Passato ✸ Capitolo 05 / Barcellona (Parte I)
Tomei fissa accigliato il suo piatto di paella ormai vuoto. Ha spazzolato il cibo in meno di cinque secondi lamentandosi, però, di quanto fosse salato.
Ora sorseggia pensieroso l'ultimo goccio di Sangria e sospira. Il suo sguardo si perde nel mare dove la linea dell'orizzonte si confonde con il cobalto del cielo.
«Che hai, Tomei? Sembri depresso...» provo a scherzare io. Glielo chiedo sottovoce avvicinando le labbra al suo orecchio, non voglio che gli altri mi sentano e che Tomei diventi il centro della loro attenzione.
In fondo al tavolo c'è Futura che chiacchiera allegra con Tiziano ma ogni tanto mi lancia occhiatine interrogatorie. Ad inizio cena mi aveva espressamente chiesto di sedermi accanto a lei ma ho preferito rifiutare per raggiungere Tomei che se ne stava da solo a capo tavola.
Lui poggia il calice davanti a sé e sorride malinconico.
«Domani pomeriggio saremo di nuovo a Roma e tutta questa magia finirà» risponde senza guardarmi. Un po' lo capisco, un po' no: a me manca tantissimo casa e non vedo l'ora di raccontare queste nuove avventure ai miei genitori ma per lui è diverso. Una volta tornato dovrà fare i conti con l'ultimo mese di scuola e di studio e con quell'ultimatum da parte della madre: se non si farà promuovere, dovrà andare a lavorare assieme a suo zio.
«Lo so, anche a me mancherà tanto Barcellona...»
«Non è questo» dice serio e questa volta mi guarda dritto negli occhi. Mi ci posso quasi perdere in quelle iridi nocciola e... Un secondo, cosa sto pensando? Torno a concentrarmi sulle sue parole.
«È proprio il fatto di dover tornare lì, con tutti quei problemi e poi questa serata ha preso una piega completamente sbagliata» entrambi osserviamo i nostri compagni di classe, insonnoliti ed intontinti per la quantità di Sangria nel loro corpo «Non credevo che con "festeggiare" intendessimo la solita, banale ed inutile cena di classe sul porto!»
«Allora potremmo fare altro! Che ne dici di una passeggiata notturna?» in realtà non ne ho minimamente voglia, anche io come gli altri sono stanca e tutto quel che vorrei fare in questo momento è buttarmi sul letto. Però lo incito, mi dispiace vedere Tomei così giù.
«Allora aspetta un secondo...» si alza in piedi e mostra tutti il suo calice vuoto «Ragazzi che ne dite di fare qualcosa? Qualcosa che non preveda né il cibo né lo starsene seduti a non fare niente...»
La risposta è quasi immediata: qualcuno, in fondo al tavolo, scoppia a ridere; c'è chi scuote il capo, chi fischia, chi cerca di scacciarlo con gesti della mano.
Tomei torna a sedersi ed incrocia le braccia al petto.
«Che razza di sfaticati! Dicevamo, scusa?»
Voglio andare a dormire, voglio rintanarmi sotto alle coperte e spettegolare con Futura. Voglio posare la testa sul cuscino e collegarmi al Wi-Fi dell'hotel per guardare stupidi video online e ridere fino alle lacrime.
«Vengo io con te» è invece quel che dico.
Lui alza il sopracciglio destro e e si avvicina al mio viso.
Ecco, so già come finirà questa storia: mi lascerà intendere che io non sono la compagnia che voleva e che è okay essere amici ma che così mi sto prendendo troppe libertà. E poi sono una ragazza, di cosa dovremmo parlare?
«Davvero ne hai voglia?»
Oh, la sua domanda mi sorprende. Ero davvero convinta che mi avrebbe fatto nera con poche parole e invece eccolo lì, che si preoccupa per me. Sono convinta di aver stampato in fronte la scritta "Ho sonno" e lui non è stupido, non abboccherà, però decido comunque di fingere e gli sorrido affabile.
«Certo! Certo che mi va!»
Non posso lasciarlo da solo in questo stato, sento il bisogno di regalargli un'ultima, magica notte in questa città incantata. E poi al diavolo il letto, dormirò domani sull'aereo almeno passerò quell'ora di volo in tranquillità e senza preoccuparmi troppo delle turbolenze e dei vuoti d'aria.
«Sai già dove...?»
«Lascia la tua parte di soldi sul tavolo e andiamo che è tardi!» mi interrompe. Tira fuori una banconota da venti euro e la butta sul tavolo, proprio davanti ad Edoardo.
«Ultima chiamata per la scampagnata notturna!» grida poi nella speranza che qualcuno, oltre me, gli risponda.
Ma a nessuno va di andare a spasso alla cieca.
«Ecco» dice ad Edo troppo impegnato a scattare foto per dargli veramente retta «Questi sono i miei soldi e quelli di Dobici. Se rimane qualcosa di resto ridatecelo. Se c'è da aggiungere altro alzateci i soldi e ci pensiamo domani. Ciao a tutti!»
Si dilegua, senza aspettare risposta, ed io lo seguo a ruota provando ad infilare il cardigan nero mentre camminiamo.
Si muove veloce sul ponticello di legno mentre il mio passo è decisamente più insicuro. Non mi piace affatto che il legno ondeggi così tanto sotto i nostri piedi, temo che possa cedere da un momento all'altro.
Lui, davanti a me, rallenta fino a fermarsi di tutto. Si volta e mi lancia un'occhiatina esasperata.
«E dai Cecì!» mi supplica prendendomi per la mano e trascinandomi con forza «Sei una lumaca! Se vogliamo arrivare in tempo bisogna muoversi!»
Cerco di stare al suo passo ma la sua mano stretta nella mia mi distrae. Sento uno strano formicolio sul palmo, proprio dove la nostra pelle si tocca in modo così intimo, e non posso fare a meno di fissare sbalordita il suo viso calmo.
Perché sto pensando queste cose? È solo Tomei, nel suo gesto non c'è nulla di malizioso.
Percorriamo la Rambla - che sembra più popolosa a quest'ora della sera che di mattina - e scivoliamo silenziosi accanto a dei venditori ambulanti che vogliono a tutti i costi venderci i loro souvenir.
A Plaza Catalunya finalmente mi lascia andare la mano ed io torno a respirare. Per evitare un'altra scena del genere, stringo le braccia al petto e mi affianco a lui che nel frattempo si sta catapultando giù alla metropolitana.
«Accidenti» sbotta mentre cerca nella tasca dei jeans il suo biglietto per i mezzi «ma ti sudano sempre così tanto le mani?» ma poi ride e capisco che nella sua frase non c'è traccia di cattiveria.
«Succede solo quando...» ma poi mi blocco, non posso dire la parola "agitata" altrimenti lui capirebbe che c'è qualcosa che non va in questo mio comportamento. Di cosa dovrei agitarmi in fin dei conti? Allora pesco una spiegazione a caso e gli sorrido.
«Succede solo quando vado di fretta. Invece che sudare la fronte, mi sudano le mani» finge di crederci anche se la sua faccia non è del tutto convinta.
Per tutto il tragitto in metro non fa che starsene in silenzio a guardare delle foto sul suo telefono. Ogni tanto gira il display verso di me e dice: «Guarda che bella questa!» e mi fingo meravigliata di fronte ad una Sagrada Familia statica che anche io ho visto dal vivo ma che ho preferito non immortalare in foto.
«Ma dove stiamo andando?» domando d'un tratto mentre noto che a mano a mano il vagone si svuota ma noi restiamo seduti dove siamo.
«Lo vedrai presto» mi risponde. Tutto qui, non aggiunge altro e continua ad interessarsi al suo telefono piuttosto che a me.
D'un tratto mi pento di essere stata tanto stupida da proporgli quella passeggiata e di non aver seguito gli altri ignorando il suo cattivo umore. A volte ho come l'impressione di essere una sorta di ripiego per lui, quella con cui parla solo quando si annoia o quando i sensi di colpa per averla ignorato per troppo tempo lo divorano.
Mi sento utile solo quando Alessandra non è nei paraggi, come ora. So che suona cattiva come cosa ma non appena ho saputo della sua assenza a Barcellona, ho tirato un sospiro di sollievo al pensiero di poter passare del tempo con Tomei senza la sgradevole sensazione di essere la "seconda".
Mi rendo conto di aver chiuso gli occhi e di aver ceduto al sonno quando Tomei, con la sua solita poca grazia, mi scuote per un braccio e mi dice:«Siamo quasi arrivati.»
Alzo lo sguardo e leggo: "Avenida Tibidabo". Non ho la minima idea di dove accidenti ci siamo appena cacciati.
Tomei si alza e mi porge la mano che titubante afferro. Mi trascina fuori la metropolitana e poi su, verso un tram che ci porterà verso questo misterioso luogo. Poco prima di scendere e scoprire cos'altro il mio amico abbia ancora in serbo per me, lui mi lancia un sorriso del tutto inaspettato e per poco le mie ginocchia non cedono al cospetto di tanta bellezza e... Sincerità.
«Grazie Cecilia» bisbiglia piano, forse più a sé stesso che a me «Grazie per essere qui.»
Non gli dico nulla, fingo di non ascoltarlo e continuo a seguirlo in silenzio.
Perché non c'è nessun altro posto in cui vorrei essere.
Angolo autrice: che è successo? Che è successo? Due aggiornamenti insieme? Devo essere impazzita, sul serio. O forse devo farmi perdonare questo tempo di attese e silenzi?
Comunque ci tengo veramente a ringraziare tutte quelle persone che, nonostante i miei continui ritardi, sono ancora qui, per me e per Cecilia. Grazie di cuore, non riesco ad esprimere a parole quanto tutto questo sia importante per me.
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