Pʀᴏʟᴏɢᴏ: ғɪɴᴏ ᴀʟʟ'ᴜʟᴛɪᴍᴀ ɢᴏᴄᴄɪᴀ
prima pubblicazione:[20/09/2018]
ripubblicato:
[23/04/2020]
ʙᴏsᴛᴏɴ, ᴍᴀssᴀᴄʜᴜsᴇᴛᴛs
13 ᴅɪᴄᴇᴍʙʀᴇ 2000
Eʀᴀ una fredda serata invernale e faceva più freddo del solito.
Le strade erano particolarmente deserte; probabile che molti restavano a casa a decorare l'albero natalizio o a godersi semplicemente il venerdì sera dopo una lunga giornata.
Lei invece, coperta da un gran cappotto nero, vagava lungo un marciapiede senza una meta precisa. Infatti in quel quartiere, a spezzare il silenzio erano i tacchi dei suoi stivali neri. Era una giovane particolarmente elegante: i meravigliosi capelli castani erano legati in una coda di cavallo così che si vedessero per bene i suoi orecchini argentati a forma di anello. Sotto al cappotto, indossava un abito da sera argentato che le arrivava fin sotto alle ginocchia e abbinato al resto del suo abbigliamento, la rendeva particolarmente affascinante.
Stringendo le labbra, la ragazza si accorse di averle ancora sporche di sangue e così se le leccò con gusto.
Camminando per vari minuti, raggiunse un parco che stava proprio di fronte a un ospedale. Così decise di sedersi su una delle panchine a osservare le stelle che brillavano in quel cielo buio.
Se ne stava lì calma e impassibile nonostante le circostanze. Insomma, aveva appena ucciso una persona.
Ma non se ne pentiva, anzi, non era nemmeno la prima volta che lo faceva.
Per sopravvivere era stata costretta ad ucciderlo e di conseguenza a bere il suo sangue. Dopotutto, quella era la sua natura.
A interrompere quel calmo momento furono delle urla.
Lei con un udito incredibilmente buono, capì che provenivano da una delle stanze di quell'ospedale.
Era una donna e non serviva un genio per capire che stesse partorendo, ma a quanto pare ce l'aveva quasi fatta.
La ragazza dovette aspettare un po' prima che la futura madre smettesse di urlare, dato che iniziava a diventare irritante. E difatti, dopo le urla strazianti della donna, seguirono quelle di un neonato. Le sue strida furono ancora più insopportabili a parere della giovane.
Ma continuando a sentirle, si rese conto che il piccolo aveva qualcosa di speciale, o meglio lui era speciale.
Lei chiuse gli occhi e ciò che vide per un nanosecondo furono sangue, una luce accecante e infine un giovane ragazzo dagli occhi verdi scuri.
Lei riaprì le palpebre dovendo massaggiarsi la testa dato che provava un certo dolore.
Capì però come mai quel neonato in quella stanza d'ospedale fosse così speciale: era lui il prossimo prescelto.
E sarebbe stato l'ultimo.
«Thomas» sentì la voce della madre.
«Si chiamerà Thomas.»
Buono a sapersi, pensò la ragazza facendo un sorriso malefico.
Spostò lo sguardo dalla finestra della stanza d'ospedale ad un uomo di mezz' età che si stava avvicinando a lei barcollando.
Indossava una tuta da ginnastica grigia e una giacca a vento verde.
I capelli rossi e unti che gli arrivavano fino al collo erano coperti da un cappello di lana marrone. Lui era abbastanza alto e magro mentre il viso era pallido con delle borse sotto gli occhi azzurri.
A parere della ragazza, aveva un aspetto decisamente orrendo, dato che era di sicuro ubriaco. La bottiglia di birra vuota che lui stringeva in mano ne era la prova certa.
Lui le sorrise mettendo in mostra i denti gialli e storti.
Si fermò di fronte a lei.
«Ehi, signorina» biascicò continuando ad avvicinarsi. «Che fai qui tutta sola?»
Lei inarcò il sopracciglio infastidita dalla sua presenza.
Però non l'avrebbe cacciato via dato che voleva qualcosa da lui.
«Mi stavo schiarendo le idee finché non sei arrivato tu a spezzare il silenzio» disse lei con tono secco.
Lui rise anche se non ci trovava niente di divertente.
«Perdonami,» si sedette al suo fianco lasciando cadere per sbaglio la bottiglia di birra, non che ci facesse molto caso. Ora aveva occhi solo per lei.
«è che... Sei così bella... Come ti chiami?»
«Josephine» mentì lei. O meglio, Josephine era solo il suo secondo nome. Un nome che a dirla tutta non isava da anni.
«È davvero un bel nome.»
«Lo so» disse lei come se fosse ovvio.
Lui rise di nuovo studiandola da capo a piedi. «Allora,» biascicò tenendo il petto e le spalle rivolti verso di lei, «ti va di venire a casa mia, Jocelyn?» disse sorridendo maliziosamente.
Lei invece di alzarsi e allontanarsi, come avrebbe fatto una qualunque ragazza nei suoi panni, sorrise. «Ma certo.»
Persino l'uomo era stupito di quella risposta. «Bene, allora-»
«Prima però voglio bere» lo interruppe Josephine.
Lui sorrise nuovamente annuendo.
«Ok, Josette, c'è un bar qui vicino, ci sono appena stato e-»
«Oh no, io mi riferivo a un altro tipo di... Drink.»
L'uomo la guardò un po' confuso ma nonostante ciò, riformò un sorriso, convinto che fosse già riuscito nel suo intento, che di certo non prometteva nulla di buono.
Tuttavia, il suo sorriso malevolo svanì non appena gli occhi grigi della ragazza si scurirono fino a diventare di un rosso sangue.
All'inizio pensava che fosse l'effetto della birra dato che solo Dio sa quanta ne avesse bevuto quella sera.
Invece ecco che accadde l'inaspettato.
Lui fece per urlare ma Josephine fu più veloce e gli tappò la bocca con la mano.
Mentre lei continuava a mordere il suo collo bevendone tutto il sangue, lui perse i sensi e chiuse gli occhi che non avrebbe sicuramente più riaperto.
La castana staccò le zanne affilate dalla carne della vittima prendendo fiato.
Le labbra sporche di sangue si formarono in un sorriso inquietante e malefico.
«E comunque è Josephine» lo corresse nonostante sapesse che lui non la sentiva più. Dopodiché ricominciò a bere il suo sangue.
Fino all'ultima goccia.
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