Capitolo 2 "Ultimo primo giorno di scuola"

Mia

Roma. 14 settembre.

Un suono squillante si infiltra nel mio sogno. Ogni equilibrio che si era stabilito all'interno decade.

Incomincio a prendere coscienza e a iniziare a rendermi conto che piano piano sto tornando alla realtà.

Con gli occhi ancora chiusi tendo la mano verso il comodino, alla ricerca dell'aggeggio che emette quel suono fastidioso.

Riesco a spegnerlo e mi godo ancora un po' il calore che c'è sotto le coperte.

Non ho voglia!

Poi sento un rumore, dei passi.

Il mio battito cardiaco incomincia ad accelerare e l'adrenalina si fa spazio nel mio corpo.

Conosco molto bene quei passi, e so ancora meglio le conseguenze se non mi alzo.

Scatto all'in piedi e mi fiondo in bagno.

"Mia sei sveglia?"

"Si papà"

"Io sto partendo, ci vediamo quando torno."

"Va bene."

I passi diventano sempre più lontani.

Inizio a rilassarmi.

Osservo il mio riflesso allo specchio, le occhiaie pronunciate, i capelli scompigliati e gli occhi ancora più allungati e più gonfi del solito.

Mi lavo il viso e i denti, mi metto il deodorante e poi mi dirigo verso il mio armadio.

Non ho molti vestiti, e la maggior parte sono tutti estremamente larghi.

Decido di indossare un pantalone nero e una maglia del medesimo colore.

Inizio a tirare il lembo del tessuto, che stringe sulla pancia.

Continuo a farlo fino a quando ai miei occhi, il mio corpo sembra meno grasso del solito.

Indosso le scarpe, le solite.

Mi guardo allo specchio ancora una volta e come ogni mattina, mi vergogno.

Mi vergogno del mio corpo, mi vergogno delle scarpe rotte che indosso, mi vergogno delle mie mani poco curate e con le unghie tutte mangiate, mi vergogno del pantalone che indosso, talmente consumato da avere mille buchi e mille cuciture.

Sospiro quasi sollevata all'idea che questo, sarà l'ultimo anno di scuola.

Scendo in cucina nella maniera più silenziosa possibile.

Il mio zaino nero mi aspetta vicino all'uscio di casa.

Lo posiziono sulle spalle e dopo aver preso le cuffiette e le chiavi di casa, chiudo la porta.

Nonostante siamo a metà settembre, a quest'ora Roma è ancora avvolta nel buio e nel mistero che la notte riserva.

Data la grossa distanza da casa mia alla scuola, esco di casa quando la città è ancora silenziosa.

Prima di avviarmi alla fermata del pullman, mi soffermo un momento ad ascoltare il silenzio che regna in questa caotica città.

Ci sono davvero poche persone in giro a quest'ora. C'è qualcuno che porta il cane a passeggio prima di andare a lavorare, chi fa jogging rischiando di inciampare sui san pietrini delle strade mal ridotte e chi invece, come me, si sveglia molto presto per andare a scuola.

Mi avvio verso la fermata, "la bella e la bestia" di Achille Lauro risuona nelle mie orecchie e mi tiene compagnia.

Arrivata alla fermata, levo lo zaino e inizio a frugare in un buco sotto i libri.

Trovate le sigarette ne estraggo una posizionandola sulle labbra.

Prima di accenderla controllo l'orario di arrivo dell'autobus.

-orario di arrivo alle 6.50- direi che ho tutto il tempo di fumare.

Mi siedo sulla panchina di ferro mentre osservo la sigaretta consumarsi.

Qualche istante dopo, vedo un'ombra avvicinarsi.

Giro la testa e un ragazzo alto cattura la mia attenzione.

Viene nella mia stessa scuola, ma non ho mai avuto il coraggio di rivolgergli la parola.

È scioccante come io sia talmente attenta ai dettagli, da avere quasi la sensazione di conoscere le persone anche senza avergli mai rivolto la parola.

Finita la sigaretta mi alzo e la butto nel cestino apposito. Una mano mi sventola davanti obbligandomi a levare una cuffietta e a stoppare la musica.

"Scusa hai da accendere?"

"Si, tieni" dico porgendogli l'accendino.

Lui si accende la sigaretta, mi ridà l'accendino e mi ringrazia.

Rimango a fissarlo con l'accendino in mano.

Un altro dettaglio si imprime nella mia mente: occhi verdi.

Ma non sono dei semplici occhi verdi. Sono occhi tristi, occhi rabbiosi, occhi che possono trafiggerti l'anima con un solo sguardo.

Cerco di darmi un contegno e di ricordarmi di non gioire troppo di questo contatto tra me e lui.

Ma la bambina che è in me si sente speranzosa di aver trovato qualcuno che finalmente l'abbia notata.

Saliamo entrambi sul pullman, io mi siedo vicino alla finestra mentre lui tira dritto verso il fondo.

Arrivo davanti a scuola, mi accendo un'altra sigaretta, nell'attesa che arrivi Maya, la mia migliore amica.

Sblocco lo schermo del mio telefono ed entro su Instagram.

Mentre scorro nella home vengo distratta da due braccia che mi avvolgono.

"Buon ultimo primo giorno di scuola miamia" dice Maya sorridente.

"Buon ultimo primo giorno di scuola Mayamia" dico ridendo.

Entriamo a scuola.

Ci soffermiamo sulla bacheca nel lungo corridoio per cercare il piano della nostra classe.

Per essere una scuola costruita nel 1900 è comunque moderna.

L'entrata dà su un lungo corridoio, dove si trova la presidenza e il gabbiotto dei bidelli.

Verso sinistra c'è un piccolo piazzale in cui ci sono le macchinette per gli intervalli.

Ogni piano della scuola ha due macchinette, una per le bevande e l'altra per qualche spuntino.

Possiede tre piani e ogni piano ha 7 classi che lo compongono.

I muri sono colorati di giallo e adornati dagli scarabocchi degli alunni che in questi anni sono stati qui.

Probabilmente hanno scelto questo colore, credendo di rendere questa scuola più luminosa, ma a me sembra ogni giorno sempre più cupa.

"2° piano, dopo una sigaretta morirò sicuramente a metà rampa"

Maya ride e mi fa segno con la mano di entrare per prima.

Arrivate in classe ho il fiato corto, ma faccio un ultimo sforzo e corro verso gli ultimi posti.

"Anche quest'anno gli ultimi posti sono nostri" dico mentre batto il cinque a Maya.

"Come ti senti?" mi chiede lei mentre mi siedo sul banco.

"Bene, non vedo l'ora che quest'anno passi, non ho davvero più voglia di studiare"

"Si, anche io. Hai sentito che la 5B quest'anno si unirà alla nostra classe?"

"Cosa? Perché?"

"Un sacco di gente si è ritirata, altri sono stati bocciati. Quindi hanno deciso che avrebbero unito le classi così da poter utilizzare l'aula per fare un'altra prima"

Cazzo, quindi occhi verdi sarà in classe con noi quest'anno.

"Indovina chi sarà in classe con noi quest'anno?"

Ci scambiamo uno sguardo di intesa.

"Esatto, Leonardo."

"Wow, quindi dovrai passarci 8 ore al giorno con la tua cotta?"

"Si, e a quanto pare si è anche mollato ad inizio estate, quindi chissà forse è arrivato il mio momento."

Sto per replicare quando due voci gravi mi distraggono.

Entrambe giriamo la testa verso la porta e rimango meravigliata nel constatare che occhi verdi è amico di Leonardo "l'irraggiungibile".

"Sarà un anno lungo " dico a Maya prima di prendere posto e rimettere le cuffiette.

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