3.
Mel riuscì ad inghiottire solo pochi bocconi, e già fu un successo rispetto agli ultimi giorni appena trascorsi. I tre ragazzi, dal canto loro, si impegnarono a non metterla in imbarazzo chiacchierando di argomenti lievi.
-Non mangi più?- Le chiese infine Calum.
-No.. scusa- mormorò lei, a disagio.
-Su. Vieni- la sorprese Mike, alzandosi da tavola e facendole cenno di seguirlo.
La precedette aprendo la porta chiusa di una stanza dove Mel sgrano' gli occhi. Una batteria faceva bella mostra di sé, al centro. A lato vi erano un basso, due chitarre elettriche ed una acustica, e dietro, appoggiati al muro, alcuni strumenti a percussione.
Dimentica di sé stessa, a Melissa si illuminarono gli occhi, andando a sfiorare la chitarra che prima aveva visto abbandonata sul divano.
-Sai suonare?- Le chiese Mike.
Mel si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, prendendo in mano lo strumento con una destrezza che diede la risposta al ragazzo.
-Una vita fa la sapevo suonare- affermò infine lei, mentre si faceva passare la cinghia sulla spalla, che però era talmente lunga da farle arrivare la chitarra praticamente alle ginocchia.
La ragazza la osservò per qualche momento, sfilandosela poi di dosso e mormorando:
- È davvero un bello strumento.-
-Te ne intendi?- Chiese Mike. Era curioso di avere dettagli sulla sconosciuta che aveva appena finito di dormire sul suo letto.
Lei negò col capo, sfuggendo il suo sguardo e sfiorando appena il piatto della batteria.
Alle spalle di Mike comparvero Ash e Calum, tutti e tre inquadrati dallo stipite della porta.
Melissa sentì su di sé i loro sguardi.
-Siete bravi?-
I tre scoppiarono a ridere, prendendosi in giro da soli.
-Non saprei..diccelo tu- fece Ash, con un sorriso a trentadue denti, mentre andava a recuperare un cajon sedendovisi sopra. Calum regolò il volume dell'impianto al minimo, per non svegliare Luke, e imbracciò il basso; Mike andò a sedersi sullo sgabello con la chitarra acustica tra le mani, e Mel si sedette a terra a gambe incrociate. Quei tre erano sufficientemente strani da meritare il suo interesse e la sua fiducia.
Suonarono un paio di brani che Mel non conosceva, ma che le piacquero tantissimo.
-Siete bravissimi- constatò, mentre Luke entrava barcollando. Aveva l'aria di un cadavere.
-Si può sapere cosa state facendo senza di me?!-
-Ti abbiamo svegliato..è colpa mia, scusa- li giustificò subito Melissa, con le mani nascoste dalle lunghissime maniche della felpa di Michael.
-Non preoccuparti- le sorrise lui, sentendo un moto di tenerezza per quella ragazzina disastrata.
Mel si alzò in piedi, ma il ragazzo la sorprese sedendosi accanto a lei e tirandola giù per una manica.
I ragazzi ripresero a suonare, ed anche se Luke accennò soltanto a qualche verso, completamente raffreddato, Melissa si perse tra le note, dimenticando per qualche tempo i suoi pensieri.
-Ok, direi che Luke ha definitivamente la febbre- constatò Mike accennando al ragazzo steso sulle gambe di Mel che si era addormentato di nuovo.
-Cazzo, siamo così noiosi?!- Commentò Calum, suscitando una risatina di Melissa, la quale si stupì più di loro a sentire quel suono uscirle dalle labbra: le era totalmente estraneo.
Luke si era addormentato come un bambino sulle sue gambe, steso sopra alla moquette, ed in effetti pareva febbricitante. Melissa gli sfiorò la fronte, sentendola obiettivamente molto calda.
-Sarà meglio farlo tornare a letto- decise Ash, ed assieme a Mike lo fecero alzare e lo accompagnarono a stendersi.
Nel frattempo, Calum e Mel tornarono in cucina, iniziando a rigovernare i piatti in tacito accordo. Era il meno che potesse fare per sdebitarsi, pensò la ragazza, sentendo un barlume di serenità darle un momento di tregua dallo stato di miseria in cui si stava barcamenando negli ultimi tempi.
-Di dove sei? Sei nuova qui, vero?- Le chiese Cal.
Mel annuì, senza girarsi a guardarlo.
-Non ti ho mai vista, prima di ieri- insistette lui.
-Mi sono trasferita dieci giorni fa. Ho iniziato a frequentare soltanto ieri- spiegò laconicamente lei.
Cal annuì, facendo cadere il discorso. Non voleva essere opprimente.
Ash e Mike tornarono in soggiorno. A Mel venne in mente all'improvviso di aver saltato la dose di gocce di Alprazolam del mezzogiorno; si imbarazzo', non volendo farsi vedere mentre le prendeva, ma non voleva nemmeno tornare a stare male come prima di iniziare la cura. Andò verso il suo zaino, estraendo la boccetta e nascondendola in un pugno, sentendo tre paia d'occhi sulla schiena.
Degluti' a vuoto, indecisa.
Poi li sorprese, girandosi e chiedendo a Calum, che stava maneggiando i bicchieri:
-Posso aver un po' d'acqua, per favore?-
Il ragazzo annuì, porgendole un bicchiere pulito e la bottiglia.
Con mani tremanti Mel li appoggiò al bancone, rivelando infine la boccetta che teneva tra le mani.
-Sono un fottuto casino, mi dispiace- si scusò, mentre Mike faceva un cenno di intesa ad Ashton.
-Te le ha prescritte un medico?-Si sincero' Mike. Lei annuì.
Ash e Cal distolsero lo sguardo, fingendosi impegnati a riordinare, mentre Mike si sedette accanto a Mel, guardandola contare. La fece sobbalzare posando saldamente una mano sulla sua per fermarne il tremore, e aspettò che contasse fino a venti. Poi le porse l'acqua, la guardò diluirle e berle con una smorfia. Conosceva bene quel sapore amaro. Subito dopo la attirò a sé con un braccio. Mel lo lasciò fare, esausta, sentendosi come un naufrago che si appiglia ad un tronco per rimanere a galla.
-Andiamo a fare due passi?- Le propose lui. Melissa annuì, riconoscente.
Mike aprì un ombrello gigantesco, facendola sorridere di nuovo, e le porse il braccio con una espressione buffa.
Si incamminarono sotto al diluvio universale, incuranti dei marciapiedi allagati e delle sferzate di pioggia sulle gambe, sentendosi entrambi un po' scemi ed un po' allegri.
La tregua durò, per Mel, fino a quando rientro' a casa, quella sera. Aveva rifiutato l'invito dei ragazzi di fermarsi a cena, preferendo togliere il disturbo, ed aveva rifiutato anche che Mike la riaccompagnasse, prendendo l'autobus.
Appena entrò in casa, la realtà della propria condizione le precipitò addosso come un treno. Si appoggiò al retro della porta d'ingresso, scivolando giù fino a terra, e rimase così, immobile, per un tempo infinito.
Pensieri indicibili le attraversarono la mente.
Se Michael o sua madre avessero visto in che stato versava, si sarebbero immediatamente precipitati da lei, preoccupati che potesse fare qualche gesto avventato. Ma Mel non l'avrebbe mai fatto: sarebbe stato troppo semplice, cancellare la propria miserabile esistenza in un batter d'occhio. Anche se era un pensiero allettante, lei si meritava di sopravvivere al disastro, per averne il rimorso in eterno. Si meritava di soffrire.
Michael rimase silenzioso per tutta la sera.
Era un atteggiamento che gli era congeniale, ma quella sera era particolarmente perso nei suoi pensieri, tanto che Calum lo richiamò, esasperato:
-Allora, giochi decentemente oppure no?!- Alludendo al controller che teneva tra le mani.
-Scusa Cal; vado a letto- decise, restituendogli tutto con un moto di insofferenza.
Entrò in camera per trovare l'amico sveglio.
-Come stai?-
-Una merda- fu la risposta.
-Vuoi qualcosa? Ti porto da bere?-
Luke accenno' alla bottiglia ed al bicchiere sul suo comodino; ci avevano già pensato gli altri.
Mike si spogliò, rimanendo in boxer, ed infilò una maglietta gettandosi infine sul letto.
-Cos'hai?- Gli chiese Luke, riconoscendo lo stato di tensione dell'amico.
Mike non rispose subito, perso a seguire con gli occhi percorsi immaginari tra un punto e l'altro del soffitto, creando delle figure geometriche invisibili. Era una fantasia che lo aiutava a calmarsi.
Dopo un po', rispose.
-Penso a Melissa. A cosa possa esserle successo. Vorrei poterla aiutare-
-Ma lo stai già facendo- osservò Luke.- E poi non la conosci nemmeno. Perché ti preoccupi tanto?-
Mike sospirò, incrociando le braccia dietro alla testa.
-Non la conosco, ma è come se la conoscessi. Riconosco quello sguardo.-
Luke intese subito, e rabbrividi' al ricordo di un cornicione. Ad una mano titubante che finalmente aveva afferrato la sua. Scacciò il ricordo, dicendo invece:
-Non possiamo allertare qualcuno? Vive da sola? I servizi sociali?-
Mike scosse il capo.
-Sai a cosa mi fa pensare? Però non prendermi in giro- lo avvertì il ragazzo.
-Mi fa pensare alle farfalle, hai presente che hanno una polverina invisibile sulle ali, che permette loro di volare? Che se le prendi in mano e la polvere si toglie, non riescono più a volare? Ecco..io la vedo così. All'apparenza è tutto ok, ma..-
Mike non finì la frase, vergognandosi, convinto che l'amico lo avrebbe canzonato per quello stucchevole paragone, ed invece Luke lo sorprese:
-Per la miseria, Michael. Come puoi startene lì sdraiato, se pensi che voglia fare una cazzata?!- Sbottò, indignato.
Mike si girò verso di lui con quello sguardo un po' folle che Luke amava:
-Sai una cosa? Hai ragione-
E, detto fatto, si re-infilò saltellando i jeans.
-Il cellulare- sorrise il biondo, indicandoglielo.
Mike gli fece l'occhiolino, ed uscì.
Trovare la via di Mel fu difficile; indovinare la casa quasi impossibile. La ragazza gli aveva accennato alla zona, riferendosi ad una stanza di un residence universitario; la fortuna, o la sorte, giocarono a suo favore. La vide passare davanti alla vetrata spalancata, al secondo piano.
Mel sentì bussare. Poteva essere soltanto la padrona di casa, per cui non guardò nemmeno dallo spioncino, aprendo direttamente e trovandosi di fronte il ragazzo dai capelli rosso fuoco che le sorrideva.
Ammutolita, lo guardò entrare in casa sua, passandole di fianco.
Chiuse la porta, continuando a dargli le spalle. Con la sensibilità data dalla sofferenza, aveva intuito che quel ragazzo strano avesse una vaga idea di come si sentisse, e gliene fu grata, ma non riusciva a guardarlo negli occhi.
-Non voglio che tu mi dica nulla, solo, lasciami stare qui con te-
Melissa annui'.
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