18.

Mancava ormai qualche mese o forse ancora meno prima che Ethan dovesse sfidare un nuovo avversario, ed Alyssa era partita per il Canada. Proprio per questi due motivi, aveva intensificato i suoi allenamenti. Prima di Natale non solo aveva aumentato il tempo che stava in palestra ma aveva aumentato il numero dei pesi da sollevare.

Il suo fisico si faceva via via più grande, più muscoloso. In effetti, nell'ultimo periodo si era ritrovato a fare cinquanta piegamenti ogni ora, e nell'intermezzo altrettante flessioni ed addominali, oltre che correre per 6/7 chilometri. E la sera, puntualmente, crollava a letto stanco.

Nonostante i normali dolori fisici, sentiva di stare bene, di essere in ottima forma. Ogni giorno aumentava d'impegno, forse anche per non pensare al fatto che Alyssa non era lì con lui né la madre che gli portava la colazione e per vederlo un po. Da quella sera i loro rapporti erano stati chiusi, e con ogni probabilità per sempre.

Era ormai il giorno prima della Vigilia, ed Ethan aveva preso tutto l'occorrente per partire e raggiungere la sua ragazza in Canada.




Era arrivato in Ontario più o meno per l'ora di pranzo. Avevano mangiato a casa di lei, ed aver risposto a numerose domande sulla sua vita. Fortunatamente non avevano accennato alla sua famiglia, ed Ethan aveva come la sensazione che Alyssa avesse detto loro qualcosa a tal proposito.

Nonostante i convenevoli di rito, Ethan non aveva voluto dormire a casa loro, perché aveva affittato una camera d'albergo, che comunque non era troppo distante da casa loro.

Nonostante la lontananza, avevano passato tutte le vacanze insieme, compresi i genitori e un po tutta la famiglia di lei.

Avevano visitato musei, parchi, erano andati al teatro e dove Alyssa era andata a scuola. Di tutti i giorni passati lì, di Oscar neanche l'ombra. E questo era stato un bene per entrambi. Alyssa non voleva assolutamente vederlo ed Ethan poteva rischiare di essere squalificato perché voleva picchiare quel mascalzone siccome aveva osato alzare le mani su una ragazza.

Grazie anche a questo, tutta la vacanza l'avevano passata benissimo. I genitori di lei erano molto simpatici, e sentiva di aver fatto colpo su di loro (molto probabilmente anche perché non avevano mai visto un lottatore dal vivo).

Quella sera avevano optato per una cenetta tranquilla solo loro due, lontani dal caotico centro per l'ultima notte dell'anno. 

Era ormai passata da un pezzo la mezzanotte, ed Alyssa si trovava nella camera d'albergo di Ethan.

«Devo tornare a casa, i miei potrebbero preoccuparsi.»

«Ma scusa, non hai detto loro che stavi con me?»

«Sì, ed è soprattutto per questo che potrebbero preoccuparsi.»

«M'era sembrato di aver fatto buona impressione.»

«Oh, l'hai fatta, ne puoi star certo. Specialmente quando ti sei messo a parlare del tuo mestiere. E ti dirò di più, loro la pensano come me. Questo sport è per veri pazzi.»

«E allora perché dovrebbero preoccuparsi?»

«Potrebbero pensare tante cose.»

«Comunque ti devo proprio ringraziare. Proprio per avermi fatto dire che cosa faccio. Volevo sembrare uno normale.»

«Guarda che tu sei normale.» aveva risposto lei.

Lui si era avvicinato a lei con fare suadente, per poi baciarle il collo, dolcemente, delicatamente, prima di essere allontanato da lei.

«Non mi far cadere in tentazione. Devo seriamente tornare a casa.» aveva giustificato Alyssa.

«Ma questa è l'ultima sera che passo con te, domani parto.»

«Lo so, e ricorda che prima di partire ti aspettano i miei a casa loro per la colazione.»

«Mi mancherai da domani. Così come mi sei mancata.»

«Non dire bugie. Eri sempre impegnato con i tuoi allenamenti e la notte crollavi dal sonno!» 

«Invece mi sei mancata tantissimo.»

«Anche tu.» gli aveva risposto accarezzandolo. «Ma devo comunque tornare a casa.»

Si erano incamminati per tornare a casa di lei. Ormai si era abituato a fare quella strada e quindi era in grado di ritrovare l'albergo da solo.

«A proposito, con i tuoi ancora niente?»

«Già.»

«Non vuoi sapere come stanno? Perché non ti fai avanti tu?»

«Passerà tutto, e potranno finalmente capire che stanno meglio senza di me.»

«Questo è un discorso proprio senza senso, lasciatelo dire.»

Non aveva continuato il discorso, e dopo averla accompagnata era tornato al suo albergo. La mattina dopo avevano fatto colazione insieme con i genitori di Alyssa e lo avevano accompagnato all'aeroporto. Lì si erano ancora salutato con lei ed era salito sull'aereo.




Era tornato a casa sua. A New York. E per sopperire la mancanza del suo amore, aveva raddoppiato le sue sedute di allenamenti. Il suo allenatore gli aveva detto che era pronto per tornare sul ring, e che gli aveva fissato un incontro tra due settimane, senza rivelargli il suo avversario.

In Canada non seguiva proprio l'allenamento duro che svolgeva a New York, e questo aveva permesso al suo corpo di riposarsi, ed Ethan si sentiva in salute e riposato. 

Era finalmente tornato a casa dopo un allenamento duro, e subito era entrato sotto la doccia.

Ancora un po bagnato, si era diretto in cucina per cucinarsi qualcosa, quando qualcuno aveva inserito la chiave nella toppa. 

Ethan si era subito preparato, ma la chiave di casa l'avevano solo due persone: lui e sua madre.

Ed infatti la porta si era aperta, ed era entrata proprio sua madre.

«Ciao mamma.» aveva detto lui, non nascondendo il suo stupore nel vederla.

«Ciao. Sono venuta qui tutti i giorni ma non c'eri mai. . . »

Lei era avanzata verso di lui, e lui si trovava a petto nudo e solo con il pantalone della tuta.

«Mi ricordo quando eri un piccolino ed ora guardati come sei diventato.» aveva esordito la madre. «Abbiamo fatto tanti sacrifici per te, nel nostro piccolo abbiamo cercato di non farti mancare niente, anche se forse è mancata la cosa più importante, cioè la nostra presenza. Tuo padre sempre al bar ed io sempre indaffarata a rassettare casa ed entrambi troppo impegnati per darti un pochettino di attenzioni. Ricordo quando tornavi a casa denunciandoci i bulli che ti picchiavano e ti rubavano le cose, e ricordo le risposte di tuo padre. Mi arrabbiavo sempre per quelle sue risposte. E poi hai cominciato a non dirci niente, sei cresciuto e capito la situazione che avevamo e senza dire niente, ti sei messo a lavorare per darci una mano. Ed io non volevo che tu mettessi prima il lavoro davanti ad un'età che è fatta per divertirsi e non per farsi carico di problemi.» con tono carico di amarezza.

«Perché? Perché solo ora me lo dici?»

«E cosa potevo dire? Non c'eri mai. La mattina a lavoro, mangiavi di fretta perché dovevi lavorare da un'altra parte. La sera neanche tornavi perché non facevi in tempo a tornare per cena altrimenti avresti fatto tardi ad un terzo lavoro. E poi hai cominciato ad andare in palestra, e fare questo mestiere. Ti ricordi il brutto periodo? Tu sei andato in coma, e quando ti sei risvegliato eri solo arrabbiato perché saresti dovuto rimanere fermo un bel po. Neanche una lacrima per il dolore. Ed io che speravo che tu, dopo quell'incidente, avresti cambiato interesse. Avresti trovato un lavoro normale, che non mettesse a repentaglio la tua vita. Ma questo non è successo.»

«Ho anche altri interessi.»

«Sì, ma non raggiungono mai l'interesse che hai per questo sport. Io ti ho visto sempre in televisione e mio malgrado devo dire che eri bravo, che ci sapevi fare. E per un periodo ero contenta per te, perché finalmente potevi fare qualcosa che ti andava. Però questo mi spezzava anche il cuore perché ogni volta che ti ho visto cadere, dolorante, ho sempre il timore che tu non possa rialzarti.»

Ethan non riusciva a rispondere. Non si aspettava certo un ritorno così a New York, e quel discorso della madre non faceva altro che aumentare i suoi sensi di colpa.

«Posso farti una domanda?» aveva poi continuato la madre.

Ethan ancora riusciva a rispondere, con il groppo alla gola. Allora aveva fatto solo un cenno col capo.

«Davvero pensi di non fare altro? Vuoi davvero diventare campione?»

«No.» aveva confessato Ethan, e questa risposta l'aveva data solo ad Alyssa.

«Lo immaginavo.»

«Mamma, io. . . »

«Pensi che non l'abbia capito perché lo fai? L'ho sempre immaginato e sai anche perché da mamma voglio che tu non lo faccia. Ma se è questo quello che vuoi, non posso impedirtelo.»

Ethan aveva tirato un profondo respiro, non sapeva quali parole scegliere. E la madre era visibilmente affranta e la rassegnazione e le preoccupazioni che il suo unico figlio le aveva dato l'avevano invecchiata più di quanto il tempo non avesse fatto.

«Mamma, perché sei qui? E non venirmi a dire che sei venuta qui dopo il nostro litigio per dirmi questo.»

«In effetti sono venuta qui per vedere se stessi bene. Sei comunque mio figlio, ma non c'eri mai a casa.»

«Sono andato in Canada a trovare Alyssa.»

«E come è andato il viaggio?»

«Bene, anche se avrei voluto stare ancora un po di tempo con lei.»

«Lo immagino. Hai conosciuto anche i suoi genitori?»

«Sì, sono dei tipi simpatici. Proprio come la figlia.»

«Lei come sta?»

«Lei sta bene.»

«Si capisce che la ami.»

«Davvero?»

«Si vede che per te è speciale. Mi dispiace che quella volta non sia andata come speravi. Mi piacerebbe davvero conoscerla. Lei ritorna qui?»

«Sì, ancora non sa quando però.»

«E pensi di stare con lei anche in futuro?»

Con quella domanda forse Ethan aveva capito il perché la madre voleva parlargli.

«Lo spero. Ci sto bene, davvero.»

Lo sguardo della madre ad un tratto si era fatto serioso. «Devi dirglielo, allora.»

«Cosa?»

«Quello che ti ha detto il dottore, Ethan.» aveva risposto la madre, senza giri di parole. Senza tergiversare. «Devi dirglielo che un altro colpo e rischi di non rialzarti più.»



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