xɪ. ᴜɴ ɢʀᴀɴᴅᴇ ғᴀʀᴅᴇʟʟᴏ
prima pubblicazione:
[20/01/2019]
ripubblicato:
[25/06/2020]
⚠️AVVISO:⚠️
In questo capitolo vi sono scene che includono temi come depressione e tentato suicidio.
Eʀᴀ martedì e Izabelle ebbe persino la forza di andare a scuola. Stava preparando lo zaino mentre sua madre la scrutò con lo sguardo.
«Non sei costretta ad andarci, Izzy» le disse lei.
La mora scosse la testa. «No, va bene così... Me la sento. E poi ho una verifica» mentì.
«Aspetta, Izzy...» la fermò ancora sua madre prima che lei uscisse di casa. «Sappiamo entrambe che... Ciò che è successo a papà... Beh, non potrebbe essere stato causato da un semplice incidente. Ma comunque, qualunque cosa sia accaduta, non indagare. Potrebbe essere pericoloso e lo sai. So che è ingiusto non sapere la vera causa, ma... È per il tuo bene, Izabelle. Dobbiamo cercare di vivere una vita normale e per farlo dobbiamo evitare qualsiasi tipo di-»
«Lo so, mamma, lo so. A dopo» tagliò corto Izabelle e uscì di casa senza aggiungere altro.
A scuola, la ragazza si sentì decisamente osservata, cosa molto strana e insolita. Aveva catturato l'attenzione di tutti.
Quelli con un po' di buon animo andavano da lei, le facevano le condoglianze o le davano persino un abbraccio, nonostante prima dell'incidente la ignorassero e parlassero male di lei. Sennò c'erano quelli che al posto di confortarla o almeno parlarle, la osservavano e bisbigliavano fra di loro cose a suo riguardo. Ma a Izabelle non poteva importare di meno. Lei era lì solo perché doveva vedere lui, solamente lui.
La lezione di biologia si svolse la prima ora. Il professor Barrow non le aveva nemmeno detto una parola. Aveva semplicemente svolto la lezione come sempre.
Izabelle sospirò mentre si sistemò una ciocca nera dietro all'orecchio. Stare in quell'aula la innervosiva, non perché non le piacesse la biologia, ma perché lui era lì e lei non poteva né parlargli né sfogarsi con lui. Doveva stare in silenzio e fare finta di niente e questo la distruggeva. Ma doveva resistere ancora un po' e poi avrebbe potuto finalmente lasciarsi andare.
Guardò fuori dalla finestra per distrarsi. Il cielo era grigio, quasi nero. Passò uno stormo di corvi mentre la ragazza notò in cielo il bagliore di un lampo che le fece capire che fra un po' ci sarebbe stato un temporale.
Questo accadeva spesso in quella cittadina: infatti il freddo, la pioggia e i corvi la simboleggiavano. Izabelle aveva sempre visto Bertram Bourgh come una città maledetta, dove le cose brutte e macabre capitano spesso.
Tuttavia essa in realtà era sempre stata un posto tranquillo e addirittura noioso. Questo prima che suo padre morisse tragicamente.
Abbassò gli occhi osservando il cortile della scuola. Vicino l'entrata del cortile vi era un vecchio ed enorme albero che per la scuola aveva un gran significato. Ora ad autunno aveva perso tutte le sue foglie rosse, ma questo non vuol dire che non rimaneva un albero stupendo.
Fece per spostare lo sguardo verso la classe, però qualcosa appena apparso nel cortile catturò la sua attenzione: era una ragazza, e Izabelle non l'aveva mai vista prima d'ora. E questo era piuttosto strano dato che tutti a Bertram Bourgh conoscevano tutti.
Indossava un gran cappotto beige, dei pantaloni scuri e delle scarpe invernali. I capelli di un biondo platino le arrivavano fino alle spalle e i grandi occhi blu stavano esprimendo confusione, mentre scrutava con lo sguardo la corvina. Riusciva a vederla dalla classe. Questo la agitò molto e senza volersi chiedere come fosse stranamente apparsa nel cortile, scosse la testa. Abbassò il capo digrignando i denti. Le mani appoggiate sul banco stavano tremando mentre delle lacrime stavano offuscando gli occhi castani. Trattenne il respiro per un secondo per poi spostare nuovamente lo sguardo verso il cortile; la ragazza era sparita.
«Avete capito tutto?» la distrasse la voce di Barrow mentre osservava la classe annoiata e impassibile. Solo alcune ragazze ovviamente annuirono e sorrisero anche se non avevano capito una sola parola di ciò che lui avesse detto, ma a loro non importava più di tanto. «A quanto pare sì...» mormorò lui.
Izabelle guardò l'ora. Mancavano solo dieci minuti al suono della campanella. Era rimasta distratta per così tanto? A lei sembravano essere passati solamente due minuti.
«Dato che vi è tutto chiaro, ora colgo l'occasione per riconsegnarvi le verifiche. Sono andate piuttosto bene anche se purtroppo ci sono alcune insufficienze. Ma non preoccupatevi: c'è ancora tempo per recuperare, ma cercate di dare già adesso il meglio di voi. Mentre a quelli che hanno scritto un'ottima verifica, complimenti, continuate così. Ecco a voi.»
Cominciò a consegnare le verifiche. Alcuni studenti ne erano felici altri di meno, come sempre insomma. Non appena Izabelle l'ottenne, la guardò con poca attenzione, non molto sorpresa della sua A.
Poi notò che sull'angolo in basso a destra vi era una frase scritta a matita: Vediamoci durante pranzo, solito posto.
Izabelle prese velocemente la sua gomma da cancellare. Fece un sorriso debole ma sincero mentre cancellò quel messaggio, promettendosi ovviamente di fare ciò che le era stato chiesto.
Lena era arrivata tardi quel giorno a scuola. Avrebbe probabilmente usato la scusa di avere una visita dal medico. Era arrivata appena alle 12 a scuola, semplicemente perché la mattina era andata a cacciare per conto suo. Per sua sfortuna non aveva né trovato né sbranato nessun essere umano se non un coniglietto. Ma forse era meglio così; intanto doveva cercare di tenere un profilo basso, e uccidere un'altra persona non avrebbe di certo aiutato. Quando avrebbe spezzato la maledizione, lì sì che si sarebbe finalmente divertita.
Mentre camminava per il corridoio, notò che esso era totalmente deserto. All'improvviso quello strano silenzio venne spezzato alla sua destra dove c'era una vecchia porta rovinata. Con l'udito sovrannaturale, Lena riuscì a sentire perfettamente che due persone si stavano sbaciucchiando dietro quella porta.
La vampira fece un'espressione decisamente disgustata volendo andare avanti e farsi gli affari suoi, ma poi la voce della ragazza in bagnò catturò la sua attenzione.
«Jacob» disse lei. Riconobbe la voce di Izabelle Hauser.
Jacob? Ovvero il professor Jacob Barrow?, si chiese Lena. Naturalmente sarebbe potuto essere un qualsiasi studente di nome Jacob, ma ora voleva saperne di più. Si guardò intorno non vedendo nessuno e colse l'occasione per poter origliare alla porta.
«Izabelle, mi... Mi dispiace così tanto, appena l'ho saputo...» questa era veramente la voce del professore di biologia. «Come stai?»
«Male» rispose Izabelle. «Ovvio che sto male.»
«Perché non restavi a casa a riposarti?»
«Perché dovevo vederti... Avevo bisogno di te e-»
«Non dire altro» concluse Jacob e a quanto pare ricominciò a baciarla.
«Aspetta, Jacob» si fermò Izabelle. «Ho... Ho paura.»
«Non devi averne» la rincoraggiò lui.
«Sì, invece... E se ci scoprissero? Non possiamo nasconderci per sempre. Non solo perderesti il tuo lavoro, ma andresti anche in car-»
«Izabelle, fra sei mesi compi diciotto anni. E nessuno sa che la nostra storia è iniziata anni fa. E poi ancora un anno e finirai la scuola» la interruppe Barrow. «Poi ce ne andremo lontano, insieme... Non me ne importa niente del lavoro. Io ne troverò un altro. Ora dimmi un posto.»
«Un posto?» ridacchiò Izabelle.
«Sì, un posto dove vorresti andare.»
Ci fu qualche secondo di silenzio. «Ho sempre voluto andare in Scozia.»
«E Scozia sia.»
«Ma sai anche tu che è impossibile e-» fece per finire la frase ma ecco che Lena sentiva nuovamente degli sbaciucchiamenti.
Jacob Barrow e Izabelle Hauser in una relazione amorosa? Beh, questa le era nuova.
Se la verità fosse venuta a galla in tutta la scuola, il professore sarebbe sicuramente finito in galera. Per Lena, essere a conoscenza di un segreto del genere poteva sempre essere un vantaggio, anche se non era ancora sicura come e quando. Fece un sorriso maligno dirigendosi verso la mensa.
Dopo la scuola Izabelle stava andando a casa, da sola come sempre. Non sapeva a cosa avrebbe dovuto pensare. Cosa avrebbe dovuto fare.
L'unica cosa che voleva veramente era di andare nel lago di Bertøk, il lago al confine della cittadina e annegarci.
Proprio come stava per succedere cinque anni prima.
Izabelle veniva emarginata già allora. Non aveva amici. I suoi genitori erano sempre via a causa del lavoro e quindi lei doveva stare con suo zio Hans, che aveva già sessantacinque anni quando il fratello minore Karl allora ne aveva quaranta. Viveva da solo ed era addirittura già pensionato; non si era mai sposato e non aveva mai avuto figli. Teoricamente, dato che si prendeva cura di lei, avrebbe dovuto trattare Izabelle come una figlia: parlare con lei della scuola, aiutarla con i compiti, prepararle il pranzo o farle compagnia mentre lei guardava la televisione. Il suo di ruolo avrebbe dovuto essere quello del secondo padre quando Karl e Darla erano fuori città a svolgere il loro lavoro. Ma nemmeno le rivolgeva la parola quando erano insieme. L'accompagnava a casa, le preparava un semplice pranzo e se ne tornava in camera sua a fumare e a fare niente per tutto il giorno. Con o senza di lui, Izabelle rimaneva sempre sola. Non sopportava più quella solitudine.
Per questo quella notte di febbraio prese una decisione sciocca ed egoista. Egoista, perché uccidendosi, avrebbe anche ucciso psicologicamente i suoi genitori, le poche persone che l'amavano. Sciocca, perché c'erano tanti modi diversi e migliori per risolvere quella situazione.
Ma lei non ci credeva. I compagni di classe avrebbero continuato a prenderla in giro perché era troppo magra, pallida e pazza o peggio a ignorarla e lasciarla sola.
Con i suoi genitori non voleva parlare perché temeva che per qualche ragione avrebbero potuto rimproverarla dato che non era capace di farsi amici. Con Hans era inutile provare a parlare dei suoi problemi perché lui stava comunque sempre in silenzio.
È questo ciò che pensava. Pensava di essere un errore della natura. Non c'era modo per risolvere. Ma sapeva che annegando in quel lago gelido i problemi si sarebbero risolti.
Ma non appena si buttò in acqua ebbe una visione terribile: i suoi genitori che piangevano disperatamente solo a guardare una lapide, Izabelle immaginò che fosse la sua. Non capì se fosse una previsione o una sua semplice immagine ipotetica che supponeva cosa sarebbe successo dopo la sua morte, ma di certo, questo la convinse a ritirarsi. Era triste, sola e depressa, ma aveva ancora tutta la sua vita davanti e non poteva buttarla così.
Fu allora che si rese conto che non poteva fare questo, né a sé stessa né ai suoi genitori. Non poteva e basta. Non se lo sarebbe mai perdonato. Cercò immediatamente di uscire dall'acqua ma dato che purtroppo non sapeva nuotare, non riusciva a raggiungere la superficie. Stava lentamente affogando.
Fu allora che dalle profondità del lago, poco prima di chiudere gli occhi e perdere i sensi, vide la sagoma offuscata di suo zio. Lui non appena vide la ragazzina inconscia nel gelido lago, non esitò a buttarsi in acqua e portarla in superficie. Dovette soccorrerla con la respirazione bocca a bocca. Poco dopo, dopo tanta ansia e paura riuscì a salvarla. Izabelle non appena conscia, si aspettò rimproveri e sgrida da parte dello zio severo e insensibile. Eppure lui sembrava sollevato, anche felice. Ciò che la stranì fu quando lui la abbracciò forte a sé e pronunciò due semplici parole che la sconvolsero: «Mi dispiace.»
La ragazza non aveva detto a nessuno che aveva avuto una strana visione prima di perdere i sensi, nel lago. Non sapeva perché non lo avesse detto. Per qualche motivo aveva paura di ciò che avrebbero pensato i suoi se avesse raccontato loro di quella visione. Così decise di metterci una pietra sopra, dimenticandosene.
Hans morì un mese dopo. Il fumo lo aveva ucciso.
Izabelle nonostante fosse scioccata, non aveva pianto. Nonostante lui le avesse salvato la vita, lei non aveva versato lacrima. Al funerale era semplicemente rimasta in silenzio senza sapere cosa dire o pensare. Sentendosi vuota. Invece i suoi genitori piansero insieme davanti alla tomba di Hans. E fu allora che Izabelle ebbe un déjà-vu: quella scena era identica alla visione che aveva avuto un mese prima. Izabelle capì che aveva interpretato male quella visione: la lapide non era mai stata sua, ma di Hans.
Così Izabelle si sentì in dovere di raccontare tutto ai suoi genitori riguardo la visione, nonostante non fosse comunque sicura che fosse la cosa giusta.
Rimasero sconvolti, ma non la guardarono come se fosse pazza, anzi: capirono subito di cosa stesse parlando.
Fu così che la ragazzina scoprì una verità inverosimile e assurda, ovvero ciò che lei, suo padre e tutta la dinastia Hauser erano sempre stati. Ovviamente lei non credette all'inizio a quella rivelazione.
Dunque Karl la portò a Sioux Falls, un luogo a quanto pare importante per la famiglia.
Fu lì che capì che era tutto vero.
Lei era speciale. Il signor Hauser lo era pure stato ma dopo essersi sposato con una creatura mortale come Darla, aveva perso i suoi poteri. Ovvero poteri da stregone, quelli che Izabelle aveva ereditato.
Strinse i pugni e si diresse a passo felpato verso il cimitero. Non appena fu lì, si mise davanti alla tomba del padre e la osservò.
Quell'incubo che aveva avuto la notte prima della sua morte, non era un semplice sogno: ma una visione. E non era la prima. Il punto è che non aveva previsto che tutto ciò fosse accaduto così in fretta. Era colpa sua alla fine. Non aveva avvertito suo padre in tempo.
La ragazza strinse ancora di più i pugni fino a graffiarsi le mani. Era arrabbiata e voleva giustizia. Non dava più peso a cosa le aveva detto sua madre quella mattina. Non le importava più dei rischi, ora voleva solo vendicarsi.
«Chiunque sia, lo troverò, papà» promise lei guardando la tomba. «E lo ucciderò.»
I suoi occhi a mandorla si sfumarono di un viola abbagliante. Le foglie cadute dagli alberi vicini stavano lentamente cominciando a fluttuare. Però non erano spostate dal vento; era lei che le stava facendo volare. La tempesta che Izabelle aveva previsto a scuola stava arrivando e le foglie rosse, arancioni e gialle la stavano circondando formando una soecie di vortice.
Izabelle ora era decisamente fuori controllo, ma non poteva farne a meno; era furiosa. Gli occhi viola erano puntati verso la tomba del padre mentre improvvisamente sentì un tuono che la distrasse.
Infatti le foglie caddero lentamente per terra. Poco dopo il cielo si calmò mostrando un raggio di sole dietro quelle nuvole nere.
Gli occhi della ragazza tornarono del suo solito colore scuro mentre lei cercava di riprendersi.
Qualche volta lei aveva paura di sé stessa, della sua vera natura, di cosa era capace e di cosa avrebbe potuto fare se avesse perso totalmente il controllo. Le sue intenzioni non erano mai state crudeli. Ma a volte non poteva farne a meno, dato che non era nemmeno lei a fare tutto ciò: era il suo potere ad avere il controllo su di lei. Le poteva far fare cose inimmaginabili volendo.
Suo padre aveva detto che erano pericolosi i poteri. Sarebbe stato un grande fardello da portare, ma aveva sempre creduto in lei, era sicuro che lei fosse forte abbastanza da combatterlo. Ma si sbagliava. Izabelle aveva molto da imparare. E invece di pensare alla vendetta, ora avrebbe dovuto pensare a non perdere il controllo.
Indietreggiò lentamente per poi lasciare il cimitero.
Tornò a casa, pronta a mentire nuovamente a sua madre, dicendole cosa era successo a scuola, giusto per raccontarle qualcosa che potesse rallegrarla.
Però Izabelle, prima di andarsene, non aveva visto che Lena si era nascosta dietro ad un albero del cimitero e aveva osservato tutta la scena. Lei non sapeva se esserne soddisfatta o preoccupata. Aveva visto benissimo cosa Izabelle aveva appena fatto con i suoi poteri, semplicemente essendo infuriata e molto vendicativa. E se avesse scoperto la verità? E se fosse stata in grado di ucciderla?
Beh, in quel caso doveva pianificare ogni passo e strategia che avrebbe usato non solo per difendersi dalla strega, ma anche per sfruttarla.
Dopotutto lei era probabilmente l'unica a conoscere il segreto che Izabelle e il professore nascondevano.
Un buon modo per ricattarla. Una strega forte come lei sarebbe sempre stata molto utile. Per qualsiasi cosa.
Avrebbe potuto usarla contro i suoi nemici, persino contro Flynn. Avrebbe potuto usarla per conquistare definitivamente la città.
«Ecco perché sarò io a vincere» concluse lei prima di sparire dal cimitero.
NOTA AUTRICE:
voglio solo premettere che non è mia intenzione romanticizzare in alcun modo la relazione tra Izabelle e Jacob. Mi rendo perfettamente conto che relazioni del genere sono sempre sbagliate e non bisognerebbe mai renderle romantiche, a mio parere.
La loro relazione è semplicemente una parte importante della storia, soprattutto per i capitoli futuri.
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