8.

-Ore 20:33-
-Ehi, ciao Luke-
-Ciao Mike! Ancora auguri di buon Natale!-
-Grazie, amico. Ci vediamo più tardi?-
-Certo; arriverò verso le dieci-
-Bene. Senti..hai sentito Mel, oggi pomeriggio?-
-L'ho sentita stamattina, poco prima di pranzo; perché?-
-..No, niente, così-
-Mike? Che c'è?-
-Ci dovevamo sentire stasera; ma non mi risponde-
Luke si passò una mano sugli occhi. Una voce infantile lo chiamò dal salotto. Coprì il cellulare con la mano:
-Arrivo!-
Poi, all'amico:
-Stai tranquillo, Mike. Vedrai, si sarà semplicemente addormentata. Ora riprovo anch'io, ok? Ci vediamo dopo-
-Ok. Grazie. A dopo-

I quattro amici si trovarono al pub cittadino, sazi e satolli dopo le abbondanti abbuffate natalizie.
Si scambiarono pacche sulle spalle e piccoli pensieri; ordinarono una birra, per smaltire la festa.
-Hai sentito Mel?- Introdusse l'argomento Luke, guardando l'amico.
Mike scosse la testa, accendendosi una sigaretta.
-Scusa, ma da quanto fumi?!- Esclamò Ash, il salutista del gruppo.
-Fatti i cazzi tuoi, riccio-
-Ehi, ehi. Si può sapere che c'è?- Intervenne Calum, sorpreso dalla veemenza dell'amico.
-Mel non risponde al telefono- spiegò Luke, aspettando le proteste e le prese in giro da parte dei due, che non arrivarono.
Li guardò. Ash non pareva offeso, anzi sembrava stranente serio; Cal aveva la fronte aggrottata.
Luke non aveva ancora capito cosa Calum pensasse della ragazza. Mentre lui spalleggiava Mike per partito preso in qualsiasi decisione questi prendesse, ed Ash accettasse di buon grado tante stranezze dell'amico, essendo di carattere accomodante e solare, Cal aveva sempre avuto più riserbo nell'appoggiare Michael. Sapeva che i due fossero fraternamente amici, ma sapeva anche che Cal era quello, tra i quattro, che tirava più indietro.
E non si era mai espresso su Melissa.
-Calum, cosa pensi?- Si buttò, desideroso di farlo sbilanciare.
-Non lo so. Quella ragazza è un fottuto casino. E mi tiene a distanza-
Tre paia d'occhi si puntarono su di lui.
-Non ve ne siete resi conto? Con me non ha la confidenza che ha con voi tre. Con me..si trattiene. È sempre sul chi vive-
Mike scrutò l'amico, tra le volute di fumo.
Luke annuì. I quattro rimasero in silenzio per qualche momento, sorseggiando le birre e lasciandosi andare a qualche rutto libero, perché per una volta erano solo tra loro.

Mike scrisse l'ennesimo messaggio.
"Se non rispondi subito, salgo sul primo aereo e vengo a prenderti a calci in culo, sappilo"
Mise via il telefono, irritato.
Poco dopo, il telefono vibrò. Era una chiamata.
Guardando gli altri tre, facendo loro segno di zittirsi, mise in vivavoce.
-Ciao, Mike. Non serve che tu mi prenda a calci, grazie-
I ragazzi sorrisero, sollevati.
Mike:- Perché cazzo non rispondevi?-
-Scusami; ora lo sto facendo, no?-
Cal scosse la testa.
-I ragazzi ti salutano- la avvertì Mike, seguito dai saluti dei tre amici.
Ashton:- La casa è ancora tutta intera? Non è esplosa, incendiata, niente?-
-Tutto a posto, Ash; l'unica differenza è che posso farmi la doccia con la porta aperta-
I tre ragazzi sghignazzarono; Mike tolse il vivavoce, alzandosi.
-Melissa, è tutto a posto?-
-Perché me lo chiedi?-
-Mi sembri diversa-
-Io..non so, sono sempre la stessa, mi pare..-
Mike ne era certo, e si sentì triste.
-Mi spiace di averti lasciata da sola oggi, bimba-
-Ehi..non sei la mia fottuta famiglia, Mike. Non devi rimproverarti di nulla. E non mi chiamare così-

-Senti, facciamo così. Per farmi perdonare, stiamo al telefono tutta la sera- le propose, salutando gli amici battendo le dita sulla vetrina.
-Ma sei matto..sei con gli altri, non fare l'asociale!-
-Metti via gli alcolici e parla con me.-

A cinquecento chilometri di distanza, Melissa ripose la bottiglia di vodka ed il succo d'arancia con cui aveva pensato di passare la serata, sentendosi un po' patetica.
-D'accordo-

Chiaccherarono fino all'una di notte; ad un certo punto, Michael sentì silenzio dall'altra parte: si era addormentata.
-Sogni d'oro, bimba-

Il mattino seguente Melissa si svegliò, sinceramente sollevata di essere sopravvissuta al Natale. Avrebbe lavorato tutto il giorno, e l'indomani sarebbe rientrato Mike.
Decise, per una volta, di curare il suo aspetto: nulla di che, ma indossò dei nuovi jeans, che erano della sua nuova taglia, ed una maglia rossa aderente. Aveva fatto qualche acquisto, avendo rimpinguato il suo conto corrente con il lavoro al negozio.
Si trucco' con matita e mascara, sentendosi passabile.
In negozio indossò il grembiule nero e passò tutta la mattina a servire la numerosa clientela, cospicua nonostante fosse Santo Stefano.
Per pranzo, durante la pausa, spilucco' un panino del bar, gironzolando per i negozi per ultimare gli acquisti natalizi: un regalo per Mike. Non aveva ancora scovato nulla.
Alla fine, la scelta ricadde su una ovvietà, ovvero un plettro con incisa l'iniziale del ragazzo, la M.
Del tutto insoddisfatta del regalo, andò a sedersi su una panchina.
Fu lì, che ebbe l'illuminazione.
Si alzò di corsa e si fiondo' al negozio di strumenti musicali che confinava proprio con Lush.
Il proprietario la riconobbe, e le elargì un ampio sorriso: quella ragazzetta scialba stava sbocciando sotto ai suoi occhi, diventando proprio un bel bocconcino.
Del tutto ignara dei pensieri poco casti dell'uomo, Melissa gli chiese il favore di poter suonare uno dei suoi strumenti nel retro, dove vi era una piccola stanza insonorizzata. L'uomo acconsentì, prestandole una chitarra acustica; lì, Melissa mise su carta gli accordi di una canzone.
Ne scribacchio' di fretta le note sul retro di un volantino; l'avrebbe sistemata a casa, con la chitarra acustica che i ragazzi avevano lasciato, assieme a tutto il resto, nella stanza delle prove.
-Grazie mille, signor Miller-
lo ringraziò sorridendo la ragazza, andando via.
-Di nulla, cara. A presto-

L'afflusso di persone parve essersi improvvisamente esaurito nel primo pomeriggio; Mel e le due colleghe si ritrovarono a giocare a tris, a messaggiare e a chiacchierare.
Alle sei, il trillo del segnapersone le riscosse, e Mel allungò il collo per vedere l'ingresso. Si illuminò, e corse ad abbracciare Michael, che era fermo in piedi sull'uscio, sorridente. Gli si catapultò nelle braccia, ben sapendo che era tornato prima solo per lei.
Le sue colleghe la osservarono, sbalordite. Bisbigliando tra loro, sorprese di quell'improvvisata, le diedero serata libera: tra due ore avrebbero chiuso, si prospettavano due ore di calma.
Melissa recuperò le sue cose dal retro del negozio e tornò, quasi saltellando, a prendere la mano di Mike.
-Sembri contenta di vedermi- ironizzò lui.
-Ovvio! Sei un tesoro: te l'ho già detto?-
-No; ridillo pure-
Melissa lo colpì sul braccio. Era felicissima e desiderosa di fargli sentire la sua canzone.
-Sei venuta in autobus, o hai usato la mia macchina?-
-Sono venuta a piedi; è una bella passeggiata-
Michael alzò gli occhi al cielo:
-Ma perché? Ti avevo detto di usarla senza problemi-
-Ma mi andava di camminare..sono stata per troppo tempo immobile; ora ho voglia di muovermi-
E Mike non capì se si riferisse allo stare ferma i piedi in negozio, o a sé stessa.
-Prenderemo l'autobus-
-Dai, non fare il pigro: camminiamo!-
-Ho anche il trolley, Mel- protestò lui.
-Oh,ok allora..ma facciamo presto- lo sorprese lei. Non gli pareva nemmeno la stessa persona.

Una volta a casa, sorprendentemente in ordine, -siete voi maschi a lasciare un macello-, Mel lo tirò verso la stanza delle prove.
-Voglio darti il mio regalo, Mike-
-Ed è lì dentro?-
-Non proprio- sorrise lei, abbassando lo sguardo.
Lo precedette dentro, e lo fece sedere sui cuscini su cui di solito si accoccolava lei.
Michael era ammutolito;obbedì, gli occhi blu sgranati sulla ragazza.
Mel afferrò la chitarra acustica, portandosi dietro un leggio su cui appoggio' un volantino cincischiato.
Mike la guardò accordare leggermente lo strumento, stupefatto.
Lei incrocio' brevemente il suo sguardo, un po' preoccupata, e chiuse un attimo gli occhi.
Poi, iniziò a suonare gli accordi che aveva scritto.

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