19.
Tutto risaliva a Perez. A quel lottatore argentino che lo aveva tenuto lontano dall'esagono per diciotto mesi, e qualche settimana in più. Aveva spiegato dell'incidente ad Alyssa, le aveva parlato delle varie terapie e di tutte le cose attorno a quella storia, ma aveva omesso un particolare.
Dopo che la madre se ne era andata, non era riuscito a mangiare, siccome quei ricordi bussavano forte più che mai alla sua mente, ed ormai non riusciva più a tenerli fermi nel dimenticatoio.
Per una settimana non sapeva nemmeno cosa fosse successo. Ricordava il dolore, ricordava il momento prima di finire al tappeto, ma non si era reso conto di quanto quella caduta e la furia di quei pugni lo avessero portato ad un passo dalla morte.
Ad Alyssa aveva detto di essere caduto con la spalla e questo era vero perché se l'era rotta, ma insieme con la spalla anche il cranio, provocando una piccola rottura dell'osso occipitale e per evitare altri traumi, non avevano potuto operargli la spalla subito.
Ma non aveva neanche accennato alla cosa più importante: avevano operato il suo cranio ma installato una placchetta di titanio dove si era creata la piccola frattura. Ed i dottori gli avevano detto che un'altra caduta o altro incidente, avrebbe potuto rompersi quella placchetta causandogli un trauma cranico e che molto probabilmente non ci sarebbe stato niente da fare.
Dopo quel discorso con i medici, aveva deciso di mollare tutto per avere salva la vita, ma poi i suoi genitori avevano ipotecato tutto quello che avevano per permettergli di curarsi e sebbene la madre gli aveva detto sempre che non le importava niente del bar, era bugia. Quel bar aveva un valore affettivo per lei, perché lì si era conosciuta con suo padre, era lì che conservava tutti i suoi ricordi, era quello il lavoro del padre.
Solo lui poteva salvare la storia d'amore tra i suoi genitori che aveva i momenti cardine in quel bar. Di sicuro ci sarebbero voluti parecchi incontri prima di estinguere tutti i debiti, ma aveva un ottimo allenatore dalla sua parte e abbastanza esperienza per riuscire a farcela e portare a casa un po di soldi.
C'era una sola soluzione per poter sistemare tutto ed era di lottare, vincere e diventare campione.
Tuttavia ogni volta che entrava sul ring, metteva a proprio rischio la sua vita. Non era incosciente, sapeva bene a cosa andava incontro ogni volta, a quali pericoli esponeva il suo corpo.
Ed era per questo che gli tremavano le mani ogni volta prima di lottare, non di certo gli tremavano per l'adrenalina. Quella era solo un fattore che veniva dopo. Solo che ogni volta che lottava, si chiedeva se quello fosse il suo ultimo incontro.
Ed era sempre più difficile convivere con quella paura di non rialzarsi più. Lo portavano sul ring solo i suoi sensi di colpa nei confronti dei genitori. Non potevano perdere il bar per colpa sua.
Ciononostante, non doveva pensarci più. Si doveva preparare per il nuovo incontro, e non poteva affrontarlo con il pensiero che potesse essere l'ultimo. Che poteva morire in quell'incontro.
Non aveva mentito al medico quando gli aveva detto che si sarebbe ritirato, ma le cose erano decisamente cambiate. Ora aveva un obbligo nei confronti dei genitori e non poteva smettere.
Ormai mancava poco all'arrivo dell'incontro e non poteva tirarsi indietro. Lui doveva combattere perché era l'unica cosa che gli riusciva bene. Doveva lottare e vincere, lottare e vincere, lottare per scontrarsi di nuovo con Perez e strappargli la cintura da campione ed ottenere il grande montepremi che gli avrebbe permesso di estinguere quasi tutti i debiti. Ed anche se questo significava rischiare di morire.
Era ritornata a New York, ed Alyssa era andata a trovare Ethan a casa, che poi si trovava di fronte la porta del suo appartamento. Lui si trovava dentro e le aveva lasciate le chiavi sotto lo zerbino. Quando lei era entrata, l'aveva trovato intento ad alzare il bilanciere mentre il suo corpo muscoloso era tutto sudato.
Lei entrata sperando che non fosse cambiato tra loro durante la sua assenza. Perché dal vedersi ogni giorno al non vedersi mai il passo era decisamente troppo lungo e questo avrebbe potuto cambiare non poche cose.
Ma Ethan, dopo che l'aveva vista, aveva lasciato l'attrezzo per andarle incontro e baciarla, facendole capire che niente era cambiato.
Quella sera avevano fatto l'amore, ma lei non era rimasta fino a tarda notte perché il semestre il giorno dopo sarebbe cominciato e quindi doveva svegliarsi presto per non perdere la prima lezione.
Una volta uscita dal suo appartamento, Ethan era ritornato ad allenarsi. Non se la sentiva di dirle la verità e mancavano ormai poche settimane prima del suo incontro e non poteva diminuire le sessioni.
Ma già sentiva la mancanza di Alyssa ed il suo allenamento era durato meno di un'ora. Era stanco ed aveva anche un po freddo.
Il giorno dopo si era svegliato riposato ed aveva preso ad allenarsi. Dopo qualche esercizio di riscaldamento, aveva fatto qualche sollevamento pesi e poi era uscito a correre.
Aveva cominciato a bassa velocità, giusto per riscaldare i muscoli delle gambe. Circa ogni cinquanta metri aumentava il passo. Non esistevano ormai pause per lui.
Di solito quando correva aveva la mente vuota, invece non riusciva a togliere dalla testa Perez. Non riusciva a togliere nemmeno il suo incidente, tutto quello che aveva passato. E non sapeva ancora se dire la completa verità ad Alyssa e soprattutto come dirglielo.
Erano passati tre giorni e non si era visto con Alyssa, evitando così parlarle. E quei giorni gli erano serviti anche per scegliere le parole giuste. Forse cercava anche la situazione giusta, perché era un po impossibile dirle durante una passeggiata "Ah, lo sai che se lotto ancora posso morire? "
Aveva bussato alla sua porta e si era detto che era giusto che lei sapesse tutto. Doveva raccontarle dell'incidente, anche se questo gli faceva paura perché significava ricevere da parte sua tante domande, a molte delle quali sicuramente non avrebbe saputo rispondere.
Alla fine quando erano usciti per una passeggiata, lei gli aveva chiesto del perché era così taciturno. Quello poteva essere il momento buono, ma invece si era lesinato nel rispondere che era solo un po stanco a causa degli allenamenti. E questo era anche vero, visto che i suoi allenamenti lo sottoponevano a duri sforzi e arrivava puntualmente esausto alla fine di tutto.
Ed era riuscito a farglielo credere per un po, ma ormai lei lo conosceva fin troppo bene e riusciva a capire quando lui era turbato. Così il venerdì di quella settimana, lei si era presentata col cibo cinese davanti la porta di Ethan.
Mentre Ethan preparava la tavola, Alyssa si era fermata e lo fissava, cercando di carpire qualche informazione da quel suo silenzio.
«Ok, ti decidi a dirmi che cosa ti turba? È tutta la settimana che sei strano, che stai in silenzio!» aveva poi obiettato.
«Te l'ho detto, le sessioni di allenamento mi stanno stancando.»
«In realtà ti ho già visto già altre volte stanco e non eri certo così.»
«Sto pensando alla gara.»
«Texas?»
«Illinois.»
«Bello come stato?»
«Sì, ma non vado lì per godermi la città. Finisco l'incontro e ritorno qui.» aveva detto mentre un po dolorante si era messo a sedere per mangiare tutto il cibo che aveva portato Alyssa.
«Quindi immagino tornerai tardi qui a New York.»
«Già.»
«Allora potremmo vederci il giorno dopo.»
«Potresti anche venire con me. Cioè, non ti voglio obbligare, era così per dire.»
«Ho le lezioni, Ethan. Lo sai. . . Se fossi stata in vacanza, ci sarei venuta volentieri. Ci potremmo vedere quando torni.»
«Potremmo, ma sarei a pezzi sicuramente.»
«Ma che hai fatto?! Ce l'hai con me? Ti ho fatto qualcosa?!» aveva chiesto irritata poi Alyssa.
«Che dici, non ce l'ho con te.» aveva affrettato a rispondere Ethan. Doveva assolutamente dirle la verità per evitare che la situazione degenerasse. «Sto seriamente pensando all'incontro. . .» aveva cominciato ad esordire, per arrivare al problema.
«E proprio quando sei con me e che non ci vediamo quasi mai ultimamente per i nostri impegni, ci devi pensare?»
«Non posso non pensarci, è più complicato di quanto pensi.»
«Potresti tranquillamente accantonare il pensiero della tua gara almeno oggi? Ethan, davvero ultimamente non ci stiamo vedendo e capisco i tuoi impegni, però perché non possiamo goderci i pochi momenti che passiamo insieme in questo periodo?»
«È facile solo a dire.»
«Perché non è facile?»
«Perché non riesco a non pensarci, Alyssa. Ho delle responsabilità, io.» aveva detto Ethan, non ragionando più su quello che stava per dire, e questo non poteva portare a nulla di buono. «Pratico uno sport pericoloso. Sono fuori allenamento e devo impegnarmi sempre più perché non voglio che i miei genitori perdano l'unica cosa che hanno per colpa mia. Quindi è normale per me pensarci sempre, e non puoi capire questo perché tu non hai nessuna responsabilità nei confronti di nessuno!»
Ormai anche Alyssa si era infuriata. «Dico solo che potevi evitare di pensarci per due ore! Non ti ho chiesto di non pensarci mai!! Invece mi hai definito come una che non ha responsabilità!»
«Perché non è così?»
«No, Ethan, non è così. Che tu ci creda oppure no, anche la mia famiglia è importante per me! Ed è una responsabilità portare avanti gli studi! Prendermi questo attestato per poter dimostrare ai miei genitori che ce l'ho fatta da sola è importante! Portare avanti un lavoro ed insieme studiare è stressante e stancante, e comunque non te lo faccio pesare come tu ora stai facendo con me! Perché, tu lo capisca o no, anch'io ho delle responsabilità! Ogni giorno impegnarmi per portare a termine i miei obiettivi, proprio come fai tu! Perché ti ricordo che anch'io ho dei sogni!»
«Io non ho detto che tu non hai sogni. . .»
«Ah, sì, scusa. Stavi dicendo che i tuoi obiettivi sono più importanti dei miei.»
«Alyssa, per piacere, non esagerare. Non stavo dicendo questo. . . » aveva detto Ethan, abbandonando il suo tono aggressivo.
«Inutile che fai il cane bastonato. Io ero venuta qui per farti svagare un po, per divertirci insieme, perché pensavo ti divertisse la mia compagnia. Invece tu volevi solo qualcuno con cui litigare.»
«Io non voglio litigare.»
«A me sembra il contrario. Ti decidi a dirmi che ti prende? Perché ti comporti così ora?»
Ed era rimasta a guardarlo in attesa della sua risposta. Ethan non rispondeva però, perché non gli venivano le parole, ed Alyssa ora lo guardava con delusione.
E senza salutarlo, si era alzata, preso la borsa e se ne era andata sbattendo la porta, lasciando Ethan solo con i suoi dubbi, solo con il suo perché non era riuscito a dirle tutta la verità.
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