21.

Pochi giorni dopo Ethan partito per l'Illinois. Si era allenato tantissimo in vista di quell'incontro ma aveva come la netta sensazione di non essersi allenato abbastanza ed aveva una tremenda paura di perdere quell'incontro.

I sensi di colpa per non aver ancora detto la verità ad Alyssa lo tormentavano, ma doveva combattere al meglio delle possibilità per vincere e magari avere un bel po di tempo prima del prossimo incontro, in modo da avere la possibilità di poter dire tutta la verità ad Alyssa.

Il suo avversario era un giovane emergente e vedeva in lui un grande nervosismo. Aveva più paura di lui però aveva cominciato bene. Si presentava a quell'incontro con 10 vittorie e 2 sconfitte. Non male per un lottatore emergente. 

Come faceva sempre, era rimasto nel suo box per caricarsi, come sempre preferendo restare da solo. Il frastuono proveniente dalla folla era assordante, mentre le sue mani cominciavano a tremare, come ultimamente gli capitava.

Lui non voleva più combattere, lui non voleva trovarsi sopra il ring. Sapeva che non lo voleva da molto tempo, e sentiva di non essere più pronto a lottare. E molto probabilmente quella sensazione di rischiare serio ogni volta non lo avrebbe reso mai pronto.

Tuttavia doveva, e quindi a passo lento aveva fatto il suo ingresso dopo che il presentatore aveva pronunciato il suo nome.





Mente sgombra, doveva solo vincere. Ormai dentro all'esagono c'erano solo lui, il suo avversario troppo giovane e troppo impaurito (anche se provava a non darlo a vedere) e l'arbitro che stava ricordando loro le regole.

L'incontro era incominciato. 

L'avversario sempre sulla difensiva, mentre Ethan era partito come un toro scatenato. Aveva messo a segno tantissimi colpi - tra pugni e calci, compresa una ginocchiata all'addome - ed altri che il suo avversario era riuscito a parare e schivare.

La folla ogni tanto applaudiva per un gesto tecnico sublime da parte sua. Tuttavia i suoi colpi non l'avevano mandato ko, ed il primo dei tre round era finito con entrambi ancora in piedi, ma decisamente più malridotto il suo avversario.



Il secondo round era cominciato. Questa volta il suo avversario era decisamente intenzionato a non subire per tutta la lunghezza del round, ed era partito all'attacco costringendo Ethan alla difensiva. 

Entrambi erano riusciti a compiere qualche bella mossa, ed Ethan era anche caduto a terra, ma per fortuna solo con la spalla. 

Anche il secondo round era finito. Il cuore che batteva forte, consapevole di aver scampato un pericolo. Tuttavia non riusciva a non pensare a cosa sarebbe successo qualora fosse caduto in diverso modo.




L'ultimo round era iniziato ed era cominciato nel miglior modo possibile per Ethan. Il suo avversario era decisamente stremato mentre Ethan aveva ancora benzina nel serbatoio per continuare a quei ritmi, ed aveva preso a martellare il suo avversario.

Poi con una buona presa gli aveva preso il braccio e tirato forte dalla sua. L'avversario, non riuscendo a liberarsi, aveva dichiarato resa battendo sul tappeto del ring.

Ethan aveva vinto per sottomissione. Festeggiato per un po, era stato premiato e tornato nel suo box.

Aveva mandato un messaggio sia ad Alyssa che a sua madre per dire che aveva vinto e che dopo una doccia sarebbe ripartito per New York.




Sul ciglio del suo letto c'era Alyssa con due caffè in mano e un cornetto.

«Stai bene? Non hai un bell'aspetto. . . » aveva poi commentato.

Ethan si era alzato a fatica. Aveva tanti dolori e la testa gli sembrava scoppiare. Molto probabilmente il pugno che aveva preso in faccia aveva scaturito qualcosa che doveva restare in pace.

Con ancora più fatica si era andato a sedere in cucina, mentre ingoiava qualche antidolorifico.

«Sto bene, grazie.»

«Non si direbbe.» aveva continuato lei.

«È stato un incontro difficile, e poi riporto i postumi del viaggio.» aveva continuato Ethan per cercare di tranquillizzarla.

«Immagino. Almeno hai vinto.»

«Già.»

«È un debito in meno, no?»

«Già.»




Ethan si comportava in modo strano. Di certo non come la sera in cui avevano litigato, ma sentiva che quell'incontro aveva causato in lui qualche dolore in più. Dolori che sembrava non volerle dire.

Questa preoccupazione era aumentata, quando dopo essere tornata in cucina, lo aveva visto con le mani appoggiate al lavello e la testa a penzoloni giù, e vicino a lui il flacone vuoto di antidolorifici.

«Dove ti fa male?» aveva chiesto lei, abbracciandolo da dietro.

«Sto bene, non preoccuparti.» aveva insistito Ethan.

«È evidente che non è così, hai finito un flacone intero. E il dolore a quanto pare non ti sta passando.» aveva rinfacciato lei. «Dove ti ha colpito?»

«Un po dovunque.»

«E cosa ti fa male di più?»

«La testa. Ed avevi ragione, sono arrivati a quel certo punto questi antidolorifici.»

«Dovresti andare dal dottore.» asseriva Alyssa.

«Perché andarci, quando già so cosa ho. . . »

«Non capisco. . . »

«Con ogni probabilità ho una commozione cerebrale.»

«Hai sbattuto?»

«No, ho preso un pugno in faccia.»

«Non credo che basti un pugno in faccia per avere una commozione. Dai, vestiti che ti porto io al pronto soccorso.»

«Non ce n'è bisogno, ti ho detto che il problema è questo, Alyssa. Fidati.»

«Ma da quando hai una laurea in medicina?! Vieni, guido io così ti puoi riposare.»

«So già cosa mi diranno i dottori, Alyssa. Non posso permettermi di rispettare quello che mi diranno i medici.»

«Non capisco.»

«Non posso permettermi riposo Alyssa. Passerà come passano tutti i dolori.»

«Non riesco proprio a capire, perché ti ostini a non andare dai medici?»

Ethan si era girato mortificato. Tanto ormai era arrivato il momento di dirle la verità. Del perché non voleva andare dai dottori, del perché sapeva quale problema aveva.

«Perché mi direbbero quello che mi hanno detto già una volta. Di non dover più lottare.»

«Come non lottare più?» aveva chiesto lei confusa.

«Secondo i medici, ogni volta che entro in un ring rischio tanto. Forse troppo.»

«Perché?» ed il suo tono passava da confusione a terrore.

«Perché dopo il mio incontro con Perez, non era andato proprio come ti avevo detto. Ti avevo detto che mi aveva colpito in faccia, ma non ti avevo detto che quando sono caduto, mi sono fratturato l'osso della nuca. I medici mi hanno operato e messo una placchetta a reggere gran parte del mio cranio. La minima caduta o il minimo colpo e potrei non alzarmi più.»

L'espressione seria di lui lasciava intendere che tutto era vero. Questo voleva dire che Ethan poteva rischiare di morire. 

«Perché non me l'hai mai detto?! Perché non me l'hai detto che ogni volta che entri in quel dannato ring sei un passo più vicino alla morte?!»

Ma ripensando alle parole di Ethan, tutto tornava. Ogni cosa che le suonava strana ora acquisiva un senso: ecco perché del comportamento strano di Ethan, ecco perché i genitori odiavano quello che facevano, ecco perché la madre era sempre arrabbiata con lui.

«Allora perché non ascolti i medici?! Questo è il tuo ultimo incontro, non puoi rischiare più.» aveva continuato Alyssa.

«Devo.»

«No, non devi. Non puoi. Te lo proibisco, Ethan. Mi devi promettere che smetterai, ti prego Ethan. Posso aiutarvi io col bar, possiamo trovare un'altra soluzione. Ti prego Ethan, smetti ora che sei in tempo.»

«Non posso, Alyssa.»

«Certo che puoi. . . » aveva risposto Alyssa con le lacrime agli occhi.

«No, Alyssa, non c'è nessun altro modo. Questa è l'unica cosa che mi permette di ottenere più soldi in meno tempo.»

«Ethan, capisco il valore che il bar abbia ma non puoi buttare la tua vita per questo.»

«Lo devo fare per i miei genitori.»

«Ma i tuoi genitori non vogliono che tu lo faccia! Perché questo sport è pericoloso, e tu stai facendo una stupidaggine nel giocare col fuoco! Tu sei loro figlio, Ethan, ed è ovvio che non si aspettano questa sorta di pazzia da parte tua.»

«Io lo faccio per loro.» aveva continuato Ethan, incapace di dire altro.

«Non dire bugie. Tu lo fai solo per non sentirti più in colpa. Pensi di fare una cosa buona, invece sei solo un'egoista, che vuole togliersi un peso inesistente per cosa? Sei solo un egoista. . . » aveva detto Alyssa, col tono più atterrito che potesse usare.

«Alyssa. . . » aveva detto Ethan, cercando di avvicinarla di nuovo a sé.

«Non mi toccare, Ethan. Con le tue azioni stupide fai soffrire tutti, compresa me! Non ci hai mai pensato che un bar non equivalga alla vita di un figlio?! Quando me lo volevi dire che ogni volta che lottavi rischiavi la morte? Non hai pensato anche a me, sola a piangere per la tua morte?! No, perché tu sei solo un egoista che pensa solo a sé stesso! E non mi hai detto niente perché sapevi che sarei stata d'accordo con tua madre, concordando con lei che era tutta una stupidaggine quella che stai facendo! Io non sono importante per te!»

«No, Alyssa, non è vero. Tu sei importante per me.»

«Dimostramelo, Ethan. Ritirati e passa la tua vita con me.»

«Non posso Alyssa.»

«Ancora con questo 'non posso' Ethan?! Sei solo uno stronzo, Ethan. Io mi tiro fuori, non ce la faccio a sopportare tutto questo. La lontananza dalla mia famiglia, i troppi impegni che ci tengono lontani, ed io vorrei passare del tempo con te, perché ho bisogno di te. Ho bisogno di qualcuno che mi ascolti come solo tu sai fare. Cioè, ti ho lasciato ai tuoi allenamenti perché è il tuo lavoro. Ma non accetto che tu lo faccia perché vuoi morire!» ed aveva detto tutto così velocemente così come i loro momenti passati insieme. 

Tutto buttato in un cassonetto.

«Ethan, io non ce la faccio. Non posso sopportare la tua assenza.»

«Ma io ci sarò, Alyssa.»

«Se ti ritirerai.»

«Non posso, ma ti prego resta Alyssa.»

«Resto solo se mi prometti che non farai più MMA.»

«Al momento non. . . » aveva cominciato Ethan.

«Come pensavo. Addio Ethan.»

«Alyssa, ti prego, aspetta.»

«No, Ethan, non fermarmi! Non voglio sentire le tue inutili promesse che ogni volta tornerai a casa. . . »

«Ma io non morirò. . . »

«Io vado a dormire da Julia, se avrai deciso cosa è meglio avere nella tua vita, sai dove trovarmi Ethan. Ma io così, con questo timore, non ci voglio vivere.»

E se ne era andata, con le lacrime agli occhi aveva fermato un taxi e si era fatta accompagnare a casa di Julia.





Alyssa era abbattuta, amareggiata.

Ethan, dopo che se ne era andata per la seconda volta, questa volta l'aveva chiamata più di una volta e a ciascuna di queste Alyssa non aveva risposto.

Si trovava a casa di Julia, onde evitare di trovarsi Ethan davanti la porta di casa sua.  Anche se Julia spesso non dormiva a casa sua, siccome spesso restava a dormire con il suo ex marito. Forse si vergognava di affrontarla per una nuova discussione con lei, però le mancava la sua amica. Ora si trovava a casa sua tutta sola.

Certo, le dispiaceva che non aveva mai accennato al ritorno di fiamma, però tra amiche pensava si dicessero queste cose. Aveva dato per scontato che tra lei e l'amica non ci fossero segreti, ma evidentemente si sbagliava.

E in quel momento Julia non c'era in casa, ed aveva proprio bisogno di lei per parlare di Ethan. Magari solo parlare, come facevano tempo addietro.

Stare senza Ethan e senza Julia era una situazione che non riusciva a reggere, ora più che mai si era sentita sola.




Erano passate giorni, ed Alyssa era appena tornata da una lezione alla quale aveva fatto fatica a concentrarsi. Si era sdraiata sul letto, ripensando ancora ad Ethan, alle serate passate con lui guardando il cielo seduti sulla sua terrazza.

Inevitabilmente i ricordi riaffioravano in lei, comprese le loro cavalcate, quando lui era andato da lei in Canada, i loro amplessi, al primo pranzo fatto insieme. Il loro primo incontro in palestra. Tutto scorreva nella sua testa come fotografie viste una dietro l'altra.

Non riusciva proprio a capire perché voleva morire. Spesso si era soffermata a trovare risposte plausibili, ma davvero non riusciva a trovare una risposta adeguata per un'azione talmente sciocca. Cioè, sapeva che lui si sentiva in debito con i suoi genitori, ma era sempre convinta che morire non era il giusto prezzo da pagare. E sapeva in cuor suo che anche i suoi genitori erano sicuramente d'accordo con lei.

Tuttavia, ad Ethan sembrava non interessare nulla, visto che ormai continuava a fare di testa sua, deciso a continuare la sua sorta di sacrificio per una causa secondo lui giusta. Non riusciva a comprenderlo, davvero, e per questo non riusciva a rispondere alle sue continue chiamate. 

Si sentiva stanca ma sicuramente tutti i suoi pensieri non le avrebbero permesso di dormire. E il pensiero di Ethan morto non riusciva ad abbandonarla. Ripensava ancora alle parole di Ethan sul suo incidente, e in lei si era insediata la voglia di vedere la verità. Sperando che su internet ci potessero essere dei video di quell'incontro. 

Aveva digitato il nome di Ethan e quello di Perez e c'erano alcuni articoli che parlavano di quell'incontro cruento ed emozionante, e finalmente aveva trovato un video.

Il presentatore aveva presentato entrambi, e la telecamera aveva inquadrato Perez, nettamente più robusto di Ethan. 

Il video era di due minuti, e che quindi faceva le azioni salienti di quell'incontro.

Entrambi si erano scambiati pugni e la faccia di Ethan era già diventata rossa, e non solo per lo sforzo. Aveva il corpo coperto di sangue, proprio come quello del suo avversario.

Ad un certo punto, il suo avversario lo aveva preso per la vita e catapultato all'indietro, sbattendo con la nuca al tappeto. Poi, Perez, non contento, lo aveva riempito di pugni in faccia, con il sangue che schizzava via dopo i colpi.

La testa di Ethan appoggiata in una piccola pozzanghera del suo sangue, con gli occhi chiusi. E in un battibaleno il suo corpo era circondato dai medici, cercando di rianimarlo.

E alla fine Alyssa non era riuscito a vedere, coprendosi il volto alla vista di Ethan coperto di sangue. 

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