13.

La pioggia non ne voleva proprio smettere di scendere giù, ed era diventata una giornata di lavoro persa per John. Per fortuna che c'era Celeste con lui. Alla fine, lei si è mostrata gentile nei suoi confronti e supportarlo nel ricordo triste della sua amata sorellina.
Con una tale pioggia era impensabile ritornare a casa attraversando nuovamente il lago. Non era completamente sicuro: se fosse stato da solo l'avrebbe sicuramente fatto, ma non poteva osare farlo, con in ballo anche la vita di Celeste.
John provò innumerevoli volte a togliersi la vita per raggiungere la propria sorellina, ma sembrava che lei lo vegliasse dall'alto dei cieli, perché ogni suo tentativo diventava vano, scaturendo lacrime dal gusto più amaro.

La crisi di pianto smise, ma la pioggia non ne voleva proprio sapere. Era giunto il momento di mangiare. Si voltò verso Celeste, e la vide tremare. Aveva solo una canotta.
"Con il freddo che aveva, ha preferito abbracciarmi." Pensò.
Aprì il suo zaino per cacciare una coperta, e gliela posò sulle spalle. Ricevette come risposta al gesto un sorriso sincero.
<<Hai fame?>> chiese infine.
<<Abbastanza.>> rispose lei.
<<Allora comincio a preparare il fuoco.>>
Prese dei mattoni e cominciò a fare la base, poi delle pietre tutte incastrate tra loro, a formare un muro contro la pioggia. Fece un tetto di pietra, con parecchi buchi. Era da abbandonare l'idea della carne alla brace, ma i marshmallow si potevano realizzare.
<<Ti piacciono i marshmallow, sì?>> chiese voltando lo sguardo verso Celeste, e fu felice di non vederla tremare.
Per risposta ebbe un cenno di conferma con la testa.
<<Vieni qui, vicino al fuoco. Potrai scaldarti ancora meglio.>> disse John, e lei tranquillamente si andò a sistemare vicino al fuoco, proprio al suo fianco.
<<Volevo chiederti scusa per quanto successo prima. Mi..>> continuò, ma subito lei lo interruppe.
<<John, non devi chiedere scusa. Non è successo nulla.>>
<<Grazie mille.>> con un sorriso felice.
Era incredibile come lei potesse farlo sorridere, anche nei momenti più tristi. La stessa capacità che aveva sua sorella.

<<Celeste, posso chiederti una cosa?>> chiese John mentre girava il ramoscello del marshmallow.
<<Certamente.>> rispose lei.
<<Ci pensavo. O meglio ancora, riflettevo su una cosa. Ci siamo conosciuti, ma sappiamo solo poche cose di noi, di cui la gran parte tristi. Per questo mi sarebbe piaciuto sapere un pò di più di te, sempre se a te va.>>
<<Ora che mi ci fai pensare, hai ragione.>> rispose lei sorridendo. <<Cosa vorresti sapere?>>
<<Hai degli obiettivi nella vita?>> chiese John.
<<Uhm, ne ho tanti. Ma sono cose più o meno frivole, però ho un grande sogno del cassetto.>>
<<Ovvero?>> si girò lui porgendole lo zuccherino.
<<Vorrei aprire tantissime gallerie d'arte con tutti i miei quadri esposti. Avere eventi che mi cambino radicalmente la vita. Sai, è un sogno che ho da quando avevo quattordici anni, ed è lo stesso sogno che ora mi aiuta con l'università.>>
<<Uhm, interessante, davvero.>>
<<E tu? Volevi insegnare? Prima di essere costretto ad abbandonare gli studi?>>
<<No, non sono fatto per insegnare.>> disse John, mentre masticava uno zuccherino. <<Volevo scrivere libri. Libri profondi, magari incomprensibili agli occhi e menti di parecchi lettori, ma avere il gusto di farlo. La voglia di esprimere qualcosa, un pò come un pittore coi quadri, io lo vorrei fare con le parole.>>
<<Ma non ti serve l'università per questo? Puoi sempre scrivere! Tanti scrittori scrivono senza avere la laurea in lettere!>>
<<Lo so, ma ora non ho più la forza di continuare. Il mio è rimasto solo un sogno nel cassetto del quale ho smarrito la chiave.>>
<<Ma la chiave sono le tue parole, John. Parli benissimo, sei in grado di ammaliare con le parole. Questo non ti basta per aprire il cassetto e realizzare il tuo sogno?>>
<<Non credo, sai. Ho perso la voglia di scrivere. Non è il solito blocco delle parole, non ho motivazioni, non ho più il piacere di scrivere. Tante volte mi sono seduto ponendo davanti a me un foglio ed una penna, e mi ritrovavo ad accorciare il foglio dopo neanche tre righe.>>
<<Secondo me non ci credi abbastanza. Io sono sicura che appena troverai il modo di uscirne, le parole verranno scritte senza che te ne accorga.>>
<<Sarà..>>
<<E poi, John, non sei stufo di fare il barista?>>
<<Sai, nonostante non mi piaccia fare il barista, ho imparato a farmi piacere il lavoro, mi piace come pub. Mi piace andare lì e cominciare con il mio solito caffè normale. E poi lavoro. Mi piace che arrivano ed io con il sorriso a chiedere cosa desiderano. Mi piace l'attenzione che do ai clienti. Le due bustine di zucchero messe già sul piattino, il goccino d'acqua "indifferente se gassato o liscio", il tavolino con le tre sedie. Che poi fanno a gara per chi si deve prendere quel tavolino, quello che accanto al biliardo, perché da lì vedi tutto. Vedi la televisione, vedono me sorridente ed indaffarato. Che poi io, dal bancone, vedo tutto. Vedo i clienti felici ed anche quelli tristi, che affondano il loro dolore nel solito bicchiere di alcool. Vedo quelli che il venerdì si siedono al tavolo all'angolo ed iniziano col vino bianco frizzante, poi il rosso e poi altro. Vedo i bambini, quelli che gridano e quelli silenziosi. Mi piace perché le persone, dopo che mi hanno visto una volta, ti sorridono e tendono a raccontarti la loro vita. Dove gli anziani ti dicono il solito "io non ti ho mai visto". Mi piace il mio lavoro, con le "solite persone", che non sai nulla di loro eppure sai tutto.>>
<<Ma puoi sempre scrivere, anche facendo il barista.>>
<<Io..>>

Drin..drin..drin

<<Scusa, è mia madre. Torno subito.>> disse lei, e se ne andò un pò lontano con il telefono.

<<Ma davvero?>> John sentì una nota di stupore nella voce di Celeste. <<E quando?>> <<Certo! Certo che ne sono felice.>> <<Mamma mia!!>> <<Ma non ti preoccupare!>> <<No, mamma. Non è il caso>> <<Sì, ma non è..>> <<Mamma!! Non è il caso, dai.>> <<E che fa?! Lo sono stata fino ad ora!!>> <<Andiamo mamma. Non è seria la cosa!!>> <<Oh, dannazione mamma!!>> <<Oh, e va bene. Un attimo>>

Vide Celeste dirigersi verso di lui, con il telefono in mano. <<Ora glielo chiedo mamma.>>

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