Cap. III
«Denise! Dove sei stata tutto questo tempo?!» la madre era in pensiero e la stava aspettando da diverse ore nonostante la cena pronta.
Denise infatti era rimasta ad osservare il tramonto perdendo la cognizione del tempo, aspettando addirittura le stelle sempre ferma nella stessa posizione.
«La cena si è freddata, mangiamo insieme?» aveva continuato sua madre che vedeva sempre la figlia molto abbattuta e voleva chiacchierare con lei per distrarla o allegerirla da tutto quel peso.
Era sempre stata a conoscenza del carattere di sua figlia, troppo sensibile a certi temi e paure che la vita le metteva davanti.
Si sentiva anche responsabile delle sue preoccupazioni e Denise non l'aveva mai risparmiata da tale dolore.
«Mamma calmati! Sono appena le nove, sai che Matteo mi prende sempre tantissimo tempo! E poi non ho fame!» era scoppiata senza nessun apparente motivo Denise, aveva risposto mentendo e il tono non era sfuggito alla madre.
Ma lei non sopportava questa sua apprensione e preoccupazione continua.
«Ma fuori è buio e tu non rispondi mai a quel cellulare! Cosa te lo porti a fare se ogni volta che ti devo dire qualcosa di importante tu non rispondi?» la madre era furiosa, aveva provato diverse volte a contattarla mentre le situazioni più disperate le passavano in mente.
«Perché? È successo qualcosa di brutto?» e mentre lo diceva il primo pensiero di Denise era subito andato a Lorenzo.
Non sapeva neanche lei perché si preoccupasse tanto solo per lui, infondo Matilde non le aveva fatto niente, ma le ricordava troppo suo padre che per fortuna quella sera non era tornato a casa.
«Non è successo niente, solo che sarebbe potuto e tu non mi avresti risposto!» aveva detto dispotica sua madre.
«Mamma adesso basta, la prossima volta chiama Rebecca» e con questa ultima frase Denise era andata a chiudersi in camera cercando di non sentire attraverso i muri di cartongesso dai quali ogni singola parola che sua madre continuava a ripetere, rimbombava nella stanza.
Rebecca era la madre del bambino di quinta elementare che Denise aiutava nei compiti e nella preparazione alle medie.
Lei lo definiva un "bambino", ma a undici anni era molto piú maturo di una Denise alla sua età.
Lei ricordava di giocare con le bambole, di immaginare mondi immensi nei quali tutti andavano d'accordo; Matteo invece sapeva cose che lei non poteva neanche pensare, già bastava il fatto che fosse un esperto in tecnologia, giochi online e cellulari e lei, imbranata ancora adesso se si ripensava alla sua età, non era sicura che sarebbe riuscita a stare dietro a tutto.
Non era molto attento dal punto di vista scolastico.
La prima volta che era stata da lui per fare i compiti insieme, dovevano leggere un testo banale e rispondere a delle domande.
Matteo non aveva capito una parola di ció che aveva letto.
Da lí Denise aveva preso la decisione di portarlo una volta al mese in biblioteca.
«La lettura apre la mente», gli ripeteva spesso, ma lui sembrava non darle retta.
Aveva fatto comunque passi da gigante da allora.
Ora erano entrambi a metà anno.
Denise si era già persa nei pensieri che sempre l'accompagnavano, soprattutto aveva iniziato a pensare all'esame di maturità imminente.
Si chiedeva come sarebbe arrivata in quel periodo, se i pochi mesi che distavano da quella parte così importante della sua vita l'avrebbero resa diversa da ció che era ora.
Aveva deciso di non cenare, non sapeva neanche lei il perché, ma l'appetito le era completamente scomparso.
Si era stesa sul letto e aveva messo le cuffie per lasciarsi un po' trasportare dalle note di una canzone qualsiasi, ma sua madre entrando in camera sua, non aveva pensato nel suo stesso modo.
«Denise, mi dispiace litigare sempre, ma mai una volta che mi ascolti! Te lo chiedo per favore e per l'ultima volta, tieni quel cellulare acceso, sai quanto io mi preoccupi».
Da quelle semplici parole Denise si era improvvisamente ricordata perchè la madre le stesse sempre tanto addosso, aveva capito dal suo tono e dai suoi occhi preoccupati a cosa si riferisse ed era tornata indietro con la mente di alcuni anni.
Era successo sette anni fa, lei avevo undici anni.
La mamma aveva troppe faccende da sbrigare, Denise stava giocando con la casa delle bambole ed era stata disturbata da una richiesta che non l'allettava per nulla.
«Per favore, vai al market qui davanti a comprare due panini? Il tuo puoi riempirlo come preferisci, per me cotoletta e insalata» aveva chiesto sua madre in tono supplichevole.
Ovviamente lei non aveva assolutamente voglia, ma aveva comunque preso il suo monopattino e si era incamminata verso il market.
Nella sua testolina pensava ancora alle sue barbie, Anna e Simona; le aveva fatte litigare per gioco, ma sperava comunque che al suo ritorno le avrebbe trovate a fare la pace.
Ed era successo tutto in un attimo, forse non aveva visto lei, forse non si era accorta la donna alla guida.
Si era sentita sollevare e aveva sbattuto la testa contro il vetro della macchina che l'aveva investita, rompendolo.
Era poi caduta dal lato destro e fortunatamente la macchina sull'altra corsia si era fermata, se no solo Dio sa dove sarebbe finita.
Si era risvegliata vedendo molta gente attorno a lei, voleva alzarsi, dire che stava bene, voleva la sua mamma, ma riusciva solo a pronunciare dei versi incomprensibili.
E poi delle urla «è mia figlia, è lei, la mia bambina, Denise!» provenienti dall'altro lato della strada.
Vedendola cosí spaventata non aveva potuto trattenere le lacrime e prima ancora che si avvicinasse, si era addormentata.
Del viaggio in autombulanza non ricordava nulla, si era svegliata in ospedale e la prima cosa che aveva visto era stata la sua mamma che teneva stretti Matilde e Lorenzo.
I due, poverini, la guardavano con gli occhi pieni di grandi goccioloni e la loro gioia quando aveva aperto gli occhi era inspiegabile.
Nonostante la piccola e tenera età di cinque anni, le erano corsi incontro a braccia aperte, stringendola cosí forte che quasi sveniva di nuovo.
Lei peró continuava a non ricordare perchè fosse lí.
Sua madre con molta calma le aveva spiegato che era viva per miracolo e che il dottore aveva detto che era stata molto fortunata; aveva infatti solo riportato una frattura alla mano che era stata ingessata.
L'avevano tenuta lí pochi giorni e questa idea non le era dispiaciuta per niente.
Era andata a trovarla anche la donna che l'aveva investita, era scoppiata in lacrime anche lei.
Un poliziotto in borghese l'aveva vista accelerare mentre stava attraversando e l'aveva accusata di tentato omicidio.
La signora, poveretta (ma neanche tanto), stava cercando di prendere il cellulare caduto dal sedile del passeggero e senza farlo apposta, nel piegarsi, aveva schiacciato il pedale dell'acceleratore.
I giorni che erano seguiti peró, non erano stati dei piú semplici.
La prima volta che si era vista allo specchio era scoppiata in un pianto inarrestabile.
La sua faccia era completamente piena di graffi e sbucciature a causa del vetro che aveva colpito.
La paura di attraversare la strada, poi, l'aveva accompagnata per altri due lunghi anni.
Guardava sempre a destra e a sinistra e solo se non vedeva una macchina nemmeno in lontananza, riusciva a buttarsi, correndo cosí forte che chi la vedeva, lei ne era certa, la scambiava per una lepre.
È per questo motivo che sua madre era sempre in ansia per lei.
Nonostante Denise le ripeteva spesso che un episodio, non puó condizionare una vita intera, lei non si dava pace, la paura di perdere la sua bambina senza averle dato una vita felice era troppa.
Finalmente sola nella sua stanza, stanchissima e con l'ansia che l'accompagnava sempre, si era addormentata come un sasso sperando che domani fosse stata una giornata migliore.
Venerdí 8 dicembre
Quasi cadeva dal letto quando il suo cellulare inizió a squillare.
"Ma chi è a quest'ora", pensava mezza intontita.
«Pronto?» aveva cercato di dire con la voce migliore che le riusciva.
«Ma stai ancora dormendo? Dai alzati, pranziamo insieme» trillava la sua migliore amica dall'altro capo del telefono.
«Ma che ore sono?» era stata l'unica cosa che era riuscita a dire tanto aveva la mente ancora in stend-by.
«È mezzogiorno pigrona, ti passo a prendere e andiamo al McDonald's, ciao Denny» Kelly non aveva la minima intenzione di sentire un solo rifiuto e quindi più svelta di una volpe, le aveva chiuso il telefono in faccia.
Erano amiche dai tempi dell'asilo, due corpi e una sola anima, da sempre.
I momenti migliori li avevano passati insieme e sia Denny che Kelly non erano mai mancate in quelli peggiori.
Denise non ricordava bene come fossero diventate amiche, ricordava solo una scena.
Alla scuola materna c'erano tantissimi giochi, ma a loro non interessavano ed erano sempre le uniche ad andare dalla maestra Maria a chiedere fogli e pennarelli per disegnare tutto il mondo colorato che vedevano intorno.
Da lí non avevano più smesso, erano passate insieme dal mettere il gloss a mettere il rossetto, dal sostituire quelle lunghe treccie con acconciature sempre più sofisticate, dallo spiare il bambino che quando parlava con loro le faceva sempre arrossire allo stalkerare tutti i ragazzi carini che incontravano.
Per Denise lei era semplicemente la gioia piú grande, qualcuno che le alleggeriva le giornate tempestose, la sua eroina e il modello di persona che stimava piú di tutti i suoi coetanei.
Kelly era una ragazza generosa, solare, sempre allegra e disponibile con tutti.
Portava lunghi capelli neri e lisci, aveva una carnagione bianchissima e dei grandi occhi castano scuro.
Alta e magra, era una ragazza bellissima e Denise avrebbe voluto somigliarle.
Finalmente si era alzata e si era avviata con passo ondulante verso la finestra che aveva aperto per far girare l'aria.
In effetti Kelly non aveva avuto una brutta idea, il suo stomaco non smetteva di brontolare non avendo nemmeno cenato la sera prima.
Si era poi diretta in bagno, non prima però di aver scelto accuratamente il suo abbigliamento.
Aveva optato per i soliti jeans, la felpa e le nike e dopo appena dieci minuti era già pronta.
Kelly era già sotto casa a suonare il clacson.
«Dove vai? Mangi a casa?» sua madre non capiva perchè Denise saltasse così spesso i pasti.
«Esco con Kelly» l'aveva rassicurata lei.
Dopo un rapido bacio a sue madre era uscita prima che la riempisse di domande, ma era dovuta subito tornare indietro, aveva dimenticato le chiavi, il portafoglio, il telefono, la testa...
«Sei in ritardo, ma quanto ci metti ogni volta?» aveva iniziato sbuffando Kelly appena era entrata in macchina.
In realtà non le aveva dato molto tempo, ma fremeva troppo per la notizia che di lì a poco le avrebbe dato.
Era agitata, aveva paura della reazione della sua migliore amica, ma aveva cercato di nasconderle il segreto per troppo tempo e ora era giunto il momento della verità.
Denise riusciva solo a pensare una cosa.
Lei odiava le persone che arrivano in ritardo e guarda un po', era fatta della loro stessa pasta.
Ma alla fine è proprio vero, diventiamo sempre ciò che odiamo.
Un brivido le percorse la schiena. Aveva paura di diventare ciò che odiava più di tutti: suo padre.
Si portava dietro questo pensiero da molti anni e non l'aveva mai detto a nessuno.
Matilde le somigliava molto, nelle foto da bambine erano praticamente due gocce d'acqua.
Per questo non sapeva chi delle due avesse ripreso da quel mostro che chiamavano "papà".
Ma ora non c'era tempo per pensare a queste cose, di lì a poco, i suoi problemi le sarebbero sembrati veramente pochi rispetto a quelli della sua migliore amica.
Spazio autore
Volevo presentarvi al meglio una delle persone cruciali che determinerà il futuro di Denise: la sua migliore amica.
Voi avete una migliore amica?
E inoltre avete notato eh?!
Non ci facciamo mancare niente, gli incidenti nei libri di J. Mc Guire di solito sono posti alla fine, ma non ci sono schemi alla scrittura.
Cosa ne pensate della mamma di Denise?
Anche le vostre sono cosí... appiccicose?
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top