchina passante, li capisco sarebbe intollerabile essere più inzuppati di quanto lo si è già.

Passo dopo passo cammino in mezzo alla folla spensierata, fin quando una moto guidata da un ragazzo con qualcuno dietro di se non mi bagna.
L'acqua è gelida e sentirla sui miei vestiti mi fa rabbrividire. Sono completamente sporca di acqua sporca, ho fatto la fine di molte persone, ero così felice che non fosse successo a me e ora eccomi qui inzuppata.
"Spero ti rompano quella moto con la quale di credi Re degli elfi." Borbotto tra me e me cercando di riparare l'irreparabile.

"Non penso ne valga la pena, se la sta cavando bene anche da sola." Una voce irritante bisbiglia o almeno ci prova,alle mie spalle.
Non ho intenzione di girami per capire che sta accadendo, so solo che vorrei tanto che i miei vestiti ritornassero come prima.
"Tu stai zitta." Replica una voce maschile e ad essa decido di voltarmi.
Mi ritrovo davanti un ragazzo alto,riccio dagli occhi verdi smeraldo con delle labbra carnose e rosse, la  ragazza al suo fianco è finta bionda, alta quanto una lattina di Coca-Cola e dagli occhi color nocciola.
Aspetto che dicano qualcosa dato che sono fermi immobili davanti a me, ma non ne sembrano intenzionati così decido di intervenire.
"Che c'è che non va?" Chiedo abbastanza scocciata, la mia stanchezza e questa situazione sta rendendo le cose molto più complesse. Il ragazzo prima di rispondere sembra riflettere un attimo.
"Credo di doverti delle scuse. Non volevo ridurti in tal modo." La sua voce è così irritante, già non lo sopporto e non voglio più ne rivederlo ne altro, voglio solo che ora si porti via la finta bionda e se ne vada via.
"Bene, addio." Replico acida, forse un po' troppo.
"Dai su andiamo." Afferma la gallina strozzata.
"Aspetta un attimo Courtney. Permettimi di rimediare comprandoti dei nuovi vestiti." Afferma deciso di se.
"Non ho bisogno di niente, lasciatemi solo in pace." Rispondo mantenendo lo stesso tono. Mi volto per incamminarmi verso casa ma prima che io mi allontani qualcuno me lo impedisce.
Nel voltarmi mi ritrovo il Re Degli Elfi vicino, troppo vicino. Mi stacco subito reagendo.
"Ti conviene non toccarmi mai più, ti avverto per il tuo bene." Lo minaccio mettendomi in punta dei piedi per riuscire a sussurrarglielo nell'orecchio.

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