Capitolo 11

La mattina dopo ci fu una brutta notizia ad attendere Alesha al suo risveglio.
Si alzò dal letto e spalancò la finestra. Un enorme raggio di sole invase la stanza, conferendole una nuova luce.
Si sentiva bene, stranamente leggera. Mangiare solo un piatto di insalata, la sera prima, le aveva giovato all'organismo. Chissà quale sarebbe stata la sua colazione quel giorno. Era ormai diventato il suo pensiero fisso. Non impiegò molto a scendere le scale e ad arrivare in cucina, nonostante fosse molto assonnata.

"Buongiorno papà" salutò Alesha, vedendo l'uomo dai capelli sale e pepe, intento a intingere i biscotti nel latte.

"Buongiorno cara" rispose il signor White, con un bel sorriso, identico a quello della ragazza.

"Dov'è la mamma?" chiese lei, un po' preoccupata. Di solito la signora White era la prima ad alzarsi e a preparare la colazione.

"L'ho lasciata dormire, mi sembrava stanca. Ha il turno di notte, oggi. Volevi qualcosa, pulcino?"

"No, è che.. La mamma mi accompagna a scuola la mattina..."

"Ti accompagnerei io, ma sto andando a lavoro adesso e tu non sei pronta" rispose squadrando la figlia, ancora in pigiama e pantofole. Lui infatti, era già vestito di tutto punto. "Fatti accompagnare da Robert" continuò.

Peccato che Robert non abbia fatto benzina nella sua auto, pensò amaramente.

"Anzi no, stamattina ha detto che usciva presto per gli allenamenti" si corresse il signor White.

Si, certo... Gli allenamenti, come no...

L'uomo si alzò dalla sedia, prese la sua tazza vuota e sporca e la ripose nel lavandino.

"A stasera, pulcino" la salutò e le lasciò un bacio sul capo. Prese le chiavi dell'auto e uscì sbattendo la porta.

Alesha prese una ciotola pulita dalla credenza e si versò del latte, con gesti automatici. Poi si ricordò di non aver ancora letto la dieta. La conversazione col padre l'aveva distratta. Diede una rapida occhiata a cosa c'era scritto sotto la calamita a forma di elefante.

'Mattina: centrifugato di frutta'

Alesha, con le sue labbra carnose rivolte verso il basso prese il latte e lo versò nel lavandino. Per fortuna, vi era molta scelta di frutta, poteva decidere tranquillamente cosa centrifugare.

Scelse kiwi, mele e banane.
A lavoro compiuto si sedette al tavolo e osservò l'intruglio creato. Quel verde predominante non convinceva del tutto Alesha.

Dai Ale, è solo frutta, cercò di convincersi.
Poi portò il bicchiere alle labbra, chiudendo gli occhi.

Alla fine non è poi così male.

Infatti, non ne lasciò neanche una goccia, stupendo perfino sé stessa. Finì di prepararsi ed uscì di casa in perfetto orario.
Non sapeva che fuori al vialetto di casa c'era ad attenderla una brutta sorpresa...

Più camminava lungo il marciapiede più notava delle inquietanti ombre scure.
Alesha non aveva il coraggio di guardarli in faccia, il suo sguardo era incollato al pavimento. Quella mattina erano in tre. Vestiti come al solito, nei loro jeans strappati e scarpe con le borchie. Due di loro erano appoggiati a un cancello, semi arrugginito. Il terzo invece era in piedi di fronte a loro, intento a raccontare chissà che cosa. Gesticolava ampiamente e le sue parole erano riproduzioni di suoni onomatopeici, sembrava che stesse raccontando un film d'azione. Erano così presi dal racconto che non si accorsero che stava per passare Alesha.

La ragazza con lo sguardo fisso a terra e una ingovernabile paura proseguì il suo tragitto.

Vi prego, ignoratemi! Vi prego!

"Hey guardate qui chi abbiamo!" esclamò uno dei balordi da lontano.

Oh no!

Gli altri due si girarono, "ah sì! La signorina del quartiere. Quella con i cespugli al posto delle sopracciglia!" disse un altro scoppiando in una risata.

"Per non parlare dei vestiti! La tenda della doccia non era sufficientemente grande per coprirti?", si rivolse ad Alesha.

La vista della ragazza iniziò ad appannarsi. Cercò di non pensare alle loro parole e continuò a camminare. Fino a quando non dovette passare nella strettoia che i tre avevano creato, infatti non si mossero di un millimetro dalla loro posizione. Alesha sentì i loro sguardi addosso, come se avessero il potere di bruciarla. Si sentiva avvampare e il suo cuore sembrò impazzire.
Nella fretta di passare non si accorse dell'imminente scherzo balordo.
Il primo, appoggiato al cancello tese la sua lunga gamba, proprio quando stava passando. La ragazza non si accorse in tempo dell'enorme piede inclinato avanti a lei, e vi inciampò.
Con un tonfo la poverina si ritrovò con il volto sul pavimento e un acuto dolore sulla mascella.
Il tutto accompagnato da una fragorosa risata alle sue spalle.

Alesha faticò a trattenere le lacrime, che a forza cercavano di sgorgare.
I ragazzi si voltarono e prima di andare via dissero: "a presto, grassona!"
E risero tutti in coro.

Il dolore fisico non era niente paragonato a quello che stava provando la giovane in quel momento. Calmatasi un istante riuscì a trovare la forza di alzarsi e a proseguire velocemente il cammino. Per fortuna la scuola era vicina. La mascella le doleva e le grida dei ragazzi erano ancora nella sua testa.

A presto, grassona!

La tenda della doccia non era sufficientemente grande per coprirti?

Come avevano potuto trattarla in quel modo? Avevano proprio esagerato stavolta.
Di solito si limitavano a prenderla in giro, non le avevano mai procurato dolore fisico.

Più ci pensava più Alesha stava male. Cercò di trattenere il più possibile le lacrime, entrando a scuola. Ancora a capo chino, corse il più velocemente possibile verso il bagno delle ragazze per dare sfogo alla propria umiliazione. Ma nel correre si scontrò con un ampio petto, nascosto in una giacca da football. Ethan.

Il ragazzo la fissò per un secondo.
Lo sguardo rivolto verso il basso gli rivelò una chioma scura.

"Alesha" la chiamò sorpreso.

Non riuscendo a vederle il volto, le prese il mento con due dita e lo sollevò. E non fece che aumentare il dolore di Alesha.
Vide le guance rigate dalle lacrime e l'espressione sconvolta della ragazza.
I suoi bellissimi occhi arrossati.

"Cosa è successo?" le chiese con una nota preoccupazione.

Lei sapeva che aveva sbagliato ad andargli addosso, e che non dovevano rivolgersi la parola in pubblico. Avrebbe voluto chiedergli scusa, ma le parole faticavano ad uscire dalla sua bocca.
Decise quindi di andar via.
Si staccò dalla presa di Ethan e corse verso il bagno. Lui la guardò impassibile, restando immobile nella sua posizione.

Alesha raggiunse l'anticamera del bagno, dove per fortuna non c'era nessuno. Si diede un'occhiata allo specchio. Sul mento c'era un grosso livido, di un tenue verde.
Non era molto visibile, però le provocava parecchio dolore. Involontariamente ripensò a quei tre e iniziò a singhiozzare, portandosi le mani al volto.

Perché? Perché a me? Cosa gli ho fatto di male? Perché devo pagare per il mio aspetto? Non è colpa mia se sono brutta...

Ormai sull'orlo del crollo emotivo la bruna si accasciò a terra.

Sono inutile. Sono brutta. Nessuna dieta potrà migliorare il mio aspetto.

D'un tratto qualcuno bussò alla porta del bagno.

"Posso entrare?"

*spazio autrice*
Hola! Come state pasticcini? Volevo dirvi un paio di cose:
1) grazie a Bossocornoisreal e MyIrishRose per avermi taggato in un'altra challenge, provvederò a pubblicarla al più presto.
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Detto questo spero vi sia piaciuto il capitolo e vi mando un bacino al cioccolato🍫

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