14.
«Mi spieghi cosa ti salta in testa?! Ho capito che è un bel ragazzo, ma non puoi già incontrare sua madre!!» sbraitava Julia.
«In realtà è cenare. . . »
«Tu sei pazza! Peggio ancora!»
«Che male c'è a mangiare insieme?»
«Sei pronta per una relazione seria? Perché, Alyssa, mangiare insieme alla madre è perché è seria la relazione, intendo davvero. Entrambi non state scherzando e questo si è ben capito, ma sei davvero pronta per questo passo?»
«Perché ti interessa tanto?» aveva chiesto mentre si dava un ultimo sguardo prima di andare a casa di Ethan.
«Perché ci tengo a te, e non voglio che tu poi ci resti male. Ok, ora hai le farfalle nello stomaco, e lo vedono tutti. Ok che vi chiamate in continuazione, ok che è un figo da paura, ok tutto quello che vuoi. Ma cenare con la madre è un passo decisamente troppo lungo, e lo puoi fare solo se ne sei davvero sicura.»
«Non per forza deve essere una cosa seria come la intendi tu.»
«Ah, no? Ti vuoi fare una nuova amica, che guarda un po è la mamma del ragazzo con cui ti stai vedendo e baciando?»
«Ma finiscila!»
«Aspetta un attimo, ora ho capito tutto!» aveva esclamato Julia. «Tu lo ami!»
«Co-cosa?»
«Oh, non mi freghi! Tu ti sei innamorata. Ed io che pensavo pure male! Tu badi sempre a queste cose, e ci pensi sempre trecentomila volte prima di fare una cosa. Ma con lui è stato diverso finora. Hai fatto tante cose senza indugiare un attimo, ed hai accettato in un battibaleno l'invito a cenare con lui e la madre. E l'hai fatto per un solo motivo, ed è quello che ti sei innamorata di Ethan.»
«Non è vero.»
«Non mentirti, Alyssa. Perché non lo vuoi ammettere?»
«Non mi sto mentendo, Julia. Non lo amo, è soltanto una cena.»
«Se lo dici tu.»
Poteva mai avere ragione Julia? Certo, quando stava con Ethan era felice, si divertiva. Riusciva a lavorare e studiare meglio, felice della vita quasi. O meglio, lui le rendeva la vita migliore.
Ethan poi era completamente diverso da Oscar. Con l'ex fidanzato aveva sempre quel senso di inferiorità, e dopo i suoi comportamenti si sentiva ingabbiata, un'anima all'inferno costretta a subire continue ingiurie e pene.
Dopo quello che l'aveva fatto, si erano distaccati emotivamente, ma Alyssa non era riuscita a lasciarlo. Lo amava ancora, ma non come quando iniziarono la loro relazione. Non più quell'amore coinvolgente. Era consapevole che Oscar non avrebbe mai cambiato i suoi comportamenti, ma non riusciva a lasciarlo perché - forse - amava ancora quella coppia che un tempo erano, fatta di sguardi intensi, fatta di amore.
Tuttavia era tenuta verso i suoi confronti a tenere a sé stessa, e quando Oscar aveva incominciato a peggiorare le sue abitudini, aveva deciso di lasciarlo senza dirgli niente. E quando l'ebbe fatto, sentiva che quella rottura c'era stata già da parecchio tempo.
Nonostante tutto era rimasta provata da quella rottura, perché in fondo non si dimenticano facilmente storie dove si è stati bene. Alla fine Oscar le aveva regalato momenti indimenticabili ed era impossibile non soffrirci.
Ora finalmente aveva ricominciato a vivere, e questo grazie ad Ethan. Un ragazzo bello e simpatico, ma si stavano ancora conoscendo ed era impossibile che già lo amasse. E poi, molto probabilmente, lui non poteva amarla. Non da subito.
Il forno aveva suonato. Alyssa aveva appena spento per lasciare la ciambella ancora un po dentro al forno. Non riusciva ancora a far smettere di risuonare la voce di Julia che le diceva che lei amava Ethan.
Mentre il dolce si raffreddava, si era vestita cercando di non pensare alle parole della sua amica, la quale aveva quella grande capacità di rovinarle sempre i momenti migliori.
Aveva poi bussato alla porta di Ethan, cercando di scacciare con forze quelle parole che la tormentavano dalla mattina.
Ethan era apparso alla porta, con indosso un jeans celeste chiaro, delle scarpe sportive ed una camicia bianca.
«Ciao.» aveva poi detto lui, salutandola con un bacio breve.
Mentre Alyssa entrava, aveva visto in lei una certa sensazione di disagio. «Qualcosa non va?» le aveva poi chiesto.
«Certo, non preoccuparti.» gli aveva risposto accennando un sorriso.
«Va bene.» non continuando. «Mi fa piacere che sei venuta, comunque.»
«Pensavi che non venissi?»
«Il pensiero mi aveva sfiorato.» aveva ammesso Ethan.
Alyssa era felice, in qualche modo, di vedere che anche lui era in agitazione. Forse però l'agitazione era differente. «Ti ho messo l'ansia tutti i giorni perché volevo conoscere tua madre, ora non venivo?!» aveva detto lei col sorriso, mentre pian piano si rilassava.
Quella schiettezza e quella sincerità di Ethan la rilassava. Poteva davvero sé stessa con lui.
«Poi hai fatto l'esame?»
«Sì, tutto bene. Tu come stai? Ti sei ripreso un po?»
«Miglioro.»
«Sei andato dal dottore?»
«Certo che no. I dolori passano da soli.»
«Semmai con gli antidolorifici che prima o poi finiranno il loro effetto e tu ci dovrai andare per forza.»
«Mia madre dovrebbe arrivare a breve.» aveva detto Ethan, cercando di cambiare discorso.
«A proposito, come si chiama tua madre?»
«Anne.»
«Non le dispiacerà se la chiamo Signora Lowry?»
«Non credo.»
«In fondo è la prima volta che la conosco e non voglio sembrarle sfacciata. Quindi opterò proprio per Signora Lowry.»
«Fidati che le piacerai.»
Erano entrati in cucina quando Alyssa aveva visto la tavola preparata e sulla mensola parecchie portate già pronte per essere servite.
Neanche il tempo di guardarsi intorno che un'altra volta il campanello aveva suonato.
«Questa è sicuramente mia madre.» aveva affermato Ethan.
Il momento era vicino. Finalmente Alyssa poteva conoscere la signora Lowry. Era abbastanza in ansia per quell'incontro.
Ethan intanto aveva aperto la porta.
«Ciao mamma.» aveva poi detto mentre l'abbracciava.
«Allora è lei la ragazza di cui tanto mi parli?» aveva detto lei mentre andava ad abbracciare appunto Alyssa.
«Piacere di conoscerla signora Lowry. Sono Alyssa.» rispondendo all'abbraccio.
«Ah, Ethan, non chiudere la porta che ho lasciato ancora qualcosa in macchina.»
«Mamma, tu non guidi.»
«Lo so.»
Sul viso della madre di Ethan, nonostante le rughe causate dalle vecchiaia, si percepiva nei suoi occhi una grandissima ansia. Guardava insistentemente la porta, quasi aspettasse qualcuno.
«Ciao Ethan.» aveva detto poi una voce possente alle sue spalle.
Alyssa non aveva mai visto prima d'ora quell'uomo, ma lo sguardo paralizzato di Ethan lasciava intendere che quella voce l'avesse già sentita da qualche parte.
Voleva girarsi, ma non riusciva a farlo. Il suo sguardo ora stava cambiando e nei suoi occhi Alyssa poteva leggere la rabbia. L'aveva sempre visto pacato e calmo, ma quel rossore in faccia e quegli occhi lividi di rabbia non li aveva mai visti. Aveva paura in quel momento.
«Vi voglio fuori da casa mia!» aveva ordinato Ethan, guardando fisso la madre ma non l'uomo alle sue spalle. «Tutti e due!» per poi aggiungere.
«Ma figliolo, non credi che due anni sono lunghi abbastanza?» implorava la madre.
«Io con lui ho chiuso. E ti avevo espressamente chiesto di non portarlo! Ma tu, dannazione, fai sempre di testa tua! Perché devi sempre scavalcare quello che voglio?! Mi sono fatto una vita tutta mia, ed ora vuoi comandare anche questa?»
«Modera il linguaggio con tua madre!» aveva ordinato fermamente la voce dell'uomo ad Alyssa sconosciuto, ma forse cominciava a capire chi realmente fosse quell'uomo.
«Sto a casa mia, e faccio quello che mi pare. Ti certo non devo rendere conto a te!» aveva sbraitato Ethan, sempre senza guardare quell'uomo in faccia.
Sembrava proprio che non volesse. «Allora perché non rispetti le mie volontà?» aveva insistito guardando la madre.
Ora Alyssa si sentiva come un pesce fuor d'acqua. Si trovava lì, in piedi, ad assistere ad una lite. E poteva capire che forse quell'uomo era l'amante della madre, o comunque qualcuno della famiglia.
Ricordava bene quando Ethan le aveva detto che suo padre non c'era da quasi due anni, e molto probabilmente quell'uomo era il nuovo fidanzato della madre, ma Ethan legato fortemente al padre non aveva mai voluto conoscerlo.
Comunque ora si trovava proprio nel bel mezzo di una discussione vivace, e se prima non sarebbe stata una cena seria, ora lo era. In cuor suo Alyssa malediva l'amica per aver fatto l'uccello del malaugurio.
«Perché non possiamo tornare ad essere una famiglia?» continuava la supplica la signora Lowry. «Ti prego, Ethan.»
«Sai benissimo che non posso farlo! Io con lui non voglio più avere niente a che fare!»
«Hai visto Anne, te l'avevo detto che era inutile. Andiamocene, su.» aveva detto il tizio sull'uscio della porta.
«NO. Porca miseria Tony, perché rinunci così subito a tuo figlio?!» aveva biascicato la madre.
Suo figlio? pensava Alyssa.
«L'hai sentito, no? Ha detto che non ci vuole qui, quindi è inutile.»
«Già, mamma, perché non lo ascolti? Vai con lui, tanto non c'era quando ne avevo bisogno, ora è inutile che si presenta. Serviva quando ero bambino.»
«Io lavoravo per permetterti un futuro migliore!» sbraitava il padre. «Di certo non per vederti picchiare e picchiare a tua volta!»
«Ma che cosa vuoi?! Pensavi solo al lavoro quando ero piccolo. Non c'eri mai. Ed è solo colpa tua se ora faccio quello che faccio!»
«Ma le prendi almeno una volta le tue responsabilità?! La colpa è sempre degli altri, mai la tua! Ora fai questa roba che non ti porta a niente e la colpa sarebbe mia?!»
«Sì, perché non c'eri mai! Tu non sai cosa significa andare a scuola ed essere vittima di bulli ogni santissimo giorno! Tu non sai il dolore che provavo, e non sai quanto ne provavo quando chiedevo il tuo aiuto e mi definivi vigliacco che non reagiva! Io avevo bisogno di te in quel momento e tu non c'eri mai!! MAI!! E così mi sono iscritto ad una palestra per sapermi difendere!»
Ad un certo punto tutti si trovavano in silenzio. Ma non il tipico silenzio bello che si creava spesso tra Ethan ed Alyssa, bensì un silenzio triste. Ma Ethan era visibilmente pronto a rompere quel silenzio, una volta per tutte.
«Tu per me sei morto. Lo sei sempre stato. Io non ho mai avuto un padre.» aveva aggiunto infine con voce fredda, dirigendosi fuori dal balcone. Due passi e si era fermato, guardando solo i suoi genitori. «Vorrei che ve ne andaste da casa mia e non fatevi più rivedere. Nessuno di voi due. Avete rovinato quella che volevo fosse una bella serata.» e finita quella frase era uscito fuori dal balcone, lasciando sola Alyssa con i suoi genitori.
«Mi dispiace cara. Spero che un giorno mi perdonerai. Voglio che tu capisca che le mie intenzioni erano delle migliori.» aveva detto la madre di lui guardandola negli occhi, visibilmente dispiaciuta.
Aveva ripreso la sua borsa e se ne era andata con il marito. Per sempre, proprio come aveva chiesto Ethan.
Alyssa non sapeva proprio che fare. Uscire di casa e lasciare solo Ethan, o seguirlo in terrazza e cercare di calmarlo e capire qualcosa. Magari se aveva voglia di parlarne.
Non era poi proprio quel genere di persona in grado di consolare, però era in grado di ascoltare. Magari poteva bastare solo quello, sempre se Ethan aveva voglia di parlarle di tutto quello che era successo.
Alla fine aveva optato per andare sulla terrazza, ed essere un po vicina ad Ethan.
«Certe volte mi pento di non essere andato al college.» aveva detto Ethan, vedendo sedere Alyssa al suo fianco.
«Che cosa avresti studiato?»
«Letteratura. Un appassionato di libri e amante dei scrittori antichi. Per quanto grande sia New York, sono ancora troppo vicino ai miei genitori.»
«Io non so cosa sia successo tra te e tuo padre anche se ho potuto capirlo questa sera, ma non credi di aver esagerato un po?» aveva ribadito lei.
Ethan non aveva risposto, d'altra parte aveva fatto un sorso dalla sua birra.
«Ne vuoi una?» aveva poi offerto, cambiando discorso.
«No, no. Ma ne devi parlare, Ethan. Non puoi sempre rimandare. . . »
«No?»
«No, Ethan. Sono due anni, te ne rendi conto?»
«Sì.»
«E non pensi che abbia ragione tua madre? Vuoi davvero che aumentino questi anni?»
«Non c'è stato quando ero piccolo, perché dovrebbe ora che sono cresciuto?»
«Non potrebbe essere che tuo padre voglia recuperare il tempo perso?»
«Ma non si possono recuperare quegli anni. Io non posso tornare bambino e lui non può tornare quel giovane padre in grado di fare tante cose con il suo bambino. Ora che possiamo fare?»
«Stare insieme, ad esempio. A me potrebbe bastare anche questo!»
Ethan aveva capito l'intensità delle parole di Alyssa. Lei, con quella frase, si stava riferendo a sé stessa.
«Ti manca la tua famiglia?»
Alyssa era rimasta spiazzata dalla domanda. Immaginava che quel momento era dedicato solo ad Ethan, invece quest'ultimo poneva sempre le sue attenzioni nei suoi confronti, lasciando sempre i suoi problemi dietro quelli di lei.
«Quando mi trovavo in Canada, eravamo molto uniti come famiglia. Ora è un po diverso. Cioè, sono la mia famiglia ed è grazie a loro se sono quella che sono, ma la distanza ha cambiato un po le cose. Mia sorella Scarlett si trova lì, mio fratello Damien si trova lì e vanno a trovare i nostri genitori regolarmente. Io, invece, li sento sempre e solo per telefono. Trasferitami a New York, non li vedo mai e sento che il nostro rapporto si incrina sempre di più. E se riesco davvero a diventare un'attrice, dovrò girare in diverse città a seconda del mio lavoro ed anche allora non potrò mai andare a trovare i miei genitori in Canada, ed allora cosa succederà?»
Alyssa si era stupita di sé stessa. Non aveva mai rivolto a nessuno queste sue preoccupazioni e non riusciva a crederle di averlo fatto con lui. Forse la situazione di Ethan era simile alla sua, troppo simile alla sua. Di sicuro sapeva di potersi fidare di lui.
Ethan aveva allungato la sua mano per accarezzare quella di Alyssa. «Come hai potuto ben vedere, non sono in grado di gestire i rapporti con la mia famiglia e quindi potrei essere la persona meno indicata per dirti qualcosa a tal proposito. Però, posso capire che per te sia un momento difficile, ma credo che queste cose debbano capitare prima o poi. Cioè, è naturale che i figli vadano via per realizzare il proprio futuro. È la vita, Alyssa, ma non per questo tutto è finito. Ci sono sempre i modi per ritrovarsi. Come mio nonno e mia madre.»
«Cioè?»
«Mio nonno» aveva cominciato a spiegare Ethan. «aveva solo una figlia, cioè mia madre. Per un anno doveva andare in Italia mio nonno per un lavoro, ma quell'unico anno era diventato due, e da due erano arrivati a diventare cinque. Mia madre cresceva ma mio nonno non c'era. Poi aveva conosciuto mio padre e si era innamorata. E mio nonno era finalmente tornato a casa e ritornato a frequentare mia madre, scoprendo tutto quello che si era perso. Questo per dire che la famiglia c'è sempre, qualunque cosa succeda, e non per forza bisogna averli vicini, fisicamente intendo. Tu, poi, sei consapevole dell'importanza della famiglia e questo rende facile riallacciare i rapporti. E poi hai un fratello ed una sorella.» e poi Ethan aveva sospirato, fissando il vuoto. «Anche a me sarebbe piaciuto avere un fratello o anche una sorella, sai?»
«Sempre che non ci litigavi.» aveva detto col sorriso Alyssa, ma voleva rimangiarle subito quelle parole, forse non era il caso di fare quella battuta.
D'altra parte, Ethan non se l'era presa minimamente, tutt'altro perché aveva sorriso anche lui. «Probabile.» aveva poi aggiunto. «Pensavo fosse fantastico averne uno. Magari potevo giocare con lui, chiacchierare tutta la notte fingendo di dormire. Farci forza a vicenda, magari. Lo chiedevo in continuazione a mia madre, ma la risposta era sempre sul forse. Col tempo capii che non navigavamo in acque calme, economicamente parlando, e capii che non potevamo permetterci di mantenere un altro bambino. Così desistetti dal continuare a chiedere una cosa impossibile. E così ho scoperto che nella vita non tutte le cose vanno come speri.»
Alyssa lo ascoltava rapita. Dalle sue parole sembrava netto il dispiacere di non aver avuto niente da piccolo. Un dispiacere sincero. Poi lui si era alzato, interrompendo la discussione. «Comunque quello che c'è sulla tavola è pronto. Te la senti di mangiare qui con me?»
«Certo.» aveva risposto ed entrambi erano rientrati e seduti a tavola.
La cena si era consumata con risate e aneddoti familiari, oltre che della giornata appena trascorsa e tanto altro. Alyssa gli aveva raccontato del suo nuovo professore e di come non riusciva a non ridere per il modo in cui gesticolava, mentre Ethan le aveva raccontato dei guai che aveva combinato alle superiori.
Anche se non aveva conosciuto la madre, comunque stava bene con Ethan e cenare con lui era davvero un piacere. Si ascoltavano e parlavano con una tranquillità fuori dal comune, una tranquillità che era sempre mancata tra lei e Oscar.
Poi Ethan aveva trovato squisito il dolce che aveva preparato Alyssa e finito di mangiare, avevano riordinato la cucina. Era così un tutto fare che per la prima volta, si era chiesta cosa avrebbero pensato i suoi genitori di lui.
«Ti va di rimanere ancora un po?» aveva chiesto Ethan. «So che hai una giornata impegnativa domani, tra lavoro e corso.»
«Un altro po posso rimanere.»
Entrambi erano riusciti nuovamente fuori dalla terrazza. Stava calando giù una nebbia abbastanza fitta, anche se il venticello era fresco e sempre piacevole.
Erano rimasti per un po a fissare la nebbia mentre Alyssa sentiva il suo sguardo su di sé.
«Posso farti una domanda?» le aveva poi chiesto.
«Sì.»
«È tutto a posto?» aveva continuato lui, dopo qualche secondo di esitazione.
«Sì. Perché me lo chiedi?»
«Bé, quando sei arrivata non mi sembravi molto serena.»
All'inizio non voleva esporglielo il perché, però le era sembrato il caso dopo quello che aveva vissuto Ethan quella sera.
«Ho avuto una discussione con Julia.»
«Su questa sera?»
«Più o meno. Lei è della teoria che era una cosa troppo seria da fare agli inizi.»
«E tu cosa ne pensi?»
«Non saprei. Con Oscar era diverso perché i suoi genitori li conoscevo già, quindi è un po tutto nuovo per me in questo momento.»
«Lo è anche per me.» le aveva risposto senza toglierle gli occhi di dosso.
Erano rimasti seduti in silenzio a guardare la nebbia che copriva con la sua coltre le stelle, chiacchierando semplicemente di tutto, come facevano sempre, sin dal primo giorno.
Quella terrazza creava un'atmosfera così accogliente che ad Alyssa sembrava di trovarsi a casa sua. Inoltre, la presenza di Ethan al suo fianco rendeva tutto più bello. Non sapeva perché, ma sentiva dentro di lei che frequentarlo era importante, era qualcosa che doveva assolutamente fare. Per la prima volta poteva pensare alla sua di felicità e non appagare qualcun altro oscurando la sua di felicità.
Con lui poteva davvero essere sé stessa, poteva davvero raccontargli tutto e lui in silenzio ascoltava e capiva sempre tutto al volo.
E poi i loro corpi, quando si abbracciavano, combaciavano perfettamente, quasi come due calamite che si attraggono.
Che poi con Oscar davvero non si sentiva mai così, perché quella paura di non essere mai abbastanza per lui incombeva sempre più forte. E poi da quando era diventato irriconoscibile, non sapeva più chi fosse quell'Oscar con cui stava insieme.
E quel non suo esporre alcun sentimento, quella sorta di corazza che si era creato dietro ai suoi comportamenti non facevano altro che ampliare il suo sconforto, perché ormai il dialogo mancava tra di loro. Spesso si era anche imputata la colpa per quei suoi comportamenti, forse la colpa era la sua se il suo ex si comportava così, se si era creata quell'incomprensione, se avevano portato Oscar a fare quello che faceva.
Ma con Ethan non era così. Era sì poco tempo che si conoscevano ma sentiva di conoscerlo da una vita, e quell'affiatamento che si era subito creato tra loro era così naturale che ora poteva capire che la colpa non era sua se era finita con Oscar. Semplicemente non combaciavano perfettamente così bene come lo era con Ethan.
A poco a poco le parole di Julia prendevano forma e la sua mente (e soprattutto il cuore) prendeva la consapevolezza della veridicità di quelle parole: non sapeva se stava correndo, però Ethan le piaceva davvero tanto e apprezzava ogni cosa di lui e soprattutto bramava ogni secondo da passare con lui.
Forse aveva proprio ragione la sua amica. Forse era inutile negarlo. Si era innamorata di lui, ma le sembrava troppo presto per dichiararsi, senza sapere principalmente se anche Ethan provava lo stesso forte sentimento.
Si era fatto decisamente tardi e lei doveva assolutamente dormire, il giorno seguente le sarebbe toccata una giornata abbastanza faticosa.
Insieme si erano diretti alla porta, ed Alyssa era stata così bene che sperava ci fossero altre sere come quelle. Che quei bei momenti non sarebbero finiti mai, ed aveva colto negli occhi di Ethan lo stesso disio. Era così adorabile con quegli occhi che raccontavano tutto, che non avevano segreti.
Prima di uscire completamente dalla porta, Ethan l'aveva attirata a sé dandole un bacio appassionato ma dolce. Poi un altro ancora mentre le sue mani la abbracciavano forte. Sperava che lei rimanesse a casa sua, rimanesse a dormire con lui.
Anche Alyssa aveva quel desiderio, sentiva che era giusto, ma invece se ne era andata. Non era ancora il momento, ancora era pronta per quel passo. Però essere stata così bene quella sera, quei baci e quel suo abbraccio preannunciavano che quel desiderio di entrambi si sarebbe presto avverato.
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