0. Prologo
Claudia era una brava figlia: pia, devota e casta. Come spesso sua madre le rimproverava, però, era troppo curiosa per essere una donna. Non aveva studiato, ma era sveglia e recettiva. Negli anni aveva imparato a far tesoro delle parole che sentiva sussurrare dagli uomini della sua famiglia, dei discorsi che il padre aveva con altri patrizi, dei mormorii dei servi. Era così che aveva appreso tante cose che una fanciulla non avrebbe dovuto conoscere. Ad esempio, aveva sentito parlare di Romolo ben prima che diventasse una reale minaccia per Cures. Ora, invece, non era necessario origliare ciò che dicevano gli altri: ovunque, infatti, non si faceva altro che commentare l'arroganza dei Romani. Romolo e Remo avevano formato una banda di pastori sbandati, esuli e delinquenti, con la quale avevano ucciso Amulio, l'usurpatore di Alba Longa, e rimesso al trono Numitore, nonno e legittimo erede. Dato il numero esorbitante di abitanti nella città di Alba Longa, l'eccesso, formato da reietti, si era unito al gruppo di sventurati alla ricerca di una terra dove fondare un nuovo villaggio. Grazie al loro aiuto, Romolo aveva ucciso il gemello e creato Roma.
Come se non fosse abbastanza oltraggioso aver dato vita a una nuova città attraverso sangue consanguineo e senza l'approvazione dei vicini, i Romani avevano osato chiedere a Cures e alle altre comunità le loro fanciulle, in cambio di un'alleanza. Non avevano donne e in assenza di eredi, per Roma non ci sarebbe potuto essere futuro.
La risposta era stato un secco e univoco no: nessuno avrebbe tratto benefici da un'alleanza con un popolo così debole e malfamato.
Lucio Claudio Prisco proveniva da una gens antica e rispettata. Non aveva intenzione di farsi rovinare la reputazione cedendo la mano dell'unica figlia a dei malviventi. Claudia, d'altra parte, era completamente d'accordo con il padre. Esigeva un marito degno del proprio nome, così come le era stato promesso.
Quando pensava al matrimonio, la ragazza aveva già chiaro il nome di chi desiderava sposare, ma teneva nascosto a tutti tale pensiero. I suoi genitori l'avrebbero sicuramente rimproverata se avessero saputo che osava fantasticare su un uomo che non fosse il proprio sposo. Nonostante ciò, non poteva controllare il sorriso che le si allargava sul volto e il battito frenetico del suo cuore ogni volta che Valerio Quinto – un grande amico di suo fratello Cato – entrava in casa. Sapeva che le possibilità che andasse in sposa a lui erano quasi totalmente nulle, ma una parte di lei non poteva fare a meno di sperarlo. Avrebbe però accettato con gratitudine qualsiasi patrizio la sua famiglia avesse scelto, così come ci si aspettava da lei.
Valerio Quinto era figlio di Publio Valerio Publicola, membro stimato dell'antica gens Valeria e socio in affari di Lucio Claudio Prisco. Aveva cinque figli maschi, ragazzi valorosi e nobili nell'animo. Valerio Manio, il secondogenito, aveva già dichiarato in modo esplicito il proprio interesse per Claudia, e nonostante non fosse stato annunciato ufficialmente, la fanciulla sospettava che sarebbe stato lui il suo futuro marito. Era un uomo piacente, anche se non bello quanto il fratello; era premuroso e ogni qualvolta si recava a casa della ragazza, si preoccupava di regalarle dei fiori e chiederle come stesse. In sua presenza non si sentiva emozionata, non percepiva il respiro accelerato o il cuore scalpitante, ma sapeva che insieme a lui avrebbe avuto una vita felice e avrebbe reso onore alla gens Claudia; il resto, importava poco.
In un caldo giorno estivo, Publio Valerio Publicola si era presentato a casa loro trafelato e agitato, richiedendo un colloquio immediato con il pater familias. Come le avrebbe riferito successivamente il padre, i Romani avevano invitato tutte le città limitrofe – Cures, Caenina, Crustumerium e Antemnae – a partecipare ai Consualia, i giochi che avevano indetto in onore del dio Conso; lì, avrebbero festeggiato il ritrovamento di un altare misterioso, recante i segni di antichi sacrifici, che avevano dedicato alla suddetta divinità. La partecipazione era stata estesa a tutti, donne comprese, in un gesto simbolico di riappacificazione con tutte le popolazioni che si mostravano ostili e restie nei loro confronti. I due patres familias avevano discusso a lungo, ma alla fine avevano deciso di accettare la proposta e di permettere alle proprie donne di assistere all'evento, con grande sgomento e stupore di Claudia.
L'occasione sarebbe stata la scusa perfetta non solo per poter osservare i Romani, ma anche per far uscire di casa mogli e figlie. La fanciulla non era mai andata all'esterno dei confini di Cures e poterlo fare le riempiva il cuore di gioia. Poco importava che la meta fosse Roma, città piccola e malfamata.
Non sapeva, però, che quel giorno sarebbe stata protagonista di uno degli eventi che avrebbero per sempre segnato la storia: il ratto delle Sabine.
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