𝟏.𝟐 Maledette coincidenze...

𝟏.𝟐
𝑳𝒐𝒗𝒆𝒓𝒔 𝒃𝒚 𝒄𝒉𝒂𝒏𝒄𝒆
(Amanti per caso)
"Fidati delle coincidenze.
Sono il sussurro che tradisce il legame
tra l'impossibile e l'inevitabile."
Lucas
Continuavo a guardare il finestrino nell'intento di ricordare qualcosa, ma era tempo sprecato. Tutto era svanito, lasciandomi frastornato e confuso.
E tutto per quella notte.
"Ci sono marmellate oggi. Di notte c'è una partita. Signor Lucas, cosa faremo?" La sua voce era un rumore isolato nella mia testa e non gli degnai di una risposta. Mi guardò dallo specchietto. "Signor Lucas?" Distolsi lo sguardo respirando sommessamente. "È successo qualcosa ieri notte?"
"Se potessi ricordarlo..."
"Ha bevuto molto?"
Incollai gli occhi al finestrino. "No, non ho bevuto molto ma è come se avessi un vuoto di memoria, Paul."
"Se vuole possiamo fermarci per la colazione."
"Meglio di no. Andiamo direttamente alla compagnia."
"Va bene, signor Lucas." riprese a guidare tenendo d'occhio la strada mentre riportavo gli occhi sulla città.
Amybeth
Dopo il tragitto in taxi, non avevo fatto altro che tormentarmi al pensiero di aver combinato un pasticcio.
Non ricordavo niente delle ultime ore trascorse in compagnia di quel ragazzo, e la situazione non avrebbe fatto che peggiorare quando bussai alla porta.
Oltrepassai la soglia timorosa, come se fosse un campo minato, osservando i loro visi tesi e angosciati.
"Amybeth... Stai bene?" non mi diede il tempo di rispondere che si gettò su di me sfogando le sue lacrime e stringendomi forte. "Oh, tesoro..."
"Sono qui, mamma. Calmati." Si allontanò piano accarezzandomi il viso con affetto.
"Grazie a Dio... Va tutto bene?"
"Sì, certo. Mi dispiace che..." avvinghiò le mie braccia con forza e portò il viso vicino al mio.
"Tu vuoi che io abbia un infarto, ingrata!?" urlò all'improvviso, e tutta la dolcezza sparì. Il rossore le incendiò le guance e mi scappò un gridolino di terrore. "Non scappare!"
Dovevo aspettarmi che avrebbe fatto la solita scenata. Che ingenua...
Mi rincorse rabbiosa con in mano una delle sue scarpe.
"Tu e lui non vi siete conosciuti. Cos'hai combinato?! Dimmelo!"
"Mamma, l'ho incontrato. Okay?" risposi tendendo le mani come a farmi da scudo mentre Kayla la bloccava per le spalle.
"Come l'hai incontrato?! Non mentire. Ha avuto un incidente, ecco perché è arrivato in ritardo e tu eri già andata via!"
"Ci sono stata!" affermai.
Mi lanciò addosso la sua scarpa colpendo il muro e spaventata mi rifugiai dietro mia sorella, cominciando ad indietreggiare verso le scale.
"Cosa stai dicendo, che la tipa mi ha mentito?" si avvicinò con le mani ai fianchi.
"Mamma, lo giuro. Perché dovrei mentire?"
"Mamma, perché dovrebbe mentire?" mi difese Kyla.
"Non lo so, vado a cercare la mia scarpa." Si allontanò, mentre nascondevo il volto sulla spalla di mia sorella e tra i lunghi capelli rossi.
Quando tornò all'attacco impugnando l'arma, scivolai alle spalle di Kyla.
"Mamma! Per favore!"
"Tu... Ora ti colpisco!"
Poi si calmò e si sedette, dandoci le spalle con una mano sulla tempia.
"L'hai incontrato?" domandò Kyla a bassa voce, mentre mi portavo la mano alla fronte con una smorfia.
Probabilmente, non avevo smaltito la sbornia.
"Sta mentendo, non è successo!" la interruppe nostra madre.
"Beh, com'è stato?" La biondina ammiccò nella mia direzione. "Avete trascorso la notte insieme..."
La fulminai. "Cos'hai in quella testa?!"
Quando avrebbe chiuso la bocca la mia cara sorellina. Mi sarei gioca la testa per colpa sua.
Mia madre, a sentire quelle parole, batté la mano sul tavolo e scattò in piedi.
"Ehm, mamma... abbiamo passato la notte insieme." le dissi chiaro e tondo mentre la donna si manteneva con difficoltà allo schienale. "Abbiamo passato tutta la notte insieme, ma giuro che non è successo nulla, lo giuro."
Gettò le mani all'aria insieme alla sedia che cadde sul pavimento. "Ti ammazzo, giuro che ti ammazzo! Come ti ho messo al mondo, così ti distruggo!" saltellò su un piede afferrando la scarpa. "Fermati, stai ferma... Vieni qui!"
E di nuovo tornò a correre attorno al tavolo, ma per fortuna riuscii a raggiungere le scale schivando il colpo.
"Mamma, lo giuro, non è successo nulla! Quante volte te lo devo ripetere?"
"Vuoi che impazzisca!" Negai con la testa. "Adesso ti faccio vedere io!"
"Ti ripeto che non ho fatto nulla!"
"Oh tu e quel modo straordinario di infilarti nei pasticci, Amybeth!"
Lucas
Stavo bevendo un caffè bello forte lavorando con dei file aziendali quando Paul, il mio braccio destro, sbatté la porta e si bloccò con il respiro corto.
"Ho bisogno di un po' d'acqua. Mi si è seccata la gola."
Afferrò il bicchiere sulla scrivania e si accomodò sull'altra poltrona. Posai la tazzina, osservandolo mentre riprendeva fiato dopo quel lungo sorso.
"Signor Lucas, cos'ha fatto l'altra sera?"
"Cos'ho fatto?" domandai stranito, alzando un sopracciglio.
"È quello che le sto chiedendo, che cos'ha fatto? La lascio solo un giorno e succede un disastro..." Distolsi lo sguardo di fronte al suo rimprovero.
"Perché? Cos'è successo, Paul? Dimmelo."
"Sarà meglio che lo veda con i propri occhi." Si rialzò e posò il bicchiere, mentre mi affiancava smanettando sulla tastiera.
Quando partí il filmato trattenni il fiato per un istante, riconoscendo la ragazza in primo piano che parlava a vanvera.
"Ora assisterai al grande momento" esordì, puntando il dito contro lo schermo. "Mio caro, un girasole verrà tatuato sul tuo petto... e sai perché? Perché il mio nome, Amybeth... ha quel significato. Riesci a crederci?"
Ero immobile mentre mi vidi su quel lettino, con la camicia sbottonata e il tizio che ci stava disegnando sopra.
"Si, avrò un girasole sul cuore."
"Sì, e non preoccuparti..." si avvicinò di più al mio viso riverso sullo schienale. "Lui ha fatto un tatuaggio sul petto, e io mi tatuerò Lucas sul petto."
"Davvero?" le presi il braccio mentre lei si divincolava divertita. "Giuro che lo farò. Sta a vedere!"
Chiusi di scatto il portatile alzandomi in piedi e camminando a destra e sinistra. In silenzio, mi strofinai la mano sul mento prima di sbottonare la camicia per constatare l'esistenza di questo disegno.
Bastò scoprirmi per vedere quel disegno marchiato sulla pelle. Paul si sporse a controllare e nascose una risata sotto i baffi.
Alzai la testa. "Non ci posso credere."
"Ma il tatuaggio è di prima classe. Ottimo lavoro." mi fece notare, prima di voltarsi e ridacchiare.
Perfetto... Cosa ne sarebbe stata della mia reputazione di amministratore delegato? Avevo appena dato alle fiamme la mia immagine impeccabile.
Amybeth
"Ti dico che non è successo niente. Si é addormentato, entrambi abbiamo perso conoscenza." ribadii afferrando la gruccia dall'armadio, sotto lo sguardo sospettoso della biondina.
"Sì, certo..." sogghignò. "Hai detto che non avresti mai cambiato idea e ora ti sei ritrovata con qualcuno... Lo dicevo che ti sarebbe servito quel reggiseno."
"Kyla!"
"Bene, starò zitta." Alzò le mani.
La guardai di sbieco, spostando poi leggermente il pizzo dell'abito.
"Cos'è questo?" mi dissi, mentre mi osservavo il petto.
"Cosa succede, sorellina?"
"Non può essere..." sollevai lo sguardo sorpreso su mia sorella che si era avvicinata, mostrandole quella strana scritta che mi marchiava la pelle.
"Hai fatto un tatuaggio? Non ci credo..." spostò il lembo e lo scrutò con attenzione. "C'é scritto Lucas."
Spalancai le labbra e spostai lo sguardo dal tatuaggio a mia sorella.
Quali altre schiocchezze potrebbero aver fatto due individui completamente ubriachi in giro per New York?
Lucas
Come avevo potuto farlo? Perché l'avevo assecondata in questa pazzia?
Certo, perché ero ubriaco... Che imbecille, ora sarò lo zimbello dell'intera città.
Tutto a causa sua. Ho lasciato che mi manovrasse anima e corpo senza fare niente per impedirglielo.
"Ha scelto un bel tatuaggio, non è male il girasole. È molto maschile, ma un dragone sarebbe stato meglio..."
Lo interruppi, fulminandolo con un'occhiata per poi girare il viso.
"Paul..."
"Per prima cosa, inizieremo eliminando il video e poi vedremo cosa fare per il tatuaggio."
"Il problema non è come eliminarlo, è come ho potuto fare una cosa del genere? Perché l'ho fatto?"
"Beh, le sarà passato per la testa." rispose l'uomo mentre passeggiavo davanti alla scrivania. "Ma almeno l'ho visto più allegro, meno rigido, signore."
Mi voltai di scatto grattandomi la nuca imbarazzato.
"Che vergogna... Beh, cerca il suo profilo ed elimina quel video."
"Sarà fatto." rispose, prendendo posto davanti al portatile.
"Chissà cos'altro ho fatto? Dio mio." mormorai rammaricato per la pessima impressione che avevo dato ai miei dipendenti e ai potenziali soci.
Il nonno si sarebbe rivoltato nella tomba.
"Signor Lucas?" annuii in risposta girandomi. "È il suo account."
"Il mio account?"
"Sì, è stato lei a pubblicare il video."
"Cosa intendi?" l'affiancai subito per controllare personalmente, ed effettivamente ne erano una sfilza.
Lui me ne indicò un paio.
Presi il cellulare aprendo la galleria, e anche lí ero insieme a lei.
Scorsi una foto dopo l'altra, mentre l'autista si accostava e non smetteva di lanciarmi occhiate maliziose.
Come se mi stessi concentrando troppo sul soggetto dai capelli rossi. Rimpicciolii un'immagine, e inarcai un sopracciglio.
"Ho mangiato street food?"
"Oh, signor Lucas, cibo ricco di grassi e proteine. Non che si adatti molto alla palestra, ma le consiglio di mangiarlo più spesso, è una prelibatezza."
"E non è tutto. Ho anche mangiato cozze ripiene." Misi il broncio. "Odio le cozze ripiene."
"Con il limone, non sono poi così male."
"Ero nella metropolitana." distolsi lo sguardo spaesato. "Cosa mi ha fatto questa ragazza?"
"Cosa le ha fatto, non saprei. Ma in tutte le immagini sembrate felici. La vedo sorridere, è molto allegro."
Un sorriso mi spuntò sulle labbra mentre osservavo l'ennesimo scatto, con lei che mi baciava la guancia. Improvvisamente mi riscossi da quella sensazione, e tornai alla solita freddezza.
"Ero ubriaco, non felice. Ma sembravo felice." Continuò a sorridere. "Elimina tutto, spero che nessun altro li abbia visti."
"Perfetto. Lo faccio subito." rispose accomodandosi alla mia scrivania.
Trassi un respiro e poi il cellulare squillò. Diedi un'occhiata allo schermo e roteai gli occhi.
"Che c'è mamma?"
Quella donna chiamava sempre nei momenti meno opportuni.
"Mio caro ragazzo, Shannon vorrebbe vederti domani sera e sei libero giusto? Organizzo sempre allo stesso luogo?"
"Mamma, mi vuoi organizzare l'agenda? Non voglio andare ad altri appuntamenti, né incontrare quella ragazza. Hai promesso di lasciare perdere questa ridicola faccenda del matrimonio."
Quando si metteva in testa qualcosa difficilmente cambiava idea.
Ma avevo preso una decisione, e quella era la mia ultima parola.
E complimenti Lucas, l'hai appena infranta.
Ero seduto al tavolo dello stesso ristorante di quella sera e attendevo con pazienza che lei si presentasse.
Quando spostai il volto notai una ragazza che mi stava venendo incontro con al piede dei tacchi a spillo fasciata in uno striminzito tubino blu scuro.
La squadrai, con il gomito appoggiato sullo schienale del divanetto e la fronte corrugata. Sorrise innervosita, prima di salire lo scalino e fermarsi.
"Ciao Lucas."
Spalancai leggermente la bocca e mi alzai in piedi, con le mani nelle tasche.
"Shannon... scusami, non ti avevo riconosciuto." incatenò i suoi occhi scuri sul mio viso e mi strinse la mano.
"Non è niente, è passato molto tempo dall'ultima volta."
"Siediti, per favore." Le feci un cenno con la mano e spostai la sedia come un gentleman.
Mi ringraziò e passai dall'altra parte.
"Non sei cambiato, beh, certo qualcosa lo è."
"Sì, significativamente, tu sei cambiata. Come se davanti a me, ci fosse un'altra persona."
Si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e si guardò intorno, mormorando qualcosa fra i denti.
"Cosa?" domandai.
"Stavo dicendo che ho seguito una dieta e perso molto peso. Ecco perché hai avuto un grande impatto quando mi hai vista. Ti ringrazio per quello."
Feci un sorriso beffardo scuotendo la testa. "Ad ogni modo, dovrei scusarmi con te per il fatto che ti prendevo in giro quando eravamo bambini."
"Non ha più importanza. Francamente, avevi ragione. All'epoca avevo un aspetto terribile."
Chinai la testa ridendo e i suoi lineamenti si fecero più tesi e rigidi.
Mi schiarii la voce per tentare di rimediare.
"Beh, possiamo ordinare?"
"Certo. Perché no."
Chiamai il cameriere con un cenno della mano, mentre lei si passò la mano tra i capelli.
Il cameriere si avvicinò porgendoci le brochure, e lei gli diede solo un'occhiata prima di fissarmi.
"Prendo... carne in salsa di aneto, con cipolla caramellata."
La guardai, inarcando un sopracciglio. "È il mio piatto preferito in questo ristorante." Spostai lo sguardo sull'uomo. "Vorrei lo stesso."
"Cosa ne pensi di... champagne?"
Roteai gli occhi, inclinando leggermente la testa e grattandomi la nuca.
"Preferisco astenermi dall'alcol. Solo acqua."
"Se non bevi alcolici, seguirò il tuo esempio. Anch'io dell'acqua." rispose rivolgendosi al cameriere che, poco dopo, si allontanò lasciandoci soli.
"Il primo invito l'ho accettato per mia madre e non per me." spiegò, guardandomi negli occhi. "Non è strano? Se non ti conoscessi, non sarebbe mai successo."
"Hai ragione, penso anch'io lo stesso. Ma... è molto bello che sia successo." risposi, rivolgendole uno sguardo mentre increspava un sorriso. "Bene, cosa stai facendo?" cambiai discorso.
"Sono tornata di recente a Parigi. Ho trascorso due anni a studiare moda."
"Molto bene. E adesso?"
"Sono alla ricerca di un lavoro in questo settore. Ma credo che lavorerò nell'azienda di famiglia. Aiuterò un po' mio padre con alcuni compiti." Distolsi lo sguardo, prendendo il bicchiere fra le mani. "E tu invece? Sei un ingegnere?" socchiuse gli occhi.
"Sì. Progetto immobili e insieme a mio cugino condividiamo la compagnia. Mio padre e mio zio hanno deciso di ritirarsi, e adesso tutta la responsabilità è sulle nostre spalle."
Per tutta la cena avevamo parlato del più e del meno, non mi era dispiaciuto di aver passato il pomeriggio con lei e sembrava che si fosse appianato quel momento d'imbarazzo.
"Era da un po' che non mi divertivo tanto." Poi esclamò. "Il tempo è praticamente volato, non trovi?"
"Sì. Anche per me." dissi, afferrando la tazzina per portarmela alle labbra.
Assunse un'espressione triste, spostandosi una ciocca dal viso.
La guardai attentamente per capire quale fosse la preoccupazione che l'attanagliasse. Continuò ad alzare e abbassare gli occhi sul piatto.
Mi sporsi. "Shannon stai bene?"
"Posso essere sincera con te?" mi disse all'improvviso, sfregandosi le mani.
"Certo, dimmi."
"Non posso negare che mi piaci. Sei così premuroso e attento, ma..." si fermò, con le labbra che le tremavano. "Allo stesso tempo ho paura."
Inarcai un sopracciglio. "Di cosa avresti paura?"
"Non mi piace parlare del passato..." continuò abbassando la voce. "Ma voglio che tu mi capisca e te lo dirò."
"Ti ascolto."
Prese un respiro, muovendosi sinuosamente sulla sedia. "Quattro anni fa, stavo per sposarmi." Annuii in risposta. "Per lui, ero pronta a tutto. E mi ha lasciato per il bene della sua carriera."
Sembrava che il dolore fosse ancora tangibile nei suoi occhi.
"Mi capisci?" chiese.
Restai un attimo immobile, picchiettando le mani sul tavolo, prima di guardarla un'altra volta.
"Ti capisco bene."
"Le tue parole mi rassicurano." Le sorrisi grato per le sue parole, aveva una strana luce negli occhi che mi stava intensamente trasportando con sé. "Mille grazie per la tua comprensione."
Distolsi il viso in un'altra direzione mentre lei mi fissava di sottecchi.
Bevvi un sorso d'acqua e poi le sorrisi. Stavo bene con lei. Per la prima volta, sentivo di poter costruire qualcosa d'importante. Ma solo il tempo mi avrebbe aiutato a capire se era quella la direzione da percorrere.
3 mesi dopo
Amybeth
Il sole splendeva nel cielo, riflettendosi fra i vetri dei grattacieli mentre fissavo la strada che scorreva sotto le ruote. Arrivammo di fronte a quella porta e mi girai d'istinto stringendo il manico della borsa. Mia madre mi afferrò per il polso e mi trascinò dentro.
Non c'era stato verso di convincerla che non mi serviva ed ero in ottima salute.
Glielo dissi a un orecchio e mi zittí, costringendomi a stare seduta sulla sedia. Continuò a sfregare le mani sudate e a gironzolare per la stanza.
"È da più di un'ora che aspettiamo! Quanto ci vorrà?"
Roteai gli occhi piegandomi sulle ginocchia. "Siamo arrivate da mezz'ora. Non essere esagerata."
"Io, esagerata?" esclamò, catturando l'attenzione dei presenti.
"Sì... non sto morendo." dissi stizzita, coprendomi la fronte con la mano.
"Questo lo lascerai decidere al medico."
"Godo di ottima salute, grazie a Dio."
Camminò ancora avanti e indietro, con le mani sui fianchi. "E quella nausea?" m'interrogò.
Feci spallucce. "Capita a tutti di soffrire di questi disturbi."
"È esattamente per questo che siamo qui, Amybeth."
Strinsi i pugni, cercando di non perdere la pazienza e sfogliai nervosamente una rivista.
Ad un certo punto, la porta si aprì.
Alzai lo sguardo dalle righe e osservai di sottecchi l'uomo che stringeva la mano della dottoressa e rivolgeva uno sguardo innamorato alla sua compagna incinta. Li vidi passarmi vicino mano nella mano e scossi la testa.
Davvero credevo che sarebbe potuto accadere ...un giorno? Sarei stata felice? Avrei avuto un figlio? Tutte sciocchezze.
"Amybeth!?" esclamò mia madre, facendomi sobbalzare e scivolare la rivista sul pavimento. "Alzati su, è il nostro turno!"
Avrei preferito restare lì per l'eternità, ma mia madre era peggio di un segugio e avrebbe sicuramente usato metodi drastici pur di rimettermi in piedi.
Salutai la dottoressa con una veloce stretta di mano e la seguii nella stanza.
Quando chiuse la porta alle nostre spalle, l'ansia prese possesso del mio corpo.
"Amybeth, giusto?" domandò.
"Si." sussurrai, sentendo un groppo in gola. Mi era difficile anche respirare.
Mi fece cenno di salire sul lettino, avvicinando a sé l'apparecchio. Sentivo le forze abbandonarmi lentamente.
"Possiamo cominciare."
Scossi la testa e mi voltai. "No, senta è meglio fare un'altra volta."
Mia madre mi agguantò per le spalle impedendomi di fuggire, rivolgendomi uno sguardo arrabbiato. Feci una smorfia nella sua direzione, prima di sdraiarmi e sollevare la maglietta.
La dottoressa accese il monitor e appoggiò la sonda sul mio addome. Trattenni il respiro inconsapevolmente, dando un'occhiata allo schermo.
"Stai tranquilla, cara. Non serve che trattieni il respiro." disse la dottoressa, spostando lo sguardo dalla mia pancia mentre premeva dei pulsanti.
"Controlli bene, mi raccomando." intervenne mia madre. "Per tre mesi, non ha avuto ciclo mestruale." La dottoressa annuì in risposta. "Abbiamo pensato che fosse per l'età, ma non ha neppure raggiunto i trenta." La guardai di sbieco, sollevando la testa dallo schienale. "È troppo presto, vero?" Le minai di tacere con un dito sulla bocca, ma m'ignorò. "C'è il rischio che lei sia... Dio non voglia, è ancora così giovane! Sicuro che non è niente di grave?"
Sbuffai, roteando gli occhi.
La dottoressa allontanò la sonda e l'ecografo, dandomi un po' di carta per asciugarmi, dato che quel gel oltre che freddo era anche appiccicoso.
Mi rialzai.
"Sua figlia non è in pericolo di vita. È perfettamente in salute." Stavo per scendere quando la donna mi sorrise. "E credo che dovrai fissare un altro appuntamento per il prossimo mese."
Restai immobile a guardarla.
"Come? Ma aveva detto che non c'è nessun problema." chiesi di getto, spostando lo sguardo su mia madre.
"Perché non lo sapevi?" scossi la testa deglutendo. "Sei incinta."
Spalancai le labbra sorpresa, girando il viso a rallentantore per inquadrare quello di mia madre. Anche lei mi fissava paralizzata e con gli occhi completamente sgranati.
"Incinta?" Strinsi le labbra. "Un... bambino?"
"Si, dodici settimane. E il bambino sta bene, è lungo circa cinque centimetri."
Madre? Sarei diventata una madre?
Non ero pronta a indossare un vestito bianco, figuriamoci ad avere un figlio.
Non era possibile.
Tra solo sei mesi e mezzo ed era una durata così breve, pari a un battito di ciglia. In un attimo, mi sarei ritrovata quel pargolo fra le braccia senza sapere neppure dove fosse il padre.
Totalmente scioccata e inebetita, guardai un punto del muro senza la più pallida idea di cosa fare.
Mia madre continuava a sorridere e a muovere la testa giù e su, sembrava essersi bloccata in quella posizione.
Improvvisamente la vidi barcollare dalla sedia e cadere sul pavimento con un tonfo.
Aveva perso i sensi.
"Mamma! Oh, cielo." la scossi leggermente, afferrandola per il polso mentre la dottoressa abbandonava la stanza frettolosamente. "Questa è la fine, accidenti! Mamma!" esclamai ancora rivolgendo uno sguardo al cielo mentre le davo dei piccoli schiaffetti sulle guance. "Riprenditi, dai!" Le sventolai una mano sulla faccia, mentre i suoi occhi erano orribilmente aperti. "Oh no... le sarà venuto un infarto?"
Povera me.
Come diavolo era potuto accadere?
E che il colpo di scena sia servito!
Non solo i Lucamy potrebbero "forse" *fa una linguaccia* convolare a giuste nozze dopo mille paranoie mentali.
Ma...
Amybeth è incinta.
*Sale sul palazzo più grande che trova e lo urla a pieni polmoni*
Avete capito perfettamente?
I nostri beniamini dovranno quindi affrontare la strada della genitorialità e il periodo turbolento della gravidanza, ma lo faranno insieme o separati?
Perché ricordate che c'è anche quella rompi di Shannon, che sta già tentando di far cadere il nostro Lu nella sua trappola e vorrà a tutti i costi prenderselo.
Come reagirà sapendo che Amybeth aspetta un bambino e che Lucas diventerà padre?
Dite la verità, chi si aspettava un colpo di scena di queste dimensioni.
Sento già i vostri scleri e sono impaziente di leggere i vostri commenti a caldo...
Nell'attesa che anche quel povero Lu venga informato che presto sarà sommerso da pannolini e biberon...
*Ridacchia* beh, cosa aspettate?
Sono impaziente e naturalmente nel prossimo capitolo scopriremo se Geraldine si sarà ripresa e se Amybeth riuscirà a rivedere Lucas per comunicare la lieta notizia.
Bene, detto questo! Appuntamento al prossimo IMPERDIBILE capitolo!
*spara i fuochi d'artificio*
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