34. Lontano dal dolore
[...]
"This is my masterpiece, a tragedy, I wrote it myself
It's full of irony and blasphemy, it's practically hell"
[...]
Traduzione (alla buona):
[...]
"Questo é il mio capolavoro, una tragedia, l'ho scritta da me
È piena di ironia e blasfemia, é praticamente l'Inferno."
[...]
-da "The kid i used to know"
di Arrested Youth
Inko, appena capì che il figlio si era addormentato, lo scostò delicatamente e lo poggiò con altrettanta cura sul materasso, rimboccandogli la coperta fin sotto al mento.
"Proprio come una mamma..." pensò Shoto, sentendo una dolorosa punta trafiggerlo all'altezza del cuore. Gli mancava tanto la sua, di mamma.
Gli sarebbe piaciuto andare a visitarla, ma il passato e la paura lo tormentavano e lo bloccavano.
Scosse la testa per distrarsi da quei pensieri, non era il momento. Poteva pensarci dopo, adesso era Izuku la questione principale.
E lo sbaglio che non poteva permettersi, non poteva infrangere ancora una promessa.
Aveva fallito da piccolo a mantenere l'amicizia con Izuku.
Aveva fallito poco dopo a far stare la madre sempre felice.
Aveva fallito nel corso degli anni a non sapersi ribellare del tutto al padre e scappare come il fratello maggiore.
Aveva fallito la prima volta a proteggere Izuku.
Non voleva farlo una seconda volta.
Non voleva aggiungere un'altra rotta speranza alla collezione.
Non voleva piangere su un'altra persona che avrebbe perso per sempre... e questa volta sul serio.
<Sì é addormentato...? Meno male, merita di riposare.> sospirò a mezza voce la signora Masai, avvicinandosi al lettino.
Inko si alzò dal letto e se ne allontanò per qualche attimo, giusto per portargli accanto la sedia di plastica.
Si sedette e tenne stretta la mano al figlio.
Shoto rimase sul bordo del letto, togliendo però la mano dal ginocchio di Izuku, stringendo solo una parte del lenzuolo.
Inko si permise di piangere un'altra volta, disperata.
<I bambini, a 13 anni, dovrebbero solo avere problemucci di amore, invece di ritrovarsi fra la vita e la morte per la depressione...> singhiozzò la donna.
La signora Masai le si avvicinò e le poggiò una mano sulla spalla, dicendo sempre a bassa voce, con tono calmo: <Forse vedere uno psicologo potrebbe aiutarlo...>
<N-non voglio mettere mio figlio nelle mani di qualcun altro!> scattò Inko, ricordandosi solo alla fine della sentenza di abbassare la voce.
<Ho praticamente ignorato i suoi problemi per una cosa come 10 anni, 10 anni!, e mandarlo da uno psicologo sarebbe per me come... come lavarsene le mani! Gli ho fatto una promessa, una promessa che voglio tenere. Non voglio affidare la mente, la salute e la vita di mio figlio ad un totale estraneo.> asserì la signora Midoriya.
<Mandare Izuku da uno psicologo, signora Midoriya, non significa lavarsi le mani del problema. Significa riconoscere che c'è di base qualcosa di più grande e complesso di quello che noi capiamo. Mandarlo da uno psicologo, uno bravo, é mandarlo da uno che sa benissimo come trattare persone del genere e che sa aiutarle perché sa come funziona il nostro cervello. Almeno sotto un punto di vista comportamentivo.> spiegò l'infermiera.
<Non me la sento comunque...> borbottò Inko, sussurrando poi: <Inoltre, uno bravo può anche costare molto e forse fare nulla...>
La signora Masai la sentì perché era molto vicina e, da adulta con un modesto stipendio, capì benissimo i timori della donna.
Tolse la mano dalla spalla della verdolina e fece: <É comunque un mio consiglio, non un'imposizione. Un altro consiglio che do, é di farlo stare a casa almeno qualche giorno. Secondo me ha bisogno di stare lontano da ciò che lo ferisce e con chi lo fa stare bene...> e occhieggiò il bicolore.
Inko si girò verso Shoto e gli chiese: <Shoto, ti dispiacerebbe fare compagnia ad Izuku in questi giorni? Non so, venire a casa nostra il pomeriggio, così lo passate insieme, almeno un'oretta? So di chiederti tanto, ma...>
<Affatto, signora Midoriya. Più che un peso é una grandiosa offerta. Glielo avrei chiesto io in primis di venire a casa vostra e tenere compagnia ad Izuku qualche volta...>
<Puoi pure venire a pranzare da noi, restare qualche oretta, e poi andare a casa. Ti darei uno strappo io in auto, forse! Voglio vedere se riesco ad ottenere una settimana di riposo a casa!> e si alzò in piedi, prendendo il cellulare in mano e cercando il numero giusto.
<Almeno per 7 giorni, voglio passare tutto il tempo col mio bambino, in casa, e fare in modo che la sua permanenza lì non sembri una prigione! Voglio dargli una settimana di relax totale, se la merita, e "viverla" con lui...> e, trovato il numero, chiamò, andando nell'angolino remoto della stanza per parlare "privatamente".
La signora Masai sorrise leggermente a Shoto, strizzandogli pure l'occhio passando lo sguardo dal bicolore al verdolino addormentato.
<Fallo stare bene, mi raccomando.> sussurrò l'infermiera con un dolce sorriso.
Shoto annuì convinto, serio.
Inko ritornò poco dopo con un grande sorriso di sollievo sulle labbra.
<Suppongo che tutto sia andato in porto...> "tirò ad indovinare" l'infermiera e la signora Midoriya annuì, chiedendo poi: <Vorrei portare a casa mio figlio, andando anche a prendere le sue cose in classe... devo compilare qualcosa o-?>
<Le do subito il foglio per il permesso da consegnare al docente in classe e la porto fino davanti la classe, se vuole.> fece la donna ed Inko accettò.
La signora Masai andò al bancone e tirò fuori un modulo standard, compilandolo e firmandolo e poi passandolo alla donna accanto a sé, indicandole la casella dove firmare.
Poi uscirono.
La signora Masai ritornò indietro quasi subito, sorridendo dolcemente a Shoto, che si sentiva un po' tagliato fuori.
<Scusami, ragazzo, se ti ho fatto restare lì come una statuina, ma ho bisogno di farti un modulo con la scusa, che scusa tanto tanto non é, che hai aiutato il malato dopo avermi fatto un favore. Solo questione burocratica.> spiegò l'infermiera.
<Non ci sono problemi, Masai-san.> rispose Shoto.
<Meglio così.> asserì la donna, andando ancora al bancone, scribacchiando la "scusa" sul foglio adatto.
Inko ritornò poco dopo con lo zaino e la giacca a vento di Izuku e domandò: <Shoto caro, ti dispiacerebbe portare questi di giù mentre io prendo Izuku?>
<Possiamo fare anche il contrario, signora Midoriya.> si propose il bicolore.
<Già mi sento cattiva a chiederti tutti questi favori, se poi faccio così mi sembra di usarti come un mulo da soma...> ribatté la donna.
<Lo faccio col cuore, signora Midoriya.> replicò il ragazzo, già pronto a sollevare l'amico e portarlo fuori dall'edificio fra le proprie braccia.
Non negava fra sé e sé che, in parte, gli sarebbe piaciuto tenerlo in quel modo.
<Io non so come sdebitarmi con te, caro...> sospirò Inko, "dandola vinta" al ragazzo.
Questi sollevò il corpo addormentato dell'amico, facendo un po' di fatica; anche se non era lontanamente simile allo sforzo che faceva con le trazioni alla sbarra a casa, sotto gli sbraitamenti del padre.
Un abbozzo di sorriso gli comparve sulle labbra, dicendo: <Stare con Izuku per me é abbastanza, glielo assicuro. Mi ha dato così tanto e voglio ricambiare il gesto, per come posso.>
<Allora... non ti dispiacerebbe venire anche oggi a casa nostra? Puoi venire pure per il pranzo, non ci sono problemi! Il mio capo mi ha dato anche questo giorno libero oltre agli altri sette che avevo richiesto...> spiegò Inko.
<Suppongo c'entrino ore ed ore di straordinari...> si intromise Masai, forse un po' indiscreta, e la verdolina annuì.
Successivamente, Inko si girò e fece a Shoto di seguirlo. Trasportò Izuku fino all'auto della donna, parcheggiata alla bell'e buona davanti la scuola. Lì mise Izuku seduto nei sedili posteriori, assicurandolo con la cintura.
Questi, ancora dormiente, aveva le labbra socchiuse e la testa inclinata verso dove ci sarebbe stata la portiera, quando l'avrebbe chiusa.
La tentazione di Shoto era tanta, baciarlo finalmente sulle labbra, ma senza dover confrontarsi con Izuku. E il verdolino mai l'avrebbe saputo.
Però si pentì subito dopo del suo stesso pensiero. Era un'azione infame e ingiusta nei confronti di Izuku; baciarlo quando non poteva replicare o intendere non era giusto!
[N/A: sapessi cosa stava per capitargli in un'altra storia, da addormentat- *coff coff* nulla! *coff coff*]
Perciò si limitò a baciarlo velocemente sulla guancia. Un bacio molto leggero e veloce, ma bastò a Shoto per arrossire vistosamente.
Si ritrasse e chiuse la portiera dell'auto, mentre ripensava a come era stata morbida e liscia la guancia del verdolino.
Salutò Inko con la mano e se ne andò prima che potessero venirgli "strane idee".
Rientrò nella scuola e sfrecciò verso l'infermeria, dove la signora Masai stava compilando il modulo per giustificare Shoto.
Quando l'infermiera alzò lo sguardo, finito di scrivere, gli porse il foglio.
<La storia della scusa é la seguente: dopo avermi dato l'acqua ossigenata che ti avevo chiesto di prendere, noto che sei più pallido del solito e decido di farti qualche esame per vedere se avevi un calo di pressione riconducibile ad una insufficienza di zuccheri. Per questo ti ho tenuto qui tutta l'ora per vedere se svenivi o avevi un giramento, ma avendo appurato che era assolutamente tutto a posto, ti ho lasciato ritornare in classe per il cambio dell'ora... chiaro?> spiegò la donna.
Shoto prese il foglio ed annuì, avendo capito il succo del discorso.
<Comunque, é molto brava ad inventarsi scuse credibili.> le fece i complimenti Shoto.
L'infermiera sorrise furbina e rispose: <Anni e anni di confronti e scontri con voi adolescenti, ragazzo. Quando ci stai abbastanza in contatto, impari anche le loro tecniche nei campi in cui ti tocca scontrarti. E fra queste, c'é il mentire spudoratamente.>
Shoto annuì brevemente, capendo il senso di tale frase.
La campanella suonò e, salutando gentilmente la signora Masai, se ne andò verso la propria classe, con in mente di segnalare a Fuyumi che non sarebbe ritornato per pranzo.
Entrò in classe e consegnò al professore che stava per andarsene il foglio con la giustifica. Il docente, dandogli una rapida occhiata, "fidandosi" dello studente modello, gli disse che andava tutto bene e se me andò.
Shoto andò verso il proprio posto, per messaggiare alla sorella nel cambio dell'ora, notando con la coda dell'occhio lo sguardo di Katsuki.
Un'occhiata che diveva tutto e nulla.
Un'espressione che voleva fare finta di essere neutrale, quando invece era apprensiva.
Un'espressione dipinta sul volto di qualcuno che voleva fare il bullo, quando dentro di sé era più fragile del cristallo.
Non lo calcolò minimamente, concentrandosi sul messaggio da mandare alla sorella maggiore, colei che si occupava di dire alla casalinga (che rimaneva solo le ore della mattina) cosa fare da mangiare e per quanti.
Appena ricevuta risposta dalla ragazza, un semplice "ok", vide un nuovo messaggio da una chat fino ad allora intonsa, quella con Katsuki.
"Izuku sta bene?" recava il messaggio.
Corto e coinciso. Non ruotava attorno ai convenevoli, dritto al punto. Un po' come il biondino esplosivo, che in quel momento non sembrava neppure totalmente lui.
Ignorato dai suoi lacché, seduto al suo banco, aveva il volto aggrottato (non dalla rabbia, bensì dall'ansia) e la gamba destra tremava dall'accumulo di agitazione.
Shoto lo fissò un paio di secondi, quando Katsuki fissava intensamente il cellulare nella speranza di una risposta immediata.
Poi il bicolore ritornò col volto allo schermo e decise di dargli un minimo "sollievo".
Non per compassione o simili, ma perché era quello che, probabilmente, avrebbe voluto Izuku. Quel ragazzo era fin troppo buono e non voleva neppure immaginarsi la faccia di disappunto che gli mostrava la coscienza.
Inoltre lo faceva perché aveva l'enorme sospetto che sarebbe andato a casa di Izuku a chiederlo, se non avesse ricevuto risposta da lui.
E che si approcciasse a casa di Izuku non gli andava a genio.
Perciò rispose: "É venuta Inko a prenderlo e, quando se ne é andato, stava dormendo. Minimo una settimana non ritorna."
Poi si rimise a guardare il biondino, notando per una frazione di secondo come questi avesse abbassato la testa di scatto alla vibrazione del cellulare.
"Mi stava osservando..." notò mentalmente il bicolore.
Intanto Katsuki, al leggere il messaggio, percepì come se qualcosa dentro di sé gli venisse strappato. Si sentì svuotato. Non era né una bella né una brutta notizia, ma sapeva benissimo che mai avrebbe avuto l'ardore di andare a casa di Izuku.
Ed era conscio di non meritarsi alcunché. Neppure uno schiaffo. Meritava quella distanza, fisica ed emotiva, ormai incolmabile.
Era la sua punizione.
Forse era un bene che se ne andasse.
Occhio non vede, cuore non duole.
O almeno quello era il proverbio.
Di lì a non troppo, Katsuki avrebbe capito se era vero o meno.
Alzò lo sguardo sul bicolore e trovò che era intento a fissarlo; lo stava analizzando col solo sguardo.
Era così strano vederlo con quella perfetta maschera di ghiaccio, che lo celava emotivamente, dopo averlo visto esprimersi come un qualsiasi ragazzo sul tetto della scuola.
Mise via il cellulare proprio nell'istante in cui il docente entrò in classe e prese a seguire la lezione, o almeno ci provò.
Quel bastoncino di zucchero, odiava ammetterlo, era molto meglio di lui.
Si era meritato Izuku.
Aveva dimostrato di volergli bene e di poter cambiare grazie all'affetto provato per lui, ma cambiare in positivo.
Lui, invece, era cambiato anni prima, ma in negativo, perché non voleva accettare di amare Izuku.
E, dato che aveva disprezzato anni prima, ora doveva mettersi il cuore in pace e provare ad andare avanti, anche se con molte difficoltà.
"Sono Bakugou Katsuki, cazzo! So fare molto di meglio di questo!" si disse il biondino, incoraggiandosi, tentando di concentrarsi sulla lezione.
N/A: spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi auguro una buona giornata!
P.S.: comunque, questo ↓
É la più pura verità
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