𝟐.𝟐 "Calcoli sbagliati".

𝟐.𝟐

𝑳𝒐𝒗𝒆𝒓𝒔 𝒃𝒚 𝒄𝒉𝒂𝒏𝒄𝒆
(Amanti per caso)

Lucas

Mi strofinai la mano sulle labbra.
Non riuscivo a credere che la mia vita stesse prendendo quella piega.

I miei piani erano stati gettati alle ortiche da quel responso.

Quella ragazza aspettava un bambino, e il padre ero io. Il sospetto era ormai innegabile.

"Scarlett, non dicevi sul serio per questa faccenda, vero?" Chiese con fare ansioso mia madre non appena le due donne si allontanarono nel corridoio.

Fece spallucce.

"No." Poi alzò i toni e si girò subito verso di me. "Parlavo seriamente del matrimonio."

"Di quale matrimonio parli, nonna?" Ribattei sconvolto.

"Sì, Scarlett. Quale matrimonio?" Aggiunse mia madre gesticolando con le mani, come se volesse sottolineare quanto fosse folle l'idea.

"Sta per arrivare un bambino..." Guardò entrambi. "E questo bambino ha il nostro sangue, è il nostro sangue." Sottolineò. "Devi occuparti della madre e del bambino." Si voltò verso mia madre, che stringeva nel pugno un fazzoletto. "Vuoi che James si rivolti nella tomba?" Poi mi si rivolse con tono duro. "Ti sposerai il prima possibile! È la mia ultima parola."

"Nonna, è ovvio, che mi prenderò la responsabilità del bambino e me ne prenderò cura. Ma non posso sposarmi, con una ragazza che non conosco. Sarebbe ridicolo! Dai." Le feci notare con ironia. "Vorrei poter decidere da solo cosa fare della mia vita." Sollevai le sopracciglia. "Ti prego."

"Ti ho detto cosa penso, Lucas."

Si sporse di più e mi guardò negli occhi lasciandomi interdetto. Lanciai un'occhiata a mia madre.

"Lucas, corri, corri... Corri!"

Mi fece cenno di inseguirla prima che lasciasse definitivamente l'ospedale.

Scesi e la raggiunsi mentre il taxi aveva appena accostato al marciapiede e Paul le stava aprendo la portiera.

"Nonna, perché il taxi?" Lei non mi degnò di una risposta girando il viso. Feci un cenno con la testa a Paul e lui richiuse la portiera.

"Cos'ho detto prima Paul?" Protestò.

"Bene, signora." E gliela riaprì.

"Scarlett, per favore non fare così. Lucas non voleva farti arrabbiare. Che stai facendo?" Provò a dirle mia madre, ma invano, quando si interstadiva su qualcosa non c'era verso di convincerla che era la cosa giusta.

"Nonna." Continuai a supplicarla.

"Scarlett." Fece anche mia madre.

Prese posto sul sedile e se ne andò sotto i nostri sguardi confusi.

Cominciai a passeggiare avanti e indietro con in testa una confusione spaventosa. Mia madre riprese a tremare visibilmente, come se lí a poco stesse per avere un altro mancamento.

"Mamma, ho detto qualcosa di sbagliato?" Mi fissò e scosse la testa. "Cosa succederà adesso?"

"Troveremo una soluzione. Non ti preoccupare, tesoro. Devo parlare con tuo padre." La guardai di sottecchi alzando la testa mentre rideva. "Non mi sento bene."

"Per favore, signora salga." Le intimò Paul con un gesto della mano.

"Lucas, non sto bene." Era proprio nel panico. Continuava a ridere e piangere contemporaneamente mentre la prendevo a braccetto e l'accompagnavo verso l'auto. "Non sto bene."













Dalila

"Dove saranno finite?" Mi domandai allungando il collo verso l'entrata mentre stringevo la tazza, in giardino. "Non pensavo ci volesse molto."

"Sono curiosa di scoprire come avranno reagito dopo aver saputo il risultato del test." Disse la biondina con un sorriso beffardo stampato sulle labbra. "Credi che la convincerà?"

Staccai la tazza dalle labbra e le diedi uno schiaffo sul braccio.

"Certo, tesoro, non conosci la mamma? Forse è già sposata." Scoppiò a ridere e la seguii. Improvvisamente tornai seria. "Sono già qui! Alzati. Muoviti."




Amybeth

Scesi dall'auto con il capo chino e affrettai il passo attraverso il vialetto. Mi sentivo esplodere dalla collera.

Come aveva potuto incastrarmi in quel modo? Come osava propormi un matrimonio di convenienza a causa della gravidanza?

Le ragazze erano lì con i loro sorrisi trionfali che mi correvano incontro impazienti di conoscere il responso finale.

"AB, cos'è successo?" Chiesero in coro, cercando di afferrarmi, ma alzai le braccia e le scansai per andare a sedermi sotto il gazebo. Sentii nostra madre rispondere al posto mio.

"Cosa doveva succedere, eh? Abbiamo i risultati. Si sposerà con lui. Pensavate il contrario?" E le due esplosero in un urlo di gioia mentre mi raggiungevano.

"Davvero, mamma?" Domandò Dalila mentre fissavo il vuoto, mordicchiando l'unghia. La mora era così entusiasta che non smetteva di muoversi e ruotare i polsi nell'aria. Semplicemente stupida e infantile. Mi accarezzai il braccio con la punta delle dita e distolsi il viso.

"Allora... Lucas Zumann sarà nostro cognato?" Domandò con aria trasognata la biondina. Mia madre mi scrutò di sottecchi. "Oh Dio! Chissà cosa ci aspetta in futuro adesso!" Esclamò prendendo a ballare con Dalila.

Quel pensiero mi fece salire le lacrime agli occhi. Che cosa poteva esserci di entusiasmante di un matrimonio senza un briciolo d'amore? Cosa potevamo avere in comune noi due? Le nostre vite erano opposte e lui aveva un'altra. Non avrei retto un'altra delusione.

"Quindi ora divorzierò da Aymeric. Divorzierò sicuramente." Dichiarò Dalila.

"È troppo tardi per quello. Non dirgli nulla di tutto questo, altrimenti non se ne andrà. Va bene?" Le consigliò, poi serrò i pugni premendosi allo schienale. "Vorrà riconquistarti. Non permetterglielo."

La mora si piegò leggermente ponendosi la mano sul petto.
"Non preoccuparti, mamma."

Basta! Dovevo reagire e terminare questa pantomima. Far valere le mie ragioni.

"Non sposerò qualcuno che non conosco. È fuori discussione!" Immediatamente i loro sguardi si inchiodarono sulla mia figura.

"Cosa stai dicendo? Cosa intendi con questo?" M'interrogò mia madre e mi toccò la mano. "Aspetti un bambino, non hai altra scelta. Lo devi sposare."

La guardai. "Non sono obbligata a fare un bel niente. È la mia vita questa. Sono una persona, non un giocattolo."

"Amybeth, la mamma ha ragione. E anche tu, però... avrai un bambino."

Riaprii gli occhi, sentendoli pizzicare.

"Sorellina, sei molto fortunata. Capisci questo?" S'intromise Kyla, corrugando la fronte. "Stiamo parlando di Lucas Zumann. Cos'altro vuoi?"

"Io penso una cosa e tu un'altra."

Le guardai un'ultima volta prima di capire che stavo sprecando fiato. Mi alzai, presi la borsa e corsi via.














Lucas

Con espressione imbronciata gettavo un'occhiata al finestrino mentre l'auto correva sull'arteria principale di NY. Mi sentivo un pesce fuor d'acqua e io pensavo che avrei saputo tenermi lontano da situazioni, come questa.

"Signor Lucas, non è facile, ma non è nemmeno la fine del mondo." Cercò di confortarmi Paul, guardandomi attraverso lo specchietto. "Guardi il lato positivo piuttosto." Non risposi. "Non c'è un lato positivo?" Scossi la testa per dissentire, rivolgendo l'attenzione alla strada. "Certo hanno trovato un cognato come lei, bello... ricco e molto affascinante. Mica possono lasciarselo scappare?" Mi sfuggí un sorrisetto e piegai la testa. "Signor Lucas... E se fosse una trappola?" Ipotizzò, alternando lo sguardo tra il rettilineo e i sedili posteriori.

"In che modo?"

"Quella notte, la signora Shannon ha avuto un incidente ed era in ritardo per l'appuntamento." Ci pensai su. "La ragazza ha detto che non ha mai bevuto alcolici, ma ha bevuto molto... E non ricorda nulla."

"Pensi che la ragazza ha pianificato tutto?" Chiesi ancora, dopo aver ascoltato attentamente la sua teoria.

"Perché ha aspettato tre mesi per dirlo? Come se avesse pianificato tutto." Si portò un dito all'altezzo del viso. "Ho molti dubbi."

"Ci ho pensato anch'io, Paul." Concordai. "Ma non riesco a collocare i tasselli della storia. Lei non sapeva ch'ero lì. Come può aver architettato tutto?" Alzò la mano dal volante. "Solo mia madre e Shannon né erano al corrente."

"È vero, ma penso che dovrebbe indagare sul suo conto." Mi consigliò con fare determinato. "Se scopre che la ragazza l'ha manipolata, sua nonna non la costringerà a sposarsi." Riflettei con calma. Non sembrava una proposta così malvagia. "Dai, sorrida un po'."

"Guarda la strada." Gli ordinai con fermezza, incassando la testa nelle spalle.















Amybeth

"Amybeth, sta calma e non ti agitare. Questo può far male al bambino." Mi pregò Dalila. Mi si accostò. "Tesoro, l'amore non significa niente. Mi sono sposata per amore e ora guarda come mi sono ridotta. Lui è un idiota." Tirai su con il naso e alzai gli occhi al cielo. "Quest'uomo è colto, ricco, bello... È anche il padre di tuo figlio. Cos'altro vuoi?"

"Cos'altro vuoi? Come puoi non volerlo?" Esclamò Kyla. "È nella lista dei cinque scapoli più famosi. Sai cosa significa?" Continuò.

"Cosa?" Chiese Dalila interrogativa.

Scrollai le palle e trassi un sospiro. "Che vivremo nella stessa casa. E non so che accadrà." Incrinai la voce. "Non so niente di lui."

"Non importa se non sai niente, piccola." Riprese Dalila, accarezzandomi la guancia. "Divertiti, sarai una buona madre."

"È facile dirlo." Sussurrai a bassa voce, girando il viso un'altra volta.

"Amybeth, stai facendo impazzire nostra madre. Pensaci quando si metterà a sbraitare come una pazza."

Le lacrime scendevano copiose sulle guance mentre serravo i pugni.

"Davvero, AB. Noi siamo felici, mentre tu piangi ormai da ore."

Kyla mi prese la mano e feci un respiro lungo e profondo, spostandomi i capelli dietro le orecchie.

Dalila sorrise e mi spinse un dito sul petto divertita.

"Sarai una sposa, la più bella di tutto il quartiere. Ma che dico? Di tutta New York." Mi scossero dolcemente, mentre la mora portava le mani ai lati del mio viso. "Finalmente sarai una moglie." Strinsi le labbra e respirai di nuovo con gli occhi rivolti al cielo. "Non piangere... Non dimenticare la nostra nipotina, eh?"












Lucas

Entrai nell'edificio a passo svelto, con una mano nella tasca del pantalone mentre oltrepassavo il bancone della segretaria.

"Buongiorno, signor Lucas, benvenuto."

"Buongiorno, piacere di rivederla."

La salutai e superai l'addetto alla sicurezza, che mi rivolse un sorriso prima che mi recassi nell'ufficio per un'altra impegnativa giornata.











Jacob

Glenna continuò a massaggiarmi le tempie mentre ero inginocchiato sul letto, poi mi tirò la testa all'indietro con uno scatto malizioso, fin quasi a farmi scroccare le ossa tutte assieme.

"Il mal di testa ti è passato, caro?" Domandò con fare malizioso.

"Ehm... Sto bene, sei davvero molto brava." Continuò con il suo massaggio, scendendo poi verso le spalle. "Ora è meglio che vada a lavorare o Lucas mi ammazzerà."

Stavo per mettermi in piedi e uscire, quando mi bloccò, avvicinando i nostri visi fino a farmi indietreggiare verso il ciglio del letto.

"Invece di andare a lavoro, che ne dici di giocare ad alcuni giochi, già che siamo qui?" Incrinò la voce. "Da soli." Mosse le sopracciglia.

Stavo per inciampare, ma riuscii a tirarmi su, portandomi una mano alla tempia e strizzando gli occhi.

"Ah... Ah, ho di nuovo mal di testa. Mi fa male la testa!"

Si spostò e poi mi diede uno spintone. "Ah, basta! Basta! Che cosa significa?" Gettò le mani all'aria infastidita e la guardai sconvolto, su un fianco. "Faccia disgustosa!" La guardai dall'alto in basso mentre si accostava la vestaglia al petto. "Scheletro!" Urlò. "Dirò a tua madre di darti una cura ricostituente! Cos'è questo? Devi andare in ospedale!" Le diedi le spalle offeso e lei trasse un respiro. "Ok, calmati. Calmati." Poi continuò. "Hai una moglie bellissima. Non so perché non vuoi stare al mio fianco. Che scusa hai?" Roteai gli occhi. "Sono stata senza mangiare per due mesi prima di venire a letto. Sto male anch'io!" Sbuffò.

Mi voltai, facendole un sorriso, ma lei aveva gli occhi rivolti a terra e stringeva un cuscino sulle cosce. "Quindi ti manco? Ti ho turbata, mi dispiace molto. Per favore, scusami, il mal di testa è passato."

Mi sorrise e avanzò sul letto, scuotendo la testa mentre si pavoneggiava della sua bellezza.

"Davvero?" Poi mi ritrovai a un palmo dal suo volto, mi sembrava assatanata.

"Davvero." Risposi, cercando di staccarla dal mio corpo.

"Davvero?" Ripeté, con gli occhi colmi di desiderio.

"Si, davvero..." Inclinai la testa all'indietro, mentre mi trascinava sul materasso. "È successo... ma non completamente, quasi, quasi..." Ma mentre stava per sfiorare le mie labbra, un urlo improvviso mi fece mettere seduto di scatto. "Mamma! È mia madre! Ti è successo qualcosa? Spero non si sia successo niente!" Mi coprii la bocca con la mano mentre mi giravo verso Glenna, che aveva ridotto gli occhi in due fessure e mi fulminava per averla interrotta. "Spero che non sia successo niente di grave a mia madre." Tirò fuori un sospiro affranto. "Hai sentito. Non appena mi stavo concentrando e preparando, ha urlato il mio nome."

"Vattene." Sibilò con i capelli scompigliati.

"Mi vesto e vado a vedere se ha bisogno di qualcosa." Mi alzai dal letto, abbandonandola fra le lenzuole mentre lei sbuffava e lanciava i cuscini per la stanza prendendo a pugni le lenzuola. "Andrò a vedere."









***

"Jacob!" Urlò a squarciagola, mentre mi aggiustavo le maniche della giacca e la raggiungevo prontamente in giardino.

"Mamma, si può sapere cosa succede? Mi hai spaventato!"

"Dov'eri tu piuttosto? Lucas diventerà presto papà e tu... ancora-" Roteò gli occhi e gesticolò con le mani, con la faccia cosparsa di crema.

"Chi l'ha detto?" Sbottai, lasciando cadere le mani sui fianchi.

"Cosa chi l'ha detto?" Sottolineò spazientita.

Tesi una mano. "Che stai cercando di dirmi?"

Mi mosse contro l'indice convulsamente. "Non sto cercando di dirti niente, Jacob. Ti dico che Lucas sarà un padre! E non hai ancora convinto Glenna a rimanere incinta."

Guardai in direzione della casa, ma più probabilmente della nostra camera, e mi sedetti su una delle poltrone.

"Lucas sarà papà?" Inarcai un sopracciglio confuso. "Ma come?"

Mia madre alzò gli occhi al cielo e allargò le braccia. "Sì, il messaggio ha raggiunto il suo cervello, grazie a Dio!" Poi alzò la voce arrabbiata. "Sì! Proprio così! Lucas sarà padre!"

Mi sporsi verso di lei.
"Shannon è incinta?"

"No, un'altra è incinta." Sussurrò flebilmente, come se qualcuno potesse sentirci.

Mi coprii la bocca con la mano sorpreso. "Un'altra è incinta? Chi?"

"Che ne so. Nessuno la conosce. La notte in cui avrebbe dovuto incontrare Shannon, ne incontrò un'altra." Spalancai la bocca all'inverosimile. "Non è molto chiaro. Non ho capito molto bene sinceramente."

"Ho visto quella ragazza in sua compagnia." Sussurrai ancora. Alzai gli occhi. "Oh... quindi, dev'essere lei."

Lei si alzò e si fece più vicino sul divanetto. "Jacob. Guardami negli occhi!" Mi sostenni il mento con una mano, scuotendo le spalle. "Hai visto quella ragazza?"

"Figurati." Mi avvicinai e mormorai. "Certo che l'ho vista." Lei mi fece cenno di continuare. "Credevo fosse Shannon. Ma ho guardato bene e non era lei."

"Hai capito?" Esclamò lei raggiante.

"Ho capito." Dichiarai, sentendomi l'essere più intelligente sul pianeta.

"Hai capito che non era Shannon?" Si piegò e mi accarezzò i capelli. "Ben fatto, tesoro." Poi me li attorcigliò tirandomeli più forte, sedendosi poi sul divanetto. "Ottimo, grande. Ma ti ho mandato lì solo per vederli, Jacob!?"

"Certo che no! Mi hai mandato per rovinare l'incontro."

Lei scosse la testa in segno affermativo. "Bene, Jacob, bene." Mi assestò uno schiaffo sulla coscia. "Ma non l'hai fatto bene a quanto pare!"

"Mamma" piagnucolai. "Lei aveva chiesto un cocktail alla frutta, ma io gli ho fatto portare molto alcol. Cos'altro potevo fare?"

Lei allargò le braccia. "Ma cos'altro potevi fare, tesoro? Cos'altro potresti fare?" Poi alzò la voce facendomi sussultare. "Ora vai a bere tutto ciò che hai dato a loro, Jacob."

"Non posso farlo, mamma. Gli ho dato così tanto alcol. Poteva rischiare un'overdose e morire, ma lei no!"

Tirò un pugno sul tavolo.
"No! Lei è incinta! Sono così arrabbiata." Disse fra i denti.

"Mamma, non arrabbiarti, ti prego."

"Come posso non arrabbiarmi? Come?" Tuonò. "Lucas sarà padre, te lo sto dicendo, Lucas sarà padre! Quello che tu non riesci a fare da sobrio, Lucas l'ha fatto da ubriaco." Abbassai la testa, attorcigliandomi le dita colpevole. "Guardami negli occhi. Guarda..." La fissai con attenzione. "Chi è quella ragazza? Dov'è? Dobbiamo sapere tutto di lei." Mi prese le mani. "Ora andrai alla compagnia, okay?" Feci un cenno con la testa in segno di assenso. "Tieni entrambi gli occhi e orecchie aperti e vieni a dirmi tutto. Va bene, tesoro?"

"Bene." Si guardò intorno, poi abbassò la voce nuovamente. "Prova a farlo presto, per favore."

Mi guardai attorno, seguendo il suo esempio e mi avvicinai a un palmo dal suo volto.

"Fare cosa?" Lasciò cadere il braccio alzato e ricadde a pancia in giù sul bracciolo del divano. Fissai mio padre, intento a sfogliare il giornale. "Fare cosa?" Ripetei.

Mi mimò una parola e feci una faccia disgustata. Lei si rianimò all'improvviso e sollevò il mento verso l'alto.

"Dio! Dio! Apro le braccia, ti prego. Prendi parte del mio prezioso cervello e dallo a questo stupido di mio figlio." Mi prese a pugni sulle braccia. "Ti sto chiedendo un bambino, sciocco!"

Annuì, accavallando le gambe.

"Ho capito, il problema è il bambino. Ho capito."

"Ho le vertigini." Sentenziò lei alzandosi con i nervi a fior di pelle.

Mi girai in direzione della piscina. "Come dovrei chiedere un bambino?" Mi strofinai il dito. "Per fare un bambino devo andare oltre, ma non mi piace, non mi piace quella ragazza. Lei mi mette in imbarazzo, mi mette in imbarazzo." Alzai la testa, come se una lampadina mi fosse accesa. "È a causa della mia bellezza?" Ci riflettei mentre sporgevo le labbra all'infuori.


***

Cercavo di origliare quando all'improvviso la porta si spalancò. Mi allontanai un po' per non destare sospetti nella ragazza castana con in mano un fascicolo aziendale.

"Signor Jacob?"

"Christine." Chiuse la porta. Mi schiarii la voce e la squadrai dall'alto facendole un occhiolino. "Come va? Come sei bella. Lucas è dentro?"

"Sì, signore, vuole vederlo?"

Guardai l'orologio sul mio polso.
"Lo vedrò." Sussurrai. "Certo che lo vedrò più tardi, non ora." Alzai il viso. "Puoi portarmi dell'acqua, per favore? Un bicchiere d'acqua."

"Certo, signore, glielo porto subito."

"Grazie mille. Buon lavoro." Le feci un cenno con il capo e si allontanò. "La trovi nell'armadio in fondo al corridoio." Precisai.
















Lucas

Avevo appena finito di firmare una pila di documenti.

Stavo bevendo un sorso di caffè, quando un pensiero ricorrente mi balzò alla mente.

Cosa dovevo fare con quella ragazza? L'ultima volta ero talmente sconvolto alla notizia che anche impostare un discorso mi era risultato complicato.

Come se avesse premuto il grilletto colpendomi dritto al petto.

Appoggiai la tazza sul tavolo e afferrai il cellulare. Mi schiarii la voce e ripresi ad osservare quella sfilza di foto.

Distolsi lo sguardo dal display e dal viso sorridente di quella ragazza.

"Come ci sono finito in questa situazione?" Mi chiesi ad alta voce. Continuai a scuotere la testa. "Ci dev'essere un errore." Sollevai le sopracciglia. "Sì, c'è stato un errore."

Mi portai il cellulare all'orecchio deciso a fare chiarezza e chiusi di scatto il portatile mentre squillava.

"Pronto?" Sembrava sorpresa per quella chiamata.

"Amybeth?" Domandai un po' titubante.

"Sì, sono io."

Presi un attimo fiato. Ero a corto di respiro, qualcosa mi stringeva la gola."Sono Lucas."

Restò qualche secondo in silenzio.
"Ciao."

Mi inumidii le labbra. "Ciao. Ehm... Amybeth, dobbiamo incontrarci per parlare... a proposito del bambino. Sei libera adesso. Possiamo vederci?"

"Sì, lo sono."

Guardai l'orologio. "Tra un'ora, ok?"

Sembrava a disagio. "Va bene. Ci vediamo."

"A dopo." La salutai e riattaccò.

Improvvisamente la porta si spalancò e la figura di Jacob fece capolino.

"Lucas!" Mi salutò con un'insolita espressione. Lasciò andare la porta e si sedette in un tonfo sulla poltrona, accavallando le gambe. "Congratulazioni, stai aspettando un bambino?"

Era una domanda o una constatazione?

"La notizia è arrivata presto!" Bofonchiai picchiettando le dita sul portatile.

"Non veloce quanto te!" Dichiarò con sarcasmo. "Devi essere molto soddisfatto." Continuò a parlare mentre i miei occhi erano posati sulle carte che tenevo fra le mani. "La ragazza che hai visto solo una volta è incinta."

"Non dire sciocchezze. Non sono soddisfatto."

"Vedo dal tuo viso che non lo sei. Ma tu sei il preferito, l'eletto. Questa è una gara e non intendi perderla."

Chiusi il fascicolo e lo gettai sulla scrivania.

"Bene, ora devo andare." Scattai in piedi come una molla.

"Sto scherzando... Dove stai andando? Vieni, stavo scherzando." Continuò a ridere in modo irritante mentre uscivo.
Appoggiai la mano sulla spalla dell'agente mentre mi lasciava passare e mi fiondai fuori.

***

Mentre ero in macchina, il cellulare mi avvisò dell'arrivo di una chiamata.

Shannon.

"Oh, Dio... Come ho fatto a dimenticarlo?" Guardai ancora lo schermo.

"Cos'ha dimenticato, signor Lucas?"

"Dovevamo andare all'agenzia, che organizza matrimoni." Spiegai, con in sottofondo lo squillo incessante del cellulare.

"È normale dimenticare in certi casi. Penso che sia meglio che non le risponda. Che spiegazione darebbe?"

Mi strinsi la radice del naso, con un gomito appoggiato alla portiera e lo gettai con noncuranza sull'altro sedile, facendolo squillare a vuoto.
























Jacob

Appena uscii dall'ufficio vidi la castana con il cellulare premuto all'orecchio che imprecava. Poi ci rinunciò.

"Shannon!" Esclamai facendola girare nella mia direzione. "Ma dove sei stata? Dove?" Le chiesi avvicinandomi.

Tese la mano verso di me per bloccarmi. "Jacob, ora sono molto tesa, non è un buon momento."

"Cos'è successo?" Le chiesi preoccupato.

"Lucas..." Trasse un respiro. "Oggi, avevamo un appuntamento con la wedding planners. Non avrebbe potuto dimenticarlo." Dichiarò con gli occhi sgranati e tono rabbioso.

Sollevai una mano. "Non può dimenticarlo."

Piegò la testa e riprese a chiamarlo. Emise un urlo strozzato.

"Non risponde. Il matrimonio è alle porte, ma a lui non importa."

"Ok, ma per favore. Non essere arrabbiata, tu sei la sposa." Sospirò. "La sposa non dovrebbe essere tesa, nei preparativi del suo matrimonio." Mi portai la mano alle labbra, fingendo di riflettere. "Aspetta, dove ha detto che stava andando?" Feci un sorrisetto. "Ha detto... ha detto che sarebbe andato al bar della costa. Perché non lo raggiungi anche tu?"

"Jacob... quanto sei dolce." Squittí.

"Certo, i miei amici mi chiamano profiterole." Ridacchiai.

Sventolò la mano e si allontanò.
"Me ne vado, è tardi."

"Salutami Lucas." Mi appoggiai alla scrivania e battei le mani. "Che Dio ti aiuti, Lucas." Sussurrai, celando una risatina mentre sistemavo le maniche della giacca.




















Lucas

"Non ci vorrà molto, Paul. Aspetta qui." Gli dissi dopo essere sceso dalla vettura davanti all'ingresso del locale.

"Signor Lucas." Si accostò. "Lo consideri come un esame, faccia domande difficili. Provi a farla parlare." Mi appoggiò amichevolmente la mano sulla spalla. "Dai, signor Lucas." Poi si rese conto del gesto troppo avventato e la tolse ricomponendosi. "Se qualcosa va' storto, sarò qui." Entrai nel locale.




Amybeth

Una volta entrata nel locale lo vidi seduto ad aspettarmi. Sembrava quasi un deja-vu? Avevo già vissuto quella situazione.

Con la solita freddezza ed eleganza, si rimise in piedi quando mi fermai. Eravamo l'uno di fronte all'altra, ma stavolta non era un appuntamento al buio.

"Ciao." Lo salutai, stringendo la presa sulla borsa.

"Siediti."

Ci accomodammo all'unisono.

"Benvenuti, cosa volete bere?" Esordii il cameriere raggiungendoci subito con un blocchetto fra le mani.

"Grazie." Rispose Lucas, rivolgendomi uno sguardo. "Cosa vuoi bere?"

Guardai l'uomo. "Un tè." Poi distolsi il viso per osservare la sala.

"Per la signorina un tè e per me un caffè americano senza latte, per favore."

"Subito, signore." E si allontanò, lasciandoci soli e preda dell'imbarazzo.

"Grazie." Sussurrò flebilmente. Poi si guardò ancora intorno, come se non riuscisse a trovare il filo del discorso. "Possiamo parlare tranquillamente senza che le nostre famiglie interferiscano."

"Sì." Risposi, ingoiando la saliva.

"Volevo parlarti prima un po' di quest'argomento, ma... Volevo assicurarmi che il bambino fosse mio."

"Ti avevo detto che era tuo, ma..." Mi interruppi, vedendolo alzare gli occhi.

"E come potevo crederti?" Lo fissai seria. "Non ti conosco. Sei come un'estranea. Ti ho visto solo una volta nella mia vita. Come potrei crederti?" Domandò ancora. "Inoltre, sei venuta da me dopo tre mesi, potevo mai non darti il beneficio del dubbio?"

"Hai ragione a non credermi. Ma come ti ho già detto, neanch'io lo sapevo."

Restò in silenzio per qualche secondo. "È difficile crederci."

"È una tua decisione se crederci o meno." Ci guardammo negli occhi. "Ma ti sto dicendo la verità." Distolsi il volto. "Anche questa situazione mi preoccupa."

"Ti preoccupa?" Restai di nuovo in silenzio. "È la tua unica scusa?"

"Perché mi hai chiamata?" Tagliai corto. "Per accusarmi ancora?"

Inarcò un sopracciglio.

"Per cosa pensi che ti abbia chiamato? Vedi in quale situazione siamo. Mi stai rovinando la vita, lo sai?" Disse con disprezzo.

"Pensi che io sia contenta di questa situazione?" Esclamai arrabbiata.

Lui si lasciò andare contro lo schienale senza darmi una risposta. "Quindi..." Riprese e sollevò il mento con fare altezzoso. Girai il viso, mi stava dando ai nervi. "Che io ero lì, chi te l'ha detto?"

Lo guardai subito stranita.
"Non ho capito."

"Mi hai capito." Mi osservò. "Rispondi. Con chi hai organizzato tutto questo? Era qualcosa di premeditato, ne sono sicuro." Continuai a fissarlo in silenzio. "Sei venuta apposta lì, hai detto che non hai mai bevuto e ti sei ubriacata." Distolsi il volto. "Poi mi porti al pub e forse metti qualcosa nel mio drink." Picchiettò il dito sul tavolo, come se fosse il giudice e io l'imputata. "Perché non è normale, non ricordare nulla il giorno successivo. Mi porti lì per farti mettere incinta." Sospirai, fissandolo con ripugnanza. "Hai fatto tutto questo gioco con me, per incastrarmi."

"Ma perché dovevo fare qualcosa del genere?" Gli sputai contro.

Fece spallucce sogghignando.

"Soldi." Scosse la testa più volte. "Per soldi. Te lo leggo in faccia. Vuoi fare soldi facili, vuoi arricchirti!" Chiusi la bocca di colpo. "Ma non mi prendi in giro. Hai trovato pane per i tuoi denti." Mi mossi sulla sedia sotto il suo sguardo divertito. "Non ti sposerò mai. Dimenticalo, va bene? Ora, senza perdere tempo, dimmi quanto vuoi." Girai nuovamente il volto. "Te lo chiedo per l'ultima volta."

Mi ero sbagliata, era un essere rivoltante e astuto.

Improvvisamente lo vidi impallidire di colpo mentre una donna dai capelli raccolti si avvicinava al tavolo.

"Lucas." Si bloccò e lui si alzò in piedi. "Shannon?"

Sbattei le palpebre più volte, mentre ero immobile. Non so perché ma ritrovermela davanti mi stava causando un certo imbarazzo.

"Chi è la ragazza?" Domandò socchiudendo gli occhi. Non aprii bocca. "Ah... ora ricordo.  L'ho vista alla compagnia. Sei una parente di Paul, giusto?" Mi sporsi e guardai nella sua direzione per cercare una risposta.

Mi alzai in piedi e sorrisi.

"Certo." All'improvviso qualcuno mi raggiunse alle spalle afferrando il braccio e recitando il ruolo alla perfezione. "Stai bene, vero? Ero andato in bagno." Poi esclamò sorpreso. "Ah... signorina Shannon." Allungò la mano nella sua direzione.

"Ciao." Poi si rivolse al ricciolo. "Amore, ti ho chiamato molte volte, ma non mi hai risposto. Oggi saremmo dovuti andare in agenzia per organizzare il matrimonio. L'hai dimenticato?" Strinsi le labbra a disagio, sentendomi fuori posto. Mi chiedevo insistentemente, cosa c'entrassi. "Se non fosse stato per Jacob, non avrei saputo dove trovarti."

"Te l'ha detto Jacob?" Lei annuì in risposta. "L'ho completamente dimenticato, tesoro. Perdonami."

Gli sorrise. "Non importa tesoro, abbiamo ancora tempo per andare."

"Allora, dai." Rispose Lucas.

"Andiamo."

Mi superò velocemente e Lucas l'accompagnò, lasciandomi indietro. Sistemai la borsa sulla spalla.

"Oh, tesoro, a volte mi sorprende questa tua modestia." Cinguettò mentre continuavano a camminare. "Capisco che Paul lavora per te da molto tempo, ma..." Si girò lievemente ed esclamò. "Non devi preoccuparti così tanto dei suoi parenti."

"Dai."

Appoggiò la mano sulla schiena, guidandola fuori. Stavo quasi per sputarle in faccia la verità, ma l'uomo al mio fianco mi afferrò per un braccio.

"Per favore!" Mi supplicò, dandomi la precedenza come un gentleman.

"Amore... ci vediamo all'agenzia." Gli diede un bacio sulla guancia davanti ai miei occhi.

Mi rivolse un'occhiata infastidita, come se non gradisse la mia presenza e salì nella macchina.

"Ecco, non abbiamo nulla di cui parlare." Gli feci notare una volta rimasti soli.

"C'è qualcosa di cui dobbiamo ancora parlare!" Mi apostrofò.

"Guarda, se è per quello non ti preoccupare... Non voglio i tuoi soldi. Non voglio sposarti. Hai già trovato la ragazza giusta per te. Non ti disturbo più."

Gli diedi le spalle e mi allontanai più velocemente possibile.


















Lucas

La guardai allontanarsi e sparire poco dopo nel sentiero costellato di alberi.

"Sembra che sia una brava ragazza." Commentò Paul. Lo fulminai con uno sguardo. "Uhm... Sto per aprire la portiera della macchina." Fissai ancora una volta quella direzione, ma lei non era andata via, prima di salire nella macchina.









***

Eh, già. Non avete preso un abbaglio come il nostro caro Lucas, c'è davvero il nuovo aggiornamento di "amanti per caso".

E si, c'è una ragione dietro ogni storia che si rispetti e inaspettati retroscena che man mano scoprirete di quella famosa cena a cui i nostri ragazzi hanno partecipato scambiandosi i "patner" improvvisamente.

È stato infatti quel broccolo ammuffito a far ubriacare la povera Amybeth, ma lo ringraziamo perché senza non avremmo avuto "Baby Dio". Quindi con quel poco di cervello ci ha regalato uno splendido colpo di scena!

Intanto, parlando del cretino, Shannon è piombata nel bel mezzo dell'incontro e ci ha rovinato la nostra scena!?

Vi prego, abbattetela! Please!

Se ora è stronza, pensate al dopo. Pensate a che donna diventerà quando scoprirà che Amybeth non è quello che dice di essere...

Uhm, non credo vorrete perdere il prossimo imperdibile aggiornamento di "amanti per caso"!

Cosa accadrà ai nostri amati beniamini? Riusciranno a fare una scena senza litigare? Oh, almeno qui non gli tira nulla in faccia. È già qualcosa, dai. Un miracolo. Almeno Baby Dio non corre il rischio di diventare orfano. Ma un Nobel per la crudeltà se lo merita tutto, che piffero!

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