24.
Celeste entrò nella stanza e lo vide. Vide John con due cerotti sul volto, tanti graffi ed una grandissima benda bianca su tutto il lato sinistro del suo viso, mentre era intubato ad una macchina. Sentì già scendere le lacrime. Non riusciva a credere ai suoi occhi, non riusciva a credere che il suo John era in coma, ed anche se sembrava dormisse, era in stato di coma, e non si sapeva per quanto tempo.
Si sedette vicino a lui, vicino al suo letto e gli prese la mano, sperando potesse sentire la sua presenza.
<<Mi dispiace, John. È tutta colpa mia.>> sussurrò Celeste mentre il suo pianto si faceva più intenso. <<Ti prego, dammi la possibilità di scusarmi. Lo so, sono intollerabile, ma è ancora troppo presto per morire. Non sono pronta a dirti addio. Mi manchi, davvero. Lo so, lo so...ho sbagliato, il mio è stato un comportamento inammissibile, ma ora sono qui, sono qui da te. Ho voglia di vivere altri mille momenti con te, quelli belli e quelli tristi, come questo.>> e prese a giocherellare nervosamente con la sua collana.
<<Sai, mia madre, quando avevo dodici anni, mi comprò questa collana. Questi ciondoli, mi disse, avrebbero avuto un senso quando sarei diventata grande e maturata come persona. Questo ciondolo è una nota, perché adoro suonare il pianoforte, e appena supererò la mia..la mia paura di suonare in pubblico, ti farò sentire qualcosa, se vuoi.>> fece un sorriso a stento, mentre il pianto non cessava.
<<Poi c'è una rosa, della quale non ho ancora capito il significato, ma è stupenda proprio come te. Poi c'è un treno e vuol dire che una cosa passa una volta sola ed io ho deciso di saltare su quel treno, ma ho bisogno di te in questo viaggio, non ci posso salire da sola.>> continuò mentre le lacrime scendevano giù.
<<E questo..questo è un cuore, il mio cuore..adesso è tuo.>> disse tra un singhiozzo ed un altro.
<<Ti amo John. Ti ho amato da quando ti ho conosciuto, ma non ho permesso a me stessa di sentirlo veramente, fino a oggi. Perché oggi, grazie a te, a quello che ho imparato da te, ogni scelta che ho compiuto è stata diversa, e la mia vita è completamente cambiata, e questo solo grazie a te. Ho imparato che vivere è essere pieni, non importa se sei giovane o anziano. John, se non fosse stato per te, io non avrei mai conosciuto l'amore. Quindi ti voglio ringraziare: grazie di essere stata la persona che mi ha insegnato ad amare ed essere amata! Però ti prego, John, resta con me! Io ti sarò vicino, fino all'ultimo battito, se è possibile, quando è possibile, e credimi davvero se ti dico che ci sarò oltre l'immaginabile. Non mi lasciare così presto, io non sono pronta, non lo sono! Non sono pronta a perderti. La tua situazione è grave, lo so, ma c'è speranza. Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata e non sono pronta a lasciarti andare. Voglio una vita insieme a te: voglio che il nostro amore cresca ancora, esserci in ogni momento di ognuno, la felicità in ogni nostro giorno. Il nostro viaggio deve continuare. Ti prego John, permettimi di amarti, permettimi di essere sempre al tuo fianco. Ti prego torna, perché ci sarò. Non andare dove non posso seguirti. Resta con me perché ti amo!>> e pianse ancora più forte. Sperava davvero che quelle parole fossero arrivate a John, perché lei aveva bisogno di lui.
Arrivarono, il giorno dopo, anche Luana con il suo ragazzo, cercando di far compagnia a Celeste, perché non ci fu modo di consolarla. Neanche i medici riuscirono ad allontanarla da lui. Arrivò anche Nick, che soffrì molto nel vedere John ridotto in quelle condizioni. Non riuscì a rimanere neanche nella stanza. Aveva troppo dentro di sé l'immagine del sano John, che non riusciva a vederlo intubato ad una macchina. Celeste notò, tra l'altro, che i genitori di John ancora venivano in ospedale e voleva avvisarli ma non sapeva come. Arrivò presto la sera, e John continuava ancora il suo profondo sonno, ma che purtroppo sonno non era. Celeste si mise sulle spalle la coperta che gentilmente le portò Luana, e tra le sue mani prese quelle di John e lo guardò, stava guardando l'uomo che amava.
Si svegliò, sperando che fosse tutto un brutto sogno, ma riaperti gli occhi, John era ancora lì, con gli occhi chiusi e respirare ancora tramite un tubo attaccato ad una macchina. Venne un dottore a controllare se tutto andava liscio o qualche miglioramento, chiese a Celeste se aveva bisogno di qualcosa, e ricevuta l'ennesima risposta negativa, uscì dalla stanza.
<<Dovresti mangiare qualcosa.>> disse una voce alle sue spalle.
Lei si girò e vide Ben. Si alzò e lo andò ad abbracciare. Cominciò a piangere. Ormai le lacrime l'avevano consumata, ma non voleva mollare John, non poteva.
<<Ti ho preso un cornetto. Come ho detto, dovresti mangiare, almeno questo.>> disse porgendole il cornetto. <<Posso restare solo con lui per un pò?>> chiese Ben.
Lei fece un cenno di sì con la testa, e lo ringraziò per il cornetto, ma si fermò sull'uscio della porta.
<<Ben, per caso tu sapresti come avvisare i genitori di John? Sai, ancora sono venuti.>>
<<E non credo che verranno. Non dovrei essere io a dirtelo, ma i suoi genitori se ne sono andati dopo la morte della figlia. Gli dissero che sarebbero andati a fare la spesa, ma non sono più tornati. Ed ora solo Dio sa che fine hanno fatto..>>
Celeste scoppiò ancora a piangere. Povero il suo John. Ci mancava solo il coma. Piangendo uscì via, lasciando solo Ben con John.
Ben andò più vicino, e lo poté vedere ancora meglio, vedere meglio la sua condizione precaria. Posò il suo giornale sul comodino, mise un mazzo di fiori dentro ad un vaso riempito d'acqua e sistemò meglio la sua coperta. Si sedette sulla sedia e trasse un profondo respiro.
<<Ho cercato di pensare a quello che potevo dirti venendo qui. Sei un così bravo ragazzo. Mi ricordo il giorno in cui cominciasti a lavorare al pub. Eri così impacciato, ed il mio essere vecchio non ti aiutava mica. Però avevi sempre il sorriso, ed il mio comportamento non ti ha mai costretto né a mollare né a guardare insistentemente l'orologio come gli altri tuoi predecessori. Io fui sorpreso, nessuno mi tollerava mai. Vedevo che non ti piaceva fare il barista e ti chiesi perché eri sempre sorridente, e tu mi dicesti che si dovevano fare dei sacrifici per vedere realizzati i propri sogni.>> prese le mani di John tra le sue.
<<I sacrifici. Lo dicesti senza battere ciglio. Quindi per questo facevi il barista, lo facevi per uno scopo più grande, ed alla fine è diventato un mestiere che tanto ti piaceva. E quando cominciasti a migliorare, cominciò anche il mio più grande rispetto per te,al di là di tutto quello che ti è successo. Poi, quando cominciai a sentire il tuo modo di parlare, a leggere il tuo modo di scrivere, fu allora che capii che il tuo talento era..era enorme; per questo ti comprai un volume rilegato pieno di fogli bianchi: era per allietare il tuo sacrificio. Ecco cosa facciamo per le persone che amiamo, e quello era il mio.>> e cominciò a piangere.
<<Voglio che tu viva John, che lotti con tutte le tue forze, con tutte le forze di questo mondo e resti con noi. Ma considerato tutte le persone che hai perso, potrebbe essere difficile per te lottare. Per cui, se ci vuoi lasciare, voglio che tu sappia che lo capisco. Non fa niente. Io..io..lo capisco.>> disse Ben stringendo forte le mani di John. Si alzò e con le lacrime agli occhi gli diede un bacio sulla fronte.
John stava camminando lungo un tunnel scuro. Provò a guardare indietro, ma era tutto buio. Ricordava l'incidente. Ricordava di essere andato da Celeste alla sua università, ma poi se ne era andato. Ricordava di essere andato contro il guard-rail, e dopo il primo impatto, di aver sentito una scheggia di vetro perforargli la tempia, poi più niente. Non si trovava in macchina, non sapeva dove si trovava. Forse era morto. Questo dava un senso a tutto ciò che stava accadendo. Decise di continuare a camminare, e ad un tratto vide una luce bianca, candida e accecante. Era arrivato ormai alla fine del tunnel e quella luce ne era la testimonianza, e dalla luce sentì una voce che lo chiamava. John..John..John..
Quella voce lui la conosceva benissimo. Era..
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