Capitolo 15 🍊

_L'orso, il procione o il ladro_

Jimin si svegliò nel cuore della notte con un grande fastidio. Grugnendo si girò su un fianco, capendo subito che l’artefice del suo risveglio fosse proprio il russare insistente del suo compagno di stanza.

Namjoon dormiva a pancia in su nel letto accanto al suo, con la bocca spalancata e una mano fuori dal pesante piumone.

Il minore lo guardò male, prima di rendersi conto che effettivamente non fosse davvero colpa sua dato che non era consenziente. E, anche se l’idea di mettergli un cuscino in faccia fosse decisamente allettante, cercò comunque di riprendere sonno tornando nella posizione iniziale. Passarono i secondi, si girò nuovamente.
Passò un minuto e cercò una posizione.
Alla fine scostò con forza le coperte dal suo corpo, capendo che tanto oramai non ci fosse più nulla da fare.

Namjoon con il suo russare, si era aspirato dall' bocca anche il sonno di Jimin.

Un lungo brivido di freddo gli prese l’intero corpo una volta che si mise seduto. Cercò alla ceca le ciabatte e dopo un sospiro di esasperazione lasciò la stanza, diretto in cucina alla ricerca di qualcosa di incognito.

L’orologio appeso alla parete indicava le due del mattino mentre con uno sbadiglio, apriva il grande frigorifero metallizzato, rimanendo quasi accecato dal forte bagliore freddo. Una volta capito che non cercasse davvero nulla al suo interno, nonostante fosse pieno di roba, lo richiuse e lo riaprì ancora, solo per chiuderlo più lentamente, cercando di capire se la luce al suo interno rimanesse aperta o no.

La risposta della sua essenziale domanda della vita, venne interrotta da uno strano rumore.

Tirò fuori la testa dal frigo e si guardò alle spalle. Il rumore veniva dall’ingresso. Era come un tonfo, qualcosa che si spostava e poi cadeva.

Jimin sperava davvero fosse solo un procione… o un orso ma non poteva escludere l’idea di un ladro… nonostante fossero dispersi in montagna e non avessero neanche un vicino di casa.

Si morse il labbro mentre afferrava il mestolo che riposava sul ripiano in marmo. Avrebbe preferito un coltello, ma era davvero troppo pigro per raggiungerlo da dentro al cassetto.

Raggiunse molto lentamente l’ingresso, sperando che il rumore a intermittenza scomparisse nel nulla, avrebbe fatto finta di niente e sarebbe andato a dormire, ma così non fu e con un po’ di paura, aprì comunque la porta.

Il vento notturno di quel posto gelato, tagliò praticamente a fettine il suo corpo coperto da un pesante pigiama in pile. Poté sentire quasi le stalattiti ai capelli mentre con il cuore in gola metteva un piede oltre la soglia.

Una luce a qualche metro da lui, metteva in ombra il corpo di una persona. Egli sembrava davvero grosso di stazza.

Nessun procione o orso.

Che diavolo ci faceva quel tizio, alle due del mattino contro al muro del loro chalet? E perché rovistava giusto sotto la sua finestra e quella di Namjoon?

Si mosse di soppiatto e con un largo giro gli si mise alle spalle «Stupido pervertito, ti faccio vedere io a chi spii» alzò il mestolo sopra la sua testa, pronto a colpire la figura che era sobbalzata alla sua voce.

Un urlo però lo bloccò e fece urlare anche lui di rimando, prima che facesse cadere il mestolo sul terreno ghiacciato, con le guance a fuoco e gli occhi a palla una volta realizzato chi stesse per colpire «Jeongguk? Ma sei pazzo? Avrei potuto ucciderti!» Sbottò battendo un piede per terra.

Jeongguk con una torcia in mano, era quasi inginocchiato a terra e ora aveva il volto verso di lui «Uccidermi con un mestolo? E se fossi stato un serial killer?» arcuò le sopracciglia dopo essersi ricomposto per l’urlo poco mascolino «e mi hai fatto prendere un colpo Hyung!»

Jimin strizzò il naso «Io? Ma se sei tu a rovistare come un ladro alle due del mattino! Che diamine stai facendo?» si chinò verso di lui per osservare oltre le spalle.

A Jeongguk diventarono le guance rosse e si voltò di scatto, ricordandosi all’ultimo di avere un carpio espiatorio tra le gambe.

«Guarda» le aprì un po’ di più.

Jimin si abbassò maggiormente, facendo quasi sfiorare le loro guance e battere il cuore del minore. Poi i suoi occhi si illuminarono. Si mise una mano sulle labbra e spinse un po’ Jeongguk per mettersi nella medesima posizione. Jeongguk traballò muovendosi a sinistra.

«O no… un cucciolo» gracchiò Jimin con voce smielata, allungò subito la mano sul manto poco folto e scuro «Cosa ci fai qua? Povero piccolino»

Jeongguk lo guardò un attimo e poi tornò a fissare il cucciolo di cane tra di loro.

Il piccolo li guardava mezzo sdraiato con la coda fra le gambe, tremava per il freddo e forse per lo spavento, osservando i volti sopra di lui «Povero, sta tremando Ggukie» Jimin fece il broncio prendendolo tra le mani per poggiarselo in grembo, nonostante fosse sporco di terra.

Jeongguk sorrise intenerito alla scena, accarezzando la testa del cane «Non so cosa ci faccia qua. Forse è stato abbandonato. Ho sentito uggiolare, quindi sono venuto a controllare e c’era lui che girava intorno allo chalet.»

«Cosa dovremmo fare?» chiese Jimin non togliendo gli occhi di dosso dal piccolo, mentre Jeongguk guardava lui nello stesso modo adorante.

«Portiamolo dentro. Gli facciamo un bagno caldo e domani vedremo cosa fare» Jeongguk toccò senza farlo apposta la mano di Jimin «Sei pazzo ad uscire così? Potresti ammalarti» e la guancia divenne calda sotto al tocco.

«Sai… se c’è un ladro fuori casa, prendere la giacca non è la mia priorità»

«Si ma-»

Poi un tonfo. Nessuno dei due si girò, si limitarono invece a guardarsi negli occhi immobilizzati, consapevoli.

«Jimin?»  chiese

«Si Jeonggukie?» rispose questo innocente

«Dimmi che hai le chiavi»

«Io… Non ho le chiavi…»

«Cazzo» Jeongguk si alzò di scatto andando verso la porta. Cercò di aprirla inutilmente.

Erano rimasti chiusi fuori.

«Hai il telefono?» chiese Jimin in piedi dietro di lui, con il cagnolino ancora in braccio.

«No» si lamentò il minore girandosi. Si passò le mani nei capelli lunghi e scuri, mentre guardava il  maggiore chiuso nel suo pigiama e nelle ciabatte. Alzò gli occhi al cielo avvicinandosi  «Stai tremando» sussurrò sentendosi in colpa. Se non fosse stato per lui, Jimin in quel momento non avrebbe avuto freddo.

Jimin provò a smettere ma non poteva, nonostante in penombra leggesse nei suoi occhi il pentimento. Il freddo gli stava gelando le ossa.

Jeongguk si guardò intorno e senza dire nulla, si tolse il pesante giubbotto di dosso e rimanendo con la felpa, lo poggiò sulle spalle di Jimin.

«Ma così ti ammalerai tu» Jimin arrossì quando sentì le dita del minore armeggiare per chiudere le parti davanti a lui. In poco gli alzò la cerniera, coprendo anche il cucciolo.

Smise all’istante di tremare, avvolto in quell’abbraccio caldo che sapeva solo e soltanto di Jeongguk.

«Finché non troveremo una soluzione. Tieni al caldo anche il piccolo» il minore alzò il volto quando la cerniera fu su, bloccandosi quando si ritrovò alla stessa altezza di Jimin. Deglutì sorridendo a mala pena, osservando quelle labbra piene e un poco secche per il freddo. Gli alzò il capello sui morbidi ciuffi arancioni.

Poi si allontanò di qualche passo, amando internamente quanto piccolo sembrasse Jimin nella sua giacca che già a lui arrivava al polpaccio. Se lo immaginò completamente vestito con la sua roba e capì di non poter provare freddo se quella visione lo scaldava in quel modo dentro.

All’improvviso la testa del cucciolo sbucò fuori dal collo della giacca, catturando la sua attenzione. Gli toccò il muso appena allungato con un dito e si girò osservando le mura del posto. Cercando di prendere il controllo dei suoi pensieri.

Jimin nascose il naso tra le orecchie basse del cane. Avrebbe davvero voluto saltare come una ragazza qualunque dei drama che riceveva attenzioni dalla sua cotta ma, nonostante sentisse la pancia leggera, rimase fermo, limitandosi a mordersi la lingua per non urlare guardando Jeongguk.

Gli aveva dato la sua giacca.

Gli aveva guardato le labbra.

Lo aveva guardato per un minuto buono.

Sorrise di nascosto, socchiudendo gli occhi.

«Proviamo a vedere se troviamo qualche finestra aperta» Jeongguk lo distolse inconsapevolmente dai suoi pensieri imbarazzanti, iniziando a camminare lungo il perimetro. Fece strada con la torcia in mano, osservando con Jimin ogni singola finestra.

«Pensi che qualcuno possa tenerla aperta a quest’ora?» Jimin guardò in alto. La camera di Jin e Tae era sigillata sopra la sua testa. Fece il broncio continuando a camminare.

«Jimin, la finestra della cucina? Jin non l’aveva aperta per togliere l’odore di fritto?» Jeongguk si affrettò a camminare a ritroso, girando l’angolo «Lo sapevo»

«Gguk… come credi di salirci? Sarà a due metri da terra»

«È che tu sei basso e la vedi più in alto» lo prese in giro Jeongguk guadagnandosi un calcio leggero. Rise forte mentre si rimboccava le maniche «Reggi questa e stai a guardare»

Gli passò la torcia e si pavoneggiò mentre saltava, aggrappando strettamente le mani al davanzale esterno.

Jimin spalancò la bocca quando con uno slancio si tirò su, facendo forza sugli avambracci. Presto lo salutò alzando le sopracciglia, messo sui talloni su quel piccolo sostegno «Attento a non cadere» borbottò Jimin mentre lo guardava aprire completamente la finestra.

«Dammi la mano» Jeongguk passò sul davanzale interno e mentre si teneva al muro piastrellato della cucina, si sporse in avanti lasciando penzolare il braccio.

«E se mi aprissi la porta?» Jimin si pizzicò un labbro insicuro «Potresti farti male! E fare male al cucciolo»

«Jimin, quando ti ricapiterà di entrare da una finestra? Andiamo, sei leggero come una piuma e farò in modo di non toccare il piccolo» insisté il minore smuovendo le dita.

Jimin alzò gli occhi al cielo e afferrò la mano con un piccolo salto, fidandosi pienamente di quel ragazzo piuttosto strampalato. Sostenuto dalla forza di Jeongguk poggiò i piedi contro al muro. Poi venne tirato su. Jeongguk, attento  a non fargli toccare con il petto il cornicione della finestra, allungò anche l’altro braccio, finendo di aiutarlo a salire sul davanzale «Quando hai avuto tempo di mettere su questi muscoli?» chiese Jimin sinceramente sconcertato, quando finalmente fu dentro anche lui. La consapevolezza di tutta quella forza, aveva fatto accendere qualcosa dentro di lui.

Jeongguk saltò giù dal ripiano, aiutando Jimin a fare lo stesso «Mi piace tenermi in forma» gorgogliò, soddisfatto di quei complimenti.

Mettersi in mostra per Jimin assicurandosi di sembrare forzuto e mascolino? Fatto.

«Andiamo a fare il bagno al cucciolo» lo istruì Jimin superandolo per raggiungere per primo il bagno.

Jeongguk lo seguì silenziosamente con le mani in tasca.

Entrarono nel bagno munito di doccia. La luce si accese, illuminando la ceramica dei sanitari e il grande specchio sul lavandino doppio.

Jimin aprì la giacca e poggiò il cane per terra.

«Grazie per la giacca Ggukie. È stato molto dolce da parte tua» sorrise  guardando il minore che era ancora fermo davanti alla porta chiusa.

Jeongguk si perse in quegli occhi a mezza luna e nell’armoniosa piega della sua bocca, mentre lo osservava poggiare l’abito sull’attaccapanni alla porta.

«È stato un piacere Jiminie…» sussurrò superandolo per iniziare a regolare l’acqua. Trovando carina la doccia.

Solitamente i bagni coreani non avevano una doccia o una vasca, si usava fare il bagno direttamente sul pavimento progettato apposta.

Il cucciolo era ancora fermo nello stesso punto sul pavimento di larghe piastrelle grigie quando, Jimin lo riprese tra le mani per poggiarlo sul piano antiscivolo e bianco.

I due si inginocchiarono l’uno accanto all’altro e sorrisero all’unisono quando il cane si bagnò completamente.

Il piccolo prese nuovamente a tremare, li guardava con i suoi grandi occhi scuri.

Il terriccio iniziò a scivolare via nel canale si scolo e Jeongguk chiuse momentaneamente l’acqua.

«Guarda quanto è bravo» tubò Jimin accarezzandolo con il bagnoschiuma neutro, l’unico che avevano trovato. Creò una morbida schiuma sul suo manto, assicurandosi di non toccare gli occhi e l’interno delle orecchie all’ingiù «Quanto credi che abbia?»

Jeongguk sporse il labbro, aiutandolo a pulirgli i cuscinetti morbidi «Forse… tre mesi?»

«Hai intenzione di tenerlo? È un cucciolo, ha bisogno di molte cure e tu vai a scuola»

Il minore sospirò contrito, guardando quei grandi occhi scuri e il naso da tartufo «Non lo so. Preferiresti chiuderlo in canile?» lo risciacquò attentamente, permettendo a Jimin di dargli una seconda passata di bagnoschiuma.

Quest’ultimo rabbrividì «Decisamente no. Ma avrà anche bisogno di un veterinario»

«Teniamolo con noi per ora. Sperando che Yoongi ce lo permetta e quando dobbiamo tornare ci penseremo» parlò il minore senza pensarci davvero.

Jimin bloccò i movimenti, guadagnandosi la sua attenzione «Noi?» chiese incredulo.

Jeongguk tornò a guardare il cane mordendosi il labbro «Insomma… se vuoi»

Jimin si sbilanciò in avanti, poggiandogli la testa sulla spalla. Sospirò guardandolo togliere la schiuma dal manto ora splendente «Voglio»

Jeongguk sorrise teneramente, poggiando la testa sulla sua.

Si staccò solo per prendere un asciugamano e avvolgere il cucciolo «È ora di asciugarci, piccoletto» portandoselo al petto.

Il cagnolino ora aveva preso una bellissima sfumatura marrone che diventava chiara sul muso, sul petto e sulle zampe.

Si era calmato e gironzolava curiosando tranquillo per la camera di Jeongguk. I due si erano dati il tempo di cambiarsi in panni puliti e ora guardava il cucciolo.

Jimin si staccò dalla porta «Ora vado a dormire. Allora tienilo a dormire qua» guardò Jeongguk che sedeva sul suo letto.

Egli annuì e lo osservò iniziare a salire le scale. Con una domanda incastrata sulla punta della lingua.

Avrebbe voluto dormire con lui, passare quella notte insieme. Ma rimase zitto.

Il cane però fu veloce e impacciato addentò i suoi pantaloni morbidi. Guardò giù «Ci vediamo domani» provò a convincerlo toccandogli la testa.

Jeongguk sorrise internamente «Credo che voglia che rimani» borbottò fintamente distratto «Il mio letto è grande…»

Jimin lo guardò leccandosi le labbra «Posso rimanere?»

Jeongguk alzò le spalle infilandosi velocemente sotto le coperte. Osservò il soffitto mentre sentiva Jimin spegnere la luce.

Il minore scivolò a destra, dando il giusto spazio a Jimin per mettersi a letto. Quest’ultimo poggiò il cucciolo nel mezzo e infine si sdraiò anche lui.

Entrambi si girarono su un fianco, lasciando che il piccolo si sistemasse tra i loro petti caldi.

Jimin poggiò una mano sul corpicino che respirava già più lentamente, forse stanco per ciò che aveva vissuto fuori da là.

Jeongguk fece lo stesso, poggiando timido la mano sul dorso più piccolo.

Il maggiore si morse il labbro incastrando le dita tra di loro, smuovendo un tornado in entrambi. Legati da quel piccolo ma potente contatto, socchiusero gli occhi serenamente.

«Buonanotte Jeonggukie»

«’notte Jimin»

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