Capitolo 1
«Mi prendi in giro... sono certa che mi prendi in giro!»
Dall'altra parte del telefono, Cristina mi regala solo un bofonchiare poco chiaro. Prima lancia le notizie bomba e poi si distrae a parlare con qualcun altro, la vipera. «Cristina, potresti riportare la tua attenzione su di me?» chiedo stizzita e, lo ammetto, anche decisamente su di giri. Ringrazio con un gesto il barista che mi sta porgendo il caffè, mentre dal cellulare arriva un'altra serie di borbottii incomprensibili.
«Crì?» miagolo. La signora attempata che ho accanto mi lancia un'occhiata di sdegno e non posso che darle ragione. Sono in piedi al bancone di un bar affollatissimo e mi sto comportando come uno di quei maniaci del lavoro che ho sempre detestato. Non c'è nulla di peggio di chi, alle otto del mattino, sbraita i propri affari al telefono in un luogo pubblico. Sono la prima a trovarlo irritante, ma non capita certo tutti i giorni di ricevere una telefonata come questa.
Sorrido alla signora nella speranza di rabbonirla e lei ricambia forzatamente. Sospiro, afferro una bustina di zucchero, la strappo con i denti e la riverso nel caffè. Poi ne prendo un'altra e ripeto il gesto, il tutto mentre Cristina continua la sua conversazione di importanza vitale con qualcuno di diverso dalla sottoscritta.
«Cristina, ti scongiuro...» ripeto, perdendo ogni briciolo di dignità rimastami. Sento la mia vicina sbuffare sonoramente e quando mi volto vedo che ha terminato alla svelta il suo macchiato e se la sta dando a gambe, non prima però di avermi trasmesso tutta la sua stizza con l'ennesima occhiataccia.
In compenso, però, finalmente Cristina torna al telefono. «Eccomi, Ale, ti chiedo scusa. C'è stato un momento di crisi con le treccine della piccola. Ora abbiamo risolto, sono qui.»
Tiro un sospiro di sollievo. «Ora ripeti, parola per parola, quello che hai appena detto» scandisco, continuando a girare il monte di zucchero nella tazzina. Il barista mi osserva, divertito, e per un momento mi ricordo che sono ancora appollaiata al bancone, con gli altri clienti che scalpitano per avere un posto mentre io mi distraggo al telefono e giro in eterno il mio caffè. Pazienza, mi guadagnerò più di un insulto, che ci vogliamo fare.
A quasi mille chilometri da qui, la mia agente ridacchia. «Ho detto che la casa editrice ha una proposta per te: vorrebbero che scrivessi un romanzo a quattro mani con una dello loro scrittrici più prolifiche.»
«Ok, ora ne sono sicura: mi prendi davvero in giro!» squittisco e una leggera fitta di aspettativa mi comprime lo stomaco. «Non possono davvero volere me.»
Cristina sbuffa, pratica. «Certo che vogliono te, Ale. Sei il loro miglior contratto degli ultimi anni. Sarebbero degli idioti a prendere chiunque altro per una cosa del genere.»
Lancio un urletto e il barista, che ora sta battendo uno scontrino alla cassa, alza un sopracciglio nella mia direzione. Sorrido anche a lui, oggi sono un vero e proprio distributore di sorrisi di scuse. E poi è pure carino, ora che ci faccio caso, un sorriso se lo merita. E anche un'occhiata più intensa, già che ci siamo.
Mi costringo a staccare lo sguardo dall'affascinante barista, che per inciso ha ricambiato il mio ammiccamento, per riportarlo sul caffè. Con la mano libera finisco di girare e poggio il cucchiaino, mentre con l'altra stringo ancora il cellulare che sta diventando rovente.
In sottofondo ora sento il traffico di Milano e mi immagino Cristina mentre si fa largo verso la metro per arrivare a lavoro puntuale. Ho sempre pensato che ci volesse fegato per destreggiarsi nel caos mattutino di una città come quella, ma se c'è qualcuno in grado di farcela, a costo di avanzare a testa bassa e a spallate, quella è la mia agente. Nell'ambiente editoriale è nota come la tank, perché non si ferma mai davanti ad un ostacolo, nemmeno a quelli che sembrano insormontabili. È così che ha ottenuto il mio contratto: ha sfondato diverse porte chiuse, nel tentativo di convincere il mercato che c'era ancora spazio per un buon fantasy vecchio stile.
«Te l'avevo detto di pazientare, che sarebbe arrivata un'occasione come questa» dice la mia tank preferita, con una leggera punta di orgoglio nella voce. «Era prevedibile, nessuno si fa scappare un affare come te.»
«Ah, ora sono diventata un affare?» ridacchio e finalmente mi decido a bere questo caffè, che nel frattempo è diventato tiepido in modo fastidioso.
«Il migliore dell'anno» ribatte pronta lei. «Anzi, degli ultimi quattro anni, per l'esattezza.»
«Cara, tu mi lusinghi!» dico, posando la tazzina vuota sul ripiano. Finalmente mi dirigo alla cassa e sento uno dei clienti sospirare di sollievo. Ci faccio poco caso, anche perché al momento mi sembra quasi di camminare su una nuvoletta. Il barista di prima mi fa l'occhiolino e inizia a battere il mio conto. Lo guardo con più interesse ora che ce l'ho davanti: è davvero molto carino, con la chioma rasata ai lati e un bel paio di magnetici occhi verdi. Fisico palestrato e un tatuaggio tribale che si intravede dalla manica completano il corredo e quando mi tende lo scontrino non posso fare a meno di sorridere ancora, per l'ennesima volta questa mattina. Sto meditando di dirgli qualcosa di spiritoso, magari addirittura di chiedergli se ha voglia di uscire a bere una cosa in serata, quando Cristina riprende a parlare e calamita nuovamente la mia attenzione.
«Pensi di riuscire a venire a Milano la prossima settimana? Così ne parliamo di persona con l'editore» dice e io mi limito a salutare il ragazzo con un cenno prima di lasciare il bar. Peccato, vorrà dire che dovrò tornare a fare colazione in questa zona molto presto.
Mi inoltro per via Manno, godendomi la leggera brezza che filtra tra i palazzi e che stempera la calura di queste afose giornate di maggio. Dovrei essere al mare, adesso, a godermi il sole e il caldo, e non certo qui in città a lavorare fin dal mattino presto. Quando la mia esperienza editoriale è cominciata, quattro anni fa, ero abbastanza ingenua da pensare che mi sarei potuta mantenere solo con la scrittura, lasciando il mio vecchio lavoro e godendomi la bella vita, soprattutto quella estiva. Purtroppo, il mio sogno ci ha messo molto poco a infrangersi contro la dura realtà e così sono tornata a lavorare nel negozio dei miei, anche se la mia trilogia è andata abbastanza bene da permettermi di mettere un po' di soldi da parte per il futuro. Nella sfortuna, comunque, devo dire di essere abbastanza fortunata. Ogni volta che ripenso a Cristina che si destreggia nella calca metropolitana sotto i quaranta gradi e l'asfalto rovente, mi rendo conto che forse non dovrei lamentarmi così tanto. Almeno qui, quando il vento tira nella direzione giusta, riesco perfino a sentire il profumo del mare. Per non parlare del fatto che, almeno il fine settimana, posso godermi la bellezza di Chia e del suo mare cristallino.
«Ale, ci sei?» mi risveglia Cristina e io torno al presente, in tempo per fermarmi di botto al semaforo rosso del Bastione ed evitare che la mia fantasia mi trascini sotto un'auto in corsa.
«Sì, scusami, stavo pensando. Non dovrebbero esserci problemi, avviso i miei che dovranno fare a meno di me per qualche giorno.»
«Perfetto. Ah, e Ale...» Fa una pausa e il mio sesto senso si mette subito all'erta. Cristina non tituba mai, a meno che non sappia che infastidirà il suo affare più remunerativo degli ultimi anni.
«Sì?» la incalzo, muovendomi irrequieta sul posto. Davanti a me sfrecciano parecchie auto, che inquinano l'aria e l'acustica con i loro suoni e odori. Non sarà Milano, ma anche Cagliari al mattino dà il meglio di sé in quanto a traffico. Per fortuna che non abito troppo lontano e posso evitare di muovere la macchina, o a quest'ora sarei già stressata e inacidita. E prenderei assai male la ritrosia della mia agente. O almeno, peggio di quanto già non faccia. «Crì, che succede?» dico, cercando di concentrarmi per estrapolare la sua voce dal rumore che sento dentro e fuori dal telefono.
«Ecco, ci sarebbe un dettaglio di poco conto...» dice lei e già so che è tutto fuorché un dettaglio di poco conto, o non si farebbe tutti questi scrupoli a dirlo.
«Che dettaglio?» domando, e finalmente il verde scatta e posso attraversare. Cammino piano, perché sono quasi arrivata al negozio e una volta lì dovrò chiudere. Per fortuna è ancora relativamente presto e non è che rischio di essere licenziata in tronco dai miei se tardo di qualche minuto. «Dai, Crì, cosa può essere di così tragico?»
La sento sospirare rumorosamente. Dev'essere appena scesa dalla metro, perché intorno a lei ora c'è finalmente silenzio. «Hai presente l'autrice con la quale dovrai fare coppia?»
«In realtà non proprio, visto che non me ne hai ancora parlato» le faccio notare io. «È un'altra autrice fantasy, no? Non mi dire che scrive di vampiri e licantropi!» Rido, ma a dir la verità dentro di me prego silenziosamente che non sia così. Sarò anche aperta di vedute, ma certi tipi di fantasy proprio non sono nelle mie corde.
«No... »
Tutto qui? «Ok, non scrive young adult, bene. E dunque?» la sprono. A saperlo sarei uscita con un paio di pinze, stamattina, almeno tirarle le parole fuori di bocca sarebbe stato meno difficile.
«Hai presente Diane Vane?» cede infine, in tono sconsolato.
Io mi fermo al centro della strada pedonale, confusa. «Ma chi, la scrittrice di romanzi rosa? Che c'entra, ora?» Nel momento in cui lo chiedo, so già la terribile risposta. Dall'altra parte del telefono, Cristina tace. «Ti prego, dimmi che è uno scherzo...»
«Dai, Ale, vedi il lato positivo...»
«Lato positivo? Ma scherziamo? Che c'entro io con Diane Vane? Scriviamo cose completamente diverse!» sbraito al telefono e un vecchietto mi guarda storto dalla soglia del suo negozio. Ma che hanno tutti quanti, stamattina? Mai visto qualcuno irritato con la propria agente alle otto e un quarto di lunedì?
Cristina continua, ignara di quanto io stia dando spettacolo. «Be', è proprio questo il punto. L'editore è convinto che un incontro tra le vostre scritture possa portare qualcosa di unico e...»
«Ma io scrivo fantasy, Crì! Non romance!» dico, testarda.
La sua voce si fa più dolce. «Lo so, ma pensa a quanto potrebbe arricchirti un'esperienza del genere. Diane Vane è una scrittrice con i controfiocchi ed è sul mercato ormai da molti anni. Immagina quanti consigli potrebbe darti, e quanto sarebbe preziosa come alleata.»
Qualcuno dovrebbe darle un Nobel per la pazienza che dimostra nel gestire situazioni come questa. Un altro agente mi avrebbe ordinato di presentarmi a Milano senza discutere, mentre lei cerca di rimediare come può a una cosa per la quale non ha neppure colpa. Poveretta, non la invidio. Ma non per questo sarò meno implacabile, mi dispiace per lei. Su certi punti non transigo proprio.
«Potrebbe anche essere l'esperienza più incredibile del mondo, Crì, ma non cambia i fatti: io non scrivo storie d'amore. È un no categorico, lo sai.»
«Infatti il lato romance sarà tutto nelle sue mani, tu dovrai occuparti solo della creazione del mondo e dello sviluppo del lato avventuroso, proprio come già fai... O quasi. La differenza è che questa volta i lettori potranno avere anche un bello sviluppo romantico, e...
Se pensa che mi sfugga quel dettaglio è davvero più ingenua di quanto immaginassi. «Quasi? Il quasi cosa vorrebbe dire?»
Si zittisce di nuovo per qualche secondo, poi mormora. «Quasi nel senso che in realtà dovreste collaborare su ogni aspetto...»
«Lo sapevo! Non ci posso credere, non posso proprio!» grido ancora, spaventando un gruppo di piccioni appollaiati su un cornicione a qualche passo da me. «Pensavo mi sostenessi, su questo punto! Mi hai ripetuto fino allo sfinimento che l'assenza di un'evoluzione romantica nella mia trilogia era un tratto distintivo del mio stile e che l'editore e i lettori avrebbero adorato questa particolarità!»
«Lo so, so cosa ho detto» dice lei. «Ma Ale, cerca di capire. Il mercato editoriale è in continuo fermento. Nel giro di quattro anni le cose cambiano e ora l'editore pensa che un bel fantasy-romance potrebbe soddisfare le richieste dei lettori. Per questo vuole che tu e la Vane collaboriate. Siete la migliore combinazione che possa concepire: ognuna di voi ha un pubblico di affezionati che la seguirebbe in questa nuova avventura e siete entrambe abbastanza note da garantire l'arrivo di nuovi lettori, incuriositi da...»
«Ma la Vane non è inglese?» la interrompo, ricordandomi di aver letto un trafiletto biografico dietro la quarta di copertina di uno dei suoi ultimi romanzi. «Mi vuoi dire che lascerebbe la sua casetta nel Hertfordshire per scrivere un fantasy-rosa con me?»
Cristina ridacchia. «Non è davvero inglese, tesoro, ma italiana. Pubblica sotto pseudonimo, come molte altre d'altronde.»
E anche la speranza che il connubio non potesse avvenire per ragioni logistiche sfuma. «Crì...» sospiro, cercando di trasmetterle tutto il mio dolore con quell'unica sillaba. «Io non sono capace di scrivere storie d'amore, lo sai.»
Né di viverle, ma questo evito di dirlo a voce alta.
«Lo so, per questo lavorerai con lei. Dovete solo provare a costruire una buona storia insieme, fondendo le vostre capacità uniche e impareggiabili per creare qualcosa di mai visto.»
Non posso non notare che sta cercando di blandirmi con ogni mezzo. Né posso negare che in parte ci sta anche riuscendo Ma non ho intenzione di dargliela vinta subito, non dopo che mi ha chiesto il permesso di infrangere il nostro accordo più sacro.
«Stai provando a lecchinarmi?» la sgrido, tentando di mostrarmi ancora scossa e terribilmente disperata. Con scarsi risultati, dato che mi sta già scivolando tutto addosso come acqua fresca. Non posso nascondere a me stessa che, nonostante tutto, questa nuova sfida mi stuzzica davvero tanto. Anche se odio scrivere storie d'amore quasi quanto odio viverle, sento comunque il fascino dell'imbarcarmi in un'esperienza nuova, non sapendo se riuscirò a tornare a casa vittoriosa. L'avventuriera che è in me scalpita al solo pensiero.
Dall'altro lato del telefono, Cristina ridacchia. «Sì, un po'. Ci sto riuscendo?»
«Assolutamente no» mento.
«Dai, Ale, te ne prego. Aspetta almeno di venire a parlare con l'editore e di sentire quello che ha da dire. Sono sicura che il progetto ti piacerà, è cucito su misura per te.»
«Tranne per il dettaglio della storia d'amore.»
La immagino che alza gli occhi, come fa sempre quando la stuzzico troppo. «Tranne per quel dettaglio, sì. Ma vedrai che ti troverai a tuo agio. Sono disposti a darti carta bianca sul setting e sulla trama principale. Devi solo stare a sentire la Vane per tutto quello che riguarda la parte sentimentale, e vedrai che anche lei avrà poco da dire sul lato fantasy.»
«Va bene» cedo infine, sia perché non voglio tenerla sulle spine troppo a lungo, sia perché sono arrivata.
«Come, ho sentito bene? Hai detto che va bene?» dice lei in tono incredulo.
Ridacchio. «Sì, va bene. Sono disposta a sentire cosa ha da dire l'editore, ma mi riservo la possibilità di decidere dopo.»
«Ci mancherebbe! Ma vedrai, ti piacerà. Ne sono certa.»
E io, che ormai ho imparato a fidarmi di lei, non posso che annuire al telefono e sperare che ci abbia visto giusto anche questa volta.
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