Presente ✸ Capitolo 02
Preferii percorrere il tragitto verso casa a piedi e con le cuffie ben premute nelle orecchie. Speravo che la musica, sparata al massimo volume, mi aiutasse a scansare il pensiero di mia madre ma i suoi messaggi intimidatori erano ben più potenti della "Cavalcata delle Valchirie" di Wagner.
In cuor mio sapevo già che mi avrebbe sotterrata con le sue parole velenose, rimarcando sulla mia "stupida ingenuità" da ragazza non matura.
Il cielo di Milano era limpido, punteggiato, di tanto intanto, da alcune piccole ed innocue nuvole bianche. La temperatura era piacevole, abbastanza calda da permettermi di passeggiare senza ombrello in borsa e con appena una felpa leggera addosso.
Camminai silenziosamente per le vie della città tenendomi ben lontana dalla strada e dalle auto bloccate nel traffico. Nonostante non ricordassi nulla dell'incidente e di quella Fiat, le macchine continuavano a mettermi una certa paura. Forse quello era una dei tanti motivi per cui, a diciotto anni compiuti, avevo preferito un breve viaggio in Irlanda piuttosto che iscrivermi ad un'autoscuola. Mia madre aveva accolto quella notizia con grande gioia sostenendo che, un viaggio all'estero con tutta la famiglia, avrebbe contribuito a rafforzare il nostro rapporto già incredibilmente solido.
Ma io non ci vedevo nulla di stabile nella mia famiglia, a partire dal rapporto con i miei genitori.
Il palazzo in cui abitavo, un edificio di quattro piani situato nella parte nord-orientale di Milano, era una delle costruzione più recenti a Bicocca. I miei avevano scelto quella casa perché ben collegata con i mezzi pubblici ma tranquilla durante le ore notturne nonostante la presenza di diversi bar e locali frequentati dagli universitari.
"Niente a che vedere", diceva mia madre "con il nostro vecchio appartamento a Roma, piccolo ed isolato".
Passai tre minuti buoni ad osservare il portone immacolato domandandomi se fosse il caso o meno di citofonare. Magari, pensai infilando svogliatamente le chiavi nelle serratura, l'effetto sorpresa mi darà un piccolo vantaggio.
Abitavo al terzo piano, interno dodici. Guadagnai tempo per elaborare su cosa dire optando per le scale piuttosto che prendere l'ascensore. Una parte di me si ostinava a farmi credere che mamma mia stesse aspettando dietro la porta, pantofola alla mano ed un ghigno malefico sul volto, pronta a farmi cambiare idea con le buone o con le cattive maniere.
Non essere sciocca, mi dissi cercando di forzare la troppa di casa, lei non..
La porta si spalancò cigolando lievemente. Mia madre era lì senza alcun'arma bianca in mano ma con uno sguardo truce che avrebbe incenerito chiunque all'istante. Strinse le braccia al petto ed inclinò la testa di lato.
«Volevi farmi un agguato?» sogghignò, «Ti ho vista dal balcone.»
Dovevo aspettarmelo. Me la immaginai appollaiata di fuori a cercare mie tracce tra i passanti, pronta ad incombere su di me come un lugubre presagio.
Non alzai gli occhi al cielo, avrei soltanto aggravato la situazione, e mi limitai a passarle davanti con il capo chino. Da quando i miei avevano deciso di divorziare, mia madre aveva assunto il ruolo di "capo famiglia" con il compito di dettare e far rispettare le sue regole. Sfidarla sarebbe stato come andar contro a morte certa ed io, con quella bravata della lettera, stavo rischiando la pelle - se non gli arresti domiciliari estesi a tutta la vita.
Nell'aria c'era odore di varecchina e spray alla lavanda, segno evidente che Clara, la donna che mamma pagava per tenere in ordine casa, avesse da poco terminato le ultime faccende.
Mi diressi in cucina, dove di solito tenevano le "riunioni di famiglia", ed attesi che mia madre comparisse sulla porta per pronunciare la sua sentenza finale.
Sul tavolino era rimasto aperto il "Corriere dello Sport" del giorno precedente. Dalla mia posizione riuscii ad intravedere un trafiletto sull'Inter, la squadra del cuore del compagno di mia madre. Accanto al quotidiano giacevano un paio di occhiali dalla montatura rossa ed una bic blu.
Mamma fece capolino dal corridoio e mi studiò sorridendo.
«Aspettiamo un secondo Roberto così parliamo bene di questa situazione» Esordì d'un tratto sventolandomi davanti agli occhi la finta lettera del professor Ricci.
Era ovvio che sul suo viso si fosse dipinta quell'espressione trionfante: con Roberto dalla sua parte, ed io completamente sola ed in svantaggio, avrebbe sicuramente avuto la meglio.
Ebbi giusto il tempo di buttare un occhio sulla falsa missiva che Roberto, rigorosamente in canottiera e pantaloni della tuta, entrò in cucina ciabattando rumorosamente.
«Cecilia» Mi chiamò piano scostando la sedia da sotto il tavolo e posizionandosi di fronte a me «Io e tua madre siamo molto, molto delusi dal tuo comportamento...»
Lo odiavo e odiavo ancor di più i suoi inutili rimproveri. Si atteggiava un po' troppo spesso da padre e pretendeva che io mi comportassi da figlia esemplare. Roberto non era una persona malvagia, ma faticavo ad accettare il fatto che fosse il compagno di mia madre, un quasi estraneo che dormiva nel suo letto e che provava in ogni modo ad educarmi secondo le sue rigide regole.
Non riuscii a trattenermi dallo sbuffare e mi rivolsi direttamente a mia madre.
«Che cosa ho fatto di così tanto sbagliato?» Domandai in tono innocente.
Negare, fingere di non sapere nulla e mentire fino all'ultimo era la miglior tattica da attuare - ed era l'unica che avevo momentaneamente.
«Cosa credi, che io sia completamente deficiente?» Sbottò.
Si avvicinò a me a grandi falcate e picchiettò con l'indice sul foglio che ancora giaceva sul tavolo.
«Gentile signora Cardena» recitò a memoria «Sono lieto di informarle che sua figlia, Cecilia Dobici, è stata selezionata assieme ad alti quarantanove studenti da tutta Italia, per partecipare ai corsi universitari presso il prestigioso ateneo romano in cui insegno. Le porgo i miei più cordiali saluti ed aspetto con ansia di poter istruire una mente tanto colta come quella di sua figlia...» Piccola pausa.
Un silenzio imbarazzante, carico di rabbia e di frustrazione, calò su di noi. Gli unici rumori udibili provenivano dalla finestra aperta dove, di fuori, le auto correvano veloci sulla strada. Qualche schiamazzo di bambino, il cinguettio degli uccelli, una risata. Ma tutto quel che sentivo era quella quiete malata, piena di parole non gridate.
Mia madre afferrò la lettera ed espirò dal naso.
«Dubito fortemente che tu possa essere tra i cinquanta giovani geni d'Italia» commentò accendendosi una sigaretta «Ma soprattutto non esiste alcun professori Ricci. Ho cercato su internet. Sei una bugiarda.»
Mi concentrai sui riccioli di fumo che fuoriuscivano delle sue labbra sottili e che salivano su, in alto, verso il soffitto fino a dissolversi nella tenue luce del lampadario. Mia madre fumava spesso e molto, consumava fino ad un pacco di sigarette da venti al giorno, alle volte arrivava a buttarne due. Capitava spesso che, anche per le azioni più facili come rifare il letto e salire le scale, avesse il fiato corto. Si fermava, annaspava in cerca di aria, si portava la mano al petto ed io le ripetevo che quelle schifezze la stavano logorando ma lei rispondeva che era tutto okay ma che, se soltanto mi avesse visto con una paglia in bocca, mi avrebbe scomunicata come figlia.
Roberto si era completamente isolato dalla conversazione trovando più interessante rileggere l'articolo sull'Inter piuttosto che prendere parte alle discussione. Tanto meglio così, pensai, il suo giudizio sarebbe stato del tutto ininfluente.
«Perché non ne hai parlato semplicemente? Che problema hai con me, Cecilia? Non ti senti abbastanza a tuo agio a confidarti?»
La sua voce salì di un'ottava. Mi costrinsi ad abbassare lo sguardo per evitare di incontrare la sua faccia distorta dalla rabbia. Le sue affermazioni mi colpirono con violenza perché erano vere. Parlare con lei mi era sempre sembrato un ostacolo da evitare, qualcosa che non era affatto alla mia portata e mai lo sarebbe stato. Non mi piaceva parlare con mia madre dei miei problemi sentimentali, mi vergognavo di raccontarle quanto mi succedesse a scuola, dei ragazzi che frequentavo, dei dubbi sul sesso. Quelle poche volte in cui i nostri mondi si scontravano le conseguenze erano a dir poco tragiche: lei mi gridava contro che io non capivo, non capivo nulla, mentre io finivo per chiudermi in me stessa.
«A te non piace ascoltarmi, mamma. A te piace soltanto far prevalere le tue idee sugli altri...» Sorprendentemente la mia voce trovò il coraggio di uscire. Tornai a guardarla, ancora intenta a fumare con quella sigaretta consumata a metà, e le sorrisi debolmente.
«Io avrei davvero voluto farlo ma non ci sono riuscita. Avresti reagito alla stessa maniera anche se avessimo affrontato quest'argomento con calma...» Perfino Roberto alzò lo sguardo dal giornale per rivolgermi la stessa occhiata ferita che mi aveva riservato anche mamma.
Ero perfettamente cosciente dell'asprezza delle mie parole così dure al punto tale da sembrare crudele, ma la bomba ad orologeria era stata appena attivata ed io sentivo che sarei scoppiata nel giro di pochi secondi.
«Cecilia!» Tuonò l'uomo alzandosi di scatto e sbattendo il quotidiano sul tavolo «Ti pare questo il modo di rivolgerti a tua madre? Non sei stata educata così! Chiedi immediatamente scusa e vai in camera tua, sei in punizione per il resto del mese!»
Non feci nulla di quello che mi era stato detto.
Sapevo perfettamente di avere una via di fuga da quell'Inferno e dovevo giocarmela nel miglior modo possibile.
Angolo autrice: lo so, vi sono mancata! Ahahah, ovviamente sto scherzando, ma devo chiedervi scusa per questo aggiornamento lentissimo! È stato un mese pieno di novità e, dulcis in fundo, sono tornata ieri sera da un bellissimo viaggio di tre giorni a Barcellona. Che dire? Mi sono innamorata della città e st'estate spero sinceramente di tornarci e visitare tutti quei posti dove non sono riuscita ad andare (Tibidabo in primis ♥).
Camminare per le vie della città mi ha regalato tantissima ispirazione che spero di trasmettere tramite questo racconto. A proposito di Cecilia ed Amnesia... Avete appena fatto conoscenza con la mamma che sembra essere l'antagonista principale. È davvero così?
Il terzo capitolo è pronto ed io sono in ferie: domani sarà su wattpad! ♥
Vi è piaciuto il teaster e quel capitolo speciale ad inizio storia? Sono sempre più confusa ahahahah
Un abbraccio,
aboutjune
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