Incontri in fumetteria

Rientrato a casa, dopo aver accompagnato Stella alla stazione, mia figlia era già in piedi, stava facendo colazione.

"Papà, dov'è Stella?" Mi chiese.

"È andata via tesoro, è ritornata a Roma" le risposi a malincuore.

"Perché? Siamo appena arrivate, cosa è successo? Avete litigato?" Mi domandò preoccupata.

Non sapevo cosa rispondere, mi sentivo in colpa, per quello che avevo fatto. Poteva anche metterci una pietra sopra, per il mio figlio segreto. In fondo mia sorella non aveva fatto nulla di male, quello che aveva sbagliato ero stato io, invitando la dottoressa Martini a cena.

"No, tesoro mio. Solo che le ho detto delle bugie, e lei giustamente non ha approvato" riuscii a dirle.

"Ma perché papà!? In amore non si dicono le bugie, ma si dice sempre la verità!"

"Hai ragione piccola mia, ma vedi ci sono delle situazioni... che nemmeno la verità può salvare"

"Ma cosa significa!? Dire la verità non è sbagliato" mi affermò.

Per me era sempre la mia bambina, la mia piccolina e la trattavo come tale.

"Sì amore di papà, hai perfettamente ragione, ma ci sono delle cose che non puoi capire. Quando sarai più grande capirai".

"Non sono più una bambina, smettila di trattarmi come se avessi ancora dieci anni!" Mi rimproverò.

La baciai sulla fronte, dicendole:
"Tu per me sarai sempre la mia bambina, ti voglio bene piccola mia"

"Ti voglio bene anch'io papà, e desiderio che tu e Stella fate pace"

"Lo desiderio anch'io, tesoro mio".

Mentre mia figlia era distratta, nel finire la sua colazione, presi dal frigo un paio di lattine di birra. Le misi sotto la maglia, per non farmi vedere, perché altrimenti mi avrebbe rimproverato, dicendomi che non potevo bere a prima mattina.
Entrai in camera mia e cominciai a bere, forse per dimenticare quello che era successo tra noi due. Ma sentivo solo un senso di colpa, mandando giù tutto d'un fiato quella dannata birra. Appena finita, andai a farmi una doccia veloce, per fortuna quel giorno non dovevo andare a lavoro in ospedale.
Ma passai tutto il giorno a bere, seduto su una poltrona, facendomi una lattina di birra dietro l'altra.
Ero rilassato e pensieroso, stavo male e bene allo stesso tempo.

Nel pomeriggio pensai di chiamarla, ma non ci riuscivo, nemmeno lei non lo faceva. Subito cominciai a farmi strane idee in testa, pensai che in quel momento era con il dottor Ferra, chissà forse a consolarsi con lui.

Ma dopo qualche minuto, mi mandò un messaggio, ero felice come un adolescente, appena vidi il suo nome.
Ma un po' meno quando lo lessi:
«Forse amarti è stato uno sbaglio».

Continuavo a leggere quelle parole in continuazione, non doveva andare a finire così. Dovevamo passare delle bellissime giornate, insieme a Milano.
Invece non abbiamo fatto altro che litigare, e mi ritrovavo da solo senza di lei a bere.
Durante la giornata venne mia sorella in camera, mi vide praticamente senza speranza, chiuse la porta dietro alle sue spalle.

"E così che vuoi andare avanti? Sapevo di trovarti in queste condizioni! Cosa speri di ottenere facendo così?!" Mi sbraitò.

"Lasciami in pace, da quando ti interessa quello che faccio? Da quando sono qui, non hai fatto altro che ostacolarmi. Stella è andata via per colpa tua, VATTENE FUORI DA QUI!" Le urlai.

Ma lei come sempre, non si fece intimorire, anzi mi diede una forte lezione di vita.

"Non è questo il modo di risolvere i problemi, facendo così fai del male non solo a lei, ma anche a te stesso".

"Ma senti chi parla! Tuo marito cosa sta facendo? Sta facendo soffrire te e Flavio!" Le rinfacciai.

Ma lei per la prima volta si confidò con me. Cominciò a dirmi che suo marito Filippo, era ricoverato in un Sert, nostra madre non sapeva che era ricoverato per disintossicarsi, e che mia sorella pagava la retta per mantenerlo in quella casa di cura per tossicodipendenti. Si fece anche due anni di prigione, per spaccio, ma dopo uscito decise di curarsi e chiese a Manuela di aiutarlo. Lei accettò, in fondo era sempre il padre di suo figlio.

Ero sicuro e convinto, che lui sarebbe cambiato, perché aveva un figlio che gli dava grandi soddisfazioni. Non era affatto come quell'animale dell'ex di Stella, che continuava a marcire in carcere, per quello che aveva fatto al mio amore.

Dopo quella nostra conversazione, mia sorella non mi trattò più male, le raccontai anche tutto quello che aveva passato Stella. Dalla scomparsa di sua madre, fino a quando finì in coma per colpa di quel delinquente.
Manuela notò che da quando frequentavo Stella, ero diventato più sensibile, non ero più l'uomo duro e ironico di un tempo.

In tarda serata andai a fare un giro per Milano, volevo stare un po' da solo. Passai davanti ad un negozio,
"La borsa del fumetto" visto che ero un appassionato, entrai immediatamente.

Al suo interno era pieno di scaffali, che mi davano la libertà di scegliere e vedere tutto ciò che volevo.
In vendita c'era di tutto per gli appassionati del fumetto, di ogni tipo, dai manga giapponesi ai classici fumetti vecchi e nuovi.
E ancora DVD di animazione giapponese, gadget, card e libri di cinema.
Quel negozio era veramente un Paradiso, a Stella sarebbe piaciuto tantissimo.

Mentre mi giravo intorno, tra gli scaffali, notai che c'era una ragazza ferma davanti ai gadget della Marvel.
Somigliava molto a Stella, che sembrava quasi lei.

Mi avvicinai per farmi notare, subito alzò lo sguardo e mi guardò.

"Sei un appassionato di fumetti?" Mi chiese con voce gentile.

"Sì, i fumetti sono la mia passione. Piacciono anche a te?" Le risposi.

Lei mi guardò dritto negli occhi, che per un attimo mi era sembrato di avere Stella accanto a me.
Portava i suoi stessi capelli all'altezza delle spalle, ed erano castani quasi sul biondo, i suoi occhi erano di un verde chiaro.
Rimasi incantato dalla sua bellezza così raffinata, portava una camicetta rosa, e dalla sua apertura si poteva notare il suo seno. Involontariamente mi cascarono gli occhi su di esso, e mi sentii subito in imbarazzo, che diventai tutto rosso.

Ma la ragazza continuò a dirmi: "Sì, mi piacciono, ma vorrei fare un regalo. Tu sei un esperto?" Mi chiese timidamente.

"Certo che sono un esperto, hai davanti a te il Re dei fumetti!" Le risposi ridendo.

Anche la ragazza si mise a ridere, il suo sorriso era identico a quello di Stella. Mi stava colpendo molto, volevo conoscerla di più.
Le chiesi di cosa era interessata, lei cominciò a spiegarmi che voleva fare un regalo ad un suo amico, appassionato dei supereroi. Però non sapeva cosa fargli, era indecisa tra i fumetti della Marvel o i fumetti della Justice League.
Le consigliai quelli della Marvel, così prese lo stesso fumetto che presi anche io "Le origini di Iron Man".
Fu molto contenta dell'acquisto e mi ringrazió, subito dopo mi presentai.

"Comunque io sono Angelo, piacere di conoscerti" e le strinsi la mano. Mi sentivo sempre più imbarazzato.

"Piacere mio Angelo, io mi chiamo Luna" mi rispose stringendo la mia mano.

Rimasi incredulo dal suo nome, come se fosse stata una coincidenza, la Stella e la Luna.

"È un bellissimo nome, e anche tu sei molto bella" le dissi, senza neanche rendermene conto.

Lei arrossì, arrivati alla cassa volevo pagare anche il suo acquisto, ma si rifiutò.

Usciti dal negozio insieme, non volevo che andasse via subito, volevo sapere tutto su di lei.

"Questa volta non puoi rifiutare, vorrei solo offrirti un gelato. Così possiamo parlare meglio. Ti và?" Le chiesi.

Lei accettò con entusiasmo.
Andammo in una gelateria molto accogliente, appena stavamo seduti fuori ai tavoli, gustando il nostro gelato, lei mi parlò di sé.
Aveva trentotto anni, ma gliene davo venticinque non di più.
Più la guardavo e più mi rendevo conto, che era la copia perfetta di Stella, era assurdo sembrava anche lei una ragazzina. Era la titolare di una agenzia di viaggi, nel centro di Milano.

Le chiesi quanti anni mi avrebbe dato, e me ne diede cinquantasei, scoppiai a ridere.
Appena le dissi che ne avevo sessantacinque, rimase incredula.

"Anche tu sembri più giovane della tua età, te li porti bene i tuoi sessantacinque anni!" Mi conferì.
Poi continuò: "Hai anche dei bellissimi occhi, da togliere il fiato".

La ringraziai per i complimenti ricevuti, così le raccontai un po' di me. Luna rimase incantata ad ascoltarmi, e fece un respiro profondo, quando le dissi che avevo un figlio della sua età.
Ma appena le parlai di Stella, si morse le labbra, quel suo gesto mi fece rabbrividire.

All'improvviso cominciò a dirmi: "Si vede che la ami veramente, da come ne parli. All'inizio credevo che ci stessi provando con me, ma sono sicura che mi hai invitato a prendere un gelato con te, perché io ti ricordo lei. E scommetto che avete litigato!"

Mi meravigliai dal fatto che aveva capito tutto, l'avevo invitata solo perché avevo bisogno di avere Stella accanto a me, e lei era la sua fotocopia.

"Vedo che mi hai mascherato, bene mi fa piacere. Spero che quel tuo amico a cui devi regalare quel fumetto, ti ami come io amo lei" le manifestai con entusiasmo.

"Per il momento ci stiamo solo frequentando, lui ha tre anni più di me. Ed è un mio dipendente, nella mia agenzia di viaggi, si chiama Matteo" mi confessò.

Appena usciti dalla gelateria, mi ringraziò di nuovo per tutto. Si avvicinò a me, e mi diede un bacio sulla guancia.

"Angelo, mi ha fatto piacere conoscerti. Corri dalla tua Stella, e falle capire quanto la ami. È una donna fortunata ad avere un uomo come te. Arrivederci dottore, e grazie ancora" mi disse stringendomi la mano.

"Anche per me è stato un piacere conoscerti, arrivederci Luna. Grazie anche a te" e lasciò la mia mano lentamente.

Poi si avviò nella parte opposta alla mia, e la vidi sparire dietro l'angolo.

Ero rimasto di nuovo da solo, quella chiacchierata con Luna, mi fece star meglio.

Mentre stavo ritornando a casa chiamai Stella. Ma come volevasi dimostrare non mi rispose.
Allora le mandai un messaggio vocale:
«Stella, amore mio. Lo so che sei arrabbiata con me, ma volevo dirti che ti amo. Non voglio perderti, non facciamoci più del male, ti prego. Ti amo tremila piccola mia. Chiamami».

Rientrato a casa, erano già tutti a tavola per la cena. Visto che non avevo mangiato a pranzo, avevo molto appetito. Durante la cena, confessai a tutti che avevo deciso di ritornare a Roma. Non ci riuscivo più a stare senza la mia piccola donna, volevo ritirarmi da l'insegnamento dello stage degli specializzandi. Il corso di aggiornamento era già finito da un po', avevo approfondito e imparato molte cose nuove. Era inutile restare per un altro mese, Stella aveva bisogno di me, e io di lei.

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