Io ci sarò sempre per te
Il giorno seguente, avevo il turno di pomeriggio, quindi per fortuna salvo imprevisti non c'erano interventi in sala operatoria.
Mi incrociai con il Dottor Cox, stava andando via perché aveva finito il turno di mattina, quindi dovevo passare tutto il pomeriggio senza di lui.
Mi prese per un braccio dicendomi:
"Vieni un attimo con me" mi sentii sbiancare.
Andammo a parlare per un attimo in terrazzo del reparto, per stare più tranquilli. Era praticamente dov'erano sistemate le scale antincendio, sotto di noi si trovava l'entrata dell'ospedale.
Lui cominciò a parlare: "Non farti strane idee in testa per quello che è accaduto ieri, io ci sarò sempre per te. I primi giorni sono sempre difficili per tutti, non ti devi preoccupare e scappare alle prime sconfitte, perché è proprio dalle sconfitte che devi imparare a migliorare sempre di più e io ti aiuterò a farlo" detto questo mi abbracciò e mi baciò sulla fronte, in quel momento capii che in fondo mi voleva bene.
"Grazie Dottor Cox, siete più di un padre per me, e cercherò di non combinare troppi pasticci, in modo che sarete orgoglioso di me!" Confermai decisa.
"Io già sono orgoglioso di te, anche se a volte sei ancora una pivella" mi disse mettendosi a ridere.
Ed era bellissimo, in quel momento volevo confessargli tutto quello che provavo per lui.
Ma guardandolo dritto negli occhi, gli dissi: "Non sono più una ragazzina, anche se ne dimostro di meno. Ho molti problemi ma sto cercando di migliorare sempre di più, e cercherò di non sembrare più una pivella " e mi misi a ridere anche io.
Lui mi confessò quello che non mi sarei mai aspettata da parte sua: "Sappi una cosa che io ti voglio bene, come se fossi mia figlia e ti ripeto io ci sarò sempre per te. Lo so che hai sofferto molto e hai un amico in me".
Rimasi colpita da quelle parole, anche se avrei voluto sentirmi dire che mi amava come io amavo lui.
Gli diedi un forte abbraccio e lui mi strinse a sé.
"Sarò ancora la vostra assistente in sala operatoria?" Gli domandai.
Lui fece uno dei suoi splendidi sorrisi.
"Certo io voglio solo te, non la sopporto più a quella antipatica di Monica! L'importante è che non mi svieni di nuovo, altrimenti dovrò prendere seri provvedimenti!" Mi rispose seriamente.
"State tranquillo non capiterà più" gli confessai in modo sicuro.
"Io mi fido di te" e se ne andò passando per le scale antincendio. Così io ritornai in reparto.
Appena mi vide Mark, notai che era preoccupato.
"Ma dove ti eri cacciata? Sei in ritardo di dieci minuti, il Dottor Kelson è furibondo!" Mi rimproverò.
Il Dottor Filiberto Kelson, detto Bob, era l'altro medico chirurgo, era geloso del Dottor Cox e voleva a tutti i costi rubargli il posto da primario. Era di una antipatia e severità unica, ed era tutto l'esatto contrario di Cox.
Ed era anche più giovane di lui, aveva cinquantasette anni ma sembrava un vecchio di Cent'anni.
"Ero a parlare con il Dottor Cox in terrazzo" gli dissi, e mi andai subito a cambiare.
Quel pomeriggio era da dimenticare, tranne la conversazione con Angelo, che avrei preferito stare tutto il pomeriggio con lui, di solito fa più turni di mattina.
Il Dottor Kelson non faceva altro che rimproverarmi per qualsiasi cosa, dando sempre la colpa a me. Anche per i pasticci che combinavano i tirocinanti.
A differenza del Dottor Cox non si fidava di nessuno solo di se stesso, ed era temuto da tutti perfino dai pazienti. Il suo unico scopo era quello di eseguire più interventi chirurgici possibili, da superare Cox a tutti i costi. Lui trattava male anche i pazienti delle volte, perché diceva sempre che ci voleva disciplina in tutto.
Non vedevo l'ora di finire il turno e andarmene a casa, durante il giorno davvero non lo sopportavo più a tal punto che mi venne un leggero attacco di panico. Mi mancava il respiro, ed ebbi un calo di pressione. Mark mi diede acqua e zucchero per farmi riprendere e funzionò, a lui il Dottor Kelson non gli diceva niente forse perché era un uomo.
Finalmente si fecero le ventuno e il turno finì, e corsi subito a cambiarmi.
Mark rimase a fare le consegne, per fortuna che non ci furono casi di emergenza dal pronto soccorso.
Finito di scrivere le consegne Mark mi accompagnò a casa, mi addormentai in macchina perché ero stanca e nervosa e quindi non abbiamo parlato.
Ma arrivati sotto casa mia, mi disse: "Aspetta cosa ti ha detto oggi il Dottor Cox? Ti ha forse parlato di noi?"
Avevo l'ansia perché non volevo dirgli tutto quello che mi aveva detto, ma gli dissi: "Mi ha detto solo che non dovevo preoccuparmi per quello che è successo in sala operatoria, e che sarò sempre la sua assistente".
"Solo questo ti ha detto?" Mi domandò nervosamente.
"Scusami ma voglio andare a riposare, oggi è stata una giornata da dimenticare. Con tutto quello che mi ha fatto passare quel pazzo di Kelson" gli risposi.
"Va bene ci vediamo domani" e se andò.
Quella notte a casa non riuscii a dormire, pensando alle parole di Angelo. Lui stava diventando sempre più importante per me e forse anche io per lui.
Tra di noi c'è sempre stata una stima reciproca, come se ognuno avesse bisogno l'uno dell'altro già dai tempi dell'università, siamo stati sempre insieme.
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