10.

Forse era stata troppo sfacciata nel dirgli quella frase, ma era colpa di Julia.

Colpa di lei e dell'averla tempestata di domande per tutta la mattinasu quanto era accaduto con Ethan la sera prima; e ad ogni particolare continuava a ripetere: «Non posso credere che sei stata tutta la sera con quel tipo!»    

Alyssa era così nervosa solo per via dell'amica. Perché se Julia non continuava a chiamare Ethan "Bel figo", non si sarebbe sentita così agitata. Cioè, si era ritrovata a sudare aspettando la sua chiamata ed era andata a fare la spesa per non fare la patetica vicino al telefono nonostante l'avesse fatta il giorno prima.

Ma in quei momenti dove l'agitazione prendeva il sopravvento, diceva frasi che teoricamente una ragazza non dovrebbe mai dire, ma cercare di tenere sulle spine il ragazzo. Invece, la frase che aveva citato era una di quelle che non si devono dire, né tanto meno quella della sera precedente.

Poi a complicarle l'agitazione, ci aveva pensato Ethan, con quella camicia celeste perfettamente aderente al corpo scolpito e quella sua timidezza che provava a non dare a vedere che le faceva saltare il cuore.

Ethan le piaceva, sentiva che poteva fidarsi di lui, sentiva che lui non era uguale a Oscar. Inoltre quei suoi occhi era un chiaro specchio di quello che pensava, e non faceva nulla per nasconderlo. Era così genuino.

Così amichevolmente sciocco che quando le aveva proposto di farle vedere i suoi libri, lei non era riuscita a trattenersi.

Comunque le era sembrato che Ethan si fosse fatto rosso.

«Hai fame?» le aveva poi chiesto.

«Sì. Tu?»

«Anche. Vogliamo uscire a pranzo, allora?»

«A pranzo?»

«Perché no? Alla fine il primo appuntamento è sempre la sera, potremmo fare un primo appuntamento diverso.»

«Non mi sembra una cattiva idea.» aveva risposto Alyssa, sorridendo.

Uscirono e a piedi si stavano dirigendo in un ristorante dove, a detta di Ethan, si mangiava bene. Pian piano lei si stava tranquillizzando.

Il ristorante era in struttura ottocentesca, la cui vista volgeva al lago George. L'area intorno era ricca di vegetazione e da seduti si poteva godere quel panorama perfetto: si potevano ammirare gli uliveti, i vigneti, gli alberi da frutta oltre che l'orto.

«Quello che mangeremo viene dai loro campi. Tutto genuino.» aveva sottolineato lui, vedendo l'ammirazione nello sguardo di lei.

Quel ristorante conservava tutta quella magnificenza in una semplicità mozzafiato.

«È proprio bello questo posto!»

«Per questo era meglio a pranzo che la cena. Di sera questo bel paesaggio è quasi impossibile da ammirare.»

«Lo vedo.»

Intanto avevano cominciato a mangiare, ed era tutto buono. Ci credeva Alyssa che era il ristorante preferito di Ethan.

«Tu sei proprio di New York?» aveva detto poi Alyssa.

«Sì, sono nato qui. Cioè non qui al ristorante, qui a New York.»

Lei aveva riso di cuore. «Per un attimo mi aveva sfiorato il pensiero che fossi nato tra gli uliveti.»

Anche Ethan aveva riso, sentendosi più sollevato rispetto a quando lei era venuta a casa sua.




Dopo aver finito di mangiare ed Ethan ad aver pagato il conto, erano usciti dal ristorante.

«Ti va un giro a cavallo?»

«A cavallo?!»

«Sì.»

«Sai andare a cavallo?»

«I miei nonni avevano una fattoria. Io le mie vacanze, quando ero piccolo, le trascorrevo lontano dalla città con i miei nonni. Diciamo che non erano molto affettuosi, ma lo era Speed. Era così buono e calmo quel cavallo. E così, grazie a lui, che ho imparato ad andare a cavallo.»

«Ma c'è una cosa che non sai fare?» aveva chiesto ironicamente Alyssa.

Mentre si dirigevano ad un maneggio che conosceva Ethan, lei era ancora percossa da un dubbio. «Perché hai detto andavo e non andavamo?» aveva chiesto infine.

«Diciamo che il bar non poteva chiudere e allora mio padre non poteva prendersi giorni di vacanza. Mia madre dal canto suo non poteva lasciarlo solo e quindi mi ritrovavo da solo io.»

«Anche se eri un bambino?»

«Alla fine era meglio così. Io stavo con i miei nonni e quindi non ero proprio solo.»

Non avevano proferito molte parole successivamente perché erano arrivati a destinazione. Un bel maneggio. Tutto delimitato da staccionate, mentre la struttura era perfettamente salda, tutta in legno. 

«Che te ne pare?» aveva chiesto infine Ethan.

«Ma come li fai a conoscere tutti questi bei posti?»

«Ha avuto momenti migliori comunque.»

«E dove sono i cavalli?»

«È dietro, dove c'è una stalla.»

Si erano incamminati ed Ethan aveva preso le chiavi dal custode. Cinque cavalli si erano accorti della loro presenza.

A passo deciso si era avvicinato ad un cavallo nero, porgendogli una mela presa da dentro un sacco. «Questo lo prendo io.» aveva aggiunto poi. «Ti consiglio di scegliere uno tra loro due, che sono decisamente i più calmi.»

«Si possono accarezzare?»

«Certamente. Però vacci piano vicino, altrimenti potrebbero agitarsi.»

Ethan stava preparando entrambi i cavalli con fare preciso, meticoloso. Sembrava così naturale anche nei suoi movimenti, ed era chiaro che aveva passato una piena infanzia con i cavalli. Sapeva destreggiarsi alla meraviglia, sapeva come fare e dove mettere le mani.

«Sono pronti entrambi i cavalli. Tu lo sei?» aveva detto poi, riportando Alyssa sul pianeta terra.

«In realtà non proprio. Non sono mai andata a cavallo prima d'ora.»

«C'è sempre una prima volta. È facile, non ti preoccupare. Con una mano prendi le redini del cavallo e il piede mettilo nella staffa. Poi ti dai uno slancio e l'altra gamba la devi far andare a finire dall'altra parte.»

Lei aveva fatto come le aveva spiegato e ci era riuscita al primo colpo. Il cuore le batteva all'impazzata ma almeno ce l'aveva fatta. Era la prima volta che si trovava sopra un cavallo.

«Sento i suoi muscoli tra le mie gambe.» aveva aggiunto poi.

«Oh, ci farai l'abitudine a lungo andare.»

E nella frazione di un nanosecondo anche Ethan si trovava in sella al suo cavallo, mostrandosi calmo e a suo agio sopra al quadrupede.

«Comunque se vuoi camminare, dagli un colpetto con i talloni vicino ai fianchi, mentre se vuoi che si fermi basta che tiri le redini. Tutto chiaro?»

«No. Te l'ho già detto che è la mia prima volta?» aveva sottolineato ancora una volta lei.

«Me l'hai già detto?» aveva ripetuto lui, sorridente.

«Inutile che ridi! Io non voglio cadere!»

«Hai finito di lamentarti?» domandava lui ancora sorridente.

«Sto solo dicendo. . . » aveva risposto lei, fintamente offesa.

Alla fine si erano voltati, ma Alyssa non doveva fare niente perché faceva tutto il cavallo. Si erano immolati lungo un sentiero fiancheggiato da alberi.

Aveva ragione Ethan: ormai si stava abituando all'andatura del cavallo e la tranquillità continuava a prendere posizione ed il suo cuore stava ritornando ad un battito normale.

In fondo al sentiero si intravedeva un boschetto, e girandosi ormai il maneggio non si vedeva più.

Il tutto con Ethan in silenzio ed ora si erano addentrati tra gli alberi, mostrandosi come paradiso terrestre. Era tutto così puro, così perfetto.

«È un posto bellissimo.» aveva commentato lei.

Ethan la guardò sorridente e sollevato. «Speravo ti piacesse, sai?»

«Ci vieni spesso?»

«Prima di diventare un lottatore, sì. Ora un po meno, riesco a venirci solo quando non ho gli allenamenti.»

«Pensavo ci portassi le tue conquiste. . .»

«In realtà tu sei l'unica che ha visto questo posto con me.»

«E perché non hai mai portato nessuna?»

«Perché nessuna era speciale.»

Quella risposta gli era uscita così, d'istinto, quasi come se avessero voluto uscire da sole. Ed erano rimasti spiazzati entrambi da quella frase.

«Ma quindi davvero non hai avuto nessuna relazione seria?» 

Ethan era rimasto spiazzato ancora una volta da quella domanda riproposta a bruciapelo. «Forse avevo diciotto anni.»

«E perché è finita?»

«Mi ero iscritto in palestra e c'era questa possibilità di diventare un lottatore professionista. Ovviamente ero agli inizi e quindi dovevo dedicare molto ai miei allenamenti e non avevo mai tempo per lei. E questo non le andava bene, giustamente, ed è finita perché lei voleva un ragazzo che le stesse sempre accanto.»

«Come funziona?» aveva chiesto lei. «Cioè, devi fare qualcosa di particolare per diventare un lottatore?»

«Bé, devi avere un buon team, un manager che ti sappia combinare gli incontri e poi parti così.»

«Stai scherzando? È tutto qui quello che bisogna fare? Cioè chiunque può diventare un lottatore, senza alcuna esperienza?»

«Esattamente.»

«Ma non ha senso! Cioè, uno senza esperienza come può diventare un lottatore?»

«Diciamo che uno senza esperienza rischia molto probabilmente la sconfitta e di uscirne piuttosto malridotto.»

«E ti sembra poco?»

Ethan aveva riso guardando la preoccupazione dipinta sul volto di Alyssa. «È sempre così e sempre lo sarà. All'inizio della tua carriera, metti tu i soldi come montepremi e molti lottatori professionisti sono felici di vedersela con dei principianti, perché hanno quasi la completa certezza che l'intera cifra sarà sua.»

«Non mi sembra molto onesta come cosa.»

«Puoi anche passare anni ad allenarti, ma per sapere davvero a che livello sei, devi vedertela con un avversario sul ring.»

«E qualora l'esordiente vincesse?»

«In quel caso ci potrebbero essere sponsor pronti a volerti come front-man e numerosi manager di altri lottatori che ti propongono le sfide con altri montepremi. Più vinci e più acquisisci un nome, ed hai la possibilità di sfondare ai massimi livelli.»

«E quella di ieri sera?»

«Era un incontro di UFC, ai massimi livelli.»

Intanto avevano raggiunto una piccola radura raggiungendo il fiume Hudson, e lì si erano fermati legando i cavalli ad un tronco steso per terra.

«Non lo conoscevo questo posto.»

«Ci venivo dopo aver finito un incontro. Sai. l'acqua gelata del fiume fa bene ai muscoli. Rimanevo qui tutto il giorno, ripensando ai miei sbagli e a come era andato durante l'incontro, a mente fredda per così dire.»

Lei si era seduta su un letto di foglie e nel cielo cominciavano ad apparire le prime stelle.

«Non so perché riesco a parlarti così facilmente di me.» aveva detto Ethan, sedendosi accanto a lei.

«A me fa piacere, sai?»

Lui le aveva rivolto un sorriso per ringraziarla. «Come sono i tuoi genitori, invece?»

«Normali genitori. Forse troppo radicali e diversi nella loro unione.»

«In che senso?»

«Non saprei spiegartelo, dovresti conoscerli per capire. Cioè, ad esempio sono troppo diversi nelle opinioni riguardante il tutto. Hanno opinioni diverse su tutti gli argomenti che si possono affrontare.»

«Mentre con te come si comportavano?»

«Con me? Bé, volevano gestire loro le mie scelte, compresa quella di farmi fidanzare con Oscar, il mio ex. Amici da una vita, e questo significava volersi. Per loro non esiste una via di mezzo tra il bianco e nero, se capisci cosa intendo. È stato un errore mettersi insieme a lui. Se solo avessi saputo come sarebbe andata a finire. . . »

«Sei davvero convinta che prevenire sia meglio che curare? Secondo me curare significa aver vissuto, essere stati stupidi magari, aver vissuto qualcosa in cui si credeva. Prevenire significa perdersele queste cose, significa non vivere.»

«Che poeta!» aveva detto lei, scherzando.

«Però ora che ci penso hai scelto comunque di fare cinematografia nonostante i tuoi genitori fossero contrari.»

«Sì, sperando mi porti a qualcosa per dimostrare che avevo ragione nel perseguire il mio sogno. Anche se molto probabilmente dovrei andare a lavorare fuori.»

«Andresti?»

«Forse sì, forse no. Penso che in questo momento un lavoro proprio nel mio campo sarebbe da accettare.»

Ethan era rimasto in silenzio a rimuginare sulle parole pronunciate da Alyssa. Alla fine aveva ragione, lei aveva scelto un futuro che la portava a girare un po dovunque. «Forse sarei dovuto andare anch'io al college. Ero bravissimo in lettere, solo che non mi impegnavo mai abbastanza.»

«Sicuramente non avresti rischiato di farti male come se lottassi.»

Sapeva che era una battuta ma lui invece non aveva riso, ma aveva risposto serio. «Esattamente.» pensando che magari con una scelta diversa, tantissime cose sarebbero state diverse da come lo erano in quel momento.






Seduti in riva al fiume, si erano ritrovati a parlare tranquillamente e come se si conoscessero da una vita di tutto: dei loro gusti musicali, film preferiti e delle cose che Alyssa aveva fatto in Canada e lui che parlava dei suoi incontri passati. 

Le loro esperienze erano così diverse tra loro, però Ethan trovava estremamente interessante la vita di Alyssa proprio come lei trovava interessante quella di Ethan.

Più tardi, dopo che i cavalli si erano riposati per un po, avevano continuato la loro passeggiata. Ormai Alyssa si sentiva a proprio agio sopra al cavallo ed aveva acquisito una certa dimestichezza tuttavia Ethan continuava a starle al suo fianco, sempre pronto a prevenire eventuali cadute.

Mentre camminavano affiancati, Alyssa sentiva una strana sensazione, una strana ma bella sensazione, quasi come se fosse libera da tutto. Si trattava della più bella esperienza che avesse mai fatto da quando si trovava a New York.

Accelerando leggermente il passo, erano arrivati alle stalle ed Ethan aveva liberato entrambi i cavalli delle proprie selle ed Alyssa si era offerta volontaria per aiutarlo a pulirli e strigliarli. Aveva anche dato da mangiare al cavallo che le aveva permesso quell'esperienza.

Cominciava a sentire il dolore alle gambe ma non sarebbero certo stati piccoli dolori a fermare quella bellissima giornata. E poi per la prima volta era stata su un cavallo! Non capitava tutti i giorni e poteva annotare questa cosa con orgoglio sul suo diario di cose fatte.

Erano ritornati a casa in silenzio, senza che nessuno dei due avesse proferito parola, e stavano bene anche in silenzio. Entrambi erano felici: Alyssa per essere andata a trovarlo ed Ethan del fatto che lei l'avesse fatto.

«Sei stanca?» aveva chiesto lui. «O hai sete? Però ho solo birra, non ho fatto in tempo a prendere altro.» 

«La birra andrà benissimo.» aveva risposto sorridendogli.

E mentre Ethan andava in cucina, lei non poteva far altro che accettare la forte attrazione che provava nei suoi confronti. 

«Ho due sedie comode fuori, sulla terrazza. Ti va di provarle?» aveva detto Ethan con le due birre in mano.

Erano veramente comode, ed Alyssa aveva tirato un profondo sospiro di sollievo per le sue gambe appoggiandosi allo schienale. 

«Ma tu non avevi detto che non bevevi alcol?» aveva chiesto lei.

«Ogni tanto una non fa mai male. Basta non abusarne.» aveva risposto l'altro con tranquillità.

E lei per risposta aveva fatto una sorsata, piacevolmente fresca.

«Sei stata molto brava per essere una prima volta.» aveva continuato lui.

«Esagerato.»

«No, dico sul serio. Hai un buon senso dell'equilibrio e non tutti riescono a trovarlo la prima volta a cavallo.»

«Bé, allora grazie mille.»

«Sono stato benissimo con te, oggi.» aveva detto lui

«Anch'io.»

Ethan girava la bottiglia tra le mani in cerca del coraggio di dirle quello che pensava, anche se determinate cose non andavano mai dette così subito.

«Posso dirti una cosa?»

«Certo.»

«Non credo di aver trovato mai nessuno attraente come lo sei tu.»

Alyssa voleva poter dire uguale, ma i suoi occhi avevano incontrati quelli di Ethan e le parole si erano bloccate. Adorava i suoi occhi, e si facevano sempre più vicini a lei. Ormai le loro labbra si trovavano ad un passo dal baciarsi. 

Ethan aveva avuto un attimo di esitazione, cercando nello sguardo di Alyssa un consenso per quello che stava per accadere. 

Le loro labbra poi si erano toccate, ma non fu un bacio lungo. Ma in quel contatto si era capito molto, che si trattava comunque di un bacio perfetto per concludere una perfetta giornata con un ragazzo perfetto.






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