ɪɪɪ. ʟᴀ ʟᴇɢɢᴇ ᴅᴇʟ ᴘɪᴜ̀ ғᴏʀᴛᴇ

prima pubblicazione:
[06/10/2018]

ripubblicato:
[25/06/2020]

Tʜᴏᴍᴀs tornò a casa la sera, dato che era rimasto a casa di Rachel qualche ora per aiutarla con dei compiti di matematica. Tornò a piedi dato che casa sua non era molto distante né dalla scuola né dalla casa di Rachel. Aveva abbastanza fretta, non vedeva l'ora di tornare a casa e cenare un piatto caldo. Era autunno e quella stagione a Bertram Bourgh era particolarmente fredda. La strada era deserta, i lampioni illuminavano il marciapiede e la strada. A spezzare quel silenzio tombale erano i passi affrettati di Thomas e il suo respiro che lui emetteva a ogni due passi.

Ad un certo punto passò alla destra del cimitero, ma si fermò per un attimo osservando il posto con un sorriso triste. È così che decise di passare a vedere suo fratello. Aprì il cancello arrugginito che cigolò essendo molto vecchio. La tomba di Sean Whalen si trovava alla destra di uno dei tanti alberi del cimitero. Appena la raggiunse si mise a guardarla per un po' con angoscia.

Gli tornò in mente quel fatidico venerdì sera, quando Sean sarebbe dovuto tornare dall'università, che stava dall'altra parte di Boston, verso le sei di sera.
Aveva anche telefonato Thomas che allora aveva solo sette anni.
Il ragazzino verso le dieci, preoccupato del fatto che il fratello non fosse ancora tornato, fu sollevato quando sentì il campanello. Sorrise sapendo che era lui.
Invece trovò due poliziotti che si toglievano il cappello guardandolo con aria triste.
Il ragazzino capì che era capitato qualcosa di brutto.
Avevano trovato la moto di Sean macchiata di sangue in un vicolo che lui aveva usato come scorciatoia. Ma il ragazzo... Era sparito. E da allora nessuno lo aveva più rivisto. Decisero quindi di fare la sua tomba a Bertram Bourgh, la città in cui sia suo nonno che suo padre avevano sempre vissuto.

Thomas rimase in silenzio a guardare la lapide. Si schiarì la gola per poi parlare con suo fratello, o meglio dire, parlare alla tomba di suo fratello. «Ciao, Sean... Ti... Ti volevo dire che...» si bloccò non appena sentì un rumore che lo spaventò facendolo girare di scatto. Si guardò intorno non vedendo nessuno. Però percepiva di non essere solo in quel cimitero.

Voleva chiedere chi fosse, ma non era sicuro fosse una buona idea.
Continuò a sentire un rumore di passi senza intravede nessuno. Si guardò intorno ed ecco che improvvisamente vide qualcuno sul marciapiede.
Era un uomo visto di profilo che indossava un gran cappotto nero. Il suo cappello a bombetta impediva a Thomas di distinguere il suo volto.

Il ragazzo fece per avvicinarsi sperando di poterlo intravedere meglio, ma ecco che l'altro cominciò ad andarsene.
Thomas non riuscì a vederlo mentre per qualche secondo l'uomo passò dietro ad un albero del viale. Dopodiché lui era stranamente sparito. Il ragazzo si diresse verso l'uscita del cimitero e appena fuori, era nuovamente solo, come se quell'uomo fosse sparito dal nulla.

Thomas non era sicuro se se lo fosse immaginato o meno.
Ma chi diavolo era?, si domandò lui.

Izabelle stava camminando avanti e indietro da mezz'ora con il cellulare in mano e con gli occhi lucidi e pieni di terrore pensando solo a quell'incubo della notte precedente.

A volte sognava ad occhi aperti e aveva delle visioni strane, anche quando non era addormentata. E quando succedeva, sapeva che ciò non prometteva nulla di buono.

L'incubo aveva come protagonista suo padre che era spaventato, confuso e privo di forze. Non si capiva bene dove si trovasse. Sembrava essere una cella o una grotta, non ne era sicura, ma faceva molto buio e l'unica cosa a illuminare il viso terrorizzato di suo padre era la luce fioca di un'apparente candela situata alla sua destra. Karl Hauser era legato a delle catene e provava a divincolarsi ma inutilmente. Poi all'improvviso una porta di fronte a lui si aprì lentamente e l'incubo terminò.

Izabelle non aveva avuto occasione di dirlo a suo padre, dato che quando si era svegliata era già in ritardo per andare a scuola e suo padre era comunque già uscito di casa.
Ma per questo lo aveva chiamato per più di dieci volte senza ottenere risposta, nonostante sua madre le avesse detto di non preoccuparsi, dato che il motivo per cui lui non rispondeva era perché magari era troppo impegnato.

Ma la ragazza sapeva che non era così. Stava per chiamarlo un'undicesima volta, ma fu interrotta dal telefono di casa che squillò dal piano inferiore. Trattenne il fiato. Forse era lui. O forse peggio... Si strofinò i lunghi capelli corvini e fece per andare a rispondere, ma sua madre la anticipò.

«Vado io, Izzy!» esclamò Darla Hauser dalla cucina. Izabelle però voleva sapere chi fosse al telefono e quindi aprì silenziosamente la porta. Scese le scale evitando di fare troppo rumore.
Vide sua madre che teneva in mano un bicchiere di vino e che indossava un elegante abito nero. Era appena tornata dal lavoro, suppose Izabelle.
Era girata di spalle con il telefono di casa in mano.
Di punto in bianco fece cadere il bicchiere di vino dalle sue mani che si frantumò in mille pezzi.
Darla si voltò per guardare sua figlia. Mise la mano sulla bocca mentre cercò di trattenere le lacrime invano. E adesso Izabelle capì. Capì che al telefono non c'era suo padre.

«Ok, g-grazie» disse Darla con voce spezzata e terminò la chiamata.
Si avvicinò a sua figlia e la abbracciò singhiozzando.
«Izabelle, tesoro.... Mi dispiace così tanto...»

Izabelle ricambiò l'abbraccio piangendo insieme a lei, nonostante non avesse ancora ottenuto spiegazioni chiare. Ma sapeva già che chiunque fosse stato al telefono, aveva confermato che né lei, né nessun altro avrebbe mai più rivisto suo padre.

Lena era in salotto e stava leggendo. In mano aveva un foglio su cui vi era un elenco di nomi.
Intanto Anja era andata a cercare altro cibo per la vampira.
Lei era sola in casa... Ma non per molto. Sbuffò.

«Accomodati pure, mio caro» disse ironica a Flynn Wellington, che stava alle spalle di Lena.
L'uomo spostò gli occhi blu dalla ragazza all'attaccapanni che aveva al suo fianco dove ci pose sopra il suo cappello a bombetta nero.
Il cappotto che aveva lo stesso colore del copricapo, non lo tolse.

«Leanna... Da un bel po' che non ci si vede.»

Lena appoggiò il foglio sul tavolino di fronte al divano, si girò per guardarlo. «Già. Sono passati altri diciotto anni dall'ultima volta... Sbaglio o ti sono apparse delle rughe sulla fronte?»

Flynn rise amaramente. «Mi era mancato il tuo senso d'umorismo, sai. Sei sempre così sfacciata e onesta, vero?»

Lena rispose con un sorrisetto beffardo prima che Flynn avanzò di qualche passo, questa volta con un'espressione seria. «Allora, quest'anno sarà il diciottesimo, eh?»

Flynn si stava riferendo al diciottesimo prescelto che Lena avrebbe dovuto uccidere per salvarsi da sofferenze eterne. Ogni diciotto anni lei doveva spezzare una maledizione particolare, chiamata maledizione del sole. Per non bruciare alla luce del sole, doveva bere il sangue di un prescelto, dopodiché il ciclo avrebbe ricominciato dopo altri diciotto anni. Dopotutto, era quello il prezzo che Lena doveva pagare per essere un'immortale dai poteri sovrannaturali.

«E l'ultimo... Dio, aspettavo questo momento letteralmente da secoli. Non vedo l'ora di... Assaporare il sangue che confermerà la mia vittoria. E la mia trasformazione.»

Uccidere l'ultimo e diciottesimo prescelto, non solo avrebbe dato fine alla maledizione, ma la avrebbe anche trasformata in una creatura ancora più forte e potente di quel che era già. Da vampiro sarebbe diventata un demone. Un demone di sangue.
«Dopodiché potrò finalmente fare ciò che avevo progettato da tanto.»

«Sarebbe?»

«Conquistare questa città, naturalmente.»

«Cosa te ne fai di questa città, tu?»

«Bertram Bourgh è il luogo in cui ho passato più di 50 anni. Ricordi gli anni venti? Ah, che bei tempi. Non ci venivo da un bel po'... E soprattutto, qui ci sono più creature sovrannaturali che umani e il vantaggio: non lo sanno nemmeno di essere. Dunque diventando un demone di sangue potrò sfruttarli a mio piacere. Ciò equivale a potere e protezione in caso mi servisse.»

Flynn, come risposta fece una breve risata amara scuotendo la testa. La indicò socchiudendo le palpebre. «Certo che in tutto questo tempo non sei mai cambiata, vero Leanna? Credi sempre di poter fare tutto ciò che ti pare dimenticando il fatto che tu dipendi da me. Sono stato io a trasformarti, ricordi? Dunque che ti fa pensare di potere fare tutto ciò che vuoi senza il mio consenso?»

«Cristo Flynn, parli come mio padre. E io lo odiavo» ribatté lei con disgusto al solo pensiero di suo padre. Alexander Beau Carver non era più stato un buon padre da quando sua moglie Ingrid se ne era tragicamente andata. Lui era diventato più severo, insensitivo, egoista e crudele, ma ripensandoci, Lena pensava che lui non fosse mai stato un buon padre, neanche prima della morte di sua madre. Quando la ragazza aveva saputo che Alexander Beau si era buttato giù da un ponte, lei ne era rimasta quasi soddisfatta. Quasi. Perché lei giurava di ricordare una parte di sé - anche se piccola - che aveva sofferto a scoprire che suo padre si era ucciso.

Lena scosse la testa dicendosi di smetterla di pensare al passato: aveva piani importanti e ambiziosi da progettare e Flynn non poteva di certo impedirglielo. Lo guardò a mo' di sfida per poi alzarsi e avvicinarsi a lui. «Io quando avrò spezzato la maledizione, non ti apparterrò più, Flynn. Io ti servo per uccidere stirpi di cacciatori solo perché ti darà potere, il bello è che ogni volta che taglio la testa a una di quelle cose umane ottengo anch'io potere. Divento sempre più forte. Quindi, se vorrai impedirmi di fare ciò che voglio, non ci riuscirai.»

Flynn la guardò per qualche secondo per poi ridere.

«Davvero? Ebbene...» con una semplice spinta, la scaraventò in aria facendola cadere dall'altra parte del soggiorno.

«Non sopravvalutarti troppo, Leanna» si avvicinò a lei che intanto cercò di riprendersi dalla caduta. «Io sono un angelo nero, una creatura originaria degli inferi e vivo da molto più tempo di te! Tu non hai idea di che cosa io sia capace di farti, perché tu» la prese per il collo facendola alzare, «in confronto a me... Sei solo un piccolo scarafaggio da schiacciare. E se vieni schiacciata... Vai all'inferno e credimi se ti dico che non ti piacerebbe incontrare lui

«Chi? Il Diavolo?» disse lei con voce soffocata ridendo.

«Esatto.»

Il sorriso di Lena sparì.
«Non mi prendere in giro. Lui è-»

«Lui è nella gabbia, sì e non potrebbe torturarti fisicamente. Ma se finisci nel suo regno, pensi veramente che lui non possa essere in grado di entrare nella tua testa? È Satana, e del ghiaccio che lo blocca non può di certo impedirgli di fare ciò che sa fare meglio» strinse la presa mentre Lena cercava ancora di dimenarsi, «e credimi, mia cara, non esiste tortura peggiore di lui che ti tormenta nei tuoi incubi più oscuri.»

Lena deglutì. «Diamine» mormorò lei.

«Che ti aspetti, è Lucifero, il re del male, il mio creatore» la ragazza lo scrutò inarcando le sopracciglia. «Già... Ha creato tutti noi angeli neri, compreso me. E abbiamo un compito preciso, come ben sai: creiamo vampiri e licantropi, voi dovete nutrirvi del sangue o del cuore di cacciatori per sopravvivere e spezzare la vostra maledizione e infine i loro corpi, ovviamente, li consegnate a noi. Te l'avevo già spiegato più volte, no?»

«Ma perché? Non mi hai mai detto cosa te ne fai? Come fanno a darti potere delle persone morte?»

Flynn sorrise.
Poi la avvicinò a sé e sussurrò al suo orecchio: «Noi ci nutriamo delle loro anime. Perché credi che ti chieda sempre di portarmi il corpo subito dopo averli uccisi?»

«Perché da lì ti prendi le anime» disse lei cominciando a capire.

«Brava la studentessa. Dopo la loro morte, la loro anima non se ne va immediatamente ma ci mette un limite di tempo, tempo a sufficienza per noi angeli neri per prendercele. Il numero delle anime di cui mi sono nutrito è decisamente maggiore al numero di anni di questo pianeta. Quindi ho potere, sono superiore a te, perciò non provare mai più a competermi. Perché io, posso prendermi il cacciatore anche senza di te. Tu non mi servi. Anzi, dovresti ringraziarmi che ti stia dando questa opportunità per salvarti. Quindi abbi più rispetto per me. Hai capito, Leanna?»

Lena odiava sentirsi chiamare così.
Per lei Leanna Josephine Carver era morta il 13 dicembre del 1712.
Voleva dirgli di non chiamarla più così, ma come aveva già detto lui, era meglio non farlo arrabbiare.

«Ho capito» deglutì. Flynn sorrise soddisfatto.

«Bene. Quindi se io ti dirò di fare qualcosa la farai. Per esempio, dirmi che cosa ci fai già qui, se la maledizione la spezzerai fra tre mesi, come già sai.»

Lena esitò a rispondere.
«Volevo... Venire già adesso per organizzare la mia conquista. Per capire com'è questa città adesso nel ventunesimo secolo, capire chi può essere una minaccia o può tornarmi utile,... E quando avrò ucciso il cacciatore, sarò già pronta per conquistare questa città. Semplice.»

Flynn la guardò sorpreso.
Finalmente la lasciò andare.
«Ciò che mi è sempre piaciuto di te è che sai organizzarti al meglio e sei sempre pronta a tutto. Per questo ho scelto te e non tua sorella maggiore, Jeanette. Lei... Era debole e incapace. Troppo buona per essere forte come te. Non addatta a diventare forte come te.»

«Mi hai appena paragonata a uno scarafaggio.»

«In confronto a me, ho detto. È diverso...» trovò una bottiglia di whisky e un bicchiere su un tavolino del salotto. Ne versò un po' nel bicchiere bevendone un sorso. «Ma tu non conquisterai questa città, Leanna. Lo farò io. Hai ragione, questa città è fantastica e l'ho sottovalutata troppo in fretta. Sarà divertente sfruttare tutte quelle creature, umane o meno. Voglio... Che questa diventi la città della follia e del caos. Sarà la mia città. E tu mi aiuterai a conquistarla, svolgendo la tua missione. Per avere più possibilità di vittoria, non ci devono essere cacciatori, quindi tu ucciderai colui che sei destinata ad uccidere. Poi, te ne potrai andare. Sarai libera e non mi vedrai mai più. Abbiamo un accordo?»

Lena non era affatto d'accordo ma non poteva non accettare. Sapeva di poter riuscire ad ingannarlo, cominciando a mentirgli. «E sia.»

Flynn si allontanò da lei, si avvicinò all'attaccapanni prendendo il cappello e fece per dirigersi verso l'uscita, ma si bloccò prima di lasciare la casa. Si voltò nuovamente verso la ragazza scrutandola con lo sguardo.

«Come si chiama?» chiese aspettando una sua semplice risposta.

Lena osservò per un attimo quel foglio che aveva lasciato sul tavolino.
«Thomas... Si chiama Thomas Whalen.»

«Thomas...» ripeté lui prima di uscire dalla villa.
Quello sarebbe stato il nome che avrebbe tenuto bene in mente per i prossimi tre mesi.

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