ᴠɪ. ɪɴᴛʀᴜsɪ

prima pubblicazione:
[02/11/2018]

ripubblicato:
[25/06/2020]

«Sɪᴄᴜʀᴏ di non volere un passaggio? Casa tua è piuttosto lontana da qui» disse Rachel a Devon.

Ormai il funerale era terminato. La coppia era rimasta ancora insieme al bar vicino alla scuola, sebbene non si fossero detti tanto.

«Vado a piedi» rispose Devon sorridendo debolmente. «Ho bisogno di una boccata d'aria giusto per smaltire la faccenda. Non preoccuparti, Rachel.»

La ragazza annuì dandogli un breve bacio sulla guancia.
«A lunedì.»

«Certo» disse lui limitandosi a sorridere. Si voltò e fece per andarsene ma poi si bloccò. C'era ancora qualcosa che voleva dire. «Rachel?»

«Sì?» chiese lei sistemandosi una ciocca di capelli biondi.

Lui si voltò lentamente.
Scrutò Rachel con lo sguardo per poi dirle: «Mi dispiace...» notando però l'espressione stranita della ragazza si spiegò meglio. «Mi dispiace se ultimamente non siamo più stati così uniti come una volta. So che la pensi così. Ma voglio rimediare: quindi sabato prossimo usciamo insieme.»

«Devon-»

«Qualsiasi cosa tu pensi sia vera, non lo è. Non è vero che mi sono stufato di te, ti prego di credermi. Io ti amo, Rachel Campbell. E non lo dico giusto per assicurarmi che tu rimanga la mia ragazza, ma lo dico perché voglio che tu lo sappia. Ti amo.»

Rachel onestamente non riuscì a credere alle sue orecchie. E se lo dicesse giusto per assicurarsi che lei lo perdonasse? Ma lei capiva quando Devon diceva la verità o meno. E non era mai stato così sincero prima d'ora.

Abbassò lo sguardo vergognandosi per ciò che aveva pensato prima, per dubitare e non fidarsi di lui. Si sentì così in colpa, che cominciò a piangere silenziosamente. Devon invece sorrise per poi abbracciare la sua ragazza accarezzandole i capelli biondi.

«Mi-mi dispiace...» borbottò lei continuando a piangere.

«Shh... Va tutto bene, Elly. Pace?»

Rachel annuì debolmente sorridendo come non aveva sorriso da tempo. Quella era stata una giornataccia; il funerale di Hauser aveva rattristito la sua giornata, ma le poche parole che Devon le aveva appena detto l'avevano migliorata.

Così lo prese per le guance e lo baciò con passione, rendendosi conto di quanto gli fosse mancato averlo veramente al suo fianco.
Dopo il bacio, entrambi sorrisero.

La ragazza si asciugò le lacrime e si allontanò lentamente per poi avvicinarsi alla sua macchina, o meglio la vecchia macchina rossa imprestata da sua madre. Devon era ancora lì fermo che la fissava, rendendosi conto di quanto fosse fortunato ad avere una ragazza come lei. Prima che la bionda salì in macchina, pronunciò: «Ti amo anch'io.»

Devon fece un sorriso abbagliante, si voltò e si diresse verso casa.

Rachel salita in macchina la fece subito partire con l'unico desiderio di tornare a casa. Durante il tragitto, le tornò in mente l'incubo che continuava a fare da giorni. Lo stesso identico sogno. Stava seriamente pensando di parlarne con i suoi, ma alla fine era solo un maledetto incubo e niente di più. Almeno secondo lei.

Iniziò a sudare freddo e iniziava a girarle la testa se pensava a quel brutto sogno.
La ragazza per sua sfortuna aveva una pressione molto bassa e soffriva di emicrania. Aveva facilmente mal di testa ed era importante per lei bere molto e prendere la sua pillola quotidiana se voleva evitare il dolore. Dunque in quel momento le serviva per forza una boccata d'aria, dato che per tornare a casa le ci volle ancora un po'. Accostò la macchina e ne uscì lentamente appoggiandosi sulla portiera. Chiuse gli occhi inspirando profondamente. Forse era meglio chiamare i suoi per sicurezza. Fece per prendere il telefono, ma il rumore di un motore alle sue spalle attirò la sua attenzione.

Rachel si voltò e notò che una motocicletta si stava avvicinando sempre di più a lei. Vicina abbastanza, il motociclista accostò la moto al fianco della macchina rossa. L'intruso scese dalla moto togliendosi poi il casco.

«Tutto bene?» chiese lui e quando fu a pochi metri di distanza, la bionda notò che era un giovane ragazzo, probabilmente ventenne o leggermente più vecchio. I grandi e chiari occhi color miele, in contrasto con la pelle scura, la stavano studiando da capo a piedi mentre si scompigliava i capelli neri e arruffati. Indossava una giacca di pelle scura e sotto questa, una maglietta grigia che aderiva ai suoi addominali ben scolpiti. Il ragazzo era talmente alto e muscoloso che solo la sua presenza intimoriva Rachel... Ma l'affascinava pure. Perché doveva pur ammettere - nonostante fosse fidanzata con uno degli studenti più attraenti della scuola - che quel ragazzo era veramente bello.

Lei cacciò via quei pensieri che la fecero sentire in colpa e si limitò a rispondere male: «Sto benissimo, perché?!»

La bionda rimase stupita dalla sua freddezza. Di solito lei era gentile con tutti in qualsiasi circostanza si trovasse. Il ragazzo tuttavia ne fu divertito e alzò scherzosamente le mani in aria. «Oh, perdona se ho chiesto, principessa. Però non serve essere sgarbati, non trovi?»

Rachel abbassò leggermente il capo annuendo.

«Hai ragione, scusa. Sono... Sono solo un po' stanca.»

Il corvino inarcò le sopracciglia senza distogliere lo sguardo dalla ragazza. Poi dopo qualche secondo di silenzio imbarazzante, lui prese dalla tasca della giacca un pacchetto di sigarette. Ne estrasse una dal pacchetto e prima di metterla in bocca, fece un breve cenno alla ragazza. «Vuoi?» chiese mostrandole il piccolo contenitore.

Rachel lo guardò stranita. Certo, perché mettersi a fumare nel bel mezzo della strada è normalissimo, pensò lei. Tuttavia rispose scuotendo la testa: «Non fumo... Grazie

Lui annuì. Avanzò di qualche passo e questo la innervosì un po'. «Allora... Vuoi dirmi come ti chiami?»

Rachel deglutì. Non era sicura se presentarsi o meno. Perché avrebbe dovuto farlo in fin dei conti? Dopo pochi secondi disse senza riflettere: «Sono fidanzata.»

Queste due parole fecero sghignazzare il motociclista. Poi prese un accendino dalla tasca dei jeans e accese la sua sigaretta cominciando a fumare.
«Guarda che ti ho chiesto come ti chiami, mica di limonare» insistette lui inarcando il sopracciglio. Rachel abbassò il capo arrossendo leggermente. Non si sentiva affatto a suo agio; trovava il ragazzo troppo arrogante e sicuro di sé. E ora stava forse cercando di giocare con lei? Se sì, allora lei doveva per forza stare al gioco.

«Sono Rachel. E tu? Come ti chiami?» disse mordendosi poi la lingua.

Lui sorrise rispondendo senza esitazione: «Killian. Killian Barrow.»

La bionda raddrizzò le orecchie. Il nome Barrow le era piuttosto familiare. «Scusa, per caso cono-»

«Jacob è mio fratello, sì» la interruppe leggendole la mente. «Ed è uno dei motivi per cui rimarrò a Bertram Bourgh per un bel po'... Quindi spero vivamente di rivederti in giro, Raven

«Rachel» lo corresse lui infastidita, ma lui la ignorò.

Killian buttò la sua sigaretta per terra schiacciandola. Poi guardò la ragazza un'ultima volta. Dopodiché raggiunse la sua moto, la fece partire e si allontanò.

Rachel sbuffò. Se avesse saputo che il professore di biologia aveva un fratello, se lo sarebbe aspettato tanto gentile ed educato quanto lui. Invece era l'esatto opposto. Lo osservò guidare la moto verso il cuore di Bertram Bourgh. Rachel si scompigliò i capelli sbuffando.

Perché aveva il brutto presentimento che avere Killian Barrow in città non sarebbe stato un bene?

Devon aprì la porta di casa. Era felice ma contemporaneamente esausto a causa del funerale. Aveva lo stomaco chiuso, quindi si limitò ad andare in cucina solo per bere un bicchiere d'acqua. Aprì il frigorifero per prendere una bottiglia fresca, ma ciò che vide immediatamente fu una bottiglia di birra.

Deglutì. Era come avere davanti a sé un nemico.
Lui era dipendente dall'alcol, non ne poteva fare a meno.
Infatti andare a delle feste o organizzarne era una scusa per bere. Una scusa per dimenticarsi dei suoi problemi. Per dimenticare Rachel. Forse Thomas aveva ragione... Se ciò che aveva appena confessato alla ragazza non fosse vero? E se lui non la amasse veramente più?

Una settimana prima ad una festa aveva visto una ragazza molto bella. Essendo ubriaco non ricordava chi fosse e non ricordava nemmeno se le avesse parlato o fosse successo qualcosa tra di loro. Sperava di no ma al contempo sperava di sì.
Scosse la testa. Non voleva tradire Rachel, neanche col pensiero.

Sbuffò. Al diavolo Whalen, pensò. Aveva torto lui. Devon amava Rachel. Per forza...

Infine, prese la bottiglia d'acqua e se ne andò in camera. Entrato, andò verso la finestra per abbassare le tapparelle, ma notò qualcosa fuori dalla finestra, o meglio qualcuno: era lui, di nuovo. Cos'era, uno stalker?

Ad un certo punto sentì la porta di casa aprirsi e poi chiudersi. Si girò immediatamente verso l'uscita della stanza temendo chi potesse essere.

«Figliolo, sono a casa!» esclamò il sindaco Anderson.

Questo sollevò il ragazzo. Ma guardando di nuovo fuori dalla finestra, notò che l'uomo era sparito e la strada era completamente deserta. Non sapeva perché, non sapeva come, ma sapeva che la presenza di quell'intruso a Bertram Bourgh non avrebbe portato nulla di buono.

Lena tornò a casa sbattendo la porta d'ingresso e tolse subito le scarpe con i tacchi sbuffando.

Andò in soggiorno e lì trovò sdraiata e incosciente una donna sulla cinquantina, piuttosto robusta. Il viso era pallido e sotto agli occhi aveva delle grandi borse viola. Lena sorrise.

«Oh, bene!» esultò lei. «La cuoca ha di nuovo svolto bene il suo lavoro.»

Si avvicinò pericolosamente alla preda. Gli occhi grigi diventarono piano piano di un rosso scuro e le zanne si affilarono sempre di più.

Ma non appena fu pronta ad attaccarla, ecco che sentì un rumore provocato in cucina: era stato probabilmente un piatto a cadere per terra e a frantumarsi in mille pezzi. La vampira si girò verso la porta aperta della cucina e sbuffò.

«Anja, razza di idiota!! Fa più attenzione!!»

Sentì poi una porta aprirsi dal piano superiore. «Scusi, non ho sentito bene, signorina! Cosa ha detto??» questa era la voce di Anja che difatti proveniva dal piano superiore.

Lena piuttosto confusa, andò velocemente in cucina e lì trovò solo il piatto frantumato per terra. Era sicura che chiunque l'avesse rotto non era Anja e di certo neanche il benvenuto.

«Anja, torna in stanza e chiuditi a chiave!!» avvertì la badante. La donna senza fare domande, obbedì.

Lena ritornò in soggiorno e lì non vide nessuno. E sul divano non c'era nemmeno più la donna che avrebbe dovuto essere la sua cena. La vampira ringhiò guardandosi intorno.

«Andiamo, fatti vedere, stronzo!!» esclamò lei trasformandosi nuovamente in vampiro. «Non appena ti trovo ti sbudello vivo!»

«Dolce e delicata come sempre» disse una voce che stava alle sue spalle. Lena si girò di scatto e non appena vide l'intruso impallidì. Sgranò gli occhi per essere certa che fosse solo frutto della sua immaginazione, ma lei era lì.

«Impossibile...» mormorò la ragazza allibita.

Lei sorrise, ma il suo non era un sorriso malefico o arrogante. Era un sorriso che dimostrava affetto e amore.

«Ciao, Lena» disse Jane Carver, sua sorella.

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