Ossessione

"James, ci siamo visti poche ore fa, che succede?" Amber titubava al cellulare per quella chiamata in piena notte.

"Sei sola?" la sollecitò con poca grazia.

Lei sospirò. "Non ti avrei risposto se non lo fossi."

"Devo vederti, fammi salire, sono qui sotto." le intimò senza tanti complimenti.

"Perché dovrei? Mi sembri alterato."

Lo sentì tossire. "Ti prego, ne ho bisogno... ti pagherò il doppio."

La donna avvertì un moto di sofferenza e decise di capire quello che gli stava succedendo.

"Va bene, sali, ma vedi di calmarti."

Gli aprì il portone, passò davanti allo specchio e si riassettò il pigiama maschile di seta grigia, annodò i capelli in una crocchia e lo attese sulla porta.

Entrò come una furia, scarmigliato e frastornato, la giacca aperta, la camicia stropicciata con delle macchie di sangue sul collo, ma era sobrio.

"Che ti è successo? Per tua fortuna sono amica di Gabe o ti avrei lasciato di sotto." Cercò di calmarlo prendendo del tempo, vide la ferita. "Che hai fatto al labbro?"

"Niente...ho preso uno spigolo." si toccò il taglio con le mani che tremavano.

Mentiva, nei suoi occhi c'era un velo scuro, non la vedeva, né la sentiva, segno evidente che, la sua mente, era altrove.

Sogghignò alzando le braccia e indicandole la camera.

"Voglio le tue attenzioni." Si portò la mano all'inguine. " Ti pago, che problema c'è? Tanto lo fai con tutti."

Evitava di guardarla e, contrariata per quell'arroganza fastidiosa, sbottò.

"Dico, ma sei impazzito? Hai una doppia personalità per caso? Ci siamo lasciati ore fa ed eri...diverso."

Lui non ascoltava, non aspettò il permesso, si tolse la giacca e la camicia e si diresse nella camera.

Era l'ombra del ragazzo gentile che aveva incontrato allo Stoddard, e cercò di placarne l'irruenza.

Si voltò impaziente, guardandola incattivito mentre si liberava della maglietta, la donna si fermò turbata sulla porta della stanza.

James sorpreso dalla sua incertezza, l'aggredì verbalmente.

"Sei stata con un vecchio! Ora ti faccio sentire com'è un vero uomo."

Si toccò le parti basse, mostrandogli la voglia già evidente e buttò gli indumenti nella poltroncina sotto la finestra.

La giovane si rese conto che era accaduto qualcosa in quelle poche ore che lo aveva trasformato nella delirante persona che si ritrovava davanti.

Usò la solita tecnica per mitigare l'aggressività dei clienti.

"Quanto sei focoso! Sai che mi piace fare sesso con te." disse in tono seducente.

Gli accarezzò l'erezione che gli premeva sui calzoni senza tanti complimenti.

James ansimò, non voleva aspettare, la prese per i fianchi e si strusciò al suo corpo imponendole tutta la propria durezza.

Amber non reagì, si mantenne calma, modulò la voce per assecondarlo.

"Che fretta! Abbiamo tempo, tutto quello che vuoi." Gli leccò il collo e risalì per mordicchiargli l'orecchio.

Cercava di capire il motivo della sua furia, forse ne aveva suscitato la gelosia, quando si erano visti allo Stoddard ed era in compagnia di un altro uomo.

Molte volte si era ritrovata in situazioni simili e si era sacrificata per gestire clienti focosi che volevano solo sfogarsi. Si impegnava a domarli per farli rientrare in riga, ma lui sembrava non rendersi conto di quello che stava facendo.

Lo allontanò spingendolo per il petto, ammiccando e inumidendosi le labbra con la lingua, con il ginocchio si sfregò contro l'erezione.

Mugolò attirandola a sé, la baciò sul collo, la succhiò avido. Era impaziente, troppo, l'unica mossa da fare fu quella di contenerlo, si tolse il pigiama di seta grigia lasciandolo cadere sul pavimento. Rimase con l'intimo di pizzo e gli offrì il corpo sinuoso, intuendo che non si sarebbe fermato.

James sembrava stravolto, l'avvinghiò con forza, le infilò la mano nel tanga e lo sfilò. Fece scivolare le dita misurando il suo piacere, arrivò alla vagina umida e tesa e la penetrò senza darle il tempo di adattarsi. La giovane si contorse e gli riuscì difficile sopportare quell'intrusione dolorosa.

"Ne vai pazza, vero?" sibilò con la voce roca.

Ritirò le dita bagnate e le portò alla sua bocca. Lei, obbediente, le succhiò, ammiccando e strusciandosi sulla voglia che era sempre più evidente, finché lo vide gemere incontrollato.

Lo spinse sul letto cercando di prendere il controllo. Si slacciò il reggiseno, mettendo in mostra il seno sodo e i capezzoli turgidi. Lui si adagiò, appoggiando i gomiti e lasciando le gambe pendere dal bordo, mentre stringeva gli occhi e la guardava intontito.

Amber strusciò con il piede il cavallo dei pantaloni, lo ripeté più volte, mettendo in mostra la sua apertura.

Il giovane abbandonò la testa all'indietro, farfugliando un nome che non era il suo.

"Cazzo...Margot..."

Non aveva bisogno di altre conferme: Era la donna che voleva, capitava spesso a quelli che erano stati respinti dalla ragazza che amavano.

Lo liberò dai calzoni e dai boxer bagnati dall'eccitazione ormai allo spasimo.

Si chinò e gli leccò tutta la lunghezza. James boccheggiò e si lasciò cadere nel letto, cercò di calmarlo risalendo il corpo con delicate carezze e baci lungo tutto il petto accaldato.

Ma lui reagì, aveva fretta, la prese sgarbato per i fianchi, si avventò a succhiarle i capezzoli turgidi.

"Non ho tempo per i convenevoli." Esordì cupo, la girò bruscamente, facendola finire sotto.

Amber sapeva cosa avrebbe fatto smanioso di possederla. Non si sarebbe fermato per indossare il preservativo, non l'ascoltava. Li conosceva bene gli uomini prepotenti e in quel momento, era uguale ai molti che aveva sopportato.

James le aprì le cosce con rabbia e, presa alla sprovvista arpionò le mani alle lenzuola per cercare di non tradire il dolore.

"Ora vedrai, Margot, quanto so essere uomo." Inveì con il volto sconvolto.

La vagina era esposta, lui si chinò e la bocca frenetica scese sempre più sotto, fino a penetrarla con la lingua.

Lo vide contrarsi, la ferita sul labbro si riaprì, mischiando il sangue al suo umore. La succhiava con forza. La donna si arcuò per assorbire lo spasmo, nascose la smorfia che le segnava il viso.

Il giovane parve incattivirsi, si sollevò e la incalzò aspro

"Dimmi Margot, quanto ti piace? Non puoi resistermi, vero?"

Mugolò fingendo piacere per calmarlo e accompagnarne la lussuria, eppure sentiva che c'era dell'altro in quella violenza insensata.

"Non avrai mai un uomo con un cazzo come questo. Guardalo, è tutto per te!" Si alzò e le mostrò il membro teso, bagnato di precum.

Continuava a chiamarla Margot confondendo la realtà e la voglia prepotente di amare quella donna che l'aveva rifiutato.

Amber proseguì nel gioco erotico rassegnata alla situazione che si era creata.

"Ti voglio dentro di me. Fottimi James." mormorò celando l'inquietudine.

"Sì Margot, te ne darò di più e di più. Mi implorerai di fermarmi." Sibilò privo di ritegno.

La penetrò con un colpo di reni così forte che la lasciò senza fiato, non ebbe il tempo di ammortizzare le sue spinte, voltò il capo di lato per non mostrare il dolore che le provocava, ansimò e gemette fingendo.

Il giovane spingeva con foga, aumentando il ritmo.

La donna lo afferrò per i fianchi, allacciò le caviglie sulla sua schiena, attutiva gli urti cercando di resistergli, fingeva che fosse il godere che le cambiava l'espressione del volto, ma soffriva.

"Siete tutte delle puttane, sei una stronza Margot, ora godi per me."

Stravolto le bloccò le mani sopra il capo. Amber non reagì e lo assecondò. Rantolava, chiudeva gli occhi e sussultava sudato, mentre mormorava più volte il nome che aveva nella mente e che colmava il suo erotismo.

"Guardami e dimmi che ti piace." Lui gridava e si contorceva in preda alla frenesia.

Mormorò poche frasi sconnesse per placarlo.

"Sì, ti voglio, ora, subito, ti prego." Era in lei, duro e gonfio, prossimo all'apice.

Per un istante parve rinsavire, rallentò il ritmo, ma fu solo per penetrarla con più accanimento.

"Lo senti tutto, vero? Chi è il mezzo uomo impotente adesso?"

Imprecò, le lasciò le mani, si appoggiò con le braccia tese al letto per aumentare la forza della penetrazione.

Nonostante la sofferenza che la segnava, realizzò che in quella frase ci fosse il motivo del suo cambiamento, l'ossessione che aveva dentro. Mosse l'inguine infuocato, doveva spingerlo all'orgasmo. Strinse le natiche e incastrò il pene facendolo godere e spasimare.

Piantò le unghie nei suoi glutei così forte che lo fece urlare di dolore e di eccitazione. Lo attanagliò e lo bloccò su di sé, stringendolo nella vagina contratta.

Lo vide abbandonarsi in cerca di aria, la testa scivolò all'indietro, ebbe un attimo di smarrimento come l'avesse riconosciuta.

"Amber! " farfugliò tra lo strazio e un lamento addolorato, mentre un fiotto caldo la inondava.

Fu invasa dal suo seme, mentre condivideva quel contatto fisico estremo. Si era preclusa da tempo all'orgasmo, fingendo spesso, incapace di provare piacere.

Le crollò letteralmente al fianco e uscì dalla vagina senza considerare il movimento. Uno spasimo acuto le increspò le labbra.

Sconvolto, con la voce rotta, si guardò il pene umido, si rivolse alla giovane per avere una conferma.

"Lo vedi?" Stranito, gli occhi lucidi, la implorò. "Hai visto quanto ne avevo?"

Si girò, con il membro ancora turgido e bagnato.

Sconcertata, con il capo sul cuscino, la sofferenza nel corpo, lo osservò disorientata nel vederlo mettersi in mostra e nominare lo sperma.

"Sì, l'ho visto e l'ho sentito. Adesso mi riconosci?" Rispose senza cattiveria, per non urtarlo di più.

La guardò disperato, mentre prendeva coscienza di quello che le aveva combinato.

"Ti ho maltrattata peggio della prima volta. Cosa ti ho fatto Amber!" Si portò le mani al volto e singhiozzò incapace di trattenersi.

Si girò di spalle, balbettando privo di fiato. "Mi dispiace! Vedevo solo Margot!"

C'era qualcosa che lo tormentava e lo trasformava in un violento. Ora capiva molto di più di quell'uomo che non sapeva gestire la sua sessualità.

Gli toccò la schiena, la gentilezza di quella carezza lo fece rabbrividire. Tremava e sussultava, e lei avvertì il cuore mancarle un battito.

"Perché non mi dici quello che ti sta succedendo? Sarebbe più facile per me sopportare la tua rabbia. Dimmi, chi è?"

Non si voltò cercando di trovare il coraggio, le rispose afono.

"E' mia moglie e l'amo ancora. Non sono riuscito a darle un figlio." Non completò la frase e lei percepì tutto il suo rammarico.

Gli accarezzò la spalla, ignorando la parte furiosa di poco prima. Non era impaurita, né addolorata per la sua irruenza, e dopo tanto tempo, riusciva a comprendere l'angoscia di un'altra persona che soffriva quanto lei.

"L'andrologo ha confermato la mia sterilità. Ho pochi spermatozoi e non sono attivi." La voce si spezzò, tradendo la sofferenza che lo opprimeva.

"Margot pensa che le abbia nascosto la verità fin da quando l'ho sposata. Mi considera un mezzo uomo, un impotente che nessuna donna vorrebbe al suo fianco. È succube del padre e il nostro matrimonio è finito per questo."

Ora sapeva il motivo della rabbiosa libidine.

"Essere sterili è diverso da diventare impotenti. Non devi dimostrare la tua virilità perché non ne hai bisogno."

La sua voce tranquilla lo calmò mentre gli massaggiava la spalla. Poteva sentire l'angoscia del giovane attraversarle il corpo. Altre volte aveva visto i suoi clienti cedere, ma lui sembrava smarrito.

Cercò di farlo girare, ma capì che c'era dell'altro. Rimase in silenzio, paziente, aspettando che si sentisse pronto a parlare, dopo un po', ammise confuso.

"Stasera, a casa, ho cercato di baciarla e lei mi ha respinto. Ho perso la testa e l'ho costretta a ricambiarmi con la forza. Mi ha morso per difendersi. Sono un fottuto mostro!"

Alzò lo sguardo colpevole, il volto rigato dalle lacrime.

"E' importante che tu non le abbia fatto del male." lo affermò sicura della sua buona fede.

Spinto da quella gentilezza inaspettata, le raccontò tutto ciò che era successo dopo essere tornato alla villa.

Alla fine dello sfogo, capì quello che stava passando e ne avvertiva tutta la sofferenza, dovuta a quella separazione matrimoniale che gli veniva imposta.

Amber, che percepiva un'attrazione immotivata per quel giovane irrequieto, sentiva anche un senso di fastidiosa consapevolezza: era ancora innamorato.

Silenziosi, si osservarono stremati. Erano nudi, sdraiati nel letto sfatto, spostò le gambe per farlo stare comodo, ma una smorfia di dolore la tradì.

Si fece pallido, si sollevò per guardarla meglio.

"Cosa ti ho fatto? Cristo! Mi sono comportato da animale!" esclamò angosciato, esaminando il suo corpo delicato.

"Non è niente, sei stato troppo focoso." le uscì un sorriso tirato, che non lo tranquillizzò per nulla.

Con le mani insicure, dopo averla guardata negli occhi cercando il consenso, le spostò le cosce bianche. L' espressione mutò, strinse la bocca e la ferita che aveva lo fece sussultare.

"È solo qualche livido, non preoccuparti, passerà presto," disse cercando di minimizzare.

"Sono un bastardo!" Provato dal rimorso le accarezzò dolcemente la guancia.

Vacillò, colta di sorpresa, ma non si ritrasse vinta dalla sua premura.

"Mille volte ti chiederei di perdonarmi, e sono certo che lo faresti, anche se non lo merito."

Asciugandosi le ultime lacrime, indossò i boxer e si avviò nel bagno. "Prendo un asciugamano. Resta dove sei."

Lei lo osservò silenziosa, conscia di non essere lucida: Era tornato lo stesso James impacciato e gentile conosciuto allo Stoddard.

Riapparve con l'aria provata, si sedette accanto e la pulì, rimuovendo lo sperma e lenendo il rossore che le aveva provocato. Alla fine, le posò un bacio casto sulla fronte.

"Scusami, so che non lo desideri, ma mi sento in colpa." abbassò il capo, "avresti dovuto frenarmi! Perché hai permesso che ti trattassi così!"

"Non volevo che sfogassi la tua rabbia con la prima ragazza che ti avesse abbordato." Allungò la mano pallida e gli strinse il braccio. "Per il resto, non so fare altro, questa è la sola strada che ho imparato."

"Che dici? Tutti abbiamo altre possibilità!" fissava le vecchie cicatrici che la segnavano, si soffermò con lo sguardo nell'interno delle cosce, dove le erano rimasti dei segni scuri lasciati dai clienti violenti.

Lui cambiò espressione quando notò quelle ferite.

"Gabe ti ha detto qualcosa di me?" chiese guardinga, temendo di essersi scoperta troppo.

"Solo che sei francese e che qualche volta ti ha aiutato come medico. Non è un pettegolo." rispose coprendola con il lenzuolo.

"Allora non pensare a me, né a ciò che vedi, fa parte del mio lavoro."

Sollevò gli occhi guardandola amareggiato. "Farsi torturare non è un lavoro."

Non riuscì a rispondere, confusa per quella frase inaspettata. Non desiderava parlare del suo passato in quel momento.

Il giovane percepì tutta la sua esitazione nel lasciarsi andare, consapevole del fatto che si conoscevano da poco.

Affermò con calma: 'Non preoccuparti, sarò qui per ascoltarti quando vorrai.'"

L'aiutò ad alzarsi e non le chiese altro, lei si sentì sollevata, il cuore le batteva forte. "Grazie James, ma va bene così."

Indossò la vestaglia e si diresse verso il bagno.

"Scusami ancora." balbettò mentre si lasciava cadere nel letto.

Entrò nella doccia e lo osservò ancora una volta, stordita da quello che gli stava accadendo.

Lui si coprì con il lenzuolo, portò le braccia dietro alla nuca, fissando il soffitto frastornato. Sussultò un paio di volte poi lo vide chiudere gli occhi.  

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