Passato ✸ Capitolo 01 / Trecce e Winnie The Pooh

Adesso che me ne sto qui tutta sola, seduta al secondo banco della fila di destra ad osservare il muro spoglio, quella di aver scelto una scuola lontana da casa non mi pare più un'idea così brillante. I miei amici delle medie si sono raggruppati in licei tutti vicini al nostro quartiere mentre io, stanca delle solite facce e delle abitudini soffocanti, ho optato per una scuola dall'altra parte di Roma. Non ho ben chiaro cosa voglia fare da grande, né se questo "Istituto tecnico per il turismo" mi porterà effettivamente ad avere un lavoro, perché al momento mi è chiara soltanto una cosa: voglio scappare a casa e rintanarmi sotto le coperte.

Gli altri ragazzi - quelli che spero diventeranno miei amici - parlottano tra di loro di questo e di quello, raggruppati secondo un criterio ben specifico: i fighi e le vip, i figli di papà e le top-model, i nerd e i timidi, i tranquilli e quelli del "non mi importa di niente e di nessuno", gli sportivi e le ragazze carine.

Io invece ho un gruppo tutto mio, talmente esclusivo da esserne la fondatrice e l'unica socia. Non so perché gli altri, mano a mano che entrano in classe, mi evitino come la peste... Sarà forse per questa maglietta lilla troppo infantile? O è colpa delle mie due lunghe treccine ramate?

Oh Dio, in effetti ora che ci penso questa mattina, più che avere l'aspetto di una quattordicenne, sembro un'undicenne alla prese con il suo primo giorno di scuola media. Perché accidenti ho optato per questa felpa con Winnie The Pooh? Gli altri si staranno domando perché mai una bambina della mia età si trovi in questa classe!

Sospiro e lascio perdere il muro.

Appunto numero uno: non seguire più i consigli della mamma sull'abbigliamento.

Appunto numero due: buttare questa stupida maglietta non appena torno a casa.

Appunto numero tre: niente treccine. Mai più.

Il chiacchiericcio generale viene interrotto dalla porta che si apre e da una testa calva che fa capolino. Seguo incuriosita con lo sguardo quest'uomo che ora siede alla cattedra e che ci osserva come un felino in procinto di attaccare. Ha il fiato corto e l'aria severa ma qualcosa in lui mi induce a pensare che non sia cattivo ma solo un po' rigido.

«Buongiorno, buongiorno ragazzi» si affretta a dire «Perdonate il ritardo ma due nuovi colleghi mi hanno fermato per delle delucidazioni sulla scuola. Sapete, i nuovi arrivati...» si stringe nelle spalle ed abbozza un sorriso. Ha i denti piccoli e fini, forse anche un po' storti, che da questa distanza mi ricordano molto quelli di uno squalo: affilati e letali.

Con un colpo secco apre il registro e lo studia in silenzio, nel frattempo da in fondo all'aula giungono delle voci sommesse.

«Colasanti Federica!» tuona il professore senza staccare gli occhi dalla lista dei nomi «Che piacere riaverti qui con noi! Riconoscerei quel tuo tono stridulo anche ad un kilometro di distanza. Sei pregata di chiudere la bocca come il resto della classe.»

Quella Federica tace all'istante ma senza sbarazzarsi di quell'espressione strafottente che ha perennemente dipinta sul volto. Se soltanto mi fossi trovata al suo posto, sarei morta per la vergogna.

Perdo interesse per Colasanti e mi soffermo sul viso di una ragazza dall'aspetto cagionevole e i capelli talmente chiari da sembrare bianchi. Lei mi guarda a sua volta e strizza gli occhi, forse per intimarmi di smettere all'istante. Obbedisco e me ne torno al muro che di certo non parla e non fa amicizia, ma almeno non mi minaccia con delle occhiatacce.

«Ecco, bene, molto meglio così. Io sono il professor Mirco Ricci, insegnante di italiano e coordinatore di classe per questo biennio. Non mi aspetto che ognuno di voi si impegni a pieno nelle mie materie, ma esigo comunque il massimo della serietà» fa una piccola pausa per scandagliare i nostri visi finché non si sofferma anche sul mio. Mi sento così vulnerabile in questo momento è quasi come se potesse leggermi nel pensiero e scoprire che sono soltanto una "nella media" che non sfocerà mai "nell'eccellenza".

«Vi invito a seguire le lezioni e a chiedere fin quando i concetti non vi saranno chiari e, soprattutto, vi prego di ragionare con la vostra testa. Sì, sì Colasanti» torna di nuovo a rivolgersi all'alunna di prima che questa volta ride sguaiatamente «Mi sto riferendo proprio a te che l'anno scorso riuscivi ad usare il cervello soltanto aprendo Wikipedia. Perché credi che ti abbia bocciata?»

La ragazza però sembra nuovamente non infastidita da quel commento ma anzi, sul suo volto si apre un sorriso radioso diretto proprio al professore.

«Adesso passiamo a voialtri. Ci metterò un po' ad imparare i vostri nomi, abbiate pazienza!»

Si sistema il registro di classe davanti ed un paio di occhiali dalla montatura colorata e le lenti spesse sul naso.

«Abbate Leonardo?» alza lo sguardo su un ragazzo in prima fila con la mano rivolta verso il soffitto «Ciao, benvenuto. Abolani Cristina?» e prosegue così fino al mio turno.

«Dobici Cecilia?»

Senza dire nulla alzo timidamente la mano cercando di nascondere il viso dietro il braccio. Ora tutti si accorgeranno delle trecce ridicole e dell'enorme Winnie The Pooh sul petto.

Vorrei sprofondare quindici metri sotto terra...

«Uhm, interessante...» borbotta l'uomo senza staccarmi gli occhi di dosso.

Perfetto. Socchiudo gli occhi in attesa di quel commento velenoso che metterà per sempre fine alla mia reputazione mai iniziata.

«Il tuo cognome è un'assonanza del numero dodici e sei dodicesima nell'elenco...» quest'osservazione fa ridacchiare lui ma lascia basita me. Annuisco senza troppa convinzione e, con un sorriso di circostanza, torno al muro e alle crepe contenta che il mio breve momento di gloria sia già terminato.

Il professor ricci prosegue con l'appello chiamando una certa Duranti Alessandra - una ragazza con gli occhi di un bellissimo azzurro chiaro - ed altre persone non proprio interessanti.

«Marsicano Futura?»

La biondina dallo sguardo duro alza la mano e contemporaneamente la porta dell'aula si spalanca. Un ragazzo con i capelli scompigliati e l'aria stanca si affaccia timidamente e si rivolge direttamente al professore: «Scusi... In ritardo... La sveglia... Metro...»

Ha il fiatone, forse avrà corso su per le scale, e non si capisce nulla di ciò che sta dicendo. Farfuglia a mezza bocca frasi incomprensibili e tutti, professore compreso, siamo in silenzio per decifrare quel linguaggio arcano.

Quando il monologo termina, l'uomo si sfila gli occhiali e si massaggia le tempie. Dalle labbra gli sfugge uno sbuffo rumoroso che il ragazzo interpreta come un "Vai via", ma poco prima che il nuovo arrivato abbandoni l'aula, l'uomo lo richiama a sé.

«Vieni, vieni Tomei! Vatti a sedere ma chiudi la porta.»

Il ragazzo esegue gli ordino e con il capo chino sceglie un posto. Quello accanto a me.

«Ecco un altro dei miei ripetenti preferiti! A differenza di Colasanti, Tomei si è impegnato davvero ma solo in quei pochi giorni in cui mi ha degnato della sua presenza!»

A differenza di Federica, a questo Tomei i commenti del professore sembrano infastidire parecchio. Sistema le sue cose sul banco - un astuccio nero di tela, un anonimo diario ed un quaderno a righe - e lo sento borbottare a denti stretti uno "Stronzo" probabilmente riferito all'uomo.

Continuo ad osservare i suoi movimenti pigri: è così lento e pacato che quasi mi dà suoi nervi! Sembra che la fretta non faccia parte del suo essere e che presentarsi in ritardo agli appuntamenti sia per lui una sorta di rituale.

Mi sorprende mentre sto ancora intenta a fissargli le mani - grandi e screpolate dal freddo - e non posso fare nulla per nascondere l'imbarazzo.

«Beh?!» esclama «Posso sedermi qui?»

Vorrei dirgli che non c'è bisogno di prendermi in giro e di fare lo sbruffone perché lo ha già fatto senza chiedermi il permesso, ma dalla mia bocca non esce alcun suono.

«Perfetto! Sei proprio la compagna di banco che desideravo, silenziosa e anche discreta, mi auguro...»

«Tomei! Dobici!»

Oh-oh. Ma non aveva detto di aver problemi a memorizzare i nomi? Le mie guance si tingono dello stresso rosso scuro dei fiori che Winnie The Pooh strapazza indisturbato sulla mia felpa.

«Potete fare i piccioncini dopo scuola perché ora, cortesemente, dovreste concentrarvi sull'appello. Ah, Tomei, il prossimo sei tu!»

Il ragazzo accanto a me prova ad alzare la mano ma viene bloccato dal professore che continua a commentare: «No, non preoccuparti, non c'è bisogno. Sappiamo tutti che sei qui da almeno cinque minuti... Tranquilli Simone?»

Tomei si volta verso di me e si stringe nelle spalle.

«Secondo me sotto sotto mi ama, lo so. E comunque bella felpa!»

Oh Dio, non so quale misteriosa forza stia frenando l'istinto di portargli le mani al collo per strozzarlo e...

«Cioè, è giusta. Non so, tu hai Winnie The Pooh, le altre ragazze...» ma non prosegue oltre. Abbozza un sorriso ed abbassa lo sguardo sul suo astuccio, ignorando la mia espressione confusa.

Non ho ben chiaro se si tratti di un complimento o se mi stia prendendo in giro, ma ogni traccia d'ira nei suoi confronti mi ha abbandonata.

Finalmente il professore termina l'appello e si mette a blaterale sul programma di storia quando qualcuno bussa alla porta reclamando la sua presenza in corridoio. L'uomo si alza svogliatamente e ci intima, però, di starcene buoni e non fare chiasso.

«Anzi» aggiunge poco prima di uscire dall'aula «Aprite il quaderno e scrivete, secondo voi, quand'è che nasce la storia» e così dicendo si dilegua.

Tomei si volta verso di me grattandosi il mento dove ha un po' di peli sono sfuggiti al rasoio.

«Tu lo sai?»

«Quando è nata la scrittura, credo...»

Annuisce, riassetta le sue cose e sgattaiola via, in fondo all'aula, al banco davanti Colasanti. Federica gli fa gli occhi dolci e gli tira una pacca sulla spalla mentre Toemi ridacchia e scuote il capo. Incontro lo sguardo del ragazzo solo per un momento, il tempo necessario per far sì che capisca che sono offesa, sbalordita e arrabbiata per quel suo comportamento bizzarro. Lui non dice nulla, non si stringe neanche nelle spalle, abbassa semplicemente gli occhi e dice qualcosa a Colasanti che di tutta risposta annuisce e fa una smorfia strana.

È ovvio che stiano parlando male di me e della mia felpa! Sono di nuovo furiosa con lui e mi prometto che no, mai e poi mai quel Tomei diventerà mio amico! Preferisco concentrarmi sul foglio bianco e la risposta da scrivere piuttosto che fossilizzarmi sui sentimenti contrastanti che in questo momento provo nei confronti di quel semi-sconosciuto dagli occhi scuri.

Un fruscio, un movimento alla mia sinistra e qualcuno che picchietta con insistenza sulla mia spalla.

«Posso sedermi qui?»

È la ragazza dai capelli chiarissimi. Santo Cielo, vuole per caso picchiarmi?

«Sì, sì, certo!»

«Ah, menomale! Quel Leonardo era così noioso! È che senza occhiali non riesco a mettere bene a fuoco i visi. Mi sono accorta di te troppo tardi. Volevo chiederti se potevo venire qui ma non appena ho provato ad aprire bocca tu hai subito abbassato lo sguardo!»

La sua frase mi fa scoppiare in una risata sincera e sentita. Allora non mi stava minacciando con lo sguardo, è semplicemente miope! La ragazza si unisce alla mia risata e per un momento mi dimentico del mio aspetto infantile, delle trecce, di Winnie The Pooh e perfino di Tomei e di quell'incontro imbarazzante.

«Comunque lasciali stare i maschi» commenta a bassa voce senza smettere di ridacchiare «A quest'età a volte sanno essere proprio deficienti. Io sono Futura, tanto piacere» mi porge la mano rivolgendomi un sorriso radioso che lascia scoperti i denti stretti dalla morsa dell'apparecchio.

Gliela stringo senza timore né preoccupazione. Nel mio gesto non c'è imbarazzo, non c'è vergogna né timidezza.

«Io sono Cecilia Dobici» e forse ho appena trovato un'amica.








Angolo autrice: zan zan zan *musica d'effetto* I'm back!

Perdonate l'immenso ritardo per l'aggiornamento ma il lavoro ultimamente sta divorando anche il mio tempo libero. Essere grandi fa schifo.

Comunque, deliri post-adolescenza a parte, sono contenta di essere tornata solo oggi perché in realtà questo capitolo era pronto già da tempo. C'era qualcosa che però non mi convinceva così, la mattina dopo colazione, mi sono messa a riscriverlo daccapo finché non è diventato ciò che avete appena letto. Mi piace molto di più così, con questa Cecilia un po' bambina ed ingenua, con questo Tomei confuso e pigro e con Futura, agguerrita e velenosa come non mai. ♥

Come spero abbiate capito, questo capitolo è ambientato nel passato, prima dell'incidente. Ho sempre avuto in mente questa storia così, un viaggio temporale tra il prima e il dopo, tra la vita di Cecilia con l'amnesia e i suoi ricordi sbiaditi in cui soltanto noi possiamo ficcanasare. Ve l'aspettavate così? O un po' più tosta?

I capitoli verranno dunque numerati secondo questo criterio:

Capitolo xx ✸ titoloxx Capitolo ✸ Prima / titolo

spero che il capitolo non vi abbia deluso e vi ringrazio per tutto l'affetto che avete mostrato a me e a questa storia. Cioè davvero, grazie.

♥♥

Un abbraccio,

Karma.

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