𝟑.𝟑 "Sarà davvero la cosa giusta?"

𝑳𝒐𝒗𝒆𝒓𝒔 𝒃𝒚 𝒄𝒉𝒂𝒏𝒄𝒆
(Amanti per caso)

𝟑.𝟑

Dalila

"Il cibo è pronto. Dalila!" Urlò mia madre dalla cucina distruggendo la quiete in casa.

"Vengo mamma." Risposi dal corridoio.

"Prepara un'insalata mentre Kyla apparecchia la tavola." Spiegò mentre prendeva il barattolo dal mobile. Poi si voltò interrogativa verso di me. "Non è ancora tornata?"

Balbettai, agitando il coltello nella sua direzione. "Tornerà presto."

"Me l'hai detto un minuto fa."

"Beh, mamma... Può essere che sia rimasta bloccata in qualche ingorgo. Dopotutto... il traffico di New York è così." Ipotizzai alzando a malapena gli occhi e sforzandomi di essere sincera.

Adoravo le mie sorelline, ma chi ci rimetteva per i loro pasticci ero soltanto io, che dovevo coprirle.

"Amybeth è strana, taciturna, a stento apre bocca. Hai notato? Credi che la preoccupi qualcosa?" Domandò facendosi più vicino e abbassando la voce.

Alzai gli occhi. "Non abbiamo parlato, mamma." Sussurrai.

Si fermò per riflettere con la bocca leggermente schiusa, come per decifrare il mio gesto.

"Hai guardato il soffitto." Si accomodò e mi puntò il dito contro. "Sputa il rospo." Accostai la sedia al tavolo soffocando i rimorsi e mi sorrise emozionata. "Qualche buona notizia?"

Cercò di alzarsi, ma la bloccai allungando le mani.

"Lucas le ha proposto seriamente di sposarsi. Prima l'ha anche chiamata e le ha chiesto come stava, se era tutto apposto."

Continuò ad ascoltare con aria contenta.

"Ah, che caro... Si preoccupa per lei." Mormorò commossa.

"Certo! Amybeth è la madre del suo bambino." Precisai.

"Spero che non l'abbia trattato male come tutte le volte."

"No, niente del genere, sta tranquilla. Hanno avuto uno scambio pacifico, si potrebbe dire." La rassicurai mentre curvava i bordi delle labbra in un sorriso sornione.

"Grazie al cielo!" Esclamò elettrizzata alzandosi e portando con sé la pentola.

"Ah! Mamma." La richiamai dopo che un particolare mi era balzato in testa. "Le ho anche detto di pensarci con calma fino a domani e decidere..."

Mi bloccai e ruotai la testa, notando una presenza pericolosa vicino alle scale, che mi osservava titubante.

"Lucas?" Bisbigliò mia madre.

"Disonorevole! Deve pensare fino a domani a cosa fare, e perdonarlo dopo quello che ha fatto?!" Sbottai facendo trasalire mia madre, che ancora ignorava la presenza di Amybeth, mentre gliela indicavo muovendo gli occhi. Per fortuna si fermò in tempo, schiarendo la voce. Saltai in piedi fingendo di non averla vista. "AB tesoro, vai a riposarti. Pensiamo noi al cibo."

Mi fissò stranita con un sopracciglio arcuato. "Bene, vado a lavarmi la faccia." Rispose sparendo dietro il muro.

Quando fui sicura che non fosse più nei paraggi per ascoltarci mi avvicinai a mia madre, che mi spinse scherzosamente all'indietro ridendo. "Cosa stai facendo? Sei pazza!" Mi accerchiò le spalle. "L'hai ingannata così bene."

"Tutto merito del mio ex marito." Le dissi facendole comparire una smorfia e strofinarsi energicamente le mani.

"Sbrigati, finisci di preparare l'insalata." Mi ordinò, girandosi per controllare la pentola, mentre sbuffavo e continuavo a tagliare.






***

Il campanello di casa mi fece sobbalzare il cuore nel petto. Corsi ad aprire trovandomi di fronte la figura palesemente giù di morale della biondina, di ritorno dall'inferno.

Ero stata sulla corda per tutto il pomeriggio, dato che nostra madre era all'oscuro di quella faccenda in ospedale.

"Accidenti a te, sconsiderata! Dove sei stata per tutto questo tempo?" Esclamai con le mani sui fianchi senza neppure farle mettere i piedi nell'ingresso.

"Calmati Dalila. Era una bellissima giornata e ho pensato di fare una piccola passeggiata. Poi sono andata da un amico."

Strinsi gli occhi in due fessure. "Guardami. Non hai visto nessun ragazzo, vero?"

Si girò. "No."

Roteai il dito. "Giuralo."

"Te lo giuro!"

"Mi avevi detto che l'avresti chiamato e fissato un incontro." Continuai.

Si drizzò con faccia delusa.

"Ci ho provato ma ha risposto qualcun altro. Era così maleducato. Mi ha detto che non c'era nessuno con quel nome e ha riattaccato. Sono furiosa!"

"Ti ha dato un numero errato? Imbecille..."

"Probabilmente. In ogni caso, non lo ricordava in ospedale." Replicò.

"L'avrai confuso parecchio."

Sbuffò adirata. "Come potrò rivederlo ora!?"

"Non parlarne più per il momento. La mamma ti sta cercando da ore. Vai! Sbrigati." Le ordinai, e la biondina obbedì, scattando in direzione del giardino.














Amybeth

Stavo sistemando i piatti sulla tavola in attesa che le altre si degnassero di tornare. Avevo bisogno di occupare la mente il più possibile per non pensare a quella situazione. Dopo qualche istante, la mora mi raggiunse.

"AB, come ti senti? Spero meglio..." Chiese preoccupata posando la ciotola.

"Bene, Dali."

Ma la mia risposta non la toccò minimamente e si sporse verso la mia pancia toccandola.

"Come sta la mia nipotina? Questa splendida bambina..." Parlò con una vocina affettuosa, non si poteva dire che non sarebbe stata un'ottima zia.

"Pensi che sarà una femmina? E se fosse un maschio?" Le domandai mentre si rimetteva dritta e mi fissava.

"Naturalmente." Confidò con un occhiolino.

"Nessuna femmina per carità!" Intervenne mia madre, seguita a ruota da Kyla passando poi la pentola alla mora. "Voglio un maschio. Abbiamo abbastanza donne in famiglia. Il mio nipotino sarà un bellissimo bambino!" Continuai a mettere le posate in silenzio senza contraddirla. "E ti aiuterò a crescerlo..."

"Certamente che lo farai, mamma. Non aspetti altro." La rimbeccò Kyla ottenendo un'occhiataccia.

Sventolò una mano annoiata. "Smettiamola con questi discorsi strani. Sediamoci. Sono stanca." La biondina la guardò dubbiosa mentre la sorpassava, andandosi a sedere.

Tolse le pantofole e ruotò il busto vicino al tavolo, mentre Dalila le passava il piatto e io il bicchiere pieno d'acqua.

"Sono a dieta. Non darmene troppo." Ci disse restituendolo.







Lucas

Si la mia faccia tosta era direttamente proporzionale alla codardia che stavo dimostrando nei confronti della mia fidanzata. Ero sommerso da troppi pensieri nel bel mezzo di una cena tranquilla.

La castana non mi staccava gli occhi di dosso e questo aumentava la pressione.
Solo un cieco non avrebbe notato l'espressione vuota mentre stringevo la forchetta tra i denti.

Shannon smise di mangiare.

"Tesoro..." Si schiarì la voce per catturare la mia attenzione mentre abbassavo la posata nel piatto. "Dobbiamo risolvere la questione della casa. Non manca molto al nostro matrimonio." Annuì deglutendo ancora il boccone sentendomi un vile codardo. "I lavori sono finiti, ma mancano i mobili. Possiamo andare a comprarli la prossima settimana, cosa ne pensi?"

"Ehm... Shannon." Dissi solamente abbassando gli occhi.

"Io... ho delle idee." Si fece avanti mentre bevevo nervosamente un sorso d'acqua.

Perché non poteva essere mai il momento giusto per una confessione importante!

"Possiamo andare questa settimana."

Mi accarezzò il dorso con lievi carezze incatenando i nostri occhi. "Vita mia, stai bene? Sembri un po' nervoso..."

Fuggii letteralmente dal suo sguardo innamorato e preoccupato.

Ero cosciente che rivelando la verità il nostro rapporto si sarebbe distrutto, ma non potevo illudere una ragazza che mi amava veramente.

Mi sentivo un mostro.

Deglutii ancora una volta.

"Shannon." Presi parola e mi osservò attenta annuendo. "Devo parlarti di una cosa importante."

"Bene, dimmi pure caro."

Afferrai il fazzoletto per pulirmi e all'improvviso il suo cellulare squillò. Fissò lo schermo ansiosa.

"Chi ti sta chiamando?" Domandai.

"Mia madre. Scusami, tesoro." Tirai un sospiro mentre rispondeva. Questo straordinario tempismo che non mi abbandonava. "Sì? Mamma?" Mi passai la mano sulla faccia maledendomi. Restò immobile senza sbattere le ciglia. "Cos'è successo? Di quale azione parli?" Chiese tesa, con le labbra che tremavano. La fissai di scatto. "Come? Sta bene adesso? Che significa... che il suo patner l'ha truffato?" Sembrava qualcosa di serio a giudicare dalla sua angoscia. "Ti prego, calmati, mamma." Era sul punto di piangere. "Per favore, mamma. Non farlo, va bene." Il suo petto andava su e giù, con gli occhi offuscati, mentre la scrutavo. "Cosa? Va bene, non preoccuparti, troveremo una soluzione. Tornerò presto, mamma."

Staccò il telefono lentamente e guardò un punto nel vuoto.

"Cos'è successo a tuo padre?" Chiesi stringendole la mano.

Finalmente mi guardò riemergendo dalla trance. "Ha avuto un attacco di cuore." Singhiozzò mentre le lacrime scendevano copiose lungo le guance.

"Cosa?" Mi accostai, avviluppando le sue spalle, mentre appoggiava la testa sul mio petto. "Come sta?" Cercai di confortarla massaggiandole il braccio mentre lei piangeva più forte.

"Ora bene, non è in condizioni critiche."

"Calmati. Okay..." Sussurrai con la guancia premuta tra i suoi capelli, mentre tirava su con il naso. "Com'è successo? È in ospedale adesso?"

Si staccò e rialzò la testa.

"In ospedale con un parente, è stato lui a dirlo a mia madre. Il suo socio l'ha truffato. Ha perso molti soldi. Immagino che il suo cuore non abbia sopportato lo stress."

Aveva il volto angosciato e il cuore a pezzi. Non potevo ignorare il suo dolore, forse dovevo rimandare per qualche giorno, fino a che le acque non si sarebbero calmate.

"Va bene. Non essere triste. Tuo padre si riprenderà." Dissi mentre si lasciava ricadere sul mio petto alla ricerca di calore.

"Amore mio, sono grata del tuo appoggio e che tu sia qui con me. Grazie." Si tuffò nelle mie braccia stringendomi a sé, come se avesse paura di perdermi.

"Non devi ringraziarmi."

Slegò il nostro contatto e sbuffò.

"Come ha osato tradire la sua fiducia? Si fidava così tanto di lui." Poi fece una pausa. "Non ha perso troppi soldi, ma è in una situazione difficile." Si riscosse, tagliando corto. "Comunque non mi piace parlare di queste cose con te."

Presi delicatamente il suo braccio. "Non dire questo. I tuoi problemi sono anche i miei. E possiamo parlare di qualsiasi cosa, okay?" Mi guardò mentre le cingevo la schiena. "Voglio aiutarti. Permettimi di farlo."

"Vita mia, non posso chiedertelo. Non sarebbe giusto." Sussurrò debolmente.

"Shannon. Per favore." Piegò la testa e accennò un sorriso. "Farò ciò che vorrai." Le accarezzai una guancia.

"Va bene, caro..." Si strinse al mio petto. "Grazie mille."

"Prego."

"Tesoro, possiamo andarcene?" Mi fece notare con occhi imploranti. "Non voglio lasciarli da soli."

"Certo, andiamo." Sorrise afferrando la sua pochette mentre posavo le banconote che dovevo sul tavolo.

Poi la seguii prendendole la mano per accompagnarla fuori dal locale.









Amybeth

Anche se era tardi e intorno regnava il silenzio, la mia testa era in balia di tanti pensieri. Fissavo il vuoto, a gambe incrociate sul letto, con le lacrime pronte a scorrere sul viso.

Pensavo a ciò che era successo in ospedale. Quella scena si ripeteva come un disco fermo allo stesso punto. Le parole del dottor Andrew erano un eco possente.

Il bambino stava bene, saperlo mi aveva tranquillizzato. Tutta la disperazione era semplicemente esplosa come una bolla e al suo posto c'era l'immagine proiettata del monitor. Non soltanto una parte di me e lui mescolata... perché cos'altro eravamo oltre a genitori di quella creatura?

Era quello il suo battito, una specie di tamburo a percussione che risuonava nel mio corpo.

Mi palpitava all'interno, e avevo su un piatto d'argento il mio futuro. Mi ridestai da quella visione e abbassai leggermente la testa, portando la mano all'altezza dello stomaco, dove c'era il mio bambino.





Lucas

Mi abbandonai placidamente sul divano con ancora indosso gli abiti d'ufficio, mentre i miei occhi erano incollati sulle statistiche. Ma in realtà, il mio pensiero era concentrato su altro.

Sospirai e lasciai scivolare il tablet, con il braccio sul bracciolo e immagini confuse che mi seattavano nella testa.

Prima di quel momento, non avevo pensato al fatto che sarei diventato padre molto presto. Mi sembrava tutto surreale, come se niente fosse vero, ma quel dottore mi aveva sbaragliato facendomi quella domanda.


Ero davvero il padre e lui non era una pura fantasia.

Non ero arrivato a questa consapevolezza perché era astratto, invece adesso quella figura con il cuore pulsante si disegnava nei minimi particolari nella mia testa.

Riuscivo a vedere lei, sdraiata sul lettino, con il naso contro il monitor e gli occhi azzurri traboccanti di gioia.

La sua tenerezza e il suo sorriso quando sentimmo quel veloce sfarfallio mi diffondeva una strana sensazione alla bocca dello stomaco e non volendo continuavo a sorridere come un ebete.






Amybeth

Osservai i palazzi intorno fuori al balcone, facendo un lungo sospiro con gli occhi rivolti al cielo.

Guardai il cellulare tenendolo stretto fra le dita, con un groppo in gola e l'ansia che mi stava divorando.

Alla fine mi convinsi e lo chiamai, lasciando gli ultimi dubbi sfumare via. Prima che rispondesse passò qualche istante, poi il suo tono sorpreso mi risuonò nelle orecchie.

"Amybeth?"

"Hey." Lo salutai, sentendo un improvviso silenzio dalla parte opposta.

"Hey. Come stai?" Chiese gentile.

"Bene, grazie." Presi un profondo respiro. "Ti ho chiamato perché ho preso una decisione e volevo parlartene." Restò in silenzio, probabilmente scioccato. "Accetto di sposarti. Possiamo firmare l'accordo."

"Non capisco." Dichiarò dopo averci riflettuto.

"Senti... I dettagli per dopo."

"Okay. Sono felice di sentire questo." Avevo le labbra strette e strinsi di più l'aggeggio. "Ora ho una riunione. Ti chiamo quando ho finito, okay?"

Non c'era sarcasmo nella sua voce, era morbido, così soave da sembrare una persona totalmente diversa.

"Va bene. A presto."

"Ci vediamo."

Osservai lo schermo dopo aver riattaccato e tirai un altro sospiro, alzando la testa verso l'alto.

Mi girai per ammirare il panorama.

Stavo facendo la scelta giusta?



***

Lulú saltellava giocando mentre mia sorella versava dell'aranciata, osservandola con un sorriso colmo d'amore e gli occhi luccicanti. La raggiunsi salendo quei pochi scalini.

"Buongiorno, Dali."

"Buongiorno, AB."

Posò la caraffa con un tonfo, indirizzandomi uno sguardo ansioso. "Come stai? Ti senti meglio?" Mi sfiorò dolcemente la spalla.

"Sto bene." Risposi brusca, anche se le mie occhiaie dicevano il contrario.

Ci sedemmo all'unisono sulla panca, come se mi avesse letto nel pensiero.

"Amybeth, cos'è successo? Vuoi dirmi qualcosa? Parla." M'incalzò mentre distoglievo lo sguardo, non sapendo che parole usare.

Avrei sancito un patto con quello sconosciuto. Non so il "come" né il "perché" ma avrei fatto il passo più lungo della gamba.

"Dali, c'ho riflettuto e... Sarò folle."

"Finisci la frase AB." Mi esortò con impazienza.

"Ho deciso di sposarmi." Comunicai con difficoltà. "È la scelta giusta? Oppure sono troppo precipitosa e..."

"Certo, tesoro, ch'è la scelta giusta! Non avere dubbi." Rispose, prendendomi il viso fra le sue mani.

Roteai gli occhi.

"Non lo sarà per noi, ma per questo bambino che verrà al mondo. Lui ha diritto a una famiglia..." Le feci notare covando ancora qualche incertezza.

"Ragioni già da madre, tesoro. Questo bambino è fortunato."

Appoggiò la mano sulla mia pancia accarezzandomi i capelli.

"Però la mamma non deve sapere nulla del contratto o mi ucciderà e mi darà in pasto a qualche iena." Sussurrai.

"Terrò la bocca cucita, promesso. Sarà il nostro segreto." Tirai un altro sospiro. "Ti rendi conto... Stai per essere una sposa! Una moglie!" Poi alzò la voce per farsi ascoltare da tutto il quartiere e dintorni. "La mia AB sarà una moglie! La mia sorellina si sposa!"

"Cos'è questo baccano?" Chiese nostra madre sopraggiunta insieme alla biondina.

"Mamma."

La mora balzò in piedi, non riuscendo a spiccicare parola, picchiettando la fede al suo anulare. L'altra si coprì la bocca con entrambe le mani.

"Finalmente un po' di buon senso in quella testolina! Credevo che saresti stata così stupida da non cogliere quest'opportunità, ma mi sbagliavo per fortuna." La fissai interdetta prima che si lanciasse nelle braccia, poi si staccò. "La mia bambina si sposa! Ho i brividi."

"AB, sono così felice!" Si fece avanti la biondina stringendomi le mani.

Mi mordicchiai il labbro inferiore, realizzando che se avessero saputo la verità, la felicità sarebbe svanita dai loro visi elettrizzati.

"Beh, cosa facciamo adesso ragazze?" Esclamò nostra madre al settimo cielo. "Abbraccio di gruppo!" Urlarono a squarciagola stringendomi forte, mentre ero estranea alla loro felicità con un sorriso tirato.

















Lucas

Raggiunsi i miei in terrazza, con un'evidente preoccupazione sui loro visi mentre erano seduti davanti a una ricca colazione portata dalla nostra governante.

"Buongiorno." Li salutai, e alzarono gli occhi dai loro piatti.

"Buongiorno, Lucas." Ricambiarono mentre mi accomodavo e mia madre univa le mani sotto il mento.

"Amybeth mi ha chiamato poco fa." Esordii e mia madre si immobilizzò. "Ha accettato di sposarmi."

"E il contratto?" Aggiunse mio padre su di giri.

"Lo firmerà."

"È una grande notizia, Lucas." Dichiarò mia madre mentre annuivo. Poi mi squadrò di sottecchi inquieta. "Ma hai parlato con Shannon?"

"Non ho potuto, mamma. Suo padre ha avuto un infarto."

"Cosa?!" Esclamò.

"Infarto?" Ripeté mio padre.

"Sta meglio, tranquilli." Precisai.

"Poverino. È solo a Dubai." Aggiunse mia madre fissando il marito che scosse semplicemente la testa.

"Lei e sua madre lo raggiungeranno." Spiegai.

"Devo chiamare e augurargli una pronta guarigione." Disse mia madre particolarmente sensibile.

"Bene. Devo andare."

"Lucas potrebbe chiamarti zia Elizabeth e chiederti qualcosa su Amybeth." Si sporse mentre afferravo il panino, con molti interrogativi che mi gironzolavano in testa. "Non osare dirle niente. Sai com'è fatta quella vipera impicciona."

"Lo so, non importa, che lo faccia pure." Preparai il panino e mi alzai. "Ora vado."

"Facci sapere se firma. Siamo preoccupati." Mi supplicò la donna con le mani giunte, mentre deglutivo il boccone.

"Be', mamma, non preoccuparti. Buon appetito."

Li salutai allontanandomi a grandi falcate, lasciandoli con uno spirito diverso rispetto a prima.

Uscii dalla porta, notando Paul che sbraitava qualcosa appoggiato alla portiera dell'auto. Aggiustai i gemelli, controllando le pieghe sulla giacca mentre protestava.

"L'ho fatta soffrire e questa è la mia punizione. Questo è l'amore." Mi bloccai per ascoltare il soliloquio, visto che non si era accorto che fossi lì a pochi passi. "Non succede mai quando vuoi davvero qualcosa."

Sorrisi compiaciuto interrompendolo. "Di chi stai parlando Paul?"

Si raddrizzò e mi fece un cenno con la testa, ricomponendosi.

"Buongiorno, signor Lucas." Mossi la testa. "Non ha chiamato ancora e sono in ansia."

"Chi?" Chiesi con le mani nelle tasche.

"Kyla. La ragazza che ho accidentalmente colpito in ospedale. Non mi ha chiamato."

"Capisco."

"Aspettavo che mi chiamasse." Calciò un sassolino con la punta della scarpa. "Non l'ha fatto. Mi avrà già dimenticato."

"Sicuro che non le hai dato un numero errato? Può capitare." Ipotizzai.

Si staccò dall'auto.

"Ma questo è impossibile! Non sono così stupido!" Gli sorrisi scuotendo la testa, finendo per convincere anche lui. "Oppure le avrò dato un numero sbagliato per l'emozione? Paul! Ah! Ah! Un uccello ha molto più cervello di me." Continuò a disperarsi sbuffando, con il braccio poggiato sulla portiera.

"Paul?" Lo richiamai.

"Uhm?"

Gli feci segno all'auto, e lui aprì subito la portiera per farmi salire, lasciando da parte i suoi problemi di cuore e afferrando con stizza il panno con cui stava pulendo la carrozzeria.











Jacob

La mia amata stava spalmando un po' di formaggio sul toast, divorandoselo come se non mangiasse da anni... o dovrei dire secoli.

Una smorfia mi curvò la bocca e girai lo sguardo sul falso sorriso di mia madre.

"Grazie Dio per la mia bellissima nuora. Mangia, tesoro." Ruppe il silenzio che regnava a bordo piscina, disturbato solo dai rumori di Glenna.

"Mamma..." Mi feci vicino, ignorando mia moglie e la sua fame vorace. "E per il bambino...?"

"Come pensi possano stare? Sono sotto shock." Mosse le sopracciglia. "Con questo dramma familiare si potrebbe fare una serie di cinque stagioni." Ironizzò.

"La serie durerà cinque stagioni, Elizabeth?" Domandò mio padre con le mani sotto il mento.

"Non arriverà manco alla quarta." Dichiarai sprezzante.

"Shannon sarà la regina del dramma, se me lo fareste dire..." Commentò mia moglie con la bocca piena e in collera per non poterlo sbattere in faccia alla castana.

"Per favore. Per tutto ci sarà un momento." Spiegò. "Sai in quale situazione finiremmo, se Shannon lo venisse a sapere da te?" Le fece notare, schioccando le labbra in un no deciso. "Se vuoi distruggere la vita di qualcuno devi essere molto intelligente." Mia moglie l'assecondò, agitando il dito. "E non lasciare nessuna traccia."

"Sessioni di cattiveria fra suocera e nuora. Brava Elizabeth. I miei complimenti." Esclamò mio padre fermandosi dal gesticolare, ottenendo un'occhiataccia dalla moglie, con in sottofondo la risata sguaiata di Glenna.

"Ti prego Peter, ogni generazione deve apprendere queste informazioni e sfruttarle bene. Tutto ha suo tempo. E oggi me ne occuperò." Ci fece un occhiolino e ci guardammo sorridendo.

"Questo è il messaggio che stavo aspettando!" Esultò Glenna, fingendo di sparare con una serie di pistole, mentre i presenti la fissavano sconvolti.













Amybeth


"Oh, povero. Hai tanta sete." Bofonchiò mia madre, occupandosi dei fiori, intrattenendo con loro intimi discorsi. Sollevò un vaso con la mano libera e si girò nella direzione del gazebo. "Che peccato, ragazze! È tutto appassito a causa dei vostri problemi. Speriamo di poterli salvare." Si accovacciò per terra e accarezzò i petali con dolcezza. "Perdonatemi, peonie."

Era impazzita o cosa?

"Mamma, ami i fiori più di noi, le tue stesse figlie." Le fece notare la biondina divertita, rigirandosi una rosa fra le dita. "Te ne sei resa conto?"

"Davvero? Se non vi amassi tanto, non vi avrei chiamato come questi fiori, che sono così belli. Quindi ringraziatemi." Rispose armeggiando con delle cesoie.

"Grazie!" Ripetemmo in coro io e Dalila.

"Mi state prendendo in giro? Silenzio!"

"Vengo lì, mamma." La minacciò Dalila, muovendo il braccio.

"Se vieni, ti verso l'acqua addosso." Disse agitando l'innaffiatoio nella nostra direzione.

"Ragazze, partiamo all'attacco!" Disse Dalila scattando in piedi e tutte e tre ci avventammo contro di lei.

"Siete pazze ragazze?" L'afferrammo, cominciando a farle il solletico per vendetta e tempestandola di baci sulle guance. "Mi stanno attaccando!"









Jacob


"Elizabeth, com'è la famiglia di questa ragazza?" Domandò mia moglie, spezzando nuovamente il silenzio.

"Cosa vuoi che ti dica? La sua famiglia è povera. Totalmente ignorante." Esclamò e le due ridacchiarono complici.

"Non mi piace quando guardi le persone dall'alto in basso, Eliza." Apostrofò mio padre seccato, che tra tutti dimostrava più equilibrio.

"È divertente, Peter. Perché siamo ricchi, se non posso umiliare le persone?"

Sogghignai silenziosamente mentre mia moglie gettò la testa all'indietro dalle troppe risate.

"Incinta e senza un soldo in tasca!" Commentò Glenna ironica, facendo letteralmente infuriare mio padre che sbatté il bicchiere sul tavolo per riportare l'ordine.

"Senza un soldo?" Ripeté serio.

"Quartieri bassi." Precisò mia moglie.

"Ovviamente." Si aggregò mia madre.

"Ha capito. Che fortuna." Bofonchiai.

"Darei la mia vita per vedere la faccia di Shannon quando lo scoprirà." Sbatté le ciglia riprendendo a sputare veleno. "Il suo fidanzato si sta per imparentare con una di bassa categoria. Credo che esploderà come un rospo."

"Se non esplodi prima tu." Dissi, rivolgendomi a mio padre.

Lasciò andare le forchette nel piatto. "Non capisco."

Mi mordicchiai il labbro, alzando le mani. "Intendevo dire... come mai una ragazza come Shannon, bella e sexy, possa competere con una ragazza povera." Spiegai.

"Dici bella e sexy? E questa ragazza sarebbe Shannon?" Mi rimbeccò. "Chiarisci questo!"

"No, tesoro, sto dicendo che è molto probabile che la lasci. Ho ben altri interessi." Congiunsi le mani ai lati del viso e puntai gli occhi su mia madre. "Da dove vengono?" Sussurrai.

"Non lo so, non m'importa. Più che altro, mi chiedo come farà questa ragazza ad adattarsi in una famiglia come la nostra?"

"Impossibile." Sputai.

"Tutte le ragazze del mondo sono migliori di quella strega di Shannon." Aggiunse Glenna mentre mia madre l'assecondava.

"Ragazzi, la cosa più importante è essere felici. Nient'altro dovrebbe interessarci." Prese parola mio padre fulminandoci.

"Vorrei andare da Shannon." Annunciò mia moglie elettrizzata. "Le dirò solo due cose." Elencò con le dita. "La prima che non sarà mai la moglie di Lucas e la seconda... che l'hanno scambiata con un maggiolino." Ridacchiò finendo quasi per colpire il tavolo con la fronte.

"Tesoro," La riprese mia madre, mimandole di stare zitta. "Cosa abbiamo concordato?"

"Povero Lucas, che bell'affare!" Esclamai ridacchiando. "Il playboy incallito costretto a sposare una ragazza povera e solo perché..."

Mio padre sbatté letteralmente la mano interrompendomi.

"Jacob, non dirlo. Vergognati, vergognati davvero."

"Papà, è Lucas che dovrebbe vergognarsi per quello che ha fatto. Sto soltanto dando un piccolo aiuto."

Fissai mia madre, puntandoci a vicenda le dita contro sotto lo sguardo serio dell'uomo.

"Cosa state dicendo!?" Tuonò.

Mi sentii colpire la gamba.

"Non in quel senso, caro. Il punto è che l'ha sempre odiato. Vero, Jacob?" Assottigliò gli occhi e alzò il tono di voce nell'ultima frase, mentre trattenevo una smorfia per il dolore.


"L'ho anche maledetto, uh, tante volte."

"Sei più bambino tu di quello che sta per nascere." Mi rimproverò papà.

"Si, ragazzi. Peter ha ragione."

Appoggiai le braccia sul tavolo, cominciando a ridere.

"Ma lei è povera." Interloquì Glenna facendomi ridacchiare e coinvolgendo anche i miei genitori.

"Questo è uno scandalo." Aggiunsi.









Lucas

"Signor Alexander, per favore, trasferisca sul mio conto trecentomila dollari." Comunicai all'uomo in piedi vicino alla mia scrivania.

"Va bene, signor Lucas, le invierò la ricevuta per e-mail."

"Parlerò anche con Jacob, non preoccuparti." Aggiunsi con professionalità.

"Bene, come desidera."

"Grazie."

Si congedò piegando leggermente la testa e lasciò il mio ufficio.

Afferrai il cellulare e ripensai all'angoscia nei suoi occhi dell'altro giorno per il padre in ospedale.

"Ciao, vita mia?" Rispose subito.

"Tesoro, su quale conto trasferisco i soldi?" Chiesi ruotando leggermente la sedia con i piedi.

"Puoi passarli sul mio conto, amore."

"Va bene." Cambiai discorso. "Cosa stai facendo? Quando partite?"

"Presto. Ti chiamo quando arrivo."

"Okay. Fammi sapere. Dí a tuo padre che gli auguro una pronta guarigione."

"Lo farò, tesoro." Disse. "Grazie, vita mia. Ti amo tanto."

"Prego. Buon viaggio."

"Grazie, amore."

Poi riattaccò e tornai con gli occhi incollati al portatile.







Jacob

Il cellulare squillò sulla scrivania mentre mi dondolavo annoiato. Vidi il mittente e chiusi di scatto il portatile. "Dimmi, mamma." Esclamai con il sorriso sulle labbra.

"Jacob, sei in azienda?"

"Sì."

"Eccellente. Verrò lì. Se Lucas vorrà uscire, fermalo ad ogni costo." Mi ordinò mentre sicuramente il suo cervello stava architettando qualcosa.

"Va bene, non preoccuparti, non andrà da nessuna parte." Le assicurai, non sapendo ancora quale mossa utilizzare per raggiungere l'obiettivo.

Magari legarlo alla sedia...

"Bene, tesoro!" E riattaccò senza darmi il tempo di risponderle uno sbrigativo "okay".









Lucas

Camminavo avanti e indietro vicino alla scrivania, con la mano occupata dal cellulare mentre bevevo un caffè forte. La calma regnava nella stanza finché la porta non si spalancò di colpo.

"Capo, sei qui?" Si sporse. "Lucas?"

"Sono qui." Mi limitai a rispondere, immerso nella lettura dei dati.

"Non sei ancora uscito. Cosa stai facendo? Lavori ancora?" Mi fece una sfilza di domande, avvicinandosi di più.

"Devo uscire. È qualcosa d'importante?"

"Precisamente dove. Non farlo."

Inarcai un sopracciglio. "Perché?"

"Non uscire. Ti devo parlare."

Infilai le mani nelle tasche ciondolando.

"Parla pure."

"Perché non ti siedi? Per favore, è importante."

Mi grattai la nuca. "Jacob, possiamo parlare più tardi, se non ti dispiace. Non posso restare."

"Lucas è urgente, dammi solo due minuti. Poi te ne andrai."

Si sedette sulla poltrona con le gambe accavallate, mentre prendevo posto dietro la scrivania, in attesa che si decidesse a tagliare corto con quell'aria misteriosa.

"Parla."

"Lucas, ho una domanda. Ti guardo, e mi chiedo come sei diventato papà? Come?"

"Sei serio? Non sai come funziona?" Chiesi di rimando con una nota sarcastica nella voce.

"Non è questo. Certo che so come succede." Mi lasciai andare contro lo schienale annoiato, rivolgendo gli occhi al soffitto. "Non riesco a credere che tu abbia messo incinta un'altra, quando stavi per sposare Shannon."

"Questa era la cosa urgente?" Sottolineai con puro fastidio.

"Si, urgente. È la tua vita privata." Mi sistemai meglio sulla sedia. "Ma se non parli con me, con chi altro potresti?"

"Apprezzo il tuo interesse, Jacob. Ma non voglio parlare di questo. Scusami." Tagliai corto alzandomi in piedi.

"Ma puoi fidarti. Sono l'unico che può capirti. Siamo cugini e dobbiamo aiutarci a vicenda. So come ti senti e che stai soffrendo molto. Come potevi sapere che non era Shannon al tuo tavolo quella sera!" Mi comunicò mentre stringevo i denti, poi si zittì di colpo mentre lo scrutavo attentamente.

Un momento...

"Come lo sai questo?" Chiesi vedendolo chiudere la bocca all'improvviso.

"Cosa?" Mugugnò.

"Che la donna al mio tavolo quella sera non era Shannon." Precisai.

"Tu... Tu... Me l'hai detto, non ricordi?" Balbettò indicandomi.

"Non te l'ho detto." Lo corressi con tono duro.

"Allora avrò sviluppato un sesto senso o leggo la mente delle persone."

"Jacob!" Tuonai arrabbiato senza staccare gli occhi dal suo volto irrigidito, e tacque. "Mi stai prendendo in giro? Dimmi come fai a saperlo."

"Non lo so." Sbottò innervosito.

"Sorpresa!?" Ci interruppe mia zia appena comparsa sulla soglia, mentre il mio ragionamento intricato mi portava a pensare che ci fosse qualcosa sotto.

"Mamma!" Urlò Jacob salvandosi in calcio d'angolo.

"Come stai, caro Lucas?" Si fiondò verso di me con aria scanzonata.

"Bene, zia. E tu?" Domandai stretto tra i suoi tentacoli.

"Superbamente caro." Rispose, mentre muovevo il dito in direzione del castano come a dirgli me la pagherai, che si limitava a guardare la scena appollaiato sulla scrivania. "Sono molto felice."

Slegai la presa. "Perché?" Ripetei.

"Perché ho sentito la notizia."

"Ma davvero?" Sospirai.

"Diventerai padre?"

"A quanto pare... Sì."

"Siamo stati a casa tua fino a tardi. Ti abbiamo aspettato, ma non sei tornato." M'informò offesa.

"Mi dispiace di non avervi salutato zia. Avevo da fare." Mi limitai a dire.

"E chi è...?" Chiese con un sorriso, arrivando subito al nocciolo della questione.

"Lei si chiama Amybeth e molto presto la conoscerete."

"Sono così felice! Sono tanto felice per te ragazzo mio!" Esclamò elettrizzata, avvicinandosi per congratularsi, ma finí per far rovesciare la tazza e il caffè sul mio pantalone. "Oh... Mi dispiace."

"Non ti preoccupare, zia."

"È che non sono riuscita a trattenere l'emozione!" Continuò.

"Non preoccuparti." La rassicurai ancora mentre osservava la macchia con sguardo colpevole.

"Vai in bagno a pulirti." Mi consigliò.

"Non è neccessario."

Cercai di tamponarmi con il fazzoletto, ma lei me lo tolse dalle mani.

"Non farlo qui, potrebbe entrare qualche dipendente. Vai in bagno."

Afferrai il fazzoletto sul mobile asciugandomi le mani e andai in direzione della porta, mentre li sentivo parlottare fra di loro.














Osservai il mio riflesso nello specchio, mentre i sospetti si alimentavano.

"Come faceva a sapere che non era Shannon quella seduta al tavolo con me quella sera?" Mi chiesi rilassando le spalle. "Gliel'avrà detto mia madre?" Continuai con la mente affollata di troppe ipotesi. "Mi stanno nascondendo qualcosa.... e scoprirò cosa."

Accortocciai il fazzoletto nel pugno e sistemai il colletto della camicia per ritornare nel mio ufficio.













***

Accidenti! Che gran fatica ma ce l'ho fatta, il capitolo è pronto, esplosivo, chi più ne più ne metta!

Ebbene sì, direi che si può stappare lo champagne perché dopo mille tarli mentali Amybeth si è decisa!

Lei e Lucas si sposeranno! E non vediamo l'ora - coscienza inclusa- che il matrimonio venga celebrato e che anche un funerale venga celebrato

(San Paolino ha già preparato la funzione).

Intanto scopriamo anche cosa hanno in mente Elizabeth e company... ahimè stanno architettando qualcosa alle spalle del nostro ricciolo, ma lui è deciso a non farsi volare la mosca dal naso!

Ricordate che nei capitoli precedenti "Lucas ha accusato Amybeth di averlo trascinato e fatto ubriacare, rimanendo così incinta... per un fatto di soldi?" Ma sappiamo perfettamente che la povera AB in questo caso c'entra meno di zero e che qualcuno di insospettabile stia tramando alle loro spalle...

Lucas inizia a sospettare di chi sia questo zampino...

Beh, abbiamo abbastanza materiale per cinque, nove, infinite stagioni.

Voi cosa ne pensate?

Non vedo l'ora di leggere e sclerare sui vostri commenti e di ascoltare le vostre teorie in merito a questo. Intanto aspettiamo ben presto i fiori d'arancio e regaliamo un cuscino funebre a Shannon.

A proposito, siamo sicuri che quella megera non stia spillando soldi al fidanzato, alla faccia del padre malato?

Giuro che queste scene tra di LORO mi disgustano. Non c'è assolutamente nulla di bello nel loro rapporto, a parte che lei lo usa come uno zerbino e che ha il sentimentalismo di una banana acerba. Niente a che vedere con la passione dei Lucamy, quando le cose entreranno nel vivo...

Quanto aspettate quel MOMENTO!?

QUANTO?

Beh, non perdetevi il prossimo aggiornamento di "amanti per caso". Intanto vi ringrazio per l'appoggio che mi date e vi prometto tanti colpi di scena.

Alla prossima!

E non dimenticate di seguire anche la nuova storia con protagonisti AB e Lu. La trovate sul mio profilo ufficiale, "Strawberry Scent!"

Solo qui su Wattpad.

Non mancate!

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