35. Ritorno a scuola
[...]
"Every inch of me is charred,
God, what happened to my heart?
I'm about to fall apart,
again, again"
[...]
Traduzione (alla buona):
"Ogni parte di me é carbonizzata
Dio, cos'é successo al mio cuore?
Sto per cadere a pezzi,
ancora, ancora."
-dal vocaloid "Again"
di Gumi English
Izuku ridacchiò mentre il giocatore del video ricevette troppi danni da caduta, morendo e perdendo.
<Ma che sfortuna!> commentò il verdolino.
<Ah, l'80% delle partite che faccio con Natsuo vanno a finire così. Nel senso, finisco IO morto come uno stupido perché non mi ricordo che esistono i danni da caduta, quei simpaticoni!> scherzò Shoto.
Izuku continuò a ridere, gli occhi chiusi e il volto "deformato" (in modo adorabile, per il bicolore) dalla risata.
<Io faccio ancora più pena, lo sai bene!> ribatté il verdolino.
<Un conto é venir uccisi perché non si é patiti e non ci si sta su ore ed ore per essere op... un altro é venire ucciso per la gravità presente nel gioco.> ribadì Shoto.
<Ok, ok, siamo entrambi due schiappe a Fortnite!> asserì Izuku e Shoto annuì, ridacchiando leggermente.
Il verdolino si girò a pancia in su, stiracchiandosi un po' nel letto.
Shoto seguì le azioni di Izuku con la coda dell'occhio e poi si mise su un fianco per osservare meglio l'altro.
Dio, quanto gli era mancato vedere Izuku così... sé stesso. Così tranquillo, rilassato, felice.
Sospirò piano.
"E pensare che domani sicuro dovrò rivederlo triste perché la settimana a casa é finita e ritornerà a scuola..." pensò il bicolore.
Infatti, era l'ultimo giorno in cui Izuku rimaneva in casa, cercando di ritornare il vecchio sé, in compagnia della madre (che avrebbe ripreso a lavorare il giorno dopo) e il bicolore che veniva al pomeriggio, subito dopo scuola.
Aveva passato l'ultima settimana più dai Midoriya che a casa propria, e gli era sembrato un sogno.
Adorava stare con Izuku, anche se ancora solo da "amico". Da quando si era confessato, non ne avevano più parlato.
Shoto sapeva che non poteva evitare l'argomento per sempre, specialmente quando gli ormoni non erano dalla sua parte, ma non se la sentiva ancora di rompere quella tranquillità che si era andata a creare.
E forse Izuku, nello stress e nel dolore, aveva dimenticato o mal interpretato le sue parole.
Però non poteva sapere che Izuku ricordava benissimo quella discussione sul tetto con Shoto e notava, ma raramente, che il bicolore gli lanciasse certi sguardi.
Ma Izuku non ce la faceva a tirar fuori l'argomento, perché avrebbe significato andare incontro alla domanda «e tu ricambi?» a cui non avrebbe potuto rispondere.
Non perché non sapeva cosa provasse; l'aveva capito dentro di sé poco prima di Shoto, quel pomeriggio all'ospedale, lo stesso in cui aveva iniziato a tagliarsi.
Amava Shoto con la stessa intensità con cui lui veniva amato dal bicolore.
Il punto spinoso era la sua stessa mente, ancora sua nemica. Le immagini mentali condizionano il comportamento di una persona e Izuku non era un'eccezione.
L'immagine mentale che lo ostacolava era quella che il suo cervello aveva su di sé.
Izuku non si riteneva all'altezza di Shoto e aveva paura di mandare a monte il legame che c'era fra loro sorpassando definitivamente quella sottile linea fra amicizia ed amore.
Perciò, preferiva rimanere nella strana situazione in cui si trovavano, formata da domande non dette per timore.
Izuku si mise a sua volta su un fianco, fissando Shoto Intensamente, cercando di rimanere concentrato sui suoi occhi.
<Che c'è?> chiese in un sussurro.
Il bicolore si disincantò e sentì il suo corpo reagire a quella vicinanza fra loro due.
Ciò che divideva i loro nasi erano infimi centimentri.
Una piccola spinta in avanti e avrebbe potuto baciarlo lì, all'improvviso, su quel letto da una piazza e mezza.
Concentrandosi su una risposta, fece: <Sto pensando a domani e a che-> e si interruppe.
Izuku comprese e, dopo qualche momento di elaborazione, sorrise.
"Dio, quelle labbra sottili... Concentrati, cervello, concentrati!" si ordinò Shoto, ri-fissando lo sguardo con quello del verdolino.
<Con te non avrò problemi, Shoto.> asserì il verdolino.
<Riponi così tanta stima in me...> borbottò Shoto, accorgendosi subito dopo di non averlo solo pensato.
Izuku lo prese per il polso (evitò accuratamente la mano, sarebbe stato troppo fraintendibile). Arrossì vistosamente, dato che comunque aveva dovuto allungare la mano fino a quelle di Shoto in ogni caso, poggiate mollenente vicino al bacino.
Anche Shoto era un po' scombussolato, nel senso "buono" del termine, ma evitò di darlo troppo a vedere, aspettando quel che aveva da dire Izuku.
Questi, rosso e con il battito a mille, asserì: <Ti darei la mia vita in mano in qualsiasi momento e mai me ne pentirei, perché so che tu mi tratterai con tutto il rispetto esistente a questo mondo.>
Per una seconda volta nel giro di poco, Shoto sentì la tensione avvolgerlo, così pesante che quasi poteva afferrarla e sbrandellarla.
Avrebbe tanto voluto farlo, cosicché quel silenzio potesse terminare e si disincantasse dal fissare le labbra di Izuku ed immaginare di baciarle.
Il momento venne rotto dallo bussare alla porta della camera.
Subito dopo la voce di Inko chiese: <Ho preparato la cioccolata calda, ragazzi... fate merenda?>
Izuku ne approfittò per mettersi subito a sedere sul letto e scenderne, dicendo: <"Facciamo", vorrai dire! La fai con noi!>
Inko aprì la porta.
<Non sarò di troppo?> domandò la donna.
Shoto si mise a sedere sul letto e fece: <Se qua dentro c'è un intruso, quello sono io.>
<Ormai tu sei di famiglia.> asserì Inko.
<E tu sei la famiglia!> la abbracciò Izuku.
Inko ridacchiò e fece: <Ok, allora merenda tutti e tre appassionatamente!>
<Brava!> esclamò con il medesimo tono ironico Izuku.
Shoto scese dal letto, grato che la situazione scomoda di poco prima fosse stata interrotta e ormai dimenticata.
•~-~•
Purtroppo, tutto iniziò ad andare storto quella sera, quando Shoto ritornò a casa propria.
Trovò poco dopo l'ingresso il padre ad aspettarlo; lo sguardo dardeggiante, molto più minaccioso delle sue fiamme, a trafiggerlo.
<Finalmente sei qua!> asserì Enji, la voce dura come la pietra.
Però Shoto non si sarebbe mai perdonato di aver dimostrato terrore davanti al padre, perciò mandò giù quella paura e fece: <Cosa c'è?>
<I tuoi voti e la tua disciplina, ragazzo.> annunciò l'uomo.
<Come?> domandò il ragazzino, non capendo, o almeno fingendo di non capire.
Sapeva benissimo a cosa il genitore si riferisse.
Il padre lo guardò chiaramente seccato, per domandare retorico: <Mi toccherà pure dirtelo, dato che pare che ti stia divertendo a ballare nel manico, no?>
Subito dopo aggiunse: <Mi sto riferendo all'ultima tua verifica, in cui sei riuscito a cavartela con una sufficienza per miracolo. Fosse stata difficile avrei potuto accettare minino un voto discreto, ma così basso per una verifica così elementare... inaccettabile, specialmente perché é il risultato del tuo pessimo comportamento e pare non importartene nulla.>
<É comunque sufficiente, non vedo alcun problema. Fosse andata veramente male... ma sono riuscito comunque a cavarmela.> ribatté a tono fermo ed atono Shoto.
<Ecco!> esclamò l'uomo, indicandolo. <Questo tuo modo di fare é inaccettabile! Questo atteggiamento di superiorità, di strafottenza, come se fossi sopra tutto e tutti! Non studiando, non allenandoti e ritenendo questa casa un albergo!> aggiunse.
Shoto spalancò leggermente gli occhi, sorpreso.
"Come...?" si ritrovò a pensare.
Enji sogghignó, crudele.
<Pensavi così tanto di scamparla per sempre? Beh, é ora di rimetterti a posto, ragazzo. Va in camera e restaci. Niente cena. Domani vai a scuola ma se, entro l'orario minimo per ritornare qua, non sei all'ingresso, vengo a prenderti io e non ti piaceranno le maniere.> impose l'uomo.
Shoto rimase muto, guardandolo adirato.
E, prima che l'altro replicasse, sfrecciò in camera propria, urlando nel mentre per ripicca: <Allora io non mi muovo da questa stanza e basta!> e sbatté la porta per rimarcare il fatto.
Peccato che ebbe lasciato la cartella all'ingresso, nello scatto di rabbia, dove dentro c'era pure il cellulare.
Il padre vi guardò subito e, trovandolo quasi all'istante, lo prese ed andò vittorioso davanti la porta della camera del figlio.
<Va bene, chiuditi pure là dentro e marciscici. Tanto quel tuo sporco amichetto non lo puoi contattare senza il cellulare che ho qua io.> constatò Enji.
Shoto, dall'altro lato della porta, spalancò gli occhi in realizzazione, congelandosi sul posto.
Aveva fatto la cazzata.
E percepì la paura montargli dentro quando sentì uno scattare di serratura. Sfrecciò verso la porta e provò ad aprirla, ma fu inutile.
Il padre aveva chiuso la porta con la chiave, la quale era nella toppa fuori.
<E ora ci resti pure lì dentro fino a che non decido io. Ogni volta fai il medesimo errore. Non devi fare lo sbruffone con me.> scandì l'uomo.
Subito dopo girò i tacchi e Shoto lo sentì da oltre la porta allontanarsi dalla sua camera.
Allora diede un pugno sulla porta, pentendosene subito dopo.
Prese a scrollare, dal dolore, la mano velocemente, sparando minacce e nomi a bassa voce.
Quando il dolore si affievolì, lo prese lo sconforto.
Era rinchiuso lì fino a data da definire.
Avrebbe dovuto esserci per Izuku.
Glielo aveva promesso e il verdolino riponeva tutta la sua fiducia in lui.
E lui, in un singolo gesto, aveva mandato a puttane tutto.
Si poggiò con la teata alla porta, sussurrando: <Dei, vi prego... fatelo stare bene.>
Ma, come spesso accadeva, le sue suppliche furono solo inutili sospiri.
•~-~•
Il mattino dopo, Izuku uscì di casa dopo mille premure e preoccupazioni della madre, la quale si stava preparando per andare a lavoro.
Il verdolino uscì con un minimo di sorriso sulle labbra, ricordando le parole che aveva rivolto il pomeriggio prima a Shoto.
Le sue guance divennero un minimo rosse dall'imbarazzo, ricordando bene la tensione che si era creata fra loro due.
"Così poco e avrei potuto baciarlo..." si disse, sentendo più caldo a quel pensiero.
Scosse la testa.
"Smettila di sognare Izuku. Metti tutto in un angolino e basta. Non ti meriti Shoto e non puoi permetterti di mandare all'aria il rapporto con lui perché sbagli qualcosa in amore." ribadì.
<Faccio prima a fare un voto di castità...> borbottò, arrivando davanti la propria scuola.
Ai cancelli non trovò Shoto ed ebbe un minimo di paura.
Dov'era?
Gli aveva promesso che sarebbe arrivato lì prima di lui, così da poterlo tenere sempre d'occhio da quando avesse messo piede oltre il cancello della scuola.
Si poggiò alla suddetta recinzione di ferro e scrisse velocemente "Dove sei?", pregando in una risposta veloce.
Appena chiuse la chat di Whatsapp, cercando un'altra app con cui distrarsi, una voce fin troppo familiare lo distrasse.
<Merdeku!> esclamò Kaeko, avvicinandosi.
Il sangue nelle vene di Izuku si gelò.
Poteva pure passare secoli in casa e provare a dimenticare il mondo là fuori, ma il mondo mai avrebbe smesso di tormentarlo e perciò di ricordarlo.
<Dov'è la tua scorta, cagna? Ti ha finalmente abbandonato?> domandò retorico Kyuno.
<V-vi prego...> pigolò il verdolino, sentendo le gambe di gelatina, mentre i tre si avvicinavano a lui ancora di più e in modo minaccioso.
"Dannazione, non posso andare indietro!" fece mentalmente Izuku, premuto contro la recinzione.
<Oh, già ritorni a pregarci? Pensavamo di doverti picchiare almeno un pochino per quello!> esclamò divertito Roky.
<E quasi é peggio per te, Merdoriya, che Bakugou si stia trasferendo e che non stia più venendo a scuola...> iniziò Kaeko, aspettandosi sorpresa sul volto di Izuku a tale notizia, cosa che non avvenne.
Il verdolino lo sapeva già, Katsuki stesso gli aveva detto del trasloco sul tetto!, e Shoto gli riferiva tutto quello di importante che accadeva in classe, tra cui ovviamente anche quello.
Kaeko, notando che la faccia di Izuku rimaneva la stessa, fece una piccola smorfia infastidita, per poi riavere il ghigno sulle labbra e proseguire col suo discorso: <... perché a noi non importa nulla del sistema scolastico o della media perfetta, come invece faceva Katsuki.>
<Preparati ad un rientro da urlo, puttanella!> "concluse" Roky, dando velocemente un pugno nello stomaco ad Izuku, che si piegò dal dolore mentre le lacrime erano ai bordi degli occhi.
<Pft... checca. Non sopporti neanche un pugnetto...> sbuffò Kyuno, spintonando Izuku, aggiungendo: <Finisci a terra subito, su, e striscia come i vermi!>
Izuku si tenne però alla ringhiera, evitando di cadere, anche se c'era mancato poco.
Approfittò del minimo secondo di pace per mettere il telefono in tasca e provare a scappare, ritrovandosi solo con un altro pugno appena sotto lo sterno.
Un verso strozzato gli uscì dalle labbra, un lamento disperato, ignorato da tutti nel giardino.
Kaeko lo prese per i capelli, facendogli alzare il volto ed incontrare il proprio.
Pochi centimetri li separavano, ma quella situazione per Izuku era rivoltante e voleva sottrarsene al più presto.
Il sorriso sghembo e malvagio di Kaeko, che animava i suoi occhi di cattiveria, metteva i brividi al verdolino.
Pareva un sadico, un criminale che gode nel vedere le vittime soffrire... Ed, infondo, non erano troppo lontani da quella situazione.
<Ben ritornato a scuola, Merdeku!> esalò a mezza voce il bullo, continuando a ghignare.
<B-b-ba-bas-s-sta...> balbettò Izuku.
<Questo é solo un assaggio del nostro "ben ritornato", Merdoriya.> promise Kaeko, staccandosi finalmente da Izuku.
Sghignazzando vistosamente, se ne andò da lì con gli altri due, diretti verso l'entrata della scuola.
Izuku si raggomitolò contro la ringhiera, quasi sedendosi a terra, le lacrime che avevano preso a scendere lungo le guance.
"Shoto... dove sei? Ho bisogno di te... ti prego..." supplicò mentalmente.
N/A: l'angolo sfogo contro Enji, i tre bulletti e me é qui ----->
Scaricare tutta la vostra rabbia e frustrazione lì, se possibile, grazie.
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