Non aspetterò altri cent'anni

4 marzo, 1001

Era una fredda giornata di fine inverno, una giornata come tutte le altre. Le persone camminavano velocemente tra le vie della loro città, marciavano sulla strada fatta in sasso e terra. L'atmosfera era sempre la stessa, la gente si faceva i fatti suoi, un'aria di paura e di mistero era presente nelle anime degli abitanti.

Il giorno maledetto era tornato, tornava ogni cento anni...

In tutta la città erano appesi ovunque degli avvisi che dicevano di tornare a casa prima del tramontare del sole. Molti dicevano che con l'arrivo della notte una creatura nata dalle fiamme dell'inferno si sarebbe risvegliata dal suo lungo sonno, e come ogni cento anni sarebbe tornata per nutrirsi delle anime delle sue future vittime. Questa leggenda era stata tramandata di generazione in generazione, ogni secolo veniva raccontata ai più giovani e ogni quattro marzo la paura del popolo era più forte che mai. Nessuno sa chi sia stato il primo a raccontarla, non si sa dove sia nata, certe persone erano convinte che fosse stato un uomo di chiesa a raccontarla, che quello stesso uomo abbia visto quella creatura e che sia riuscito a respingerla per cento lunghi anni.

Le persone credevano nell'esistenza di questo essere infatti, non appena il sole lasciò spazio alle tenebre della notte, nelle strade del villaggio non vi era più anima viva. Tutti erano al riparo nelle loro case, tutti tranne un uomo. Il suo nome era Vittorio, era un giovane scienziato di venticinque anni. Lui credeva che la leggenda del quattro marzo fosse solo un'invenzione ideata dalla chiesa e voleva dimostrarlo. Vittorio camminava per le buie strade della città, avrebbe dimostrato a tutti che quella notte era come tutte le altre.

Il silenzio era paragonabile alla fredda lama di un coltello che ti accarezzava lentamente la schiena. Un brivido percorse il corpo di Vittorio quando passò davanti al vecchio cimitero. Uno strano rumore attirò l'attenzione del giovane ragazzo, che iniziò a camminare tra le lapidi malandate del cimitero. Una leggera nebbia rendeva l'atmosfera ancora più inquietante. Lo scienziato continuava senza esitazione la sua marcia, ma si fermò non appena vide una sagoma girata di spalle. Non era solo, c'era qualcuno lì con lui.

Vittorio avanzava lentamente verso di lui, ora che era più vicino riusciva a vedere il suo aspetto: era un ragazzo più giovane di lui, indossava abiti neri, portava delle catene d'argento e i suoi capelli erano neri come il carbone. Il ragazzo era in piedi davanti a lui, fermo e girato di spalle. Quando lo scienziato si avvicinò troppo lui girò la testa nella sua direzione. Vittorio ora poteva vederlo in faccia, osservò i lineamenti del viso, il colore della pelle era molto chiara: sembrava un cadavere.

Quando il giovane scienziato lo guardò negli occhi si paralizzò sul posto, i suoi occhi erano completamente neri...

Lo strano ragazzo gli sorrise, ma quel sorriso non era amichevole, Vittorio vide i suoi denti, due enormi canini erano chiaramente visibili.

Quella creatura non era umana!

Vittorio aveva paura, tentò di scappare verso la sua casa, ma la creatura fu più veloce di lui. Fu rapido come un battito di ciglia, così veloce che il giovane scienziato non si accorse nemmeno di essere finito al suolo con un buco nel petto, mentre cercava con lo sguardo il demone che lo aveva ridotto così.

Sembrava essere sparito nel nulla...

Vittorio urlava disperato in cerca d'aiuto, ma nessuno arrivò a salvarlo, provò ad alzarsi ma non ci riuscì. Rimase disteso al suolo per tutta la notte fino al sorgere del sole. Il giorno seguente una donna lo trovò morto e dietro al suo cadavere, su una vecchia lapide, c'era una scritta fatta con il sangue.

Lo faccio per orgoglio, lo faccio per giustizia》

Queste erano le parole che quella creatura lasciava sempre dopo aver ucciso la sua vittima, nel corso dei secoli questa scritta era sempre stata lasciata. Nessuno sa a cosa sia riferita, o a chi sia rivolta, ma alle persone non importava, ora che il quattro marzo era solo un brutto ricordo la vita del popolo ritornò come una volta, questo per i prossimi cento anni, prima del suo ritorno.

Lui non ha un nome, lo chiamano in mille modi: demone, killer, mangia-anime, fantasma, mostro, ma quello più usato da tutti è Spectro.

È uno spirito senza età, senza casa e nessuno sa dove riposi durante il passare degli anni, prima del ritorno del successivo quattro marzo.

Lui è su questa terra da sempre, si nutre delle anime di chi non crede nella sua esistenza, si nutre di paure ed è immortale.

Per sempre giovane, per sempre un mostro.

4 marzo 2001

Con il passare dei secoli Spectro ha continuato a uccidere le sue vittime, ma le persone credono sempre meno nella sua esistenza, fino ad arrivare ai giorni nostri, dove ormai nessuno sa chi sia, nessuno conosce il suo nome e tutti si sono dimenticati della notte del quattro marzo.

Lui però non si è fermato, ha continuato ad uccidere ed ora che il suo giorno è tornato è pronto ad uccidere di nuovo.

Lo spettro vaga per i corridoi di un ospedale, cammina tra i dottori e i pazienti, ma nessuno può vederlo, continua a camminare fino a raggiungere il reparto maternità: in quel luogo ucciderà la sua prossima vittima.

Una giovane dottoressa sta controllando la salute dei neonati, nessuno è presente: sono solo loro due e tante piccole anime innocenti. Spectro osserva tutti i bambini presenti, loro riescono a vederlo, sentono la sua presenza, ma essendo così piccoli restano in silenzio senza poter fare nulla.

La dottoressa si accorge della presenza di Spectro, ma quando si rende conto del pericolo è troppo tardi, ha già ucciso un'altra delle sue vittime. La creatura demoniaca lascia silenziosamente la stanza, ora è pronto per il suo lungo riposo di altri cento anni...

È una domenica sera come tante altre, sono andata a fare visita a mia nonna, lo faccio ogni fine settimana da quando ne ho memoria.
Fuori sta piovendo a dirotto, l'aria è fredda e c'è una leggera nebbia. Continuo ad ascoltare il racconto di mia nonna, ho sempre amato le vecchie leggende che racconta, sin da quando ero piccolina me le narrava.
Questa sera mi ha nuovamente detto la leggenda di "Spectro", è una delle mie preferite, non solo perché ogni volta che la sento mi vengono i brividi, ma anche perché sono nata la notte del quattro marzo 2001, e siccome mia nonna non vuole mai farsi mancare nulla, ha deciso di raccontarmi questa storia la notte prima del mio compleanno: domani è il quattro marzo.
Sono dell'idea che mia nonna abbia inventato questa leggenda per me, ma lei continua a sostenere che si tratti di una storia vera.

《Amo e amerò sempre questa storia!》sorrido a mia nonna.

《La prima volta che ti ho parlato di questa leggenda arrivavi a malapena al mio ginocchio》dice dandomi una pacca sulla spalla.

《Povero Vittorio, mi dispiace sempre per lui》

《La sua storia ci è stata tramandata, infatti Vittorio è esistito sul serio, era un nostro lontano parente》spiega mentre si alza per andare in cucina.

《Davvero?》le chiedo stupita.

Questa cosa non me l'aveva mai detta, ho sentito questa storia centinaia di volte, ma questa parte mi è completamente nuova e onestamente mi mette pure i brividi.

《Chissà》ridacchia mia nonna con fare scherzoso.

《Nonna devo saperlo! Davvero era nostro parente?》insisto leggermente agitata.

《È tardi Clarissa, fuori è buio e devi tornare a casa》

Mia nonna è quel genere di persona che non ti fa dormire di notte, ora resterò con il fiato sospeso fino a settimana prossima, una volta che ha terminato non c'è verso per farla andare avanti. Credo di aver preso la testardaggine tutta da lei.
Dopo aver indossato la mia giacca nera saluto mia nonna ed esco dalla sua enorme casa.
Metto il cappuccio e provo a ripararmi dalla pioggia, ma non serve a molto perché i miei lunghi e ricci capelli neri si bagnano comunque. Mi maledico per quanto sono sbadata: ho dimenticato l'ombrello a casa un'altra volta.
A causa della nebbia non riesco a vedere molto, i lampioni illuminano a fatica il marciapiede dove sto camminando e in giro per le strade della città non c'è anima viva. L'unico suono che si può sentire è il rumore dei miei passi e quello provocato dalle piccole pozzanghere quando le calpesto.
Il mio è un bellissimo quartiere, ma durante la notte mette i brividi, soprattutto perché confina con il bosco e lo sappiamo tutti che durante la notte anche la foresta più bella diventa un luogo macabro.
Cammino a passo spedito, mi guardo spesso alle spalle per paura di essere pedinata, è una sensazione orribile, ogni tanto mi capita di sentirla, ma appena mi volto non vedo mai nessuno... la mente a volte gioca brutti scherzi.

Un fruscio di foglie attira la mia attenzione, guardo verso il bosco e interrompo la mia camminata. Il mio cuore batte velocemente perché potrebbe succedere di tutto, ma appena mi rendo conto che è stato il vento a causare quel suono mi sento un po' sciocca.

《Che ansia...》sussurro a voce bassa come se avessi paura che qualcuno mi sentisse.

Riprendo la mia marcia, mi avvicino sempre di più a casa e questa cosa mi tranquillizza. La pioggia continua a cadere e sembra non avere intenzione di fermarsi. Sento nuovamente quel fruscio, ma questa volta proviene dalle mie spalle, evito di fermarmi perché molto probabilmente sarà ancora il vento.
Cammino senza sosta aumentando leggermente il passo.

《Clarissa...》

Una voce roca proviene dalle mie spalle, mi paralizzo sul posto e giro lentamente la testa, in lontananza vedo una sagoma illuminata appena dalla luce del lampione, non capisco chi sia, ma sembrebbe essere un giovane ragazzo. La figura rimane immobile e continua a guardare nella mia direzione, inizio ad avere paura... come fa a sapere il mio nome? Inoltre come ho fatto a sentirlo così bene? C'è la pioggia e lui si trova a metri di distanza da me.

《Clarissa!》una mano mi stringe la spalla. Lancio un urlo per lo spavento, mi giro e vedo il volto di mio nonno.

Se non sono morta ora d'infarto allora non succederà mai.

《Nonno! Mi hai spaventata!》dico con il cuore a mille.

《Scusami, ma ero venuto a portarti un ombrello, piove a dirotto! Ti avrei raggiunta prima, ma stavi andando veloce come un fulmine, quindi ho dovuto fare un'altra strada per riuscire a fermarti》spiega porgendomi l'ombrello.

《Grazie nonno, ci vediamo settimana prossima!》lo saluto.

Mio nonno si allontana e si dirige verso casa. Faccio la stessa cosa, ma prima di ripartire mi giro e guardo in fondo alla strada: il misterioso ragazzo è scomparso nel nulla.
Faccio un'espressione confusa e perplessa, ma non rimango lì a farmi troppe domande e riprendo a camminare fino ad arrivare a casa.

《Ciao mamma!》saluto mia madre.

《Ciao Clarissa, vuoi qualcosa da mangiare prima di andare a letto?》

《No grazie, è tardi meglio che vada o domani sarò peggio di un cadavere》dico ridacchiando.

《Buonanotte!》

Vado in camera mia, mi cambio, preparo lo zaino per domani e mi butto sul letto. Non ci metto molto ad addormentarmi, dopotutto sono sempre stata una dormigliona.

Il giorno seguente a scuola mi reco davanti alla mia aula, indosso una felpa nera con una scritta bianca, dei jeans neri e delle scarpe nere. A mia madre non piace il fatto che mi vesto di nero, secondo lei mette troppo in risalto la mia carnagione pallida e quindi mi fa sembrare un vampiro. Non mi è mai importato sinceramente: io amo il nero.
Poco dopo entriamo in classe, prendiamo posto e la nostra docente inizia a parlare.

《Da oggi avrete un nuovo compagno, l'abbiamo dovuto spostare da un'altra classe, forse alcuni di voi già lo conoscono, Samuel puoi entrare!》

Nell'aula fa il suo ingresso un ragazzo dai capelli neri, con due occhi simili al petrolio, vestito completamente di nero con qualche macchia di grigio qua e là.
In classe si crea un brusio generale, sentendo quello che dicono i miei compagni nessuno lo ha mai visto...
Lo guardo con attenzione, il suo aspetto mi dice qualcosa, credo di averlo già visto, ma non ricordo dove. Molto probabilmente l'avrò incrociato tra i corridoi della scuola

《Samuel puoi andare a sederti dove preferisci》lo incita la professoressa.

Il ragazzo senza dire una parola va a sedersi in ultima fila vicino alla mia amica Rosita.
La lezione ha inizio, mentre prendo appunti sento la voce di Rosita che prova a parlare con il nuovo arrivato, lei è sempre stata una ragazza socievole e le piace fare nuove amicizie, ma a Samuel a quanto pare no siccome rimane in silenzio.
Per tutta la lezione non ha detto una parola, è rimasto zitto e non ha parlato con nessuno.
Successivamente tutti escono dall'aula ed il primo a farlo è lui, io invece vado dalla professoressa.

《Scusi, da che classe arriva Samuel?》le chiedo.

《Non saprei Clarissa, non me lo hanno detto gli altri docenti, so solo che lo hanno spostato》risponde le docente.

《Va bene, grazie lo stesso》

Raggiungo i miei compagni per la lezione successiva, il nuovo arrivato si siede sempre in fondo alla classe mentre io mi siedo come al solito in prima fila.
Più lo guardo e più sono sicura di averlo già visto, ma ho un grandissimo vuoto di memoria.
Durante la giornata chiedo ai vari docenti e ai miei compagni se sanno che classe frequentava, ma nessuno sa darmi una risposta, è come se fosse comparso dal nulla.
Al termine delle lezioni andiamo via da scuola, mentre faccio il mio solito tragitto per tornare a casa vedo dall'altro lato della strada Samuel.
Vorrei andare a parlargli, ma appena faccio un passo nella sua direzione lui si inoltra nel bosco.

《Dove sta andando?...》

Presa dalla curiosità lo seguo, devo sapere chi diavolo è quel ragazzo e perché mi è così tanto familiare.
Samuel continua a camminare sempre più velocemente fino ad entrare in una vecchia casa abbandonata.

Conosco quella casa, apparteneva ad un vecchio uomo che trascorreva le sue giornate a scrivere poesie immerso nella pace del bosco, poi quando è arrivata la sua ora la casa è stata abbandonata e lasciata al suo triste destino.

《Non può vivere lì...》

Prendo coraggio e apro lentamente la porta che provoca un fastidioso cigolio. Mi inoltro nella dimora alla ricerca di Samuel, ma non riesco a trovarlo.
Torno indietro, ma mi blocco non appena vedo qualcuno girato di spalle davanti alla porta.

《Samuel?》chiedo con timore.

Sono spaventata, non ho mai messo piede in questa vecchia casa e non conoscendo il luogo mi sento smarrita. È come svegliarsi in un luogo sconosciuto lontano da tutto quello che conosci e che ami.

《Mi chiedevo quando saresti arrivata...》dice ridacchiando la figura.

Il ragazzo si gira lentamente, i nostri sguardi si incrociano e spalanco la bocca per lo stupore non appena vedo i suoi occhi completamente neri.

《Sono passati tanti anni dall'ultima volta che ci siamo visti... sei cresciuta bene piccola Clarissa》dice con un sorriso macabro sul volto.

Non appena il ragazzo sorride intravedo qualcosa di bianco e affilato tra le sue labbra: i canini.

《Come fai a sapere il mio nome?》chiedo impaurita.

《Non ti ricordi? Posso capirlo... dopotutto avevi solo poche ore di vita》inizia a camminare verso di me《ci siamo visti nel lontano quattro marzo del 2001...》

《Non puoi essere tu...》dico con il cuore che sta esplodendo nel mio petto《sei solo una-》

《Leggenda? Oh certo... lo pensano tutti ormai, anche Vittorio lo pensava...》ridacchia con fare malato.

《Vuoi uccidermi?》chiedo con gli occhi lucidi.

《Ucciderti? So bene che oggi è il quattro marzo, ma non sono ancora passati cent'anni》ride《sono qui per fare gli auguri alla mia piccola sopravvissuta》

《Non sono l'unica ad essere sopravvissuta quella notte...》tremo a causa della sua risata.

《I tuoi genitori non ti hanno detto dell'incendio? Quello che ha causato migliaia di morti e che ha lasciato pochi sopravvissuti?》dice posando una mano sulla mia guancia.

Mi vengono i brividi a contatto con lui, la sua pelle è gelida ed è paragonabile a quella di un cadavere.

《Non mi hanno detto nulla》tremo come una foglia e cerco di trattenere le lacrime.

《Lo immaginavo... speravo che prima o poi te lo dicessero, ma a quanto pare non l'hanno mai fatto》scuote la testa divertito.

《Non capisco di cosa parli...》

《Ti ho vista crescere piccola Clarissa e da quel che ho notato non sei una ragazza stupida, anzi... l'esatto contrario》sorride in modo macabro inclinando leggermente la testa verso sinistra.

《...》lo osservo in silenzio, non posso credere che tutto questo stia accadendo realmente.

《Tanti auguri piccola...》ridacchia mentre mi accarezza la guancia con i suoi artigli《ma come sono maleducato! Devo darti il mio regalo di compleanno...》

《Regalo?》lo guardo impaurita e confusa.

《Esatto...》il suo sorriso si trasforma in un ghigno.

Indietreggio spaventata fino a finire con le spalle al muro, il demone si avvicina con passo felpato verso di me per poi bloccarmi tra le sue braccia. Tremo e penso al peggio, cosa mi farà?

Sento due dita posarsi sotto il mio mento per poi alzarlo lentamente, i nostri sguardi si incrociano: il suo sicuro e freddo, il mio impaurito e confuso.
Ha due occhi profondi e privi di qualsiasi sentimento, resto senza fiato.

Si avvicina lentamente a me, posa le labbra sulle mie e mi trascina in un bacio lungo e pieno di passione. Quando si stacca per lasciarmi riprendere fiato sono completamente rossa in viso.

《Ci vediamo presto mia piccola Clarissa...》sussurra.

《Tra cent'anni?...》la voce mi ritorna.

《Non riuscirei a stare cent'anni senza di te, tornerò prima, molto prima...》sorride accarezzandomi nuovamente la guancia《cento secondi e sarò di nuovo da te, buon compleanno piccola》

Cento secondi? Saranno i più lunghi della mia vita.
Conterò fino ad all'ora:
Uno...
Due...
Tre...
Quattro...

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top