12 La fine degli incubi
Tutto accadde in modo veloce e silenzioso, troppo imprevedibile e impossibile da evitare.
Onde elettromagnetiche
s'introfularono nei corridoi della base Dinobot, mirando e colpendo ogni individuo nel raggio di un miglio.
Nessuno venne risparmiato.
Darkdeath, Darkmoon e Grimlock si tapparono i sensori uditivi con i palmi delle mani - cadendo in ginocchio - urlando dal dolore.
Il dolore passò quasi subito, ma rimase in sottofondo un suono così acuto che parve un fischio infinito, oltre a confondere loro la vista. Nonostante il dolore, il trio ebbe la forza di alzarsi - oltre all'equilibrio precario - e uscire, a piccoli passi.
Fuori si stava meglio: - nonostante l'effetto delle onde elettromagnetiche si stava esaurendo - fuori non c'era anima viva.
"Dove sono gli altri? Non riesco a vederli", chiese tra sé e sé Darkdeath.
"Sono a un miglio da noi" le rispose Darkmoon "sento delle urla in lontananza e dei cannoni sparare, sia dei nostri amici che dei nemici".
"Sarà meglio andare ad aiutarli", commentò Grimlock.
"Non così in fretta".
Il trio concentrò lo sguardo verso al centro della piazza: una figura mastodontica fece il suo maestoso ingresso con passi eleganti, comparendo dall'ombra di un edificio.
Predaking.
"Quando sparo?", chiese Slug a Grimlock, comunicando con l'auricolare.
Il leader alzò lo sguardo: il triceratopo era sul tetto dell'edificio di fronte con tra le mani un *K-29 pronto a sparare.
"Come hai fatto a...?".
"Sono i trucchi del mestiere. Quando sparo?".
"Non adesso. Te lo dirò io quando".
"Sissignore".
La chiamata si concluse.
"Tu eri morto!", urlò con rabbia Darkdeath.
"Sono tornato grazie al sistema di sopravvivenza. Sorellina mia" il tono di voce si fece più dolce mentre le porgeva la mano "torna a casa con me".
La Predacon abbassò lo sguardo e s'incamminò verso il fratello con una calma che emetteva ansia da tutte le parti.
"Adesso?", chiese Slug a Grimlock.
"Non ancora".
A un niente da Predaking, questo disse con un ghigno:
"Sono contento che sia tornata".
"In cielo per la gloria...", mormorò lei, appoggiando la mano sul fianco.
Alzò di scatto gli occhi.
"...o morte per la libertà!", urlò.
Sguainò la spada e cominciò a combattere.
"Adesso!", urlò Grimlock.
"Non posso", gli disse Slug.
"Come sarebbe a dire che non puoi?".
"Darkdeath e Predaking si stanno muovendo troppo velocemente.
Non posso sparare senza rischiare di mancare il bersaglio o colpire la tua amata".
Grimlock concluse con rabbia la telefonata.
"Che facciamo?", le chiese Darkmoon.
"Non possiamo interferire con lo scontro. Sento che Darkdeath non me lo perdonerà mai".
"Allora che possiamo fare?".
"Niente. Soltanto pregare che Darkdeath vinca lo scontro".
Lo scontro finale ebbe inizio.
Più che un combattimento, sembrava un ballo: sì, perché i due contendenti danzavano con le lame sguainate e i loro corpi muscolosi.
Con una gomitata sulla guancia da parte di Predaking, Darkdeath perse la spada di mano, ma poi riuscì a evitare una lama nel fianco eseguendo una capriola, recuperando da terra l'arma.
Con un balzo, si stanziò dal nemico acquisendo un'adeguata distanza di sicurezza. Ripartì all'attacco, iniettando nei fendenti una potenza che per anni aveva fatto crescere con dodici ore passate in palestra.
Alla fine erano servite a qualcosa.
Con una precisione incredibile, riuscì ad attaccare su tutti e due i punti deboli di Predaking - ovvero i fianchi - con come obiettivo quello di ucciderlo.
Prima però, doveva tramortirlo, o anche solo indebolirlo abbastanza per trafiggerlo.
L'occasione venne quando il Predacon cominciò a dare i primi segni di cedimento; il corpo era coperto da un sottile velo di sudore e traboccava di tagli superficiali in ogni dove.
Ne approfittò per colpire: si abbassò - evitando un fendente rotondo - e colpì.
Predaking fece una smorfia di dolore; il ventre gli era stato trapassato da sua sorella con la spada.
Era ferito, ma Darkdeath non era soddisfatta: spinse la lama nell'acciaio, assaporando la flessibilità del corpo nemico farsi poco a poco meno concentrata con l'Energon che aveva già cominciato a sporcarle la lama.
Un piacere diabolico le pervase il cuore, mescolato al desiderio di morte e di distruzione.
Solo allora Darkdeath estrasse la spada, contemplando il corpo del fratello afflosciarsi per terra privo di vita.
"Bravissima Dark!", le urlò qualcuno dietro.
La Predacon udì, ma non riuscì ad afferrare le parole al volo e capirle. I muscoli erano tirati, il corpo ricoperto di sudore e i sensori uditivi non ancora ristabilizzati.
Cadde di fianco - udendo il ferro della spada tintinnare sul metallo della piazza - lasciandosi trascinare nell'oblio con la stanchezza che provava.
Vide - con la vista ofuscata - due figure - una più grande dell'altra - inginocchiarsi ai fianchi.
Riconobbe due paia di perle verdi che la chiamavano, ma Darkdeath non riuscì a rispondere a quelle urla.
Cadde nell'oblio e non fu più in grado di risalire.
*K-29: fucile da cecchino.
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