26. Piano "infallibile"
"Si dice che una volta toccato il fondo non puoi che risalire. A me capita di incominciare a scavare"
-aforisma di Freak Antoni
Izuku uscì di casa, fingendo un sorriso per la madre a dimostrare che era sereno, come se sul braccio non avesse dei tagli auto-inflitti, a malapena disinfettati.
Mentre cammimava per strada, col braccio poco prima ferito ancora leggermente dolorante, si ritrovò a confermare un'ulteriore volta l'ultima decisione presa pochi minuti prima. Aveva scelto da che parte pendere e finalmente smettere con quel doloroso limbo.
E Shoto, allora, sarebbe stato libero da ogni iella.
In fondo, se era lui la causa di tutti i mali, doveva per forza di modi esistere per causarli; perciò in condizioni opposte non avrebbe fatto danno ad alcunché!
E per lui Shoto valeva tanto, come la madre, ma a tenerlo legato al ragazzo c'era qualcosa di diverso rispetto ad Inko.
Fatto stava che sapeva di essere un peso per entrambi e non voleva più che fosse così.
Di lì a poco avrebbe fatto cambiare musica, il Fato non avrebbe più avuto controllo su di lui e la iella si sarebbe scollata dalle due persone a cui teneva di più.
Con un pensiero fisso in testa e il piano tatuato mentalmente nel cervello, camminava a passo lento, prendendosela con calma.
Non doveva avere più fretta per alcunché, ormai.
Più si avvicinava alla propria scuola, più il vociare attorno a lui aumentava, dandogli immensamente fastidio.
Quel chiacchiericcio era sinonimo di spensieratezza, normalità, allegria.
Cose che mai aveva tenuto realmente in mano o che gli erano state private ben più di una volta.
"Fra poco ci sarà silenzio e basta… Finalmente." si disse il verdolino, ritrovandosi ad attraversare il cancello della propria scuola ancor prima del previsto.
Ma non fece come sempre, aspettando Shoto in un angolo del giardino, passando inosservato come una foglia per terra.
Infatti non lo aspettò ed entrò subito nell'edificio scolastico.
Nessuno lo avrebbe fermato, perché lì dentro a nessuno oltre a Shoto interessava e nessuno si sarebbe insospettito o preoccupato.
Beh, almeno così pensava.
Non sempre la realtà che vediamo é la realtà dei fatti e non si accorse che qualcuno lo fissava, come sempre, discretamente.
Izuku non poteva sapere che c'era qualcuno che lo calcolava continuamente e che si era iniziato a porre delle domande a quel comportamento insoluto.
Midoriya non poteva sapere che uno, dopo neanche un minuto, si era messo a seguirlo, dissimulando disinvoltura e togliendosi di dosso gli altri attorno a sé.
Izuku prima passò per la propria classe, dove poggiò lo zaino e il giubbotto al proprio posto. Inoltre, si avvicinò al banco di Shoto e, senza farsi notare dai ancora pochi compagni di classe lì presenti, attaccò un piccolo post-it su un lato del banco di Shoto.
Lo appiccicò in un punto un po' "invisibile" se non ci si avvicinava di molto al banco e difficilmente sarebbe stato comunque visto. Dal lato di Izuku giocava il fatto che Shoto era seduto in fondo alla classe, date la sua altezza leggermente sopra la media e la sua eccellente condotta.
Fatto ciò, uscì dalla classe, senza che nessuno gli chiedesse alcunché o lo interrompesse.
"Essere un reietto, ogni tanto, ha dei vantaggi…" si disse Izuku, convincendosi che il suo piano era infallibile.
D'altronde Shoto, la variabile che avrebbe potuto stravolgere tutto, non era lì presente.
Peccato che non aveva ritenuto possibile e calcolato un'altra variabile. Colui che gli avrebbe potuto stravolgere ogni piano.
Izuku salì le scale, andando ai piani superiori.
Nessuna si sarebbe premurato di chiedergli come mai stava andando verso l'alto. La signora Masai, forse l'unica là dentro (supponeva) che si preoccupava di lui, era al piano terra e quindi mai avrebbe potuto incrociarlo e sommergerlo di domande.
"La signora Masai… é una buona donna, anche lei era una anima gentile che non mi schifava. A qualsiasi divinità che esiste lassù, se hai ancora un minimo di riguardo per me, fai in modo che anche lei sia felice." si disse il verdolino.
Ad un certo punto sentì il vociare attorno a sé diminuire e allora sollevò un poco la testa.
<Oh…> sussurrò il verdolino, in modo atonale.
Era quasi arrivato a destinazione e, ovviamente, c'era molta meno gente. In teoria, dovrebbe essere anche vietato arrivare fin dove c'é lui di prima mattina, perché all'ultimo piano (dove c'erano solo laboratori), vi si poteva accedere solo con il docente.
Ma la sua scuola mai era stata famosa per far rispettare le regole e per l'equità.
Izuku lo sapeva benissimo, l'aveva ben provato sulla propria pelle e gli era stato tatuato a furia di abusi perfino nella mente.
Sospirò e scosse la testa, sconsolato. Fissò le scale più in basso a sé, pressoché deserte, con sguardo calcolatore, ma come di sufficienza.
Tutto quello gli faceva schifo, anche se il disgusto che provava per sé stesso era maggiore.
Poi si voltò verso l'ultimissimo piano, dove in teoria vi si poteva accedere solo nei giorni primaverili. E che in teoria era altrimenti chiuso sempre a chiave.
Ripeto, in teoria. In pratica, vi si poteva accedere anche d'inverno, sempre e comunque.
Izuku sorrise leggermente, ma il sorriso che fece, "rivolto" alle scale, non esprimeva nulla. Era solo una smorfia priva di sentimento.
Era una facciata, come tutto lui.
Occhi attenti, dietro di lui, lo seguivano da debita distanza. Doveva evitare di farsi vedere, almeno per quel momento, anche se il suo istinto gli urlava di fiondarsi addosso al verdolino perché aveva fin troppi indizi per non capire cosa avesse intenzione di fare.
Intanto Shoto era arrivato a scuola poco più di due minuti dopo l'arrivo del verdolino. Lì, fuori dal cancello, era sotto i riflettori di sguardi e commenti, come era di prassi da più di una settimana.
Il giovane bicolore si faceva scivolare addosso tutto, per quanto gli importava di quelli lì.
L'unico che importava seriamente era Izuku, a cui aveva bisogno di dire urgentemente una cosa.
Non vedendolo in giardino, si diresse verso la classe, forse supponendo che l'altro era già lì o in bagno. A passo spedito si diresse verso l'aula e la sua teoria parve diventare più solida quando notò il banco di Izuku "adornato" dal giubbotto e la cartella del verdolino.
Poggiò le proprie cose al suo posto e stava già per scattare in bagno alla ricerca dell'amico, che notò il post-it giallo limone appiccicato al proprio banco.
Lo staccò curioso e lo lesse, aggrottando le sopracciglia, all'inizio un po' confuso dal messaggio.
"Shoto, sei tutto quello che un amico potrebbe desiderare ed é per questo che ho fatto la mia scelta. Ti auguro il meglio dalla vita.
Izuku"
Era strano come messaggio, pervaso di melanconia e tristezza, quasi, ed un istante dopo collegò tutti i pezzi assieme.
Per la prima volta da una settimana a quella parte, si mise a pensare e analizzare seriamente il comportamento di Izuku.
Si volle prendere a ceffoni, mentre prese a stringere il post-it in mano, scritto nella austera calligrafia del verdolino.
Era tutto così ovvio, così palese!
E lui eppure non se ne era accorto.
Doveva andare prima che fosse troppo tardi.
Si fiondò verso l'entrata, ma fu bloccato dai tre rompicazzo senza cervello peggiori esistenti.
<Ehi, succhiacazzi! Dove corri così di fretta? Cerchi il tuo fidanzatino?> lo prese in giro Kaeko, mettendosi sulla sua strada.
<O hai un cliente che ti aspetta al cesso, come quella cagna tuo collega di Merdoriya?> diede manforte Kyuno, mentre Roki sghignazzava.
Shoto li fissò con talmente tanto astio negli occhi che quei tre si immobilizzarono sul posto, spaventati per la loro incolumità.
<E ora, con permesso.> e li scostò con spallate, per poi dirigersi verso le scale. Ma sfiga volle che un professore lo vedesse e lo bloccasse sul posto, iniziando ad interrogarlo circa cosa volesse fare.
Todoroki, allora, pregò tutti gli dei esistenti della loro pietà, represse le sue ansie a fatica, mandò giù gli insulti da lanciare al docente che lo stava ostacolando e prese a rispondere.
Calmo, pacato, inespressivo, come sempre.
Ma la mano che teneva il post-it di Izuku era stretta con forza e disperazione dentro la tasca della divisa nera della scuola.
"Vi prego, vi prego, fatemi passare Izuku davanti gli occhi e smentitemi." supplicò mentalmente il ragazzo.
Intanto Izuku arrivò alla porta d'accesso al tetto e, spingendo la maniglia verde anti-panico, l'aprì.
Salì sul tetto e lasciò che la pesante porta di metallo dietro di lui si richiudesse in fretta.
Il verdolino avanzò veloce verso la ringhiera, aggrappandosi al parapetto come se fosse il suo ultimo appiglio a quella vita. Ed, infondo, non era diverso da ciò che pensava.
Scavalcò la ringhiera e si mise in punta di piedi sul sottile cornicione aldilà del parapetto. Fissò in giù, sul giardino sul retro, deserto, della scuola.
Chiuse gli occhi, inspirando a pieno l'aria autunnale sempre più fredda, godendosi gli ultimi istanti da vivo.
E fu allora che Katsuki spalancò la porta d'accesso per il tetto, arrivando finalmente lì sopra pure lui.
N/A: mi aspetto tante minacce di morte se faccio sbilanciare Izuku in avanti.
Ma vi prego, lettrici, non uccidetemi prima che il tempo ci pensi da sé a farlo.
Alla prossima settimana~.
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