2 - Tutte le stelle
Sollevo gli occhi, incontrando due glaciali e freddi pronti a scavar nei miei. Un leggero rossore mi invade le guance prima che io possa distogliere lo sguardo dal suo. Non credo sia molto più grande di me, ma la sua altezza e il modo in cui aggrotta le sopracciglia mi ha incusso un certo timore. Continuo a studiarlo dal suo riflesso, seppur confuso, ed esamino quel che non si sfuma. I capelli scuri e la sua figura ferma, intoccabile, sono l'unica cosa che posso distinguere. Nessun tratto, dettaglio o particolarità. Mi è dato ciò da vedere ed è ciò che continuo a guardare, nulla più.
-"Ti senti bene? Sembri...afflitta." S'avvicina di un passo, cosa che istantaneamente fa ritrarre me.
-"Sto bene, ma mi hai spaventata." Ammetto a viso basso, sfuggendo ancora ai suoi occhi.
-"Non ne avevo intenzione. - percepisco la distanza ripristinarsi - Non immaginavo di incontrare qualcuno qui. - ride piano, per poi smettere - Sono Joseph."
-"Amber."
Dopo esserci presentati un certo silenzio pieno d'imbarazzo è calato tra noi due, facendomi sentire ampiamente a disagio in sua presenza, più di quanto già lo fossi. Osservo con attenzione i fili d'erba disposti intorno a me, troppo presa dall'imbarazzo per permettermi di sollevare nuovamente lo sguardo verso il ragazzo. Poco dopo la voce di Joseph invade le mie orecchie, riuscendo ad attirare nuovamente la mia attenzione verso sé e la sua figura.
-"Questo bosco fa bene all'anima." quasi sussurra. Mi ritrovo ad annuire, d'accordo con le sue parole rilasciate in un sospiro.
Ispiro profondamente l'aria fresca che ci circonda e tutti i momenti trascorsi qui riaffiorano come fiumi d'acqua fresca, per cui faccio un lieve sorriso nostalgico, prima di sedermi sull'erba. La prima volta che venni qua non persi tempo a tuffarmi in acqua; fu come rinascere lasciandomi alle spalle tutto il male del mondo. Ricordo ancora come inspirai con avidità ogni soffio d'aria che mi solleticasse il naso, come riempii i polmoni e concessi al mio cuore di iniziar a battere regolarmente, senza nulla che potesse alterarlo.
-"Vieni spesso qui?" domando con gli occhi chiusi e il viso rivolto verso l'alto, lascio che gli ultimi raggi caldi del sole di Novembre possano accarezzarmi e mi beo del loro tocco morbido. Poi, presa da un certo coraggio, apro gli occhi e li concentro sul ragazzo di fronte a me, e mi permetto di guardarlo, di guardarlo davvero. Capelli neri e sbarazzini, sopracciglia folte e scure, naso dritto e le labbra piene. E poi, gli occhi. Così glaciali da darmi i brividi, così belli da volervi annegare.
Si siede svogliatamente al mio fianco, poggia i gomiti sulle ginocchia e guardando di fronte a sé con aria malinconica, non colma il silenzio creato a causa del suo tacere.
Che abbia anche lui un qualche pensiero che lo tormenta?
Annuisce solamente, nulla più. Non provo a spezzare il rumore di niente, poiché non è imbarazzante come il precedente, anzi, è quasi rilassante.
Guardo nuovamente l'acqua limpida e vi gioco con le dita nonostante sia letteralmente ghiacciata, creando dei piccoli vortici. Raccolgo una pietra grigiastra da sott'acqua e me la rigiro tra le mani, osservandola con attenzione. Ha una forma molto carina; credo che potrebbe somigliare a un cuore, se non fosse per i lati rovinati che creano delle curve irregolari che la rendono indefinita.
Un po' come il mio.
-"Anche tu immagino." dice. Mi volto nuovamente verso di lui, notando così il suo sguardo fisso su di me. Ha disteso le gambe sull'erba e posato le braccia dietro la schiena, e ora vedo con piacere che sembra visibilmente molto più rilassato rispetto a poco prima.
Annuisco. Mi distendo sull'erba guardando come le ultime luci del tramonto abbiano lasciato spazio ad un meraviglioso cielo stellato e lo ammiro con aria sognante; è quasi magico venire qua durante la notte.
Di solito vengo nel bosco durante la sera e a volte rimango fino alle prime luci del mattino, per assicurarmi che non ci sia nessuno che possa importunarmi e rimanere sola con i miei pensieri almeno qui, ma a quanto pare oggi i miei piani sono andati in fumo, anche se devo ammettere che non mi dispiaccia del tutto.
Inizio a collegare con gli occhi le numerose stelle luminose poste sopra di me, cercando le costellazioni in esse. Mi è sempre piaciuto farlo; cercarle mi trasmette una certa pace e tranquillità. Anche Joseph si distende al mio fianco e con le braccia m'indica qualcuna di esse. Mi addormento ascoltando la sua voce calda, mentre parla delle meravigliose luci sopra di noi.
Questo, è l'unico posto in cui io mi sento felice.
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Mi risveglio dal mio sonno profondo per via dei raggi solari riflessi debolmente sul mio volto. Sbadiglio svogliatamente e mi guardo intorno come sperduta, cercandolo al mio fianco, ma non lo trovo.
Joseph - il ragazzo di ieri notte- se n'è andato lasciandomi qui, da sola, al freddo.
Molto mascolino da parte sua.
Mi alzo e passo una mano sulla felpa ripulendola dalla terra polverosa, sbuffando. È tutta umidiccia e non riscalda un granché adesso. Metto le mani nelle tasche tentando di riscaldarle; fa un po' freddo per restare qui, perciò decido di tornare -a mio dispiacere- alla mia monotonia. Inizio a incamminarmi verso la mia auto, percorrendo la strada tra alberi vestiti da foglie giallastre e altri sempreverdi, che colorano la mia prospettiva visiva. Arrivata davanti alla mia vettura, trovo un foglietto ingiallito e rovinato dall'umidità ripiegato su se stesso posato sul parabrezza. Lo prendo e con attenzione inizio a leggerlo parola per parola.
*E' stato un piacere conoscerti, Amber. Spero di poterti rivedere presto, magari qui.
-Joseph*
Scuoto il capo leggermente e sorriso divertita; è stato proprio uno strano modo per conoscere qualcuno. Riporto i ciuffi di capelli sfuggiti alla coda dietro l'orecchio e alzo il viso verso il cielo, notandolo poi in conflitto con se stesso indeciso se far brillare il sole in tutto la sua bellezza oppure oscurarlo con le sue nuvole grigiastre.
Come il mio animo insomma.
Conservo il biglietto nella tasca anteriore dei miei jeans scuri, salendo poi in auto. Mi stupisco che sia riuscito a trovarla, solitamente la posteggio ben nascosta per evitare brutte sorprese. Per sapere che fosse la mia, credo che venga in questo posto da abbastanza tempo da sapere che la gente viene molto raramente, e perciò ha capito senza neanche sforzarsi troppo.
Metto in moto facendo partire l'auto lentamente, quasi come se io non volessi realmente tornare a casa. Il cellulare inizia a vibrare; il nome di papà lampeggia sullo schermo con insistenza, tanto da farmi venire l'emicrania. Lo ignoro volutamente e accelero la velocità stringendo fortemente tra le mani il volante; non voglio parlare con lui, non adesso che sto tornando dall'unico posto in cui io riesca a dimenticarmi di lui e di tutti i nostri problemi. Continua a chiamare interrottamente; quando capirà che non ho intenzione di rispondere a nessuna delle sue chiamate?
Sbuffo; non deve condizionare il mio umore. Me lo ripeto in continuazione, ma non accade mai per come prestabilisco.
Dopo all'incirca quaranta minuti sono davanti casa, che a dirla tutta mi ci vuole un certo coraggio a chiamarla così. Ho passato la maggior parte del mio tempo tra lavoro, il bosco e a casa del mio migliore amico Tyler. Per me non è nient'altro che un ammasso di brutti ricordi con il solo scopo di rendere le mie giornate un inferno.
Mi colloco di fronte la porta e neanche mi è dato il tempo di aprirla, che viene spalancata con tale forza tanto da farmi sobbalzare. Mio padre è di fronte a me; tiene la mascella serrata, la sua postura è rigida e lo sguardo minaccioso. Faccio finta di nulla e lo sorpasso con nonchalance entrando in casa velocemente. Poso sul divano lo zainetto che avevo portato con me la sera precedente, in caso mi fosse servito qualcosa, e mi avvio verso la cucina per sgranocchiare qualcosa. Ho una fame terribile, ed essere nervosa peggiora solamente le cose.
-"Dove sei stata tutta la notte?!" Mi sgrida sgolando fortemente la voce. Mangio velocemente un biscotto alle gocce di cioccolato trovato nella credenza, mi volto verso di lui e con distacco rispondo, cosa che mi richiede piuttosto coraggio.
-"Non sono affari che ti riguardano. Sono abbastanza grande da badare a me stessa."
Volto lo sguardo verso di lui, e noto con poco stupore che i suoi occhi sembrano minacciare di uscirgli dalle orbite per via della rabbia, mentre una vena inizia a pulsare evidentemente sul suo collo. Le sue iridi azzurre come abissi sono talmente fredde, spente. Guardarlo negli occhi mi ha sempre trasmesso una certa tristezza; sentirsi trafiggere il petto tramite un unico sguardo non è affatto bello, ciò ha sempre avuto un certo effetto lacerante sul mio ego.
Sospiro per poi andarmene nella mia stanza a prendere degli abiti da indossare per il lavoro. Una volta recuperato il necessario, vado a farmi una doccia veloce tentando di rilassarmi nuovamente come qualche ora prima, ma mi risulta a dir poco impossibile.
Una volta aperto il getto d'acqua fortunatamente calda, chiudo gli occhi e tento di respirare regolarmente, abbandonando in qualche parte della mia mente l'agitazione presente nel mio animo. Strofino con forza la spugna sul mio corpo quasi a voler sfogare la mia rabbia interiore, soprattutto sui lividi violastri e le cicatrici che decorano vistosamente la mia pelle pallida. Un urlo di dolore abbandona le mie labbra; qualcuno di questi fa ancora molto male.
Mi asciugo e tremolante per via del freddo mi vesto di tutta fretta. Una volta terminato il tutto, esco nuovamente da casa ignorando le occhiatacce scalfenti di mio padre che tentano d'incutermi timore, al momento invano. Una volta arrivata al locale, mi dirigo verso lo spazio dedicato personale. Apro il mio armadietto e prendo il grembiule da tenere durante il servizio, per poi indossarlo velocemente. Una volta finito faccio una coda alta ai miei capelli biondi, dirigendomi verso il banco per servire i primi clienti appena arrivati.
-"Amber, tutto bene? Non hai una bella cera." Osserva il mio capo; Samantha. Le annuisco iniziando a dare una sistemata ai dolci presenti nella vetrata, tentando di sfuggire dai suoi occhi indagatori pieni di preoccupazione.
Non mi piace mentirle; è sempre stata talmente buona con me fin dal primo momento da quando ci siamo conosciute; è davvero una brava persona, sempre disposta a voler dare una mano al prossimo in cambio di un semplice sorriso. È straordinaria. Con i suoi capelli color cenere e gli occhi grigi, contornati da un'aria stanca causata dal tempo ormai passato e che mai più potrà tornare. Con tutte le sue immense sfumature caratteriali, nessuna di esse esclusa o lasciata in disparte.
Annuisce a sua volta, segno che con il tempo ho imparato a riconoscere come Non ti credo, ma facciamo finta sia così. Se ne va a conversare sorridendo di cortesia ad alcuni clienti, lanciandomi di rado alcune occhiate attente e vigili.
Continuo a svolgere il mio lavoro per l'intera mattina, fin quando un uomo dall'aria seria e composta, si pone di fronte i miei occhi, volendo volutamente richiamare la mia attenzione sulla sua figura.
-"Ragazzina, sapresti dirmi dov'è Samantha? Abbiamo alcuni affari di cui discutere." Inarco un sopracciglio e lo fisso con uno sguardo interrogativo e confuso; tralasciando l'arroganza presente nel suo tono di voce dovuta, a non so quale motivo, sembra un tipo piuttosto...singolare.
Porta degli occhiali da sole, cosa alquanto stupida, poiché fuori c'è un vento pazzesco e il cielo è ricoperto interamente da nuvole grigiastre. I capelli brizzolati di bianco sono sistemati all'indietro con del gel che li tiene fermi e composti, rendendoli lucidi e compatti in un'unica forma. Dai vestiti che indossa, deduco sia una persona importante o qualcosa del genere, il che spiega il suo atteggiamento pieno di superiorità verso il prossimo, quasi gli altri fossero solo polvere attaccata alle sue costosissime scarpe firmate.
Gliela indico con un cenno del capo, passando uno strofinaccio sul bancone dopo che qualcuno accidentalmente ha rovesciato il proprio caffè. Mi ringrazia con un tono abbastanza freddo e distaccato, quasi superbo, ma lascio stare. Guardo la scena da lontano; Samantha sembra destabilizzarsi dopo averlo visto, ma come a suo solito tenta di non darlo a vedere. Iniziano a parlare molto animatamente; sono proprio curiosa di sapere di cosa stiano parlando. Samantha ha assunto una postura rigida e un'espressione seria a cui l'uomo reagisce ringhiando aspramente. Non mi piace per niente la piega che sta prendendo la loro conversazione, così decido d'intervenire.
Servo velocemente un cliente, chiedendo agli altri di aspettare qualche minuto e che presto servirò anche loro. Mi avvicino al mio capo e a quell'uomo strano con passo deciso, determinata a interrompere qualunque cosa stia turbando Sam. Una volta entrata nel loro campo visivo smettono improvvisamente di discutere, facendo tacere le loro bocche istantaneamente. M'inserisco tra loro due, esaminando attentamente la situazione.
-"C'è qualche problema, signore?" domando col viso volto verso l'uomo, il quale mi rivolge un mezzo ghigno, quasi a volermi cacciare dal territorio, probabilmente non capendo che appartiene al mio capo e in seguito a noi dipendenti. Samantha s'intromette, poggiando con cautela le mani sulle mie esili spalle, quasi impaurita.
-"Nulla di cui tu debba preoccuparti. Torna a lavorare, su!" Mi spinge leggermente indicando il bancone circondato dai clienti impazienti di esser serviti. Titubante decido di obbedire, non prima di aver lanciato un'occhiataccia all'uomo tanto misterioso.
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La giornata passa così; servendo un cliente dietro l'altro, preparando caffè e bevande varie al minuto, e rivolgendo alla gente un sorriso che sa tanto di finzione come da copione giornaliero.
Finalmente il mio turno finisce, per cui mi tolgo il grembiule da lavoro e vado a cambiarmi il più veloce possibile, impaziente di adagiarmi e concedermi una benedetta dormita nel mio amato letto caldo.
Faccio per andarmene, ma subito dopo mi ricordo dell'uomo strano di quella mattina. Vado nell'ufficio di Samantha, impaziente di scoprire di più su quello strano accaduto. Busso e senza attendere un permesso apro di scatto la porta, facendo sobbalzare il mio capo. La guardo attentamente mentre sistema alcuni documenti con un'aria alquanto nervosa, cosa che mi lascia particolarmente più confusa rispetto a qualche minuto prima.
Cosa diavolo sta succedendo?
-"Sam va tutto bene?" Mi azzardo a chiedere, tentando di mantenere un certo tatto delicato sulla questione.
-"Alla meraviglia.- Ride nervosamente, levando di torno i numerosi fogli e mettendoli negli appositi cassetti, appartenenti alla scrivania.- Perché me lo chiedi?" Continua.
-"Sembri nervosa." dico con tono dubbioso. Mi avvicino a lei sospettosa, tenendo le sopracciglia corrugate.
-"Amber non preoccuparti, è solo una giornata no." Dal tono che usa, sembra insicura delle sue stesse parole. Decido però, di non indagare oltre al momento; scoprirò tutto a tempo debito.
Me ne vado da lì irrequieta; sono sicura che sia stato quell'uomo a renderla così nervosa. Per quale ragione? Non l'ho mai visto qui, non credo neppure sia un suo amico o familiare; me lo avrebbe detto.
La conosco abbastanza da costatare che la situazione sia molto seria. Non reagirebbe mai così per una cosa di scarso valore o abbastanza superflua da poter benissimo sorvolare.
Persa nei miei pensieri mi dirigo a casa di Tyler, il mio migliore amico da anni ormai. È come un fratello per me; dalla prima volta che ci incrociammo da bambini, abbiamo iniziato a essere quasi dipendenti l'uno dall'altra, costruendo un rapporto indissolubile durato fino ad oggi. Il tempo è capace di tutto, come rafforzare o spezzare un rapporto, spazzare via ogni certezza o ancorarla fortemente al suolo.
È chiaro come il sole quale sia la nostra situazione a riguardo.
Il nostro legame è a dir poco indistruttibile; mai niente e nessuno riuscirà a cambiare ciò.
Neanche tra un milione di anni.
Arrivo di fronte casa sua e mi affretto a suonare il campanello con energia, impaziente che apra. Poco dopo mi accoglie con un'espressione accigliata, penso dato l'orario comune all'ora di pranzo, ma dopo essersi ripreso dalla sorpresa, mi rivolge un caloroso sorriso seguito da un abbraccio stracolmo di affetto fraterno.
Lo stringo fortemente anch'io, felicissima di vederlo nuovamente.
-"Gioiello che ci fai qui?" Sorride ancora accogliendomi dentro casa. Il soprannome è nato dalla gemma di nome Ambra, una volta pensato a questo paragone all'età di undici anni non ha più smesso di chiamarmi così, non che mi sia mai dispiaciuto, anzi.
Non l'ho mai dato a vedere, ma adoro quando mi chiama con nomignoli strani. Mi fa sentire speciale, cosa che non ha mai fatto nessuno in vita mia.
-"Mi andava." Rimango vaga e mi dirigo con passo svelto verso il salotto, per poi sedermi sul divano di pelle grigia, guardandomi intorno.
-"Dov'è Tobias?" domando al mio migliore amico, cercando con lo sguardo il protagonista della mia frase.
-"Dovrebbe essere in giardino." Riflette Tyler, facendomi poi cenno di seguirlo in cortile. Mi lascio guidare, fin quando qualcuno non si lancia addosso a me lasciandomi cadere sull'erba fresca.
-"Ciao Toby! -Rido, mentre il cagnolone continua a farmi le feste e leccarmi con una certa passione - Mi sei mancato anche tu!" Anche Tyler inizia a ridere, levandomi poi il cane di dosso, o almeno ci prova.
Tobias è un grosso, enorme Rottweiler dagli occhioni dolci e il pelo morbido, il carattere dolce e giocherellone.
Un cucciolone in pratica.
Tyler dice sempre che quando l'ha trovato non era in buone condizioni; aveva numerose ferite sparse per tutto il corpo. Fortunatamente dopo vari tentativi, si è fidato del ragazzo al mio fianco lasciandosi curare.
Alzo lo sguardo, per via della foga con cui Tobias prova a leccarmi il viso, notando che è finalmente spuntato il sole tra tutte le nuvole che oscurano l'immenso cielo posto sopra il nostro capo.
Tyler in questo momento è come baciato da esso; i riccioli rossi naturali diventano come rame alla luce e i suoi occhi color nocciola hanno assunto un colore spettacolare. È un bel ragazzo, ma non glielo dirò mai. È già abbastanza presuntuoso così, non voglio innalzare il suo ego più di quanto lo sia già.
Inizio ad accarezzare il cane, riservandogli numerose coccole e carezze, a cui il rosso si unisce palesemente allegro.
Mi alzo da terra dopo un po' insieme a Tyler, e dopo aver smosso la polvere dai vestiti, torniamo in casa seguiti da Tobias e finalmente, possiamo accomodarci nuovamente sul comodo divano.
-"Devi raccontarmi qualcosa?" Mi domanda il mio migliore amico, facendo uno strano sorriso. Mi viene quasi da ridere. Sembra lui quello stranamente caduto dalle nuvole dopo un qualcosa di fantastico.
-"Stavo per chiederti la stessa cosa." Ed ecco che a questa frase i suoi occhi iniziano a brillare pieni di vita; è chiaramente successo qualcosa di memorabile e non vedo l'ora di scoprirlo.
-"Hai presente quella ragazza di cui ti parlavo spesso?" Poggia i gomiti sulle ginocchia intrecciando le dita tra di esse. Le guance adesso sono leggermente arrossate e un sorriso si fa largo con prepotenza sul suo volto.
-"Rebeckah?" Mi accerto. Lui annuisce continuando a sorridere come un ebete. Ci scommetterei qualunque cosa che stia per esplodere, ma non vuole darlo a vedere.
-"Le ho chiesto di uscire e...per dirla breve, ha accettato." Sorride. Lo abbraccio fortemente per l'emozione, venendo subito ricambiata. È una notizia a dir poco fantastica!
-"Sono così contenta per te! Te lo meriti." Mi allontano, continuando a sorridergli. Dopo quello che ha passato qualche anno fa al liceo, è il minimo. Una ragazza gli ha spezzato il cuore senza alcuna pietà, quando lui, dolce come pochi, per dichiararsi a lei, le portò una meravigliosa rosa rossa. In cambio ricevette un frullato tra i capelli e la derisione da parte di tutta la mensa. Fortunatamente dopo svariato tempo gli è passata, rendendolo molto più forte moralmente. Credo che non gli pesi più tutto ciò che gli ha fatto passare, ma nonostante ciò è stato molto difficile vederlo totalmente ferito e fatto a pezzi per via di uno stupido amore non corrisposto.
Rebeckah invece -stando a quello che dice- sembra totalmente l'opposto di quella ragazza. Dolce e dal carattere forte. Mi racconta spesso dei suoi occhi color della terra, così scuri ma anche così belli tanto da vederci il mare.
Sembra davvero preso da lei e sono contenta che stia andando tutto per il meglio.
-"Tu invece?" Mi chiede. Scrollo le spalle; non succede mai nulla nella mia vita da esserne orgogliosa. Dentro mi porto solamente un vuoto sconfinato impossibile da colmare, un dolore talmente grande da non saperlo descrivere. Non credo nessuno lo capirà mai.
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