7.
La notte, in qualche modo, passò; alle sette si alzò, facendo il più piano possibile, per andare a fare una doccia senza occupare il bagno più tardi, quando sarebbe servito a loro. Tutto taceva; erano ancora addormentati.
Prelevò dal suo borsone degli indumenti puliti ed i prodotti da bagno, ed entrò in doccia.
Stavolta si passò uno scrub energico ovunque e si mise il balsamo sui capelli; si passò la lametta, tagliandosi nel solito punto sotto al ginocchio, e quando uscì si spalmò di crema idratante.
Era la prima volta in due mesi che si prendeva così cura di sé stessa; le sembrò di essere rinata.
Stava appunto spalmandosi la crema sulla gamba ferita, con l'accappatoio allentato, quando la porta si spalancò all'improvviso ed un Ashton dapprima assonnato e poi imbarazzatissimo si coprì gli occhi:
-Oddio! Scusa! Devo solo fare pipì! Non volevo spiarti!-
A Mel scappò da ridere, nonostante le guance vermiglie:
-Scusa tu..non ho chiuso a chiave. Esco subito-
-Si ma..copriti. Sei coperta?-
-Ashton, ho l'accappatoio- gli fece notare lei.
-Ok. Non nascondo che sei una bella visione, ma la prossima volta chiuditi a chiave- la prese in giro lui, spingendola fuori e chiudendo ostentatamente con due giri di chiave.
-Ash, ho i vestiti lì dentro...- fece lei, realizzando solo ora.
-Ora aspetti!- Le giunse dalla porta.
Mel realizzò che l'accappatoio era cortissimo, ed era a piedi scalzi, e sperò che il ragazzo si sbrigasse velocemente; non voleva tornare in camera nuda. Ma sentì lo scroscio della doccia, e batté sulla porta:
-Ash! Per favore, passami i vestiti!-
-Non ti sento!-
-Ashton!- Supplicò lei, ma sentì la risata del ragazzo.
Fantastico.
-Ehm..buongiorno, Melissa- sentì dire Calum alle sue spalle.
-Ciao- borbotto' con gli occhi bassi, arrossendo.
In quel mentre arrivò anche Luke. Magnifico.
-Ciao, Mel..che ci fai in accappatoio?-
-Il vostro amico mi ha chiusa fuori..ho i vestiti lì dentro-
Luke provò a trattenere una risata, ma non ci riuscì, seguito a ruota da Calum, che sghignazzo' senza ritegno.
-Divertente, vero?- Chiese sarcasticamente lei, al che annuirono.
-Stai sanguinando- disse di botto Calum, indicando il suo ginocchio.
-Cosa? Oh, già.. cazzo- imprecò Mel.
-Wow, che fine la nostra amica- ironizzò Luke, facendole un occhiolino irriverente.
-Ash ti prego fammi entrare solo un momento!- Ripeté lei battendo sulla porta, mentre Calum gridava:
-Ehi, Ash, da quando in qua le ragazze ti implorano? Non è il contrario di solito?- Facendo sganasciare Luke.
-Non hai altri vestiti?- Chiese infine Luke, asciugandosi le lacrime.
-Sì..ma in camera!-
-Aah- realizzò il biondino, divertito.
-Luke, andresti per favore a prendermi il borsone? Ti prego- gli chiese lei, prendendolo per un braccio.
-Ti vergogni? Ti abbiamo già vista in tre...se ti vediamo tutti e quattro, che differenza fa?- La prese in giro.
Melissa lo avrebbe volentieri picchiato.
-Luke!-
-Che c'è? Sto solo facendo un favore al mio amico. Si stava per alzare anche lui- ghigno', mordicchiandosi il piercing con fare malizioso.
Proprio in quel momento entrò in cucina Mike.
Sgrano' gli occhi senza riuscire a dissimulare indifferenza da subito, mentre i suoi due amici si accomodavano ostentatamente al bancone della cucina per gustarsi la scena. Melissa li avrebbe volentieri strozzati entrambi.
-Buongiorno- disse infine Mike, passandosi una mano sul viso.
-Prima che tu me lo chieda: lo stronzo del tuo amico mi ha chiusa fuori dal bagno..ed ho i vestiti dentro- spiegò lei, rossa fino alla radice dei capelli.
Mike sghignazzo', facendole spalancare gli occhi su di lui:
-Lo trovi divertente?!-
Alzò gli occhi al cielo, stringendosi ostentatamente i lembi dell'accappatoio sul seno ed alzando il mento mentre Mike la osservava da capo a piedi.
Finalmente Ash usci' dal bagno, con un sorriso trionfante:
-Ragazzi, ringraziatemi!-
Mel non gli aveva ancora rivolto la parola, offesa, mentre Ashton continuava a sghignazzare guidando.
-Eddai- la spronò, spingendola su un braccio.
Lei lo fulminò:
-La vendetta è un piatto che va gustato freddo-
Ash ridacchio', mentre parcheggiava al centro commerciale.
-Mi terrai il muso per sempre? È stato divertente!-
-Si, come no-
Mel uscì dall'abitacolo, nervosa.
-Su su, basta fare la bambina. Andiamo- le disse prendendole un braccio e facendola appoggiare al proprio.
Il negozio era un piccolo "Lush", l'insegna verde, bianca e gialla su sfondo nero, e Melissa lo adorò sin dal primo momento.
C'erano forme di sapone che sembravano formaggi, barattoli neri di creme e prodotti, sfere da bagno, tutto rigorosamente biologico e home made.
Il suo aspetto semplice , acqua e sapone, le fece ottenere una prova.
Due giorni dopo, iniziò a lavorare part-time come commessa.
Lavorare e studiare le impegnava la mente, e le faceva un gran bene. Arrivava a sera esausta, e riusciva a riposare, anche se in maniera discontinua. Ormai si era trasferita in pianta stabile nel divano- letto dei ragazzi, anche se continuava a pagare la stanza.
La loro presenza allegra e chiassosa era manna dal cielo. Cercava di disturbarli il meno possibile facendo la doccia in orari assurdi (e chiudendo a chiave la porta) e preparando da mangiare quando poteva, inserendosi nel loro menage organizzativo, anche se la sua presenza pareva non disturbarli affatto. Anzi, quando era a lavoro sentivano la mancanza della sua presenza discreta.
Arrivarono le vacanze di Natale, che richiedevano una presenza fissa in negozio in vista dei regali. I ragazzi avevano in programma di tornare alla loro città natale per le feste, ma erano segretamente preoccupati per lei.
Melissa aveva capito che non volessero lasciarla sola, ma si impose categoricamente di non cambiare per nessun motivo i loro programmi, insistendo perché andassero a casa.
Mike fu il più insistente. Pensarla a casa da sola il giorno di Natale gli faceva male al cuore.
-Mike, non preoccuparti. Sto bene. Staro' bene. Mangero', guarderò stupidi film e dormiro' fino a Santo Stefano- scherzò.
-Sei certa..voglio dire..non hai voglia di tornare..a casa tua?..- Si azzardò lui, ma Mel lo guardò con intensità:
-No, Mike. Rimarrò qui. Ma stai tranquillo. Lavorerò la maggior parte del tempo-
-Ancora non ho capito come tu faccia a non soffrire di claustrofobia dentro quel buco di negozio- brontolo' lui.
-È tutto fatto di vetrate- gli fece osservare lei, con un sorriso dolce che gli accarezzò il cuore.
-Ok. Tornerò il 27. Ti chiamerò mattina e sera; tu scrivimi ogni ora-
Melissa rise, scuotendo la testa:
-Ma sei fuori?! Tu sei pazzo-
-Affatto. Voglio solo controllare che tu stia bene- la rimproverò lui, serio.
Melissa lo guardò con affetto, scaldandogli il cuore:
-Lo so. Ti voglio bene-
Ed in effetti, i primi due giorni andarono effettivamente come pronosticato: lavorando da mattina a sera, in piedi, la ragazza tornava esausta. Non riusciva a dormire bene da sola, ma si faceva cullare da un CD di cover che le aveva caricato Luke sull'I-pod.
In qualche modo arrivò il giorno di Natale.
Melissa si svegliò perché aveva mal di pancia, irradiato ai reni.
Andò in bagno, e trovò la conferma: le era tornato il ciclo mestruale, dopo sei mesi.
Si lavò e prese un antidolorifico, andando a recuperare una felpa di Mike per accoccolarvisi dentro, accendendo la TV e cercando di placare in qualche modo il sottile stato d'ansia che stava iniziando a sentire in petto.
Appena il dolore si placò, decise di uscire. Si imbacucco' per bene con cappotto, sciarpa e berretto e gironzolo' in una cittadina addobbata e velata di nebbia; per pranzo si era comperata la sera prima un pezzo di pasticcio di carne, che mise a riscaldare appena rientrata.
Sentì i ragazzi, augurando loro buon Natale via messaggio; Mike la chiamò.
L'appartamento le sembrava vuoto e triste, ma scacciò i pensieri negativi accoccolandosi sul divano per mangiare guardando un vecchio film della Disney che aveva già visto mille volte. Si addormentò verso metà del secondo tempo.
Era nell'ambulatorio, in penombra; l'unica luce proveniva dall'ecografo alla sua destra.
Sentiva il picchiettare dei tasti, ed il silenzio. La sonda che premeva sulla sua pancia con un'altra angolazione. E lo sguardo di disprezzo totale dell'uomo, sicuramente obiettore di coscienza, col viso in penombra, mentre le diceva con arroganza:- Alla fine ti è andata bene. Non devi nemmeno farlo. Non c'è più il battito. Dovresti essere felice-
Si svegliò urlando, piangendo tutte le sue lacrime, picchiando i pugni chiusi sui cuscini, gridando tutta la sua disperazione al cielo. Il suo rimorso. Perché da quel maledetto momento, tutto era precipitato; perché la Natura le aveva risparmiato una decisione ancora incerta. Perché non aveva risposto alle sue chiamate, negandosi. Facendogli credere di averlo fatto. E dopo, era stato troppo tardi.
Se solo avesse saputo.
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