5.
«DEVI assolutamente venire», la implorava Julia. «Voglio che tu mi accompagni. Saremo una decina, e non è lontano. Il Madison Square Garden è a meno di un'ora da qui e vedrai che in macchina ci scateneremo.»
Alyssa le aveva rivolto un'occhiataccia vera e propria: un incontro di lottatori non era proprio il massimo per scusarsi di Fabien, e poi il punto non era questo. L'idea di uscire in sé e per sé le dispiaceva.
«Guarda che durante lo spettacolo ci sono lottatori tutti sudati nel ring, e ti giuro che non troverai mai da nessun'altra parte tanti bei ragazzi riuniti insieme.» e mentre diceva questo, Julia rideva soddisfatta.
Alyssa la guardava cercando di capire cosa avevano in comune. «Trovare un bel ragazzo in questo momento è l'ultimo dei miei pensieri.» per poi aggiungere alla fine.
Julia alzava gli occhi al cielo. «Il fatto è che devi distrarti. Siamo già a ottobre, i corsi sono cominciati da due mesi ed è ora che tu la smetta di rimuginare.»
«Non sto rimuginando», protestava Alyssa. «È solo che... sono stufa.»
«Vuoi dire che sei stufa di essere single, giusto?» diceva Julia, voltandosi a guardarla. «Be', l'ho capito. Ma questa è una grande città, amica mia. E ci offre tante opportunità. Rassegnati, perché sarà inevitabile che verrai con noi. Ti abbiamo già preso il biglietto.»
«Sai benissimo che cosa intendo dire. Devo studiare per diventare un'attrice e non posso perdere tempo per cercare un ragazzo che mi tenga lontano dagli studi. Né posso distrarmi guardando loro litigare.»
«Che male c'è?» Julia la fissava, impaziente. «Non ti sto dicendo di uscire ogni volta. Non ti sto dicendo di vedere lottatori lottare - e non litigare - ogni santissima volta, Alyssa. Sto solo dicendo che ogni tanto puoi staccare la testa dai libri.»
Alyssa aveva distolto lo sguardo, in silenzio.
Julia attraversava la stanza per andare a sedersi sul letto accanto a lei, accarezzandole una gamba.
«Proviamo ad affrontare la questione in maniera logica. Hai detto che ha smesso di telefonarti e di mandarti messaggi, giusto?» ed Alyssa annuiva alle parole dell'amica, per quanto riluttante. «Benissimo, allora è giunto il tempo di guardare avanti e riprendere la tua vita.»
«È quello che ho cercato di fare. Ma dovunque vada, me lo vedo dovunque. Non capisco proprio perché non voglia uscire dalla mia mente.»
«È semplice. Devi crederci sul serio.» diceva guardandola intensamente. «Alyssa, devi renderti conto che nessuno supera una storia d'amore allo stesso modo. Alcuni se la cavano parlandone, altri impiegano tempo prima di poter guardare avanti. Tu devi solo non mollare ed aiutarmi a farti dimenticare il tuo ex. Io ci sono per te, e questo lo devi sapere.» ammiccando continuava il suo discorso. «Vedrai che alla fine guarderai avanti. A patto che tu non ceda, è ovvio.»
«Non ho nessuna intenzione di cedere», dichiarava determinata Alyssa.
«Senti, come tua amica è mio dovere aiutarti a superare questa esperienza. Ti propongo una fantastica soluzione a tutti i tuoi problemi, una serata fuori con il gruppo lontana da tutto per vedere uomini scolpiti picchiarsi, e tu vorresti startene qui?»
Vedendo che non rispondeva, Julia aveva tutta l'intenzione di incalzare la dose. «Ti prego, vieni con noi. Puoi sempre pensare che chi sta subendo sia il tuo ex.» e nel dirlo era scoppiata a ridere.
Alyssa, tra un sospiro ed un sorriso, consapevole di quanto l'amica potesse diventare insistente a volte. «Va bene», aveva detto infine rassegnata. «Ci verrò.»
Mentre si avvicinava l'incontro, Alyssa doveva ammettere che l'amica aveva avuto un'ottima idea. Le ci voleva proprio una serata fuori.
Il Madison Square Garden era un palcoscenico pazzesco: luci, un pubblico numeroso (e dire numeroso sembrava un eufemismo), un monitor gigante ed un ring. Quest'ultimo però era molto strano e non l'aveva mai visto prima d'ora.
Il ring era un esagono, recintato. Aveva delle protezioni di gomma agli spigoli ma non aveva mai visto una cosa del genere. Ed era felice di sapere che nemmeno Julia sapeva cosa fosse.
«Carlos, ma non dovevamo vedere una lotta?» chiedeva infatti l'amica.
«Infatti. A breve dovrebbero fare il loro ingresso i due lottatori.» rispondeva Carlos, visibilmente eccitato.
«E che ring è?!»
«È un esagono. Non si vede?!» diceva ridendo.
«Questo l'ho notato anch'io, stupido. Ma non è boxe?!»
«No, Julia. Questo è MMA.»
«Che?!» avevano detto all'unisono Julia ed Alyssa.
«MMA, arti marziali miste. È una disciplina da combattimento dove i lottatori possiedono varie tecniche di lotta. Tutto è concesso, sempre nei limiti del regolamento.»
«Mai sentito.» aveva detto infine Julia.
«Oggi è un incontro speciale.»
«E perché?» chiedeva Alyssa.
«Perché oggi combatte proprio un newyorchese. Un certo Ethan Lowry contro il brasiliano Romario Silva. Bisogna ovviamente tifare per il nostro concittadino!» ripeteva eccitato Carlos.
Ad un tratto tutto si era fatto buio, per poi accendersi solo la luce sul ring, mentre entrava un tizio col microfono, molto probabilmente era il presentatore.
Ethan stava meditando come al solito, seduto sulla panca aspettando che gli dessero l'ok per entrare in scena. Quello contro Silva era un incontro importante e soprattutto difficile.
Infatti il brasiliano aveva un buon record: venti vittorie e tre sconfitte. Abile nel capoeira, nella kick boxing e qualche presa di sottomissione, ma anche lui si era allenato molto, specialmente nella capoeira, insieme col secondo coach Jeff (infatti quest'ultimo aveva accettato di essere il suo secondo).
Quel combattimento era davvero importante per molti punti di vista, ma soprattutto perché alla fine del tunnel vedeva Perez, vedendo nitida quella cintura che decretava il migliore. E per essere al meglio contro l'argentino campione in carica, doveva battere Silva.
Una musica di sottofondo riecheggiava mentre le luci si muovevano in diverse direzioni illuminando vari punti dello stadio, mentre una luce blu fissa era puntata sul ring.
Ed ecco che da una via entra Romario Silva, seguito dai suoi medici ed allenatore, mentre un grido di ovazione incitava a gran voce il suo nome. Durante il suo ingresso, sullo schermo appariva il suo record: venti vittorie e tre sconfitte. Inoltre in grafica c'era anche la sua scheda tecnica e biografica, ed aveva appena fatto il suo ingresso dentro l'esagono, camminando avanti ed indietro.
Poi di nuovo tutto buio, mentre una luce bianca si dirigeva verso un altro tunnel. Un grido di ovazione ed anche Carlos urlava a squarciagola. Faceva il suo ingresso il newyorchese Ethan Lowry, anch'egli seguito da due allenatori e dai medici.
Dallo schermo Alyssa poteva guardarlo bene. Alto, biondo, con i capelli corti ai lato e la barba ben curata. Aveva uno scorpione sul pettorale destro, e un tatuaggio per ogni avambraccio.
Mentre la grafica rivelava il suo record: sedici vittorie e otto sconfitte.
«Si prospetta dura per Lowry quest'incontro, guardando le vittorie.» urlava Carlos cercando di sovrastare la musica.
Distratta, l'unica cosa che era riuscita a leggere della sua scheda biografica era che Ethan Lowry aveva 24 anni.
Finalmente Ethan era entrato dentro l'esagono e di fronte, con sguardo minaccioso, c'era Silva. Il brasiliano Silva, e non poteva perdere.
L'arbitro li aveva chiamati al centro per parlare di regole, mentre il presentatore dietro col microfono per far sentire al pubblico quello che stava dicendo. Finito il discorso, ogni lottatore si era diretto al proprio angolo.
Dopo la domanda dell'arbitro sull'essere pronti, ecco che aveva pronunciato la parola famosa: fight.
Partecipo al concorso wttprose
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