Certo non posso spaccare il mondo. -Catherine

Il giorno dopo a scuola sono come uno Zombie privo di cervelli di cui cibarsi: uno straccio. Questo perché ieri non ho dormito un nanosecondo. Detesto il liceo eDetesto Alexandra Faym; penso che mi abbia già inflitto il colpo di grazia ieri, che il suo scopo fosse solamente spaventarmi a morte facendo diventare la mia vita da povera liceale un inferno costringendomi a rinchiudermi in una cella imbottita di cuscini per il resto della vita: quindi pericolo scampato, no?... No. Nonostante tutti i miei discorsi mentali di auto incoraggiamento, la mia mente respinge il fatto che non ci sia nulla di cui preoccuparsi. Anzi, ho proprio paura che il colpo di grazia debba ancora arrivare. Sono proprio una cretina e una rammollita, penso, mangiando da sola un'immensa porzione di spaghetti in sala mensa.

Il resto della settimana è stato un disastro: ho fatto la figura della scema (cioè, figura della Catherine, visto che Catherine ormai vuol dire scema) durante l'ora di scienze, perché un deficiente mi ha suggerito una vera idiozia: "Allora , Hamilton, mi sa dire di cosa stiamo parlando, visto che si può permettere di osservare la natura di New York fuori dalla finestra?" Risatine. "Emm...di... cucina elettrica." Risatine e un due. La mia vita fa schifo in questo momento. E mica è finita: a quanto pare siamo in prima elementare, al posto che al liceo, perché a un'oca sghignazzante -segugio di Alexandra Faym, è venuta la brillante idea di levarmi la sedia quanto mi stavo per sedere: caduta a mo' di mozzarella e risatine, specialmente da parte della tenera Alexandra. Dulcis in fundo, ho dimenticato il libro di testo in biblioteca; sperando che nessuno abbia commesso atti vandalici o abbia rubato quel povero libro, torno in biblioteca correndo a perdifiato.
Arrivo col fiatone e un terribile fetore di muffa alle narici. Trovo il mio libro appoggiato sul tavolo in cui mi ero seduta prima, ma c'è una gomma appiccicata sulla copertina e appena si apre il volume c'è una dedica molto idiota, ma che mi servirà da lezione: "Smemorata, non sei alle medie!
By B.C."
Ha proprio ragione, però; bisogna che Catherine si dia una bella svegliata.
Prendo il libro sporco con mani tremanti per il ribrezzo e la testa girata per non vedere la gomma; che ha assunto una sfumatura giallo- verdastro. Bleah, che schifezza, mi ricorda quelle che attaccavano alle medie sotto i banchi: semplicemente disgustose.
Stacco la gomma dalla copertina che ora ha assunto una patina giallina da vomito; ci appiccico un fazzoletto sopra e me lo metto in borsa.
Mi avvio verso l'uscita, ma un libro mi colpisce violentemente il ginocchio e sono costretta a massaggiarmelo continuamente per alleviare il dolore. Risatine... ma che diamine è?
<< Psss. Psss, ragazza nuova? Matricola? Primina?>> Ignoro. È l'unico motivo per sopravvivere a questa maledetta scuola e a tutte le cattiverie che ho subito da quando sono arrivata. Ne ho abbastanza degli scagnozzi di Alexandra Faym e dei loro dispetti infantili e perfidi allo stesso tempo.
<<Smemorata? Libro lurido? Disgraziata? Maledetta? Biancaneve?>> Ora basta.
<<Piantala immediatamente>> Lui si gira, sorride e mi fa un cenno con la mano: "Chiamami", sussurra.
Dall'altro lato del tavolo quella megera, insulsa, cretina di Alexandra, lancia risate acute che nemmeno un pipistrello riuscirebbe a emettere un suono così fastidioso: <<Dai... Bret, povera principessa, non dovresti turbarla tanto, non è bastata la gomma sul libro e qell'enorme tomo sulla gamba? Lasciala in pace, è compito mio spaventare le principesse o infastidirle...>> Ho perso totalmente il controllo; sento le narici fremere e un grosso nodo a ciambella che mi si stringe in gola, soffocandomi la voce mentre dico a quella cornacchia delle cose di cui mi pento appena ritorno cosciente e la rabbia mi rende di nuovo vedente: <<Ma che diavolo di problema hai tu? Lasciami alla mia vita e non guardarmi nemmeno se ti do fastidio. Sei solo un'oca convinta di sapere tutto, mentre non sai niente, proprio niente della vita! Io... io... giuro, non ce la faccio più, se mi volevi rovinare la vita ci sei riuscita... c'è riuscita già questa scuola! Ora lasciami in pace, per piacere!>> Urlo, guadagnandomi subito una bella occhiataccia dalla bibliotecaria. Quando torno cosciente sono sul bordo delle lacrime e mi rendo conto di quello che ho detto, mi rendo conto che ora mi farà a pezzi, ma non mi importa, dovevo pur sfogarmi .
Lei si alza dalla sedia nonostante tutti i richiami dell'amica affinché  smettesse e si sedesse, e mi guarda con i suoi occhi nerissimi, minacciosa, ma poi si risiede e ride, torna seria e mi guarda: <<Biancaneve, sei brava a recitare, ma la mia ira deve ancora placarsi... lasciami divertire ancora uno po!>> Mi fa l'occhiolino e in quel gesto ho trovato la giusta ragione per aprire i cancelli alle lacrime, lasciarle andare. Me ne vado persa nei singhiozzi, domandandomi ripetutamente cosa ho fatto per farla arrabbiare. Entro a casa con gli occhi rossi e il giubbotto bagnato di gocce di pioggia simili a palloni da spiaggia traslucidi; ho il mascara sbavato da pioggia e lacrime, e ho la faccia completamente umida e salata di pianto. Se è quest'effetto che fanno la frustrazione e il dolore, meglio non provarlo più così intensamente: sembro una ragazza appena uscita dall'imminente cast di un terribile film horror, con tanto di premio Oscar per migliore attrice-zombie.
Calpesto la moquette tanto sgraziatamente che produco un fracasso allucinante, fatto che allarma mia madre e la scattare come una furia fuori dalla cucina, dove era intenta a preparare il sugo, imbratrandosi tutto il grembiule.
<<Cat aspetta, dove vai ? Che è successo? Vieni immediatamente qua!>> Io non mi fermo e continuo a produrre lacrime a fiotti dagli occhi, che ormai sono coperti dalla patina del mascara sciolto. Lei mi insegue per tutta la scalinata scricchiolante fino alla mia camera, che sbarro a chiave prima che lei possa entrare, ma nulla può fermare la signora Hamilton quando si tratta della sua figlia primogenita.
TUN TUN TUN. << Cat, apri. Mi sto preoccupando... che ti è successo?>> Questa volta mi degno di risponderle, per paura di invaderle la testa di strane idee. << Mamma vai, tranquilla, continua fare quello che stavi facendo... sono solo cose che passeranno prima o poi... vai, tranquilla>> dico, interrotta da fragorosi singhiozzi.
<<Catherine fammi entrare!>> Urla lei, quasi in lacrime. Provo pena per lei: deve subire tutte le mie lacrime e i miei problemi, perciò le dico di andarsene, almeno ci provo nel modo corretto...
<<Mamma è sempre la solita ragazza... ha solo varato il limite come immaginavo... io... sto bene, sono solo frustrata>> Ma è più di quest. Sono disperata, è impossibile capire come questo genere di bullismo possa metterti in ginocchio in questo modo; ti prosciuga il cervello, qualunque cosa tu dica o faccia, verrà schiacciata dal sarcasmo e dalla cattiveria delle parole. Non sei mai colpevole, vittima, ma allo stesso tempo devi subire tutta la rabbia del tuo aguzzino. È proprio questo lo scopo del bullismo verbale, sfogare tutta la propria ira, usando la cattiveria per ingigantire le colpe inesistenti della vittima. È una cosa assurda e crudele.
<<Mm...va bene Cat, ma tra poco vieni a cena.>>

Alle otto non mi faccio vedere; mi sono addormentata tra le lacrime.
È una sensazione pari a ingoiare un melone intero tutto d'un fiato. Stordisce. Attorno a me c'è odore di chiuso e lacrime, un odore acre.

TOC TOC TOC.
<<Mamma dai, ora vengo.>> Sento la porta strisciare perché la persona che cerca di entrare è molto bassa, tanto che non riesce ad aprire la maniglia.
Mi scappa una risatina che mi sconvolge il sistema nervoso.
<<No zono mamma.>> Sorrido a Sofia, mia sorellina, coi suoi bei boccoli d 'oro, i suoi occhi verdi e le sue manine di velluto. Mi manca molto non poter stare con lei tutto il pomeriggio come prima; ormai i compiti mi tengono impegnatissima.
<<Entra Sof, ti ha mandato mamma?>> Lei scuote la testa e agita una mano in cui tiene una bambola dai capelli arruffati e castani, con indosso un vestito che usavo io per le mie Barbie.
< < No !Chatrine,sono qui solo per fati vedere la mia babola! Guarda, è uale a te.>> La prendo con me e me la porto vicino al cuscino; prendo la bambola e mi viene quasi da piangere. Sofia, quasi se ne accorgesse si sporge per toccarmi una guancia con un ditino; glielo porto alla bocca delicata e lei ride di gusto; tutto questo mi commuove, e mi ricordo che ho una famiglia, una cucciolina che mi aspetta a casa ogni volta che torno da scuola e una madre che è sempre pronta a prestarmi il suo tempo e le sue attenzioni. Commossa e spinta da una carica diversa, prendo Sofia, scendo le scale e ceno come una ragazza normale: no problem. Certo non posso spaccare il mondo, ma posso aspettare, aspettare di arrivare a casa, aspettare di avere una distrazione.
Ma mai spaccare il mondo contro Alexandra Faym. Mi basta questo.

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