Capitolo 25 - Mia

È lunedì mattina. Il giorno della settimana che tutti odiamo, soprattutto noi studenti, me per prima!

È da più di quattro ore che sono incollata a questa sedia di legno più vecchia di mia nonna a fissare l'ora sul cellulare per poter sfrecciare fuori scuola una volta suonata la campanella delle 13:00. In classe c'è il prof. d'inglese, ma è inutile dire che non lo sto seguendo. Ho la testa al trove anche se non dovrei visto che siamo quasi alla fine di febbraio e si avvicina la finire del secondo trimestre. Adoro questa lingua ma oggi ho la testa in aria e nonostante sia lunedì sono felice.

Sì, sono felice perché non appena uscirò da questo carcere abusivo, con tanto di sbarre, passerò il pomeriggio con Edward. Sono passati più di due mesi e mezzo da quella volta che sono stata a casa "sua" a lavare l'auto e in quest'arco di tempo le cose sembrano stiano andando abbastanza bene tra noi. Natale è passato e l'anno nuovo l'ho festeggiato con gli amici, ricordo ancora notte di capodanno, ero con Emily e gli altri ma la maggior parte del tempo l'ho trascorsa con Edward, abbiamo parlato tutta la serata e ci siamo divertiti. Il nostro rapporto è difficile da definire, ma di sicuro è qualcosa in più di una semplice amicizia.

Dopo quell'episodio a casa sua pensavo che le volte in cui lo avrei rivisto ancora sarebbero state ormai poche, ma con mia grande sorpresa è ancora qua dopo ormai quasi sei mesi e non so per quale motivo. Non voglio che vada via, assolutamente, ma ricordo ancora le volte in cui mi diceva che presto andrà via, ritornerà a Vancouver, che la sua non è una vacanza ma una breve permanenza per risolvere "delle faccende". Ricordo ancora la sera della festa di Adriano, quando l'ho visto discutere animatamente con quell'uomo, so per certo che le faccende di cui parla siano legate in qualche modo anche con quel tizio, ma non so come e soprattutto non so di cosa si tratta.

Ho paura che se ne possa andare da un momento all'altro, senza darmi una spiegazione, in silenzio, all'oscuro di tutto e tutti.

Ho ancora la sua felpa da quel giorno. Non gliel'ho più ridata. La indosso tutte le sere per andare a dormire, è comoda e la uso anche per evitare di indossare i pantaloni, tanto lei fa per entrambi! Il rito di tutte le sere è: infilarmi l'enorme felpa, inalare il suo profumo e andare a dormire con la consapevolezza che respirerò quella sostanza tutta la notte.

Non so spiegare il perché dei miei gesti, ma è qualcosa per la quale non posso fare a meno. È un gesto istintivo che faccio senza rendermene conto e non so spiegare il motivo. Quella felpa ha ancora il suo profumo come se lui dormisse con me tutte le sere, è comoda come ricevere un suo abraccio che dura un'intera notte, è calda come se lui volesse darmi calore durante le notti più fredde. Quella felpa è tutto, è Edward.

A distrarmi dai miei pensieri è il suono della campanella. Finalmente si esce...

Sfreccio fuori a tutta birra mentre Emily mi raggiunge e si posiziona al mio fianco cercando di mantenere il passo.

Fuori scuola c'è gia Edward ad aspettarmi appoggiato con la schiena al muro e i piedi incrociati per terra. È davvero stupendo nel suo piumino nero da cui si intravede una felpa bianca col cappuccio, nei sui jeans scuri e nei suoi anfibi neri di vernice lucida. I suoi capelli sono un groviglio di paglia che al tatto saranno sicuramente morbidissimi come sempre. In cinque mesi non ho ancora avuto una vera e propria occasione per poterli toccare e godermi la loro morbidezza. Le mie mani fremono ogni singolo istante in cui sono accanto a lui proprio per questo motivo.

«Te l'ho mai detto che da vicino è ancora più sexy...?» A parlare è una Emily su di giri che dopo aver ricevuto un mio pugno sulla spalla decide, intelligentemente, di tacere.

«Ciao» saluto ancor prima di averlo del tutto vicino.

«Ehy tutto bene?» la sua voce è serena, tranquilla. Sembra felice.

«Sì grazie... ah dimenticavo, lei è Emily, la mia migliore amica». Indico Emy ancora poco lucida.

Non li avevo mai presentati fino ad ora, in cinque mesi si sono visti più volte, l'uno sapeva chi era l'altro, ma non avevamo mai fatto una vera e propria presentazione.

«Scusate ma io devo proprio andare ora, ci sentiamo dopo» la mia migliore amica si dilegua senza nemmeno lasciarmi il tempo di salutarla. In questo periodo è un po' strana, cerca in tutti i modo di lasciarmi sola con Edward il più possibile. Pensa che non me ne sia accorta però si sbaglia perché l'ho notato.

Riporto l'attenzione sul ragazzo che ho d'avanti e una domanda mi sorge in mente.

«Posso farti una domanda?» chiedo a Edward titubante.

«Dimmi». Fa un cenno con il capo subito dopo incitandomi ad iniziare. C'è curiosità nel suo volto.

«Come facevi a sapere che scuola frequento? Insomma io non ti ho mai accennato niente a riguardo e qui a Milano le scuole sono tantissime. Quel giorno che mi hai "sequestrata" dalla classe sembravi sicuro del fatto tuo quindi non è stata solo fortuna!» termino. A ricordare quel giorno sento il mio viso andare in fiamme e sono più che certa che ho assunto un colorito molto più vivace di quello che porto tutti i giorni. Ricordo come mi ha spinta in quel muro e mi ha baciata. Non c'era passione o amore, era solo un semplice bacio dove trapelavano scuse e pentimento. Anche se per lui quel bacio non ha significato niente come probabilmente nemmeno quello prima, per me significa tanto. È stato bellissimo, è stato il mio primo vero bacio, è stato qualcosa che non dimenticherò più neanche se vorrò e sono felice che ciò è successo con lui.

«È stata la signora Collinsono. Il giorno dopo che ti ho baciata, il bacio sotto l'albero, volevo assolutamente scusarmi con te, ma tu non ti sei presentata in biblioteca per più di due giorni e quindi ho chiesto a lei. In un primo momento non capiva perché volessi sapere a tutti i costi quell'informazione ma dopo si convinse e mi disse tutto quello che volevo sapere senza fare domande, ma tranquilla, ho chiesto solo l'indirizzo della tua scuola, niente di più...». Sapere che ha chiesto alla signora della biglioteca solo dove fosse la mia scuola e nient'altro, mi rattrista e non riesco a capire il perché... «per quanto riguarda la classe, ho chiesto al primo bidello che ho incontrato tra i corridoi, anzi, più che chiesto, l'ho costretto a dirmelo. Le sue parole appena ho chiesto di te e della tua classe sono state: "lei chi è? Non non può avere alcuna informazione della signorina Mancini e tanto meno entrare in classe e disturbare la lezione, quindi può anche andare"». Edward imita la voce del bidello cercando di assumere un tono basso e rauco da persona anziana, però con scarsi risultati facendomi scoppiare a ridere.

«Dai vieni, siamo rimasti solo noi!» Mi prende per mano per uscire dal cancello della scuola. È un gesto carino e intimo per me, ma probabilmente per lui non sarà così, ne sono sicura...

«Dove andiamo?» chiedo titubante.

«Ti porto in un posto»

«Che posto?»

«Vedrai...»

«Posso sapere ora? Dai ti prego!» dico facendo il labbruccio come i bimbi piccoli.

«Lo sai che fai troppe domande?» ridacchia scompigliandomi i capelli.

«Sì, lo so, ma sono curiosa»

«Ma no! Che dici. È solo una tua impressione!»

«Non prendermi in giro!»

«Allora non fare altre domande»

La nostra piccola discussione termina non appena ci ritroviamo davanti una moto nera di vernice lucida, è qualcosa di davvero eccezionale!
Mi passa un casco anch'esso del medesimo colore ma di dimensioni troppo grandi per la mia testolina da bebè. Edward si avvicina e mi aiuta ad indossarlo. I suoi movimenti sono così lenti che quasi mi incantano. Mi guarda negli occhi ma io distolgo subito lo sguardo incapace di mantenere quella tortura un secondo in più.

«È tua?» chiedo con un filo di voce ancora sotto shock.

«Non avevamo detto niente domande?» sorride «comunque sì, è mia»

«È stupenda! Ho sempre desiderato fare un giro in moto ma non ho mai avuto l'occasione per farlo». Sono euforica.

«Beh puoi farlo ora». Tiro un urletto per la gioia e incominciò a battere le mani in modo frenetico realizzando solo adesso cosa sta per accadermi.

«Che bimba»

Gli regalo una linguaccia e poi lo invito ad aiutarmi a salire, visto che non so farlo. Subito dopo è lui a salire mentre io cerco di mantenere le distanze. Lo fa con così tanta naturalezza da farmi sentire ancora più impacciata di quanto già non lo sia. Mi osserva dallo specchietto e mi regala uno dei suoi sorisetti "malefici". Sento le sue mani sulle mie cosce. Percorre e sfiora con cautela tutta la lunghezza delle mie gambe fino ad arrivare ai polpacci. Li afferra sempre senza farmi provare alcun tipo di dolore e li strizza leggermente per poi trascinarmi vicino a lui, fino ad appiccicarmici completamente. Io smetto di respirare, continuo a guardare le sue mani che mi sfiorano con cautela. Smette poco dopo. Mi afferra le mani e le intreccia davanti alla sua vita.

«Devi tenerti piccolina, altrimenti cadi. Non voglio mangiarti, puoi afferrarti da me»

Al mio cuore manca un battito il mio corpo non reagisce, non si muove, è come incantato dai suoi gesti e dalle sue parole. Adoro quando mi chiama in quel modo, è musica per le mie orecchie. "Piccolina". È una cosa dolcissima, poi detto da lui è ancora più bello. So per certo che lo dice in modo fraterno, amichevole e questo un po' mi rattrista, perché beh lui può essere affascinante, bello, seducente, attraente, amorevole, pieno di casini e può farmi effetto ma non è e non può essere altro che un amico.

Il viaggio in moto è lungo, molto lungo, tanto che non appena scendo mi ritrovo con la gobba a furia di stare piegata su di lui. Ho notato che siamo usciti dalla città ma non so bene dove ci siamo spostati di preciso. Siamo scesi dalla moto da più o meno una decina di minuti e ora ci troviamo seduti su una scogliera che affaccia sul mare. Siamo completamente soli, non ci sono persone in giro per la spiaggia e tanto meno macchine su ai parcheggi, nulla, si riescono a sentire solo le onde del mare che si scagliano sulle rocce che provocano suoni rilassanti mentre i versi dei gabbiani fanno da cornice a tutto ciò. L'odore della salsedine inebria le narici e fa diventare questo posto una zona bellissima nella sua solitudine.

Edward è da quando siamo arrivati che non pronuncia parola, non si sente nemmeno il suono del suo respiro, sembra quasi triste. Sto per chiedergli se c'è qualcosa che lo turba, ma inizia a parlare ancor prima che io apra bocca.

«È rilassante vero?»

«Già, è davvero molto bello stare qui» annuisco

Forse inizio a capire perché mi ha portata qui: c'è pace, c'è tranquillità. Potrei restare in questa calme, distaccata dal resto del mondo per sempre se avessi la via musica "strappa lacrime con me.

«Quando ero piccolo ci venivo con mia madre durante quei giorni che venivamo a trovare i miei nonni o semplicemente quando scappavamo da mio padre, poi la gente ha iniziato a buttare rifiuti facendo diventare questo paradiso una discarica. Qualche anno prima che mia madre morisse ci siamo ritornati accorgendocci che il posto era stato pulito e lei ne era felice, felice di poterci venire di nuovo ogni volta che voleva, ma quella fu l'ultima volta che mise piede in questo posto. Io avevo solo otto anni allora però ricordo ancora la felicità di quel momento. Sorrideva. Il suo sorriso andava da orecchio ad orecchio. Era felice perché il "suo posto", così lo chiamava, era di nuovo bello ai suoi occhi. Essi brillavano di gioia. Quella e stata l'ultima volta che li ho visti brillare in quel modo, che gli ho visti vivi»

La sua voce è piena di tristezza e nostalgia. Vorrei fare qualcosa, vorrei abbracciarlo e stringerlo forte a me e sussurrargli che andrà tutto bene e che sua madre è fiera di lui, ma non ne ho il diritto perché anche se sono sicura che sua madre sia davvero fiero di lui, non ne sono sicura e non posso dirlo con certezza perché non la conoscevo.

«Era da un po' che non ci venivo, più o meno cinque mesi e mezzo, l'ultima volta è stata qualche giorno dopo che sono arrivato a Milano...»

«Edward sono contenta che ne stai parlando con me, che ti stai confidando con qualcuno»

È vero, sono felice che in qualche modo lui riesca a liberarsi di quel peso che porta sul petto e nel cuore, ma non voglio che parlarne con me lo ferisca, questo mai.

SPAZIO AUTRICE...

Bionasera a tutti!! 😄😄😄😄

Sono tornata anche se questa volta molto prima rispetto le altre volte 😂😂😂

Mi scuso per il capitolo molto lungo, sono 2030 parole, ma nn ho potevo dividerlo perché altrimenti avrei diviso delle parti importanti.

Questo è un capitolo molto "nostalgico" per i miei gusti, ho messo molto impegno per realizzarlo e spero vi piaccia. Per quanto riguarda la scogliera questo è un luigo inventato.

Ricordo per chi ancora non lo sa, che ho scritto il prologo e per chi lo vuone leggere lo può trovare all'inizio della storia.

Vi auguro buona lettura 😊

La vostra C@rAm£ll¡n@ 😘😘😘😘😘😘😘❤❤❤❤❤❤🐞

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