VII. Dentro una Voliera

un ragazzo incontra una ragazza
sono entrambi fuoco, incendiano la stanza
nella vita lui un po' ce l'ha fatta
però sotto sotto qualcosa gli manca

[ crudelia ; marracash ]

Hawkins, 1985

Morrigan Walker non parlava mai con sua madre oppure suo fratello maggiore, trovava fiducia solo in Eric e manteneva la parola. Andando avanti con il tempo diventeva sempre più difficile non parlare e lasciar perdere, riuscire a vivere in libertà. Era nata in una gabbia e credeva di morire lì dentro, il mondo visto da una voliera.

Trovava sfogo nel disegno, o per lo meno pasticciava righe sul foglio bianco, linee tutte ovali o storte che non seguivano un determinato percorso.
In realtà non le era mai importato dell'uscita dei suoi disegni, amava farli solo per calmarsi e utilizzare il giallo come colore.
Era l'unico che vedeva bene, vivido e bellissimo. Il giallo era il colore del sole caldo, del miele che amava tanto mangiare ed era il colore preferito di suo padre.

Eppure, nonostante fosse tranquilla e calma nella sua camera, Oliver non esitò ad andare da lei. Per lui era un gioco spiritoso, ambiguo e controverso e senza nessun valore. Darle fastidio continuamente sapendo che non avrebbe mai chiesto aiuto a qualcuno.
Perché a nessuno piaceva Morrigan, neanche a sua madre.

«Che stai facendo?»
La mano si bloccò, e la linea non raggiunse mai una fine, Oliver era entrato fitto nella sua camera e lei non l'aveva notato. Era la seconda volta che si trovavano da soli in casa, sua madre era andata a fare la spesa o almeno così aveva capito, e suo padre non aveva mai smesso di lavorare.

Capitava rare volte di trovare Oliver in casa usciva praticamente ogni sera, con permesso ma anche senza, e rincasava la sera sul tardi.
Morrigan lo sentiva sempre, le chiavi che giravano e aprivano la serratura, ma mai aveva parlato di quella cosa con suo padre.

In tutta onestà Morrigan era terrorizzata quando era troppo vicino a lei. Della sua voce troppo profonda e cresciuta in fretta, del suo odore che spesso aveva un retrogusto di fumo.

«Nulla d'importante.»

Posò un pennarello sul tavolo, il tappo ancora tra le dita che stavano sudando e gli occhi chiusi. I suoi occhiali erano troppo lontani per prenderli in quel preciso momento e la camminata di Oliver era sempre vicina passo dopo passo.

Voleva dirgli di andarsene via, non ce l'aveva fatta, tremava e basta. Ancora troppo leggeri per quello che le aspettava.

Arrivò e prese posto vicino a lei, in piedi che la sovrastava con la sua altezza, e guardò con ammirazione quelle orribile linee.

«Passi il tuo tempo a fare queste cazzate, Morrigan?»

Linee.
Linee ovunque.

E più guardava quel disegno più provava rabbia, senza nessuna ragione o controllo. Perché una mente malata non sa spiegare la sua ira, e neanche il tremore della sua vittima.

«È proprio brutto... come te, Mor Mor

Una mano passò tra i suoi capelli prendendo poi una ciocca e arrotolava quel filo al suo dito. Morrigan, invece, era immobile con i suoi occhi chiusi e l'anima ancora troppo infantile per sopportare qualunque violenza.

Mor Mor.
Quanto odiava quel soprannome, soltanto lui lo usava e questo era un male. Pericolo.

«Vattene via.»

Voleva essere un avvertimento aspro ma uscì soltanto un sussuro lieve e basso, anche se ormai sentiva le lacrime scendere e scappare dagli occhi chiusi.
Oliver Walker era scattato ora, tirò la ciocca tra le sue dita e strinse.

Stringeva anche la sua anima tappezzata di odio, e il cuore malato che chiedeva libertà e una via d'uscita da quell'inferno. Essere liberata e volare via dalla sua voliera troppo piccola per lei.

«Evita di parlarmi così, stronza. Non ti azzardare.»

Una lacrima uscì e fu seguita da un'altra ancora. Fin quando smettere non era più possibile.
La voce era masticata e il viso ricolmo di lacrime, cadevano a raffica colpivano il foglio e rimanevano impresse sul volto e nella sua anima complice.
Un'anima rotta e piena di schegge e puntine che facevano male
Tremò a sentire la mano mollare la presa, lasciando da sola Morrigan e la paura di reagire.
Non sapeva neanche combattere? Subire le botte e non ribellarsi?

Smettila, per favore.

Pensava ancora con un briciolo di speranza, perché era buona e amava suo fratello. Ma lui no.
Cazzo, la odiava davvero.
Non poteva vederla, le dava fastidio anche il suo nome che scivolava via nei discorsi, i capelli bianchi e la pelle cadaverica.
Non provava rancore o paura, non provava nulla quell'animale, neanche quando prese i capelli bianchi di sua sorella tra le mani e tirò la sua testa all'indietro.

Un gridò uscì dalla sua bocca improvviso e lo fece infuriare sempre di più, talmente tanto che la presa aumentò forte e senza nessuna intenzione di lasciarla andare.

«Credi che il tuo pianto mi faccia pietà?»
Rideva.
Rideva di lei. E la frase era malvagia quanto ironica e persa in partenza.

Morrigan voleva smettere di piangere, avrebbe soltanto aumentato la sua rabbia, ma non riusciva. Il suo motto era diventato quello e ormai ne era impresso.
Singhiozzò con la gola in fiamme, e la paura che diventava troppo grande e instabile.

«Io ti voglio bene, Oliver. Perché mi fai questo?»

Non ci credeva neanche lei e Oliver emise una risata diabolica e senza senso. La mano libera raggiunse il suo viso e Morrigan si prese un altro spavento aspettandosi uno schiaffo sul volto. Invece Oliver Walker le diede una carezza sul viso bianco, scendendo verso il suo collo e accarezzando pure quello. Una mossa scaltra e furba, lei non capiva.

«No, Mor. Tu odi me e io odio te, da sempre, tesoro.»

Diede un pizzico sul suo naso, odiava anche le sue poche lentiggini che aveva preso da sua madre, sparse sul naso ma talmente chiare che serviva avvicinarsi per vederle.

Morrigan voleva strapparsi quelle ciocche che stringeva e scappare via, non importava dove, importava la fuga.
Le palpebre chiuse, abituate al suo buio perenne, e Oliver non amò quel comportamento.

«E apri questi occhi, che sembri una sciocca.»

E da allora Morrigan cercò di tenerli sempre aperti, anche se coperti da delle lenti scure.

Indianapolis, 1990

Chrissy Cunningham non era una santa, ma delle volte stare dietro a Eddie le risultava più difficile di quanto pensasse. Non l'ascoltava mai, da un mese a questa parte, e l'idea che forse voleva chiudere con lei era sempre più alta.

Il loro rapporto era diverso, era stravolto, da ottobre ormai e Chrissy non aveva mai capito il motivo. Era felice per la band, per lui, che da svitato della Hawkins High stava piano piano raggiungendo la sua vittoria più grande.
Quella che da anni lo teneva vivo: la musica, e sembrava essere la cosa più importante per lui.

Era seduta sul divano dello studio, le gambe accavallate e la gonna un po' alzata, ingurgitava delle caramelle gommose alla mela, la sua completa morte.
Eddie e Adam erano usciti, il manager credeva che forse tenere lontano i due piccioncini avrebbe cambiato le cose, ma solo leggermente. L'attimo che serviva loro per travasare le acque e dare pace ai loro cuori trafitti.
Chrissy era più nervosa per l'accaduto, perché per lei era importantissimo il dialogo e non poteva aspettare tanto tempo per chiarire con lui.

Jeff, il bassista, la notò e quando sì avvicinò a lei un po' titubante gli occhi di Chrissy incontrarono i suoi. Non si conoscevano molto, quei due, la bionda era più legata a Gareth che altro. Ma Jeff e Chrissy non interagivano mai e delle volte, quando erano soli, il silenzio li mangiava a grandi morsi.
Perché s'era accompagnato alla bionda quello era un mistero anche per lui, ma notava il suo nervosismo e per alleggerire la tensione parlò.

Di caramelle. Non sapeva che altro dire.

«Le caramelle alla mela fanno schifo, Chrissy.»

Levò dalle sue mani la ciotola, era bizzarro anche la forma di quelle caramelle. Coccodrilli, la cosa lo faceva tanto ridere quanto meravigliare.

«Coccodrilli? Si, insomma, bella scelta. Anche se è strano.»

Chrissy lo guardava mentre appoggiava la ciotola sul tavolino basso che aveva dinanzi, ma successivamente il suo sguardo cambiò: da confuso a imbarazzato.
Ma davvero imbarazzato, forse perché quei coccodrilli non erano una forma adeguata per una donna di ventitré anni. Ma le piacevano, erano buoni e a lei non cambiava nulla.

«Vieni qui, non mi parli, levi via la ciotola dalle mie mani e l'unica cosa che sai dirmi è che... mangiare delle caramelle a forma di coccodrillo è strano?»

«È quello che ho detto, quindi si.»
Jeff alzò le spalle e rubò una caramella dal suo contenitore, la guardò e poi la mangiò affamato.
Chrissy però si domandava ancora il perché della sua improvvisazione non galante.

«Cosa vuoi, Jeff?» domandò mentre incrociava le braccia e faceva su e giù con la gamba, come un tic che non poteva fermare.

«Che c'è? Non si può neanche più scherzare?»
Una risatina fuori luogo lo accompagnò con la fine della frase, e Chrissy alzò un sopracciglio storta senza nessuna intenzione di credergli.

«Non parliamo mai, Jeff. E sì, il tuo comportamento non lo comprendo.»

La gamba che rimbalzava aveva già raggiunto terra, ora le sue gambe erano unite, e sì sporse arrabbiata verso il tavolo per prendere la ciotola.

«E poi... non puoi rubare il mio cibo in questo mondo, diventi il mio nemico giurato così.»

Prese una nuova caramella, mentre assaporava il gusto della mela verde e la masticava forte con i denti, lo sfidò con lo sguardo e poi Jeff... cominciò a ridere.

Mettendo una mano davanti alla bocca per trattenerle, ma non ci riuscì, e fu seguito a ruota dalla bionda seduta sul divano. No, non c'era nulla di simpatico, ma la risata di Jeff era ampia e contagiosa. Chrissy non si era mai sentita così, neanche con Eddie, e la cosa la spaventò. Talmente tanto che la sua risata si spense in modo istantaneo e uno sguardo interrogatorio nacque sul suo volto.

«Dai, Jeff, sono seria ora! Che cosa vuoi?»

Quando la sua risata terminò lo studio era già avvolto da una nube di silenzio, ormai di Gareth non c'era più traccia oppure era semplicemente andato via lasciando Jeff lì da solo ad aspettarlo.

«Sembri poco partecipe oggi, non è da te.»

Quella frase pompava nelle sue orecchie, Jeff aveva davvero notato i suoi gesti?
Lei non lo sapeva, la sciocca, non sapeva dei piccoli sentimenti che quel ragazzo provava per lei. Ma erano momentanei e non giusti, Chrissy era fidanzata e per giunta con il suo migliore amico e frontman della band.
Lo amava, si amavano, non si sarebbe mai messo in mezzo tra di loro. L'amore lo poteva reprimere e lasciarlo stare, ma il suo amico era importante più di qualsiasi altra cosa.

Sembrò notare lo sguardo di Chrissy, bello e così celeste, e abbassò lo sguardo in totale imbarazzo.

«Capita di avere giorni no, Jeff.» disse dopo un po', possò poi la ciotola e diede attenzione solo al merletto della sua gonna scura. Infilava le dita nei piccoli spazi con la voglia di allargarli e romperli, e Jeff la riguardò di nuovo per tutto il tempo.

«Eddie era molto nervoso stamattina, e tu non hai un aspetto migliore del suo.»

Quello che sentiva era solo fumo, e la rabbia montare e nascere, sentire il suo nome dopo quella breve litigata non la faceva sentire meglio.
Voleva aiutarlo, ma era anche vero che il suo fidanzato non accettava mai i suoi consigli.
Un'altra cosa che le diede fastidio era stata quella frase, e di come Jeff voleva spronarla per ottenere risposte.

Sì alzò velocemente e lui la seguì con lo sguardo, portava le mani lungo i fianchi e stringeva le dita sentendo le unghie conficcarsi nella carne molla.

«La mia relazione non deve interessare a nessuno, neanche a te, Jeff. Saranno cavoli miei se voglio stare da sola, e altrettanto se voglio tenere il broncio per tutta la giornata. E... poi, sai una cosa??» una tempesta che si stava scatenando, e quella conversazione che poteva diventare amichevole era andata ormai in frantumi.

«Vado via! Maledetta io che lo sto aspettando da due ore a mangiare degli stupidi coccodrilli gommosi!»

E sembrava che forse, solo per quella volta, Chrissy Cunningham provava davvero rabbia per il suo fidanzato assente.

Ogni cose che viaggiava indisturbata nella sua testa era improvvisamente sparita, ora contava solo il discorso che aveva intrapreso con Morrigan. Ma anche la voglia viscerale di accendersi una seconda sigaretta.

E li, da solo con lei, non aveva neanche notato che Eric e Adam avevano lasciato quella tavola calda mentre se la svignavano lasciando i due ragazzi da soli e ignari. Era stata un'idea di Eric, in tutta onestà, una brutta trappola.
Ma lo faceva per il suo bene, perché amava davvero la sua bambina, talmente tanto che forse un po' di compagnia al di fuori della sua non avrebbe fatto poi così male.

Morrigan Walker era calma, senza nessuna fretta. E con Eddie credeva che forse la sua voliera avrebbe aspettato, che ci sarebbe ritornata ma ora ne era libera.
Girava le mani insieme per riscaldarle e l'occhio indisturbato di Eddie acchiappò subito il suo movimento. Quando ormai il freddo stava prendendo la sua massima potenza e le dita della ragazza ormai viola.

Poi la sua mano aveva raggiunto la sua guancia, senza nessuna ragione.

La toccò, una mano sulla pelle per sentirla. Un gesto che a lui non causò nulla, ma lei... Lei credeva di morire. Non se lo aspettava, non pensava che la sua mano fosse così delicata. Il cuore ricominciò a battere forte, lo sentiva in gola, ma non per la paura che spesso sentiva... ora era libera anche di quello.

Libera da tutto.

«Sei gelata, Morrigan. Rientriamo dentro.»

E detto così, con la sua mano troppo vicina, lei arrossì leggermente. Una striscia sul naso che metteva in risalto le poche lentiggini, Eddie sorrise a quella visione. La sua fossetta che bucava la sua guancia, non gli capitava spesso di fare quei sorrisi esagerati.

«Ora?»

Lei non riusciva a concepire l'idea che sarebbe ritornata a casa sua, la compagnia di Eddie era nuova e si sentiva bene. Ma nulla durava per tutta la vita e Morrigan doveva lasciarlo andare prima o poi.

«Non ho freddo... sto bene.» declamò dopo un po'.
Eddie alzò un sopracciglio contrario alle sue balle non adatte.

«Credo di no...»
La mano libera prese quella di Morrigan, una qualsiasi, e cominciò a testare anche quella. Prima la guancia poi la mano, totalmente disinvolto. Morrigan non stava pensando al freddo era una fiamma accesa, e le loro mani unite erano un toccasana per l'anima ignota della ragazza.

Gli anelli di Eddie attirarono subito Morrigan, potevano unirsi con il freddo della sua mano. Il ragazzo non notò le sue attenzioni, pensava a salvarle la vita dal gelo.

«Anche la tua mano è fredda, racconti spesso bugie?»

Il rossore sul suo viso aumentò ed Eddie le fece un occhiolino ricordando alla fine che Morrigan non poteva vederlo, e quindi optò per dare un buffo sul naso.
Onesto. Un gesto che sentiva.

Spostò poi la mano liberando la sua guancia, ma quelle intrecciate tra di loro non s'erano lasciate. Aveva davanti solo lei, i suoi occhiali scuri il sorriso sbarazzino impresso.

«La tua non è da meno, e il mio intuito mi dice che non sei coperto abbastanza.»

Era sicura nei gesti, anche quando la mano sfiorò una spalla e con i polpastrelli captò il suo indumento. Pelle.
Quella era sicuramente una giacca di pelle, sua madre ne abusava e ne comprava fin troppe.

«A dicembre esci ancora con la giacca di pelle?» domandò curiosa ed Eddie era già meravigliato dalla sua intelligenza.
Rispose, ma non ancora con le parole, toccò i suoi polpastrelli della mano ancora legata alla sua. Erano anche loro costantemente freddi, sembrava un pezzo di ghiaccio.

«Il tuo intuito non sbaglia, hai talento da vendere.»

Sciolse anche le loro mani e Morrigan arretrò di parecchi passi all'indietro portando con sé il bastone di legno. Lo strisciò sul pavimento creando un rumore assordante e assolutamente fastidioso.
Ora come ora, Eddie era un po' sconvolto dai suoi gesti spontanei che stava avendo con lei.
E alla fine non sapeva neanche se l'avrebbe rivista di nuovo.

Quello che non sapeva era che Morrigan stava aspettando quel momento da tutta la vita, e questa volta aveva trovato uno spazio per uscire definitivamente dalla sua voliera.

spazio autrice
...
...
amore per i tre puntini a parte, questo capitolo è stato difficile da scrivere e anche da immaginare.
morrigan è una protagonista molto particolare, e per me è complesso immedesimarsi in lei in quanto non posso comprenderla a pieno. sia nella sua visione distorta del mondo, ma anche per quanto riguarda la sua situazione familiare.
passando alle cose belle... eric e adam sono evasi lasciando i due giovincelli da soli e chrissy e jeff non la raccontano giusta😎

(scusate gli errori) e ci vediamo al prossimo aggiornamento
mars <33

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